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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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STORIE IGNOBILI

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

LA VERGINITA’ RUBATA.

 

Note

“Volevo restare pura per te e donarti la mia illibatezza tra bianche lenzuola profumate e invece la verginità me l’ha rubata uno sconosciuto su il sedile di un’auto.”

Barbara.

 

 

Voglio raccontare la mia storia, che per quanto incredibile è accaduta veramente molti anni fa, verso la fine degli anni novanta.

Spero che possa essere utile e servire d'insegnamento a chi come me è troppo altruista e imprudente e si fida delle persone anche quando sono giovani e appaiono ingenue.

So che non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, ma purtroppo anche tra le persone migliori ci sono quelle disoneste. Non ne faccio un problema di etnia e nemmeno di intolleranza, lungi da me certe idee che la mia morale cattolica mi ha insegnato a ripudiare. Quello che narrerò potrebbe essere accaduto con chiunque, colpa solo la mia ingenuità e solidarietà.

 

Mi chiamo Barbara, sono una donna di 46 anni ora, sposata e con un figlio adulto, quando accadde l’episodio ne avevo 19, quasi venti di anni, ero una giovane molto bella, allegra e spensierata, ma coscienziosa e responsabile, mi piaceva divertirmi, ma sempre con moderazione.

Ero fidanzata con un mio quasi coetaneo di 23 anni, oggi mio marito, Davide, di buona famiglia che lavora nell'impresa edile del padre come geometra.

Ci frequentavamo da qualche anno ed eravamo molto innamorati, c'eravamo conosciuti molto

giovani nelle scuole medie, c'eravamo piaciuti ed iniziato a frequentare ed era nato subito il nostro amore al punto che seppur giovanissimi come accade nelle famiglie borghesi e cattoliche, ci fidanzammo ufficialmente.

Le nostre famiglie, borghesi e religiose ci conoscevano e si conoscevano tra loro da molto tempo e approvarono subito felici il nostro fidanzamento.

Il nostro amore lo vivevamo con tenerezza e ci rispettavamo vicendevolmente, nei momenti

passionali ci limitavamo solo a carezze e toccamenti nelle parti intime, dandoci piacere reciproco in quel modo. Erano momenti molto belli quelli in cui ci appartavamo in macchia o in qualche luogo sicuro e riservato, o anche in casa senza i genitori, e sentivo assieme ai suoi baci, le sue dita frugare il mio corpo fino ad arrivare al sesso, dove sorridendo a malincuore lo bloccavo:

 “No! Li no Davide!” Gli dicevo. 

E si fermava a malincuore, sorridendomi e baciandomi appassionatamente in bocca e seppur fremente e desiderosa di lui, stringendolo a me, reprimendo le mie tentazioni non gli concedevo nulla di più. Ero ancora vergine e come molte ragazze cattoliche praticanti, mi ero votata alla castità finché non mi sarei sposata e la mia illibatezza volevo donargliela con amore nel rispetto de sacramenti. Capisco che a qualcuno può far ridere quello che scrivo, ma è la verità, noi eravamo credenti e praticante e rispettosi degli insegnamenti della chiesa.

 

Un giorno partì con suo padre e andarono a una fiera a Milano a vedere macchinari e attrezzature edili per il loro lavoro.

Io purtroppo studiavo mi ero iscritta all’università ed ero al primo anno e non potevo andare, e sinceramente non penso che i miei genitori mi avrebbero dato il permesso di stare via alcuni giorni sola con lui, anche se c’era il padre.  Partirono il giovedì e sarebbero ritornati il martedì successivo.

Quei giorni che restai sola, da ragazza innamorata non mi andava di uscire con la compagnia né di fare niente, nemmeno di vedermi con le amiche. Con il mio amore ci sentivamo al cellulare alla sera, anche tardi, con parole dolci o tramite sms di pensieri amorosi, scambiandoci tenerezze ed effusioni.

Quel periodo mi incontravo solo con una ragazza albanese che si chiamava Xhiulieta e aveva 16 anni e abitava nella mia via, era più giovane di me di quasi quattro anni, non molto bella, ma molto sveglia e simpatica, con occhi scuri e capelli quasi sempre spettinati.  Era arrivata qui in Italia con la famiglia da pochi anni, quando c’era stato il grande flusso dall’Albania, l’invasione come diceva qualcuno. Era una ragazza disagiata, e alcuni in famiglia avevano già avuto problemi con la giustizia, ma a lei tramite la parrocchia l’aiutavamo e le era stato trovato un lavoro come aiuto commessa in un negozio di alimentari. Parlava un po' l’italiano, ma non sapeva scriverlo e io nelle ore libere di entrambe, mi ero offerta di aiutarla e le davo lezioni di scrittura italiana, facendole un po' da maestra.

Mi piaceva e mi arricchiva interiormente fare qualcosa di utile per il prossimo. Facevo un'opera di bene come diceva mia mamma e ne ero soddisfatta oltre che felice di rendermi utile per qualcuno che ne avesse bisogno.

 

In genere veniva da me, a casa mia il primo pomeriggio, alle 14.00, quando non ero all’università e andava via poco prima delle 16.00 quando iniziava a lavorare nel negozio, che era poco distante da casa mia.

Tra noi si era instaurata una forma di amicizia e c’era una sorta di confidenza affettuosa, dove spesso mi parlava di lei mettendomi a disagio, così venni a sapere che frequentava ragazzi più grandi e praticava sesso con loro e mi raccontò di come avesse già perso la purezza a 14 anni.

 

Quel sabato pomeriggio venne a casa mia come al solito alle 14.00 e iniziai a spiegare e mostrarle come scrivere le parole e coniugarle senza fare errori di grammatica e di ortografia, ero giù di morale e lei se ne accorse.

“Sei triste?” Mi domandò.

“Un po’!” Risposi:” Sai sono sola, Davide il mio fidanzato è partito con suo padre per lavoro, sono andati a una fiera a Milano e starà via qualche giorno, non rientreranno prima di mercoledì.”

“Ah! Per questo sei triste, perché sei sola!” Pronunciò sorridendo. “Ma ci sono io se vuoi a farti compagnia:” Aggiunse tenera e disponibile, con i suoi grossi occhi scuri come il viso che sembrava sempre triste, esclamando improvvisamente: “Stasera andiamo a ballare io e te da soli… vuoi!? “Fui sorpresa della sua proposta, ma risposi subito:

“No Xhiulieta! Non esco alla sera e non vado certo a ballare senza Davide.”

“Dai!!” Esclamò lei ingenuamente. “Andiamo! Vieni! ...C’è una discoteca nuova nella città vicina, molto bella e piena di ragazzi! È sabato! ...I miei genitori non mi fanno andare da sola, dicono che sono troppo giovane.”

“Hanno ragione!... Fanno bene!” Risposi io.

“Dai vieni!” Insistette.

“No!” Ripetei:” Non mi sento e non mi va e poi non so ballare.”

“Ma anch'io non so ballare! Impariamo assieme io e te ci divertiamo! Ci muoviamo come sappiamo, non è difficile saltellare.” Esclamò.

Sorrisi di quella risposta ingenua ma fui decisa:

“No Xhiulieta non mi va di uscire il sabato sera e andare a ballare senza di lui, mi sembrerebbe di tradirlo.”

Restò in silenzio alcuni secondi poi esclamò:

“Telefonagli, diglielo!”

“No!” Replicai:” Figurati, non voglio che pensi che io mi vada a divertire alla sera quando non c’è lui.”

“Allora andiamo domani pomeriggio!... “Replicò pronta:” È domenica e la discoteca è aperta, ci divertiamo un po'!... Dai! I miei genitori non mi lasciano andare da sola, neanche il pomeriggio, se non c'è qualcuno che mi accompagna.” Affermò tenera.

Pensai un attimo, mi colpiva il suo desiderio di uscire con me, e quel persuadermi a farlo, ad accettare e pensai che forse avrebbe fatto bene anche a me distrarmi un po' e che poi non c’era nulla di male andare una domenica pomeriggio in discoteca con Xhiulieta, lo avrei fatto soprattutto per accompagnare lei e quando sarebbe ritornato Davide glielo avrei detto. Così le dissi.

“Va bene! ...Domani pomeriggio andiamo a ballare in questa discoteca che dici tu.”

“Graziee!! “Esclamò esultante e mi saltò al collo abbracciandomi e dandomi un bacio sulla guancia come a una sorella maggiore, annunciandomi:” Stasera lo dico ai miei.”

Mi faceva tenerezza. Era felice per merito mio e questo mi gratificava e anch'io lo ero per la sua felicità.

Pensai che stare assieme a lei alla sua allegria avrebbe fatto bene anche a me.

Quella sera telefonai ai suoi genitori informandoli, dicendogli e chiedendogli il permesso se erano consenzienti, che il pomeriggio seguente sarei passata a prenderla e saremmo andati un paio di orette a ballare nella città vicino e sarebbe stata con me. Loro acconsentirono.

 

La mattina dopo come tutte le domeniche andai a messa, poi mi fermai con le amiche fino a mezzogiorno a cantare in coro con loro durante le funzioni. Dopo aver pranzato il pomeriggio alle 15.00 mi trovai con Xhiulieta poco lontano da casa mia.

Arrivò vestita in modo semplice e colorato, si vedeva da lontano che non era una ragazza italiana, indossava jeans strettissimi e scarpe da ginnastica bianche e consumate con un maglioncino rosso e sopra un giubbottino bianco sgualcito e consumato anch’esso, tipo bomber con cappuccio.

Il modo di vestirsi con colori sgargianti, abiti fuori moda e non in armonia tra di loro, e il truccarsi in modo appariscente su quel giovane viso da ragazza, evidenziavano subito che era una ragazza che voleva mettersi in mostra.

Al contrario io ero elegante, trucco leggero che evidenziava i miei occhi chiari e i lunghi

capelli biondi fermati lateralmente da due fermagli di strass. Indossavo come sempre abiti di marca, stivaletti scamosciati neri a tronchetto, jeans blu scuro e camicetta chiara di Dolce-Gabbana con sopra un golfino scuro e la borsetta a pochette a tracolla sulla spalla, anch'essa blu, con una lunga catena dorata.

“Ciao! Come sei carina!” Dissi sorridendo convenzionalmente quando la incontrai. “Stai proprio bene!”

 “Grazie! Anche tu sei molto bella ed elegante. “Rispose osservandomi e parendomi contenta.

Chiacchierando ci avviammo al posteggio a prendere la mia auto, allora avevo una Toyota Yaris nera, nuova, regalatami dai miei genitori, per andare all’università ero una neo patentata ma in città e nelle zone limitrofe mi muovevo tranquillamente conoscendo le strade e poi guidavo con prudenza.

Salimmo e partimmo verso la periferia seguendo le sue istruzioni essendoci già stata lei con il

Fratello e qualche altro ragazzo, arrivammo davanti alla discoteca:

“IL Paradiso.” Si chiamava.

“Woww!! Che nome!” Esclamai io.

Lei sorrise.

Esternamente era carina, ma isolata la discoteca, a lato c'era un grande parcheggio, già quasi tutto occupato dalle auto e girando e cercando trovammo un posteggio in fondo ad esso, verso il limite perimetrale a un centinaio di metri dall’entrata.

Posteggiato, ci avviammo all'entrata, davanti c'erano molte ragazze e ragazzi vestiti nei modi più strani che entravano e uscivano dal locale, altri fermi davanti all'accesso facendo campanello, gruppi di giovani che parlavano fra loro fumando e ridendo.

Passammo tra i loro sguardi quasi tutti indifferenti, tranne qualche sorriso di ragazzo verso me.

Pagai io anche per lei ed entrammo, l'interno era molto grande, con una pista al centro molto spaziosa, con musica assordante e fasci di luci stroboscopiche, e tutto attorno tavolini bassi con poltroncine divanetti in penombra; da un lato il bancone del bar e l’entrata dei servizi igienici e dall’altra la consolle del D.J...  

C’era molta gente, cercammo, tra i tavolini ma erano quasi tutti occupati, ne trovammo uno libero dietro ad altri e ci sedemmo e mettemmo comode, togliendo io il golfino e lei il suo giubbotto.

Xhiulieta era felice e io per lei, quando dovevamo parlarci, ci avvicinavamo e urlavamo nelle

orecchie o leggevamo sulle labbra, oppure ripetevamo due, anche tre volte la stessa parola.

Mentre eravamo seduti, si avvicinarono parecchi ragazzi a chiederci di ballare, ma io non accettavo l'invito di nessuno, mi ero ripromessa di non ballare, ma di ascoltare solo la musica e così con il sorriso educatamente mi rifiutavo e senza volerlo li snobbavo facendoli allontanare. Alcuni erano anche dei bei ragazzi ma non mi interessavano, volevo solo passare un pomeriggio tranquillo senza pensare a nulla e accontentare Xhiulieta.

Lei non riceveva molti inviti, ma su quei pochi non mi imitava, andava a ballare subito lasciandosi strusciare e… toccare, come alcune altre ragazzine, tanto che nelle pause quando tornava a sedersi la redarguivo per il suo comportamento: “Non lasciarti stringere e strusciarti da tutti Xhiulieta, non è bello e non sta bene a una ragazza farsi toccare…”

“Eh ma tanto io non ce l’ho il ragazzo e poi alcuni mi piacciono.”

“Non è un buon motivo per farti abbracciare e strusciare… devi donarti solo al ragazzo che ami e non a chi ti piace.” Cercavo di farle capire come comportarsi, avvicinandomi e parlandole forte all’orecchio. 

“Ma tu non balli ?!” Mi chiese stupita vedendo che dicevo di no a tutti.

“No! Non ne ho voglia. Vai tu! Ma tieni un comportamento corretto, esemplare e non scandaloso.” La esortai come una sorella maggiore, cercando anche e di insegnarle che poteva divertirsi senza essere eccessiva nelle affettuosità con chiunque ballasse.

“No! ...Da sola no.” Disse all’improvviso: “Vado se vieni anche tu! ...Perché non balliamo assieme?” Chiese.

Ero indecisa, in fondo aveva ragione, eravamo in una sala da ballo.

Le sorrisi.

” Ma si!” Pensai, quattro salti mi faranno bene.

 E cosi sorridendole esclamai: “Andiamo!” Ci alzammo e ci dirigemmo nella pista a ballare, nascondendo la mia borsa sotto gli indumenti e tenendola sempre d'occhio a distanza.

Iniziammo a ballare tra noi, muovendoci in modo disordinato con braccia in alto e gambe avanti e lateralmente, ma divertendoci e sudando.

Subito si avvicinarono ragazzi che ci lanciavano occhiate e battute, mettendosi a ballare con noi e corteggiandoci tra il fragore assordante. Ma non c'era niente da fare, li snobbavo tutti e un po' mi divertiva questo mio modo di fare, di essere desiderata ma di non concedermi.

Dopo una mezz'oretta di ballo, sotto le luci a intermittenza, accaldate e sudate tornammo a

sederci. La prima cosa che feci pur non avendola mai persa d'occhio controllai la borsetta, c'era tutto.

Xhiulieta si alzò quasi subito: “Devo fare pipì! Vado in bagno.” Disse. E si allontanò in fondo alla sala scomparendo tra la gente.

Stette un po' prima di tornare, un quarto d'ora abbondante tanto che mi preoccupai. Quando tornò mi si avvicinò all'orecchio e mi disse ridendo per giustificarsi:

“Ci ho messo molto tempo perché bisogna fare la fila per entrare nel bagno, è come nel negozio dove lavoro. Bisognerebbe prenotare o prendere il numero.” E rise ancora.

Sorrisi della sua battuta e prima di sedersi esclamò:

” Fa molto caldo, vado a prendere da bere e torno. Cosa vuoi tu?”

“Una bibita grazie, niente di alcolico.” Risposi e si allontanò verso il bancone del bar con i biglietti per le consumazioni.

Tornò dopo cinque minuti e iniziammo a assaporare le bevande, ero molto accaldata anch'io e volevo la freschezza in bocca e non mi interessava il gusto di quello che bevevo, basta che fosse fresco, ma era molto fredda e sorseggiai lentamente per non farmi venire una congestione.

Dopo una decina di minuti, si avvicinarono due ragazzi, più o meno della mia età, che la salutarono calorosamente, vestiti anche loro in modo disordinato e colorato. Capii che erano suoi conoscenti.

“Ohh Dioo!!” Pensai vedendoli sedersi senza essere stati invitati vicino a noi con i bicchieri in mano, e prima che dicessi loro di alzarsi che non erano graditi, Xhiulieta sorridendo esclamò forte segnandoli con il dito:

” Questo è mio fratello Balmir e il suo amico Dalmin.” E rivolgendosi a loro disse:” Questa è Barbara la mia insegnante di italiano.” Me li presentò e io quasi urlando per il fragore musicale precisai subito:” Non sono insegnante, le do solo qualche lezione di scrittura…”  E subito tutti e tre iniziarono a parlare tra loro nella loro lingua.

Ero a disagio, non capivo niente di quello che dicevano, notavo solo lui che parlando faceva cenno a me con gli occhi e Xhiulieta seria che rispondeva scuotendo la testa.

Dopo un po' di parlare tra loro, il fratello mi chiese in italiano:” Balli!”

“No grazie!” Risposi gentilmente con un finto sorriso declinando l'invito e informandolo: “Abbiamo appena finito di ballare tra noi, sono accaldata, sudata e non ne ho più voglia.”

Xhiulieta mi guardò e si rimisero a chiacchierare tra loro, mentre il loro amico, non mi toglieva gli occhi da dosso fissandomi.

Dico la verità, ero imbarazzata ad essere seduta a un tavolino pubblico con tre albanesi, meno male che c'era penombra, confusione di ragazzi e nessuno mi conosceva lì.

Suo fratello continuò a chiacchierare nella sua lingua con Xhiulieta, ma lei vedendomi seccata dal loro parlare in albanese, rispose in Italiano facendomi capire quello che diceva:

“E' fidanzata!... Pensa al suo ragazzo che è via per lavoro.” Disse sorridendo, spiegandogli il motivo perché io non ballassi.

Restarono ancora un po' lì a chiedere su di me, ma vedendo che non davo loro confidenza, si

alzarono dicendo che avrebbero fatto un giro a vedere se trovavano qualche ragazza.

“Ecco bravi!” Pensai:” Fate un giro ma bello lungo e largo e toglietevi dai piedi, anche se sarà difficile che troviate qualcuna che balla con voi!” Considerai cattiva. Non mi piacevano quei due tipi, soprattutto suo fratello.

Comunque ero felice che se ne andassero.

Si alzarono e sparirono tra la penombra, la musica assordante e la confusione di persone.

Chiesi a Xhiulieta cosa dicesse suo fratello quando parlava con lei e guardava me.

“Ah!... Ha detto che le piaci, che si una bella ragazza, il tipo come piace a lui e non sapeva che eri fidanzata. E così se ne è andato.”

“Meno male!” Pensai “Figuriamoci se ballavo con lui.”

Poco dopo sentendo lo stimolo di urinare, dissi a Xhiulieta:

” Devo andare anch'io in bagno a fare pipì. Stai attenta agli indumenti e alla mia borsetta che ho dentro anche il cellulare.” Posai il bicchiere sul tavolo e passandogliela, presi dall'interno due fazzolettini di carta per asciugarmela dopo urinato, mi alzai e mentre mi avviavo Xhiulieta annuì con il capo dicendo:

” Vai tranquilla! Controllo io.”

Quando entrai nella toilette delle donne, la trovai pieno di ragazze, una confusione, alcune facevano la fila aspettando dietro la porta del gabinetto per urinare, altre erano davanti agli specchi a truccarsi il viso sudato e a mettersi a posto gli abiti fumando, chiacchierando e ridendo, qualcuna con il cellulare in mano messaggiava o parlava con qualcuno.

Aspettai parecchi minuti in coda e quando fu il mio turno entrai nel gabinetto e mi chiusi dentro.

La tazza era tutta pisciata sul bordo e fuori compresa la tavola del copri water e il pavimento, con pezzi di carta igienica a terra, ma ormai finita nel rotolo a muro.

C'era un odore forte che mi infastidiva e che a fatica sopportavo.

Ero disgustata.

“Guarda un po'!” Pensai:” Dicono tanto degli uomini, ma certe ragazze sono peggio di loro, come fanno a urinare sul bordo? Lo fanno apposta o la fanno in piedi come loro!” Ragionai.

“E ora chi si siede qui sopra a questo piscio?” Mi dissi arrabbiata.

Sarei andata via, ma mi scappava, dovevo urinare per forza perché mi scoppiava. E fuori battevano sulla porta perché mi sbrigassi.

Feci come mi aveva insegnato mia mamma quando si doveva urinare in un bagno pubblico o si

era in situazioni particolari. Mi tirai giù i jeans e gli slip fino sopra le ginocchia e feci come avevo visto fare qualche volta a lei.

In piedi sui tacchi degli stivaletti, mentre con una mano tenevo distanti in avanti gli slip e i jeans dal vaso e contemporaneamente tirati in alto in modo che non toccassero il pavimento, piegai le ginocchia allargando leggermente le gambe spostando il sedere indietro sopra al water. Mi abbassai un poco ma senza toccarlo, e tenendomi faticosamente in sospensione sulle gambe, distante dieci centimetri dal vaso incominciai ad urinare; dapprima getti e spruzzi che arrivarono anche sui bordi del copri water e capii perché fosse pisciato e poi finalmente arrivò lo zampillo in modo continuo, avvertendo un gran senso liberatorio, addirittura piacevole mentre usciva l’urina e si svuotava la vescica. Un benessere fisico e mentale.

Era faticoso farla così in sospensione, ma era l’unico metodo igienico e la feci in modo acrobatico cercando di non perdere l’equilibrio e ci riuscii.

Al termine mi allontanai subito dal vaso, lasciandolo anch’io pisciato da alcuni miei spruzzi di urina, asciugai i peli e la fessura con i fazzolettini di carta e sempre con loro in mano, dopo essermi tirata su lo slip e i pantaloni facendo attenzione che non toccassero niente, aprii la clicca e la maniglia con il fazzolettino, per non toccarli schifata con la mano.

Per lavarmi le mani dovetti aspettare alcuni minuti che alcune finissero di truccarsi e poi tornai in sala a sedermi, più accaldata di prima e come mi accomodai, in poche sorsate finii di bere la bibita che era a metà.

“Avevi ragione!” Dissi a Xhiulieta avvicinandomi:

” Non solo c'è la fila, ma c’è anche uno schifo, altro che i maschi la fanno fuori, c'è di peggio... se

non era perché non c'è la facevo più, non ci sarei andata, l'avrei portata a casa.”

Lei sorrise ma era seria.

“Cos’hai sei triste?” Domandai non vedendola più allegra come prima.

“No…no…” Ripeté, ma era evasiva strana e si guardava attorno invece di parlare con me.

Passarono pochi minuti, e la musica divenne meno assordante e più piacevole, iniziarono i lenti e all’improvviso vidi ritornare suo fratello e l'amico.

“Oh Dio!!!...Di nuovo qui questi!” Pensai fingendo un sorriso a labbra chiuse:” Evidentemente non hanno trovata nessuna che stia con loro.” Considerai quasi contenta.

Li accolsi con il mio sorriso convenzionale che sfoderavo sempre quando c’era qualcuno che non mi andava, ma, ma con cui non volevo apparire scortese, e si sedettero di nuovo, rimettendosi a parlare in albanese con Xhiulieta.

Con lei sempre seria. E vidi che lei seria annuì a qualcosa che le avevano chiesto.

A un certo punto mi sentii accaldata dentro e sul volto, ebbi un giramento di testa e vampate di calore dentro il ventre, lo dissi a Xhiulieta avvicinandomi al suo orecchio sussurrando: “Mi gira la testa:”

“Ti gira la testa?” Ripeté lei ad alta voce in modo che sentissero anche loro. “Non stai bene? “Mi domandò imbarazzandomi a chiedermelo davanti a loro e quel farglielo sapere mi disturbò, ma non dissi nulla, non era il momento, l’avrei ripresa in seguito quando saremmo stati sole.

“Non so mi gira … come se avessi bevuto qualcosa di alcolico e mi sento accaldata.” Mormorai.

L'amico intervenne dicendo: “Sarà il caldo e questa musica assordante. Qua dentro manca l'aria, guarda come sei rossa in viso ...dovresti uscire a prendere un po' di aria fresca.”

Effettivamente faceva molto caldo e mi sentivo parecchia accalorata.

“No!” Dissi preoccupata:” Passerà!”

Xhiulieta si alzò dicendo:

“Vado a bagnare il fazzoletto così con un po’ di acqua fresca ti rinfrescherai.”

“Ma no!” Esclamai, ma lei partì di corsa in bagno e sparì lasciandomi sola con suo fratello e l'amico, che continuavano a fissarmi parlando tra di loro in albanese.

Stette poco, andò e tornò quasi subito, rinfrescandomi il volto.

“Guarda come sei rossa!” Ripeté l'amico:” Sei come un peperone, ti conviene uscire e prendere

un po' d'aria fresca. Vieni!” Disse alzandosi allungando il braccio verso me per darmi la mano e perché io facessi altrettanto per aiutarmi ad alzare. 

“Ma no! Non è il caso dopo mi passerà.” Risposi io.

Dover uscire con quei due tipi proprio non mi piaceva, anche se uno era il fratello di Xhiulieta.

“Ma non vedi come sei rossa in viso, accalorata!” Ribadiva:” Si vede anche con questa penombra che sei arrossata.”

Effettivamente sentivo la pelle del viso in fiamme, bruciarmi e non solo quella, anche internamente nel ventre e nella pelvi provavo una forte sensazione di calore che mi stordiva.

Spaventata perché non sapevo cosa fosse, mi convinsi ad alzarmi per tornare a casa e prima che potessi dire qualcosa a Xhiulieta, suo fratello si alzò, mi prese per un braccio dicendo in modo autoritario in un italiano stentato:

” Su vieni! Andiamo fuori vedrai che se ti rinfreschi un po' poi starai meglio!”

Feci per alzarmi, ero intimorita e preoccupata e perché non conoscevo la causa di quel malessere e quel calore improvviso e controvoglia mi lasciai aiutare da lui e tirare su.

Quando fui in piedi la testa iniziò a girarmi di più.

Xhiulieta mi prese da una parte e suo fratello dall'altra, quasi abbracciandomi.

“La borsetta e il golfino! ...” Esclamai ricordandomi all’improvviso.

“Li ho presi io!... Ho tutto io stai tranquilla!” Disse l'amico e sorreggendomi a stento sulle gambe accompagnata da loro, in quella confusione dove nessuno faceva caso a noi, uscimmo.

Provavo una strana sensazione, il giramento di testa mi era quasi passato, ma mi sentivo

stordita, leggera, come se fossi ubriaca, ascoltavo e capivo tutto quello che dicevano, ma non ero più reattiva, non riuscivo ad oppormi né a comunicare con loro.

Fuori il fratello chiese:

“Dove hai l'auto posteggiata?”

“Laggiù! Lo so io! “Rispose e fece segno Xhiulieta facendo strada.

Non avrei voluto andare dall’auto, ma sedermi fuori e riprendermi, solo che non riuscivo a impormi, a connettere bene e loro decidevano per me.

Il parcheggio era oramai pieno di auto, molte delle quali posteggiate fuori dalle strisce, camminammo tra loro, finché ci avvicinammo tutte e quattro alla mia auto, con me che barcollavo sempre più e non riuscivo a tenere l'equilibrio e loro che mi sorreggevano di fianco con le mani sui fianchi e sotto le ascelle.

Quando arrivammo, ebbi un attimo di sollievo, non vedevo l'ora di entrare e sdraiarmi, in quello stato non ero certa in grado di guidare, ma volevo riposarmi, distendermi. Ma sentii dire dall’amico: “Qui va bene?”

“Si va bene… non c’è nessuno…” Rispose il fratello di Xhiulieta.

Ero confusa e frastornata, mi fermarono di fianco alla portiera dalla parte opposta del volante in quella del passeggero, dove prima era seduta Xhiulieta , d'istinto mentre cercavano le chiavi per aprire la portiera  misi le braccia conserte sul tettuccio e gli appoggiai il mento sopra , con Xhiulieta e suo fratello sempre di fianco che mi sostenevano.

“Ti gira ancora la testa?” Chiese Xhiulieta.

“Un po' si!” Farfugliai appoggiando meglio il capo sul tettuccio dell’auto che mi era diventato pesante. Ero in piedi, dritta, accaldata e stordita, con loro dietro le

mie spalle. Effettivamente più che girarmi la testa in quel momento la sentivo pesante e mi sentivo stordita, assente mentalmente, ascoltavo e capivo tutto, ma non riuscivo ad essere reattiva.

Ricordo che sentii la voce di Xhiulieta sussurrare in italiano:

“Non c'è nessuno in giro.” 

Poi li sentii parlare ancora nella loro lingua, poi all’improvviso mentre ero in piedi appoggiata con le braccia conserte e il mento sul tettuccio, sentii due mani che da dietro portate avanti mi slacciavano la cintura dei jeans, li sbottonavano e tiravano giù la cerniera aprendoli davanti, e prendendoli sui bordi da dietro, a strattoni li tiravano giù alle cosce, poi alle ginocchia per poi lasciarli cadere ai piedi sopra gli stivaletti.

“Dio mio! Che succede? ...Ma che stanno facendo? Perché mi tolgono i pantaloni? “Pensai confusa: “Invece di aiutarmi mi stanno spogliando…!?”  Non lo capivo.

Volevo fermarli, impedirlo, ma non ci riuscivo, volevo gridare qualcosa ma nemmeno quello riuscivo a fare se non suoni gutturali di gola con dei:” No… che fate?” A cui nessuno dava retta e in quel momento, forse perché volessero che capissi, li sentii parlare in italiano e dire:

“Ce l’hai le chiavi?”

“Si!”

“Apri la portiera!”

 Voltandomi vidi Xhiulieta con la mia borsetta e le chiavi della mia auto in mano, che su il telecomando agganciato, forse sbagliando tasto, premeva più volte, finché con un clack metallico fece lampeggiare le luci di posizione e scattare e aprire le chiusure elettroniche delle portiere.

“Che fate?” Farfugliai.

Ma non feci in tempo a finire la frase che sempre in piedi e appoggiata con la testa al tettuccio da dietro sentii delle mani prendere l’elastico sui fianchi e abbassarmi anche le mutandine, prima alle ginocchia e poi giù sopra ai pantaloni accumulati in fondo alle gambe sugli stivaletti.

“Ma che fate?” Ripetei balbettando sentendomi nuda e agli sguardi di quei ragazzi...

“Xhiulieta dove sei?”  Chiamai senza avere risposta, mentre quelle mani continuavano a frugare e ad accarezzarmi le cosce, il sedere, il pube. A sentire quella mano accarezzarmi più volte il sesso sopra i peli tentai di muovere il bacino per allontanarla e tentai di urlare:

 ” Sta-te fer-mi!”

Ero in uno stato di trance, frastornata, la testa non mi girava più, ma non avevo la forza di resistere e reagire a niente, facevo fatica anche a parlare e subivo i loro atti di libidine.

Ero senza mutandine e avvertivo il fresco dell'aria sopra la pelle, sulle natiche ma dopo la prima reazione negativa, non feci più nulla per coprirmi e impedire che li accarezzassero, non ci pensavo, non ci riuscivo. 

All'improvviso sentii una mano passarmi sul solco tra i glutei, scendere giù da dietro per la sua lunghezza infilandosi tra le cosce, e da lì, cercare e toccare il mio sesso e poi premere le dita su di esso.

Mi irrigidii, ma non mi allontanai, assurdamente non mi opponevo, in quello stato la lasciai accarezzarmi piacevolmente la peluria.

E intanto mentre l’amico e Xhiulieta mi sorreggevano, suo fratello aperta la portiera dalla parte dove eravamo noi, si infilò dentro e abbassò il sedile al massimo, uscendo fuori e dicendomi:

“Entra! ...Su entra e siediti!” Ripeté, spingendomi per le spalle e facendomi abbassare la testa per entrare senza urtare la parte superiore della scocca della portiera. “Vedrai che sdraiata starai meglio!”  Disse.

Sospinta e accompagnata da loro entrai. Quando fui all’interno seduta, mi spinse indietro facendomi quasi sdraiare.

Ero stordita e confusa e in quel sdraiarmi provai una sensazione di benessere, e pur non volendo li lasciavo fare, capendo tutto quello che stava avvenendo, provando sensazioni ed emozioni anche positive al tatto delle loro dita sulle mie cosce. Non volevo che mi toccassero, ma non riuscivo a impedirlo e poi in quella condizione di assenza presenza mentale, mi piaceva.

“Allargale le gambe! ...Disse una voce a Xhiulieta e subito dopo un'altra: “Dai non stare li ferma, toglile gli stivaletti e sfilale i pantaloni e le mutandine e falle allargare bene le gambe.” Continuò il loro amico che mi pareva quello che comandasse.

In quella mia assenza di volontà vidi Xhiulieta abbassarsi dentro l'abitacolo, prendermi un piede e tirando giù la cerniera laterale dello stivaletto togliermeli uno alla volta, lasciandoli sul tappetino e subito dopo tirare e sfilare i jeans e lo slip dai piedi, riposizionandoli tutti assieme all'interno, nel sedile posteriore e allontanando le gambe tra loro, lasciandomele divaricate.

Ero sdraiata dentro la mia auto, nuda dall'ombelico in giù, a gambe divaricate mostrando ai loro sguardi il mio sesso coperto da una soffice peluria e non avevo la forza di oppormi e reagire, non provavo nemmeno vergogna in quel momento.

In quel mio stato alterato sentii dire al fratello:” Inizio io…”

“D’accordo!” Sentii rispondere e vidi l’amico fare il giro dell’auto aprire la portiera dalla parte del volante e sedersi sul sedile del guidatore, quello che era il mio posto di guida, affianco a me.

“Che intenzioni hanno? Dove mi vogliono portare?” Pensai immaginando che volessero portarmi via da qualche parte:” Perché Xhiulieta non fa niente?”

E mentre pensavo così il fratello entrò nell'abitacolo, si mise in ginocchio sul tappetino tra le mie cosce e le allargò di più. E mentre parlava con il suo amico seduto affianco, tirando sul capo, lo vidi slacciarsi la cintura e sbottonarsi i pantaloni, farli scendere assieme agli slip e far uscire la sua asta già eretta e dritta, oscillando davanti a lui e al mio sesso.

Intuivo cosa volesse fare, ma non ero in grado di oppormi, e immaginate il mio terrore a quella visione, ero ancora vergine e mi ero tenuta tale per il mio fidanzato e attuale marito, ma ero stordita, accaldata e strana; avrei voluto gridare, oppormi, ma non ci riuscivo, probabilmente come poi ebbi la conferma inseguito, avevo senz’altro bevuto qualcosa che mi aveva frastornata.

Non riuscivo neppure a pensare a Davide il mio fidanzato in quel momento.

“Tu stai fuori e fai la guardia e se vedi arrivare qualcuno avvisaci.” Sentii dire al fratello rivolto verso Xhiulieta, che appoggiata alla fiancata dell'auto guardava in giro e tramite i vetri del finestrino guardava noi all’interno.

Probabilmente essendo lontana, nascosta tra le altre auto parcheggiate, della mia non si notava nulla di quello che stava accadendo, praticamente da distante si vedevano solo la testa di Xhiulieta appoggiata alla portiera aperta che fumava.

Davanti a me vidi il fratello guardarmi negli occhi e sorridere, sputarsi nella mano più volte, passando la saliva sul suo glande e i peli che coprivano la fessura della vulva, e al sentire le dita piene di saliva inumidirmi, lubrificarmi frugandomi anche l’interno, ebbi un sussulto e un fremito.

A quel mio trasalire, probabilmente vedendomi dal finestrino, sentii la voce di Xhiulieta dire:

“Stai attento, forse è' vergine!”.

“Meglio!” Sentii rispondere lui sorridendo stupidamente, incurante della mia castità e purezza.

E tenendolo con una mano lo vidi avvicinarsi, adagiarsi su di me e sentii puntare il glande sulla fessura, avvertendolo subito dopo muoverlo su e giù come a pennellarla e poi fermarsi al centro, premere con vigore ed entrare divaricando le grandi e piccole labbra vaginali … avvertendo subito appena entrato, la resistenza dell’imene, della mia illibatezza. 

Ad avvertire il glande penetrare e appoggiarsi all’imene, si fermò non so in attesa di cosa e seppur stordita riuscii a farfugliare: “Noh…noh!”

Ma lui guardandomi negli occhi e sorridendo, ho ancora il ricordo del suo volto che non dimenticherò mai, spinse con un colpo secco e deciso e mi penetrò completamente deflorandomi.

Avvertii una fitta lancinante nella vagina e gridai dal dolore di aver perso la mia verginità, ma nello stesso istante, lo sentii dilatarla e entrare tutto fino in fondo, a sentire i suoi inguini contro i miei, sussultando in quel momento confusa, non realizzai appieno quello che era avvenuto.

Avvertii le sue mani prendermi per i fianchi, iniziando a muoversi avanti e indietro e a darmi dei colpi in vagina battendo i suoi inguini contro i miei, incominciando a possedermi sessualmente.

 Solo allora realizzai quello che accadeva, mi stava prendendo sessualmente e non riuscivo ad oppormi, non avevo la forza di allontanarlo e passiva lo lasciavo possedermi, mentre lui piegatosi di più su di me, iniziava a baciarmi il volto e la bocca e a muovere le mani sulle mie cosce, ai fianchi e intorno al sedere.

Sentivo e percepivo tutto, le sue mani sulla pelle, le sue labbra sulle mie, il suo fiato e il suo sesso muoversi duro dentro me, ma non reagivo, passiva e distaccata mi lasciavo chiavare.

Allora non lo sapevo, ma penso che quei due con la complicità di Xhiulieta mi avessero messa qualche sostanza stordente nel bicchiere quando andai in bagno e che io ignara al mio ritorno bevvi, per questo non reagivo ma avvertivo tutto, e fu sempre per quello probabilmente, che passato il primo momento di dolore lancinante alla mia deflorazione iniziai a provare sensazioni piacevoli.

Il caldo dentro me aumentava e si spandeva dal basso ventre a tutto il corpo.

Lui si muoveva veloce, stringendomi, mi baciò anche in bocca spingendo la lingua dentro, senza che io lo impedissi, facendomi provare Il piacere fisico del bacio e della sua saliva.

Iniziai ad avvertire un piacere che non avevo mai provato prima in vita mia.

Pur distaccata mentalmente iniziai a godere, abbracciandolo anch'io, era il mio primo rapporto sessuale, tante volte sognato e fantasticato su come si sarebbe verificato con Davide, oltre il mio amore e il mio cuore gli avrei donato il mio corpo, la mia verginità, la mia purezza e lui l’avrebbe accettata con dolcezza, tenerezza e amore, e invece mi veniva presa con prepotenza, rubata da un extracomunitario albanese che mi aveva stordito con qualche sostanza.

“Xhiulieta!... Guarda!” Sentii nel mio smarrimento dire all’amico che la chiamava, facendola osservare attraverso il finestrino.

“Piace anche lei essere chiavata da tuo fratello, guarda! ...Muove il culo. Gode!  ... Le piace chiavare, vedrai che da adesso lo farà ancora…”  Le disse in italiano storpiato.

“Baciala!!...Baciala anche tu in bocca!” Lo esortò Xhiulieta esaltata dalla scena che io seppur distaccata e confusa stessi provando piacere. Non capivo perché si comportasse così nei miei confronti, sembrava che mi odiasse, forse era invidiosa di me, del mio vivere…

Lui non se lo fece ripetere e allungandosi dalla parte destra del suo sedile anteriore verso me, mentre suo fratello mi prendeva carnalmente, mi girò la testa verso di sé iniziando a baciarmi e a limonarmi, assurdamente nell’inconscio ricambiato da me in quello stato di smarrimento e turbamento mentale in cui ero.

Mi trovavo in una situazione che mentre suo fratello mi possedeva sessualmente, l'amico mi limonava in bocca e Xhiulieta fuori mi osservava sorridendo.

Era una sensazione strana, perversa quella che vivevo, senz’altro approfittavano di me, del mio corpo e della mia mente incapace di reagire, mentre il piacere dentro me sotto forma di calore aumentava sempre più e si spandeva fortissimo non più solo sul viso, ma nel ventre, nella mia pelvi, dentro al mio sesso e in tutto il corpo.

Diede dei colpi veloci, lo sentivo scorrere dentro e mi dava i fremiti sulla pelle. In quel momento mi piaceva.

Che strane sensazioni avvertivo, mi vergogno a dirlo, ma era bello quello che provavo in quel momento di assenza di razionalità, mi piaceva al punto da farmi gemere e muovere con il sedere verso di lui.

“Non venirgli dentro!” Le gridò Xhiulieta...” Se no la metti incinta.”

Lui eccitato lo tirò fuori e mi venne sulla coscia, riempiendola di sperma. Era sudato e ansimante come me. Aveva finito.

 Xhiulieta le passò dei fazzolettini presi nella mia borsetta e con aria trionfante lui si pulì dal mio sangue verginale sul glande e dal suo stesso sperma. Pulendo anche me sulla coscia.

Finito lui, fu il turno dell'amico che scese e girò intorno all'auto, il fratello uscì dall'abitacolo ed entrò l'altro, inginocchiandosi sul tappetino abbassò i pantaloni e lo slip a mezza coscia e anche lui con la sua asta oscillante mi penetrò fino in fondo, trovandosi la strada già aperta dalla dilatazione, incurante che lo aveva appena fatto il suo amico ed ero sporca di sangue dentro.

Lui lo sentii di più dentro di me, probabilmente per via delle dimensioni sessuali avendole maggiori del fratello di Xhiulieta.

Anche lui sdraiato sopra di me iniziò a possedermi e baciarmi, e anche lui per la mia assenza e incapacità a considerare e oppormi a quello che succedeva, assurdamente era ricambiato da me.

Credo che fosse più pratico e con più esperienza dell'altro, faceva correre le sue grosse mani ruvide sotto la camicetta, aprendola e tirandola su assieme al reggiseno, liberando le mie mammelle calde e pallide, iniziando a strizzarle baciandole e leccandole assieme ai capezzoli rosa, che per reazione erano diventati turgidi e dritti.

Purtroppo, seppur distaccata da quello che facevo, provavo piacere anche se non volevo e mi vergognavo ed ero incapace di controllarmi, probabilmente per via di qualche sostanza che agiva sulla mia sessualità. Mi lasciai andare completamente sotto di  lui, tra le sue braccia ai colpi e le spinte della sua asta in vagina,  partecipando all'amplesso inconsapevolmente, tirandolo e stringendolo a me e godendo di lui allargando di più le gambe, per poi dal piacere che avvertivo, portare d’istinto  le cosce a stringere  i suoi fianchi, mentre la mano di Xhiulieta, aprendo la portiera  prese i miei piedi ciondolanti o le  appoggiò sul cruscotto, mettendomi in una posizione di  comodità in quell’amplesso.

Non ero e non sono pratica sessualmente di determinate cose, ma avvertivo la differenza del rapporto con quello precedente del fratello. Non lo vedevo, ma lo sentivo più grosso dentro di me, lo sentivo riempirmi la vagina e spingere in su, fino in fondo, inguini contro inguini. Erano sensazioni bellissime quelle che avvertivo in quel momento e in quello stato di confusione mentale, mai provate prima e d’istinto, per reazione iniziai di mia iniziativa a baciarlo in bocca, a limonarlo, a intrecciare la mia lingua con la sua, come facevo quando baciavo Davide, come se fosse lui.

Aprendo gli occhi intravvedevo Xhiulieta impassibile di fianco e fuori, appoggiata dietro il vetro del finestrino che mi guardava chiavata e godente dal loro amico, con il fratello seduto di fianco a me, nel sedile del guidatore.

“La fa godere anche lui.” Sentii dire a Xhiulieta rivolta a suo fratello. “Guarda come gode, altro che castità e matrimonio.!” Mormorò.

“Meglio!” Rispose lui:” Almeno se le piace non farà storie dopo e non dirà niente.”

“Comunque l'hai sverginata tu!” Sentii che sussurrò lei fiera di suo fratello che lo aveva fatto.

“Si! Sono stato io il suo primo uomo.” Rispose lui orgoglioso, aggiungendo:” E mi ricorderà per tutta la vita!” 

Anche l'amico baciandomi e leccandomi il viso e il seno, facendomi godere, diede colpi veloci,

spinte sempre più forti e profonde da farmi sobbalzare dal sedile e gemere, finché non resistendo girando il capo in alto e indietro e socchiudendo gli occhi dal piacere gridai un lungo:

”Oooohhhhhh!!!!”

Avendo il primo orgasmo della mia vita con quel ragazzo sconosciuto, in un rapporto sessuale, intenso e smisurato, ma scippato.

A quel mio orgasmo Xhiulieta mormorò:” Chiedile se le piace?”

“Ti piace?” Mi chiese lui trionfante.

Inconsciamente e forse vergognandomene in quello stato esclami la verità e farfugliai un:” Siii!!!” Distaccato dalla mia mente.

Inconsciamente ero avvinghiata a lui come se fosse il mio Davide e muovendomi con il bacino lo stringevo e baciavo e mi vergogno a dirlo, in quel momento lo desideravo, lo amavo… Sudata e accaldata sentivo la sua asta eretta e virile dentro di me pulsare, e voluminosa e lunga arrivarmi al ventre, ma non provavo dolore o fastidio, ma anzi mi piaceva riceverla e averla, sentirla scorrere in vagina, al punto da farmi muovere irrazionalmente ancora il sedere e il bacino verso di lui e con lui.

Il fratello gli disse qualcosa in albanese, che non capii, ma a posteriori pensai poi che gli dicesse di non eiacularmi dentro, perché poco dopo staccatosi un po' da me, lo sfilò fuori dalla mia vagina sovraeccitata dall’orgasmo e in fiamme dal piacere e riversò sul mio ventre il suo sperma caldo e abbondante.

Ero tanto elettrizzata e godente che restai attaccata a lui abbracciandolo ansimante e spossata, con la sua asta eretta ancora dura e sporca di sperma contro il mio ventre piatto, comprimendola tra il mio e il suo. Ero in una sorta di benessere paradisiaco, probabilmente dovuto a quella sostanza e al godimento provato dall’aver fatto sesso per la prima volta. Un piacere così non l'ho mai più provato nemmeno con mio marito.

Sentii il fratello di Xhiulieta che si complimentava con lui in albanese, battendole sorridendo la mano sulla spalla come a dirgli:” Bravo!!…L’hai fatta godere!!”

Si tirò su anche lui sorridendo, staccandosi da me e uscì fuori dall’abitacolo con l’asta ancora dura che Xhiulieta guardava furtiva. Fu il fratello con un cenno a dirgli di coprirsi per non farsi vedere da sua sorella, si voltò e si pulì con i fazzolettini, rimettendosi a posto.

In quello stato soporoso intravidi dal finestrino Xhiulieta guardarmi indifferente e abbassare il suo sguardo quando incrociò il mio.

Mi aveva tradita, ingannata e ceduta a suo fratello e l'amico, ma soprattutto gli aveva donato la mia purezza, la mia verginità, lei lo sapeva che lo ero, eppure non fece niente per fermarli, anzi se tutto è avvenuto è stato per la sua complicità.

Nei primissimi momenti di lucidità, quando finì tutto, ero incredula di quello che mi era accaduto, e soprattutto di aver goduto e partecipato all’amplesso con quegli esseri.

Restai sdraiata, nuda con il ventre sporco di sperma, riuscii solo a chiudere le gambe, ero assente ed estasiata.

 

Li sentivo parlare in modo concitato, ma non capivo nulla. Vidi Xhiulieta gettare le chiavi della macchina e la mia borsetta con il golfino sul sedile del guidatore. Sentii sbattere le portiere … e sentii loro e il loro vociare che si allontanavano.

In un lampo sparirono tutti e ritornò il silenzio.

Confusa restai sdraiata a guardare il tettuccio interno dell'auto, ero sola, solo il silenzio intorno a me e non avevo nemmeno la forza di piangere, non so quanto tempo restai così, sentivo solo auto che partivano e qualche voce lontana, rimasi il tempo di realizzare quanto accaduto e rimettermi mentalmente.

Poi all’imbrunire mi tirai su, allungai la mano e presi i pantaloni e gli slip gettati nel sedile dietro e seduta mi abbassai in avanti e infilai nel piede lo slip e la gamba del pantalone e poi feci lo stesso nell’altro e li tirai su fino alle ginocchia e poi staccando il sedere dal sedile tirai su le mutandine e a fatica per la posizione e perché stretti, anche i jeans.

Nel mettere a posto lo slip, mi toccai il sesso, era indolenzito ed ero bagnata tra le gambe con la vulva ancora dilatata e calda, tirai su le dita e guardai, era il mio sangue verginale.

Sapevo di aver perso la verginità, ma constatarlo mi fece un effetto particolare, avevo perso la verginità e tutto era avvenuto non nel modo che avrei desiderato io.

Pensai a Davide, con lui ...non l'avevo ancora mai fatto l’amore, ed ero stata sverginata da un ragazzo albanese conosciuto lo stesso pomeriggio.

Xhiulieta mi aveva ingannata, non me lo sarei mai aspettato da lei, ero sempre stata buona e

disponibile nei suoi confronti.

Probabilmente si era accordata con suo fratello quando al tavolino della discoteca parlavano in albanese. O forse giorni prima vedendomi il fratello e l’amico, la convinsero a portarmi in discoteca…e lei lo fece. O forse lui l'aveva costretta a comportarsi così, pensai, giustificandola.

Pensai ancora a Davide mentre mi rimettevo gli stivaletti.

Non sapevo cosa mi era successo, ero sconvolta, soprattutto di aver partecipato, non avevo saputo reagire, anzi avevo condiviso quell’amplesso con i miei abusatori provandone piacere, mi vergognavo e non sapevo che fare....

Riflettevo: “Li denuncio? ...Ma dovrei dimostrare quello che è avvenuto, ma Xhiulieta è con loro, testimonierà a loro favore, di suo fratello certamente dicendo che non è vero che mi hanno presa facendomi bere una qualche sostanza o peggio dirà che io ci sono stata, e poi… verrei marchiata dalla gente e Davide?... I suoi genitori? … E i miei?  Cosa direi a Davide? Mi chiederà perché sei andata a ballare? Forse subito mi crederà, ma poi… saprebbe che sono stata sverginata da un albanese e…  poi suo fratello era già stato in carcere per furto… e forse anche l’amico… “

Un brivido mi percorse la schiena. …

” Sono stata sverginata e posseduta da due Albanesi e magari se li denuncio, diranno anche che godevo, che partecipavo e chissà come la racconterebbero loro alla gente.”

Ero intimorita e pensavo:” Ma con lui! ...Il mio amore, il mio fidanzato, come faccio? Cosa gli dico che non sono più vergine se lo scoprirà? Sapeva che lo ero! “

Erano questi i pensieri che mi assalivano in quel momento ero più preoccupata di aver perso la verginità e doverla in qualche modo giustificare a Davide, che avere fatto sesso con quei due.

Piansi a pensare a lui, a Davide piansi, non volevo perderlo, lo amavo.

Ma Continuavo a pensare:” Devo trovare qualcosa da dire a Davide, devo dirglielo io, se no sarà peggio se lo scoprirà lui che non sono più vergine.”

 

Uscii dall'abitacolo non so quanti minuti dopo, prendendo il golfino mi riabbottonai la camicetta e la misi dentro i jeans, poi restai ferma all'aria, pensando a quello che mi avevano fatto, a come potesse essere accaduto e perché era successo proprio a me che ero sempre stata buona con lei, forse solo un po' severa su certi aspetti e suoi comportamenti.

Sentivo un forte mal di testa. Mi avevano posseduta e soprattutto deflorata in un

parcheggio pubblico, con l'aiuto di quella piccola vipera, quella serpentella velenosa di Xhiulieta. Mi sembrava tutto così assurdo, eppure era tutto vero.

Feci il giro anteriore dell'auto barcollando e con una mano appoggiandomi al cofano, aprii la portiera ed entrai dalla parte del guidatore, camminando sentivo la vulva e la vagina indolenzita. Entrai, chiusi la portiera e mi sedetti in silenzio, stordita, non avevo nemmeno la voglia di nulla, mi sembrava impossibile, mi sentivo come se fosse successo ad un’altra.

Erano passate oltre due ore ed erano quasi le venti e iniziò a diminuire il senso di calore e di stordimento, accesi il motore e lentamente mi avviai verso casa pensando a cosa eraaccaduto, non feci denuncia e non dissi mai niente a nessuno, nemmeno mia madre, fu solo un mio segreto.

 

Arrivata a casa all’ora di cena, in silenzio e non vista andai in bagno, mi chiusi dentro e mi feci la doccia, insaponandomi tutta, volevo pulire così anche la prepotenza che avevo subito, farla andare via con l’acqua.

Guardai i miei slip sporchi di sangue, le misi in un sacchetto e il giorno dopo li gettai in un contenitore per la spazzatura lontano da casa mia.

Non volevo che mia madre le vedesse e avere niente che mi ricordasse quel momento.

A tavola quella sera mia madre mi vide strana, con gli occhi rossi.

“Come mai ti sei fatta la doccia?” Mi chiese.

“Ho aiutato a trasportare casse di indumenti raccolti da inviare alla Caritas …” Dissi. A volte lo facevamo noi ragazze quando veniva il camioncino in canonica a ritirarli. “E gli occhi ce l’ho rossi perché mi ci è andato lo shampoo.

Conoscendomi ci credette e non disse nulla, ma vedendomi taciturna domandò ancora:

“Hai Bisticciato con Davide? “

“Ma no mamma, ho solo mal di testa e non ho fame, voglio stare solo tranquilla.” Risposi infastidita della sua attenzione, e alle sue mille domande successive risposi vagamente, minimizzando il mio stato di svogliatezza e stanchezza; poi andai in camera mia a piangere e riposare.

Con il tempo mi informai navigando su internet e lessi che esistono diversi tipi di sostanze che

vengono usate da dei bastardi per stordire le ragazze e poi possederle sessualmente.

Ho trovato vecchi articoli di giornale che raccontavano di questi episodi di solito successi in

discoteche, dove viene offerto da bere e si viene stordite con il drink e poi ti possiedono carnalmente, più o meno come è capitato a me.

Ci pensai e ripensai più volte e concretizzai e mi convinsi che quella sostanza me la misero quando andai in bagno a fare la pipì e lasciai la mia bibita sul tavolo con Xhiulieta.   Probabilmente mentre non c’ero loro tornarono e d’accordo con lei o erano già complici o la convinsero ad esserlo in quel momento e la versarono nel bicchiere della mia bibita. Non poteva essere andata diversamente, a parte quell’assenza ero sempre stata vicino al mio bicchiere e me ne sarei accorta di qualche manovra strana, anche se il sapore era lo stesso.

A volte tuttora, sento alla tv o leggo sui giornali che succede ancora....

So che con il mio atteggiamento la mia decisione scellerata di non denunciarli ho lasciato le condizioni che potessero rifarlo ancora a qualche altra ragazza, e forse lo avranno fatto… ma proprio non avevo la forza, il coraggio la capacità di denunciarli, parlo di oltre vent’anni fa, forse con la mentalità che c’è oggi lo avrei fatto, ma allora ho preferito far morire tutto dentro me piuttosto che affrontare la gogna mediatica.  Forse oggi sarebbe stato diverso, ma decisi così.

La parte più terribile e assurda di quello che accade fu realizzare che inconsapevolmente condividevo quell’amplesso e in quei momenti partecipavo e provavo piacere, soprattutto ad essere posseduta dal secondo ragazzo, il loro amico. Per un attimo persa nell’oblio l’ho desiderato e amato carnalmente come se fosse stato Davide al suo posto e questo mi mise in una condizione di inferiorità mentale, di incapacità a reagire dopo una volta tutto finito. Inoltre la preoccupazione più grande che avevo era quella di aver perso la mia verginità con un altro ragazzo che non fosse Davide e mi tormentavo di come avrei fatto a dirglielo. Quella in quel momento era la mia preoccupazione più grande, come informarlo che non ero più vergine senza dirgli la verità di quello che avevo subito?  Avevo 20 anni.

Posso dire per mia esperienza che quando capitano questi casi avviene tutto inaspettatamente all’improvviso, è che tu non riesci a reagire, capisci quello che ti sta succedendo, provi anche le emozioni e le sensazioni di quegli atti carnali, il piacere, il godimento, la vergogna, ma non riesci ad allontanarli e inconsciamente se come me ne sei alterata mentalmente, ne partecipi pienamente. E poi al termine di tutto non riesci a capire come sia potuto accadere e nella tua testa c'è solo come un vuoto.

Questo è ed è restato un mio segreto. Ora sono sposata e ho un figlio grande e a volte ci ripenso e non so nemmeno io perché.

 

Allora dispiaciuta, con le lacrime agli occhi, prima ancora di avere il primo rapporto sessuale completo con lui, dissi a Davide oggi diventato mio marito, che senza volerlo quando non c’era mi ero masturbata pensandolo e senza intenzione con il dito o con l’unghia probabilmente mi ero lacerato l’imene e forse sverginata da sola. Costernata e con gli occhi umidi l’ho informai: “Davide amore mio… “

“Dimmi Barbara…”

“Ti devo confidare un fatto che mi è accaduto e spero che tu mi capisca e mi creda…” E prosegui:” Quando eri a Milano…” Dissi con gli occhi sempre umidi:” Nella passione di pensarti mentre mi masturbavo e visto che mi dava piacere praticarlo… In preda al mio desiderio per te ho spinto troppo il dito e ho avvertito un dolore lancinante in vagina. Mi sono fermata subito e ho visto del sangue su dito e inseguito poche ore dopo lo vidi anche sulle mutandine.  Credo di essermi sverginata da sola. Mi dispiace quello che è successo…” Pronunciai con gli occhi bagnati di lacrime:” Ma moralmente e carnalmente sono e sono sempre stata pura per te… e non ti ho mai tradito e mai ti tradirò.” Affermai.

Conoscendo la mia moralità e serietà ci credette, non aveva motivo di dubitare della mia onestà e del mio amore verso di lui, anzi da uomo meraviglioso qual è, mi confortò anche, dicendomi di non pensarci e di non farne un cruccio e scherzando che comunque dopo il dito lui sarebbe stato sempre il primo ad entrare in me.

Mi è dispiaciuto molto mentirgli, ma era il male minore e mi ha addolorato che non sia stato realmente lui il primo e nemmeno il secondo uomo a possedermi, ma è stato ed è il primo nel mio cuore e nella mia vita. Mi ha turbato molto aver provato piacere con quei due tipi da quell'atto ingannevole e furtivo, e a volte dopo tanti anni purtroppo a occhi chiusi ci penso ancora nei momenti di intimità con Davide e assurdamente quel ricordare giovanile ancora mi crea uno stato di  eccitazione emotiva e quando li rammento lo faccio non più con odio verso di loro, ma compassione; e paradossalmente a quel rievocare mi sale il desiderio inconscio di quando  mi  possedevano e come allora vivo le stesse emozioni e sensazioni.

Xhiulieta non venne più a casa mia a prendere lezioni di italiano, sparì, in seguito si licenziò anche dal negozio. A lei e suo fratello li ho rivisti tempo dopo, lui mi guardava sempre sorridendo, con aria sfottente e trionfante, Xhiulieta invece quando mi incontrava mi sfuggiva sempre, aveva fatto un piacere a suo fratello e a un loro amico, gli aveva regalato la mia verginità e aveva fatto del male a me.

Informandomi nei mesi successivi dopo il suo licenziamento, ebbi la conferma che era una famiglia balorda, che il padre era già stato in galera e la madre si prostituiva saltuariamente e che lei e suo fratello erano fratelli di madre ma non di padre, infatti i lineamenti somatici tra loro erano diversi. Dopo un anno non li vidi più, mi dissero che loro avevano cambiato città e i genitori ritornati in Albania.

Chi non vidi più da quella volta fu il loro amico, quello che mi aveva procurato piacere in quella condizione approfittatrice, non l’ho più rivisto.

Dopo qualche anno seppi dal parroco che Xhiulieta si prostituiva e ci disse di pregare per lei, informandoci che aveva saputo quella notizia dalle forze dell’ordine che gli avevano chiesto informazioni su di lei. Quando lo seppi tre anni dopo, pensandoci lei aveva l’età di quando mi ingannò e rubò la mia verginità.

Ancora adesso che viaggio verso i cinquant’anni, quello che non le perdono non è avermi fatta possedere da suo fratello e dall’amico, ma fare in modo che lo facessero sapendo che ero vergine. E forse se non lo ero, oggi sarebbe tutto diverso.

 

Ho passato dei momenti brutti, ma lentamente li ho superati, non provo rancore e odio per loro, ma solo pena, per quello che mi hanno fatto e per la fine che hanno fatto provo verso di loro il perdono cristiano e non quello individuale.

Non ce l’ho con loro in quanto albanesi o extracomunitari, come dicevo sopra, avrebbe potuto accadere anche con italiani… e prova ne è che con mio marito continuiamo ad adoperarci tramite la parrocchia ad aiutare questa gente immigrata e sola…

 

Ecco adesso mentre scrivo questo, il ricordo si è fatto più vivo, ho un pò di ansia r inquietudine a pensare a quella domenica pomeriggio ed è la prima volta che mi capita, che mi libero e racconto la mia storia in modo anonimo a qualcuno o a molti.

A volte mi dico, che in fondo era una sconosciuta e che non avrei dovuto bere senza pensare, ma ho dei dubbi, ho paura che in realtà la colpa sia stata anche mia, che mi son fidata troppo di Xhiulieta e moralmente non l’ho saputa capire e interpretare. In fondo lei era solo una ragazzina di 16 anni scappata da un paese in miseria, senza sogni e speranze, disadattata e senza amore e che forse mi ammirava tanto da invidiarmi e volermi in qualche modo punire per la mia bellezza, il mio essere borghese, benestante e tanto diversa da lei. O forse mi dico che per lei è stata solo una ragazzata. Oppure ancora che è stata plagiata da suo fratello e da gente più grande di lei e che ingenua è finita in qualche situazione dove poi l’hanno sfruttata e costretta a prostituire.  Non provo odio o rancore per lei, mi dispiace davvero per la fine che ha fatto, la strada che ha preso, ricordo ancora il suo sorriso spento, gli occhi vivi ma vuoti, senza sogni e a volte prego che si riscatti, anche se non so più niente di lei, se è viva o se è morta…

 

Alcune notti li sogno, tutti e tre ma non so definire in che modo se con desiderio o repulsione, so solo che mi sveglio turbata con il cuore che mi batte forte e poi mi riaddormento.

 

Barbara.

 

Ogni commento e suggerimento è gradito. Grazie.

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