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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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STORIE IGNOBILI

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

STORIE IGNOBILI

 

Note:

“Come ci sono figli illegittimi, ci sono anche pensieri bastardi.”

Luigi Pirandello.

 

 

VOGLIO UN FIGLIO DA TUA MOGLIE (Il camorrista)

 

Finalmente ho trovato il coraggio di scrivere per raccontare anch’io la mia storia ignobile, quella della mia famiglia… È una storia molto travagliata e triste di due sposini innamorati che può sembrare non vera, ma è reale credetemi, avvenuta nella città Partenopea e certi fatti possono succedere solo lì, a Napoli.

 

Tutto ebbe inizio quasi 10 anni fa, a Napoli, nel quartiere di Ponticelli, nella periferia nord-est della città. Allora io Angelo, avevo 25 anni e mia moglie (Rosa) 23 anni e avevamo una figlia, una bellissima bambina di quasi due anni di nome Lucetta, diminutivo di Lucia.

Eravamo una giovane coppia napoletana innamorata, ci volevamo molto bene ed eravamo gelosi l’uno dell’altro. Ci sposammo felici, con tanti sogni in testa e speranze nel cuore da realizzare e con l’aiuto dei genitori, con un mutuo bancario comprammo un appartamentino in un palazzo proprio in un rione del quartiere Ponticelli, vicino all’ospedale dove lavoravo io. Era una bella casa, per noi bellissima, la più bella del mondo, la realizzazione materiale dei nostri sogni e del nostro amore.

 

Io e Rosa quando ci conoscemmo eravamo ragazzini, abitavamo nello stesso quartiere e stesso palazzone. Tra di noi dovete pensare che parlavamo in napoletano, la nostra lingua. Iniziammo a frequentarci che avevamo cominciato la scuola superiore, per finire, quando terminammo gli studi, io da Oss (Operatore socio sanitario) all’Ospedale del mare di Napoli dove lavoravo, e lei da ragioniera, e decidemmo di sposarci, di coronare il nostro bel sogno e amore. Avevamo già amplessi prematrimoniali e lei come femmina, come si dice a Napoli, era più calda del Vesuvio.

Era figlia unica con entrambi genitori, io oltre papà e mamma avevo una sorella più grande sposata. Venivamo da due famiglie modeste, ma oneste, di sani principi, dove non si mangiava piuttosto che andare a rubare o a fare la malavita come diciamo noi a Napoli.

Eravamo innamorati, innamoratissimi, gelosi l’uno dell’altro e ci volevamo molto bene, lei aveva 20 anni quando ci sposammo e io 22.

Lavoravamo tutti e due ma precariamente, eravamo come si dice oggi interinali, a tempo determinato, con la speranza di venire assunti stabilmente. Io nell’ospedale che scrivevo sopra, vicino a casa nostra e lei impiegata in qualche ufficio o agenzia di Napoli.

Ero il tipico ragazzo meridionale, non alto con capelli neri lisci e gli occhi buoni, grandi e marroni. A scuola mi prendevano in giro perché avevo il naso grande e le labbra fini, con un fisco molto magro. Ma a Rosa che era molto più bella di me, piacevo così com’ero. Di carattere sono sempre stato dolce e giocherellone, mi piaceva vedere il calcio in tv, soprattutto se a giocare era il Napoli di cui eravamo tifosi sfegatati entrambi. Il tempo libero lo passavo sempre in famiglia assieme a lei e a nostra figlia, salvo qualche volta che andavo a giocare a calcetto nei campetti a sette con gli amici.

Rosa, mia moglie era una bella ragazza napoletana, con i capelli mossi color nero corvino, lunghi fino sulla schiena, le arrivavano oltre le scapole e quando non erano sciolti li teneva fermi dietro con un elastico lavorato in una bellissima coda da cavallo, oppure tirati sulla nuca in uno chignon seducente, e bloccati da un grosso fermaglio colorato. Aveva i tratti somatici tipici mediterranei, con il corpo snello ma generoso nelle forme, sedere e seno armonioso e proporzionato e molto sensuale e femminile, che attirava gli sguardi e le attenzioni maschili e qualche invidia femminile. Era la tipica guagliona del sud.

Era bella, gli occhi scuri e la carnagione chiara, la caratteristica ragazza partenopea, passionale nel carattere e non solo, anche nell'intimità. Un viso ovale con un nasino all'insù, labbra carnose e gli occhi color nocciola e a volte quando lavorava, portava dei fantastici occhiali da vista che le conferivano un’aria quasi da intellettuale e la rendevano simpatica e affascinante, specie dopo uno di quei suoi sorrisi meravigliosi a denti bianchi che sapeva fare lei.

Aveva una personalità molto dolce e comprensiva, era sempre disposta ad ascoltare chiunque in qualsiasi momento. Lei si era impiegata part time in uno studio commercialista, dove lavorava tre giorni alla settimana. Alcuni pomeriggi quando la bimba era all’asilo visto che le piaceva tenersi in forma, andava a fare ginnastica aerobica e step in una palestra vicino casa oppure veniva a correre assieme a me.

Sue caratteristiche inconfondibili erano, come quasi tutte le ragazze del sud, mettere abiti alla moda appariscenti e vistosi, naturalmente di marca e tendenza del momento di stilisti attuali, ma contraffatti che qui a Napoli si trovano dappertutto. Portava un trucco, modesto ma evidenziato, unito al luccichio di anelli, braccialetti e collane tutti falsi e di chincaglieria che le regalavo io. Era una donna come le centinaia di migliaia di ragazze ventenni napoletane.

Come dicevo ci volevamo molto bene, eravamo innamorati e io ero geloso di lei, come lei di me. Mi piaceva saperla guardata, per potermi dire: “…è mia, solo mia…”, ma guai se qualcuno si permetteva di parlarle o sfiorarla. Era vietato.

La prima volta che la vidi, seppur ero un ragazzino mi innamorai di lei perdutamente, aveva un non so cosa che mi attraeva e a casa fantasticavo spesso e la sognavo.

Quando fummo adulti, come dicevo sopra, decidemmo di sposarci, il nostro fu un tipico matrimonio del sud, con centinaia di invitati, la chiesa addobbata all’inverosimile e Rosa con un bellissimo abito bianco con lo strascico e i paggetti come le principesse, e sembrava la fosse davvero, era meravigliosa tutta candida. Il pranzo fu faraonico con varie portate e torta nuziale a piani, con orchestrina e cantante napoletano del luogo. Certamente come si usa da noi, i genitori si erano anche indebitati per quel matrimonio da mostrare a tutti e pagavano a rate mensili il prestito che avevano avuto o dalla banca o qualche usuraio del luogo. In viaggio di nozze andammo in Francia a Parigi, la città degli innamorati. 

Subito andammo ad abitare in affitto.

Dopo un anno dal matrimonio, come dicevo involontariamente nacque nostra figlia Lucia, che noi chiamavamo Lucetta (diminutivo napoletano), una bellissima bambina, come la mamma, con i capelli neri e gli occhi scuri, anche se assomigliava a me.

I primi anni lavorammo sodo, facemmo sacrifici e nonostante la bambina che ci teneva spesso mia suocera, anche Rosa lavorava. Non avevamo molti soldi, ma tanta speranza nel futuro e nel nostro amore soprattutto. 

Nel primo condominio dove abitavamo da sposini non era più possibile viverci, c’erano sempre problemi di vario genere e spese soprattutto, e nonostante quello i proprietari ci diedero lo sfratto e ci dissero di andare via entro sei mesi visto che eravamo senza contratto di locazione (altra usanza partenopea).

In tre anni avevamo messo da parte un po’ di soldi nostri e qualcosa avevamo ricevuto dai regali in denaro del matrimonio (come si usa da noi) e altro ci avevano donato i genitori. Così decidemmo di non andare in affitto, ma di acquistarci uno nostro appartamentino. Stabilimmo di dare un anticipo e comprare casa con il mutuo, per fortuna trovammo un appartamento al primo piano in un bel condominio dall'altra parte della città, con vista sul golfo. Ci ritenemmo fortunati a trovare una così bella casa a così poco prezzo, e l’acquistammo subito, riempiendoci anche noi giovani ventenni, di debiti.

A Napoli gli alloggi non costano molto, specie quelli di periferia e noi riuscimmo ad averlo, dando solo il 15% di anticipo e il resto, l’85% tutto a rate e con il mutuo per trent’anni.

L'acquisto del nostro appartamento ci era sembrato un affare e ci stupimmo del prezzo basso, ma ne fummo felici, pensammo che fosse l’occasione della nostra vita e che eravamo stati fortunati, ma non era così, solo dopo capimmo il perché di quelle agevolazioni e condizioni di vendita.

Andammo ad abitare nella casa nuova dopo averla tinteggiata tutta, ci sembrava bellissima, era il nostro nido d’amore ed eravamo felici, aveva un giardino condominiale curato davanti al nostro balcone, e avevamo anche l'asilo per Lucetta vicino, a un centinaio di metri da noi. Sembrava un bel posto, in realtà quel luogo divenne il nostro incubo, l’inferno, poi capirete perché.

Come dicevo anche se era di periferia era comodo per i negozi e l'asilo, dove Rosa alla mattina portava la bambina e la prendeva al pomeriggio tardi. All'inizio Lucetta non voleva starci, ma poi ...piano piano iniziò a vedere gli altri bambini e socializzare con loro e si adattò. Dal nostro balcone vedevamo il cortile dell'asilo e i bimbi che giocavano e sentivamo le loro voci. Eravamo contenti ed anche Lucetta lo era e come noi aveva fatto le prime amicizie con bambini della zona e Rosa aveva ripreso a lavorare.

Gli arredi erano quelli che erano, roba vecchia e usata regalataci dai parenti, ma lentamente con il tempo e in base alle nostre possibilità avremmo acquistato tutto, dai mobili agli elettrodomestici, tv, dvd, frigo, lavatrice e altro che ci mancava o dovevamo sostituire.

Che dire!... Eravamo felici e ci amavamo, sembrava un sogno, ma presto divenne un sogno angoscioso e come dice il proverbio dopo tante cose belle ne vennero altrettante brutte.

 

Nei mesi successivi, notammo che l'appartamento a fianco al nostro era sempre vuoto e chiuso, non ci abitava nessuno e anche il balcone che confinava con il nostro, ed era separato solo da un divisore a vetro, era pieno di polvere, foglie e cartacce, segno che erano anni che non era pulito. Questo durò quasi per un anno da quando arrivammo noi e pensammo che fosse da vendere, ma non c’erano nemmeno i cartelli che lo attestavano.

Un giorno di primavera all’improvviso vidi tutte le tapparelle su, e delle donne che ripulivano l’interno e sul balcone e giorni dopo notai un uomo che appoggiato alla ringhiera fumava una sigaretta. Per educazione lo salutai: “Buongiorno!” Ma lui mi rispose solo con un gesto della testa.

Quando rientrai in soggiorno dissi a Rosa che seduta sulla sedia pettinava la bambina:

“Abbiamo gente di fianco!”

“Oh ci sono nuovi vicini!... Bene!” Esclamò lei con un sorriso aggiungendo: “Chi sono una famiglia?”

“Non so!” Risposi: “Forse!... Io ho visto solo un uomo sulla cinquantina d’anni sul balcone che fumava.”

“Lo hanno pulito bene almeno!” Chiese.

“Sì, mi sembra in ordine!” Affermai.

“Meno male, c’era tanta di quella cartaccia e foglie che il vento portava sempre lì che anche il nostro sembrava sporco.”

 

Nei giorni seguenti ci accorgemmo che Il nostro vicino era un tipo strano, solitario, lo vedevamo a volte sul balcone a fumare le sigarette e sembrava poco educato, ai nostri sorrisi e saluti, rispondeva a fatica, solo con gesti del capo o della mano. Scoprimmo poi in seguito che si chiamava Carmine ed era un pregiudicato, un camorrista.

Come dicevo sopra era sulla cinquantina d'anni, di media altezza, con il fisico arrotondato e la pancia, capelli brizzolati e lisci, ma stempiato abbondantemente davanti, ma molto ordinato sia nel vestire che nell’aspetto… Aveva il volto rugoso e squadrato, ma curato, sempre rasato e pettinato.

D'umore, a parte il carattere misterioso e solitario, spesso pensoso e imbronciato, sembrava triste.

Osservava spesso noi quando eravamo sul balcone soli o con la bambina, ma anche gli altri che si vedevano giù nel cortile condominiale e in giro attorno alla casa, con i suoi occhi piccoli e rotondi sempre sfuggenti, che si mettevano a fessura con uno sguardo torvo e indagatore quando ci osservava, e ci metteva a disagio quel suo guardarci, specialmente a mia moglie.

Tra l’altro vedevamo spesso i carabinieri in divisa o le guardie penitenziarie arrivare con l’auto di servizio, entrare nel palazzo, salire le scale e andare a suonare alla sua porta affianco alla nostra, ed entrare nel suo appartamento. Sapemmo poi da loro e da altri vicini che era un malavitoso affiliato camorrista, che durante la sua vita era stato condannato per reati più vari, rapina, furto, taglieggio di negozi, ricatti, estorsione, compreso il tentato omicidio, ed era lì agli arresti domiciliari. O meglio per esattezza come ci dissero i carabinieri: “in detenzione domiciliare.” Che è quello che faceva la differenza, non conoscendo noi allora tutta quella terminologia specifica e giudiziale.

Sapemmo poi informandoci giù nell'atrio dalle guardie penitenziarie o dagli assistenti sociali che venivano ogni giorno a controllarlo e restavano con lui dentro casa un'oretta, oppure lo accompagnavano in ospedale a fare visite mediche, esami e terapia, che era stato condannato a dieci anni di carcere per estorsione, detenzione di droga, violenza e tentato omicidio. È buona parte di questi anni li aveva già scontati in penitenziario a Poggio Reale.

Ma siccome aveva problemi di salute (…che sapemmo poi da lui stesso non veri e ingigantiti all’inverosimile con esami falsi a suo nome, certificati di medici compiacenti, minacciati o pagati), che tramite il suo avvocato aveva fatto domanda di detenzione domiciliare in alternativa al carcere. E i giudici preso atto che il periodo residuo della pena rimanente era sotto i due anni e vista la buona condotta avuta in carcere, gli accolsero la domanda tramite la cosiddetta legge Gozzini del 1986, legge n. 663 all’art. 47-ter o.p.:” La detenzione domiciliare ordinaria per gravi motivi di salute.” 

Precisazioni e legge che io e mia moglie sapemmo solo in seguito da lui.

L’articolo del codice penale di cui usufruiva i benefici di legge, gli consentiva di svolgere la restante pena di detenzione di diciotto mesi presso il suo luogo di dimora, in quel caso nella abitazione dove era domiciliato, che era affianco alla nostra. Era però sempre in un regime di sorveglianza, ed era controllato dalle forze dell'ordine; spesso la notte, per vedere se era in casa arrivavano all’improvviso i carabinieri a controllare. In quel periodo non doveva incontrare nessuno, specie persone pregiudicate come lui e non poteva uscire da casa senza il permesso del magistrato. Le vivande controllate gliele portava un'apposita persona anziana autorizzata dal tribunale.

Lui, non aveva moglie e né figli e viveva da solo e di quei benefici di legge ne usufruiva in modo controllato e dipendente per qualsiasi cosa. E noi ci ritrovammo per vicino, confinante al nostro appartamento, un camorrista.

In uno dei nostri incontri casuali giù nell'atrio, parlando con i carabinieri o le guardie penitenziarie, ci dissero:” State attenti, è un malavitoso, un affiliato a una cosca camorristica ancora attiva… e non dategli confidenza. Ma anzi che se sentite o vedete qualcosa di particolare o anomalo avvisateci subito. “

Restammo sorpresi e intimoriti da quelle parole.

Noi sapevamo che c’era qualcosa di anormale nel suo soggiorno, perché vedemmo che lui oltre ai carabinieri ogni tanto a sera tardi o notte, di nascosto aveva incontri notturni dal balcone al cortile con persone strane, malavitose anch’esse, che venivano sotto le sue finestre, che erano purtroppo affianco alle nostre, a parlargli sottovoce e qualcuno entrava e saliva anche nel suo appartamento dandogli qualcosa o ricevendo disposizioni malavitose.

E seppur i carabinieri in seguito ci chiesero se avevamo visto qualcosa di insolito o di strano su di lui, dicemmo sempre di no. Non dicemmo mai niente, sia io che mia moglie ci guardammo bene dal farlo pur notando delle irregolarità, per non subire ritorsioni da quella gente che sapevamo non scherzava, specialmente con chi faceva la spia o era confidente dei carabinieri. Ci facevamo gli affari nostri.

Naturalmente quando scoprimmo chi fosse l’inquilino di fianco restammo sconcertati e ci impensierimmo subito, chiunque avesse per vicino un camorrista in detenzione domiciliare a fianco alla propria abitazione, con quell’andirivieni di carabinieri e guardie carcerarie si sarebbe preoccupato e così noi. Avevamo timore di lui, forse sarebbe meglio dire paura, era un delinquente, un malavitoso uscito dal carcere e in detenzione in casa. Aveva la sua porta d’entrata affianco alla nostra e il suo balcone confinante con il nostro e decidemmo di non dargli confidenza, solo salutarlo per educazione e soprattutto per rispetto, ma poi fare finta di niente e farci gli affari nostri.

Passarono due o tre mesi da quando venne lì in detenzione domiciliare e i nostri rapporti furono sempre staccati ma riguardosi, fatti di saluti e sorrisi a distanza quando forzatamente lo incontravamo sul balcone, e se ci accorgevamo che c’era lui, per prudenza evitavamo di uscire.

 

Un pomeriggio di fine primavera, mi raccontò mia moglie, mentre la bambina era sul balcone a giocare da sola e lei in cucina a preparare cena, sentì una voce maschile roca parlare con Lucetta nostra figlia e dirle:

“Ciao! Come ti chiami?” 

Rosa, curiosa e sospettosa corse subito fuori a guardare e vide lui appoggiato al divisorio dei terrazzi, rivolto con la testa all’interno del nostro a parlare con nostra figlia e farle dei complimenti. Lei lo guardò timorosa con un sorriso distaccato e di circostanza, dicendogli per educazione: “Buonasera!”

Lui sorrise e ricambiò il saluto, e subito mia moglie prese la bambina dicendo: “Vieni in casa Lucetta che inizia a fare freddo. Il sole sta andando via.”

Ma egli che probabilmente aveva capito la motivazione vera di quel volersi allontanare subito di mia moglie da lui, ed esclamò: “No, la lasci giocare sul balcone, è una bella giornata tiepida, c’è ancora il sole! E poi a me i bambini piacciono, avrei voluto tanto averne uno anch’io” E continuando la conversazione chiese a mia moglie: “Come si chiama?”

E Rosa prendendola in braccio, fiera e alzandola su orgogliosa quasi a mostrargliela rispose:

“Lucia! Ma noi la chiamiamo Lucetta!”

“È una bambina bellissima!” Ribatté lui: “Quanti anni ha?”

“Quattro!” Rispose mia moglie cercando di rientrare in casa, ma lui subito aggiunse:

“Io mi chiamo Carmine e lei?”

Mia moglie restò sconcertata, si guardò in giro e poi esclamò in tono quasi reverenziale:

“Rosa! … Ma mi scusi ora dobbiamo entrare, ho la cena sul fuoco e mi si brucia tutto se no stasera non mangiamo!”

Lui sorrise e aggiunse: “Se no suo marito salta il pasto!”

“Eh sì!” Esclamò mia moglie allontanandosi.

“È un uomo fortunato ad avere una donna bella come lei e una figlia come Lucetta!” Disse.

“Grazie!” Rispose mia moglie educatamente del complimento, mentre con un sorriso di circostanza rientrava con la bambina in braccio.

Lui mormorò ancora: “Sarà senz'altro una brava cuoca si sente dal profumo!”

Ma mia moglie fingendo di non aver sentito quell’ultima frase, non gli diede più confidenza e rientrò in casa. Posò la bambina sul divano e si passò la mano sulla fronte, non le piaceva quell'uomo, le faceva paura, soprattutto il modo con cui la guardava, con quegli occhi piccoli e scrutatori. Quando rientrai a casa per cena. mi raccontò tutto subito.

“Beh non possiamo certo essere maleducati, se lui ci ha salutato e si è presentato un minimo di cortesia ed educazione dobbiamo averla e poi a noi non ha fatto niente, ha solo parlato con te e chiesto di Lucetta e finché si comporta bene con noi... come dice il proverbio... i vicini nessuno se li può scegliere, tanto vale andarci d'accordo!”

“Allora se lo vedo sul balcone che mi parla non devo scappare?” Ribatté mia moglie, aggiungendo: “...Ma a me fa paura!”

“Beh… non è che devi chiacchierarci, bisogna solo essere educati e rispondere buongiorno e buonasera e con una scusa come hai fatto tu oggi allontanarsi subito.”

Quella sera finì così e tornammo alle nostre cose.

Gli incontri sul balcone, si fecero più frequenti, sembrava che aspettasse quando Rosa stendesse o ritirasse i panni, o quando uscivamo assieme con la bambina per farsi trovare lì e chiacchierare con noi, lo stesso fece un giorno che eravamo tutte e due sul balcone. Ci chiamò:

“Venite!” Disse facendo segno con la mano di avvicinarsi al divisore.

Andai davanti io e dietro di me mia moglie e quando fummo vicini ci disse:

“So che sapete chi sono! E so anche che voi siete gente per bene e onesta! Io non parlo con nessuno, sono sempre solo, ascolto e guardo solo la televisione e leggo giornali e libri, e qualche volta mi farebbe piacere scambiare qualche chiacchiera con qualcuno, con voi per esempio!” Dichiarò proseguendo: “Almeno in carcere avevo i compagni di cella, qui nemmeno quelli, solo la solitudine. Non dovete scappare quando mi vedete! Io ho piacere a osservarvi e parlare con voi. E i carabinieri e la polizia non vi possono dire niente perché voi siete a casa vostra, state tranquilli.”

Restammo in silenzio: “Ma guardi le assicuro che non scappiamo! Assolutamente è che abbiamo tante cose da fare!” Rosa in silenzio dietro a me ascoltava intimidita e lui continuò:

“La gente come me, qui a Napoli è meglio averla amica che nemica!” Esclamò serio:” E io vi offro la mia amicizia e vorrei essere onorato della vostra come sono certo voi sarete onorati della mia!”

“Ma certo!” Risposi io.” Quando vuole fare qualche chiacchiera, volentieri!”

E da quel giorno, pur contrariati entrammo un po’ di più in confidenza, ci vedevamo sul balcone e ci fermavamo qualche minuto a chiacchierare, Rosa meno, non le piaceva proprio quell’uomo e se poteva scappava subito.

Ne parlammo anche tra di noi cercando di essere comprensivi, dicendoci che probabilmente era un uomo solo e cercava un po’ di compagnia e tutto sommato non c’era niente di male a parlare con lui e iniziammo a farlo.

 

Passò ancora qualche mese e Rosa comunque quando lo vedeva si dileguava sempre, pur gentile era un delinquente e le faceva paura, non le piaceva.

Un giorno che uscendo lo vide sul balcone, fece per rientrare subito in casa, ma lui la chiamò dandole del tu: “Rosa! Vieni qua!” Le disse. Lei si voltò e avvicinò al divisore preoccupata e lui le chiese “Ho bisogno di un favore!”

Lei spaventata balbettò “Io non so se posso!... Se posso volentieri!”

“Certo che puoi! Mi devi comprare le sigarette, dieci pacchetti di Marlboro e del prosciutto buono… e compra anche qualcosa alla bambina, a Lucetta che gliela regalo io.” Disse

“Oh non deve don Carmine.” Ribatté mia moglie chiamandolo don come si usa per le persone importanti e i malavitosi di alto rango a Napoli, ma lui rispose infastidito:

“Mi offendi se non glielo fai!”

E dicendo così allungo la mano e le passò 100 euro, lei prese quel biglietto verde, lo guardò e lo mise via per paura che la vedessero e corse dentro. Quando arrivai a mezzogiorno, mi raccontò tutto e mi chiese... se farlo o no e se doveva acquistare anche un regalo alla bambina?

Le risposi che visto che le aveva chiesto un piacere era meglio assecondarlo, che non c'era niente di male e per non offenderlo di comprarle un paio di scarpe per Lucetta, che intanto ne aveva bisogno, cresceva in fretta. E così le fece quel regalo e quella spesa che lasciò nel pianerottolo davanti alla sua porta. Quando poi lo vide sul balcone, Rosa prese in braccio Lucetta gli fece vedere le scarpe che gli aveva regalato e che aveva già ai piedi, e fece per dargli il resto, ma lui non lo volle. Erano 42 euro di resto. 

“Tienilo per te! Comprati qualcosa che ti piace!” Dichiarò Carmine.

“Non lo posso accettare!” Rispose mia moglie. Lui non insistete e disse solo: “E allora compraci ancora qualcosa alla bambina, falle un altro regalo da parte mia che io voglio così, la salutò si girò e se ne andò, lasciandola con quei soldi in mano, che anche se pochi per noi erano soldi visto gli stipendi che prendevamo e le spese che avevamo… mutuo compreso.

A tavola dopo avermi informato mia moglie mi chiese: “Ma non corriamo dei rischi a fargli la spesa senza permesso?”

“Non credo!” Risposi. “Comunque ne parlerò con lui.” E un giorno incontrandolo sul terrazzo glielo feci presente. 

“Don Carmine mi scusi, ma per la spesa… i carabinieri non vogliono che gliela faccia altra gente, le hanno assegnato quella signora che viene tutti i giorni, sa non vorremmo che Rosa finisse in qualche guaio per questo.” Gli comunicai.

Lui non rispose niente, seppi solo che ne parlò al suo avvocato e senza dire niente a noi, fece richiesta al magistrato di sorveglianza, informandolo che noi eravamo disponibili affinché mia moglie che abitava vicino potesse fargli la spesa delle piccole necessità quotidiane e improvvise, che l’addetta non riusciva a portargli. E il giudice acconsentì.

Un giorno sul balcone ci chiamo: “Il mio avvocato ha fatto richiesta al giudice che Rosa mi possa fare la spesa!” Ci informò facendo cenno con il capo a mia moglie dietro me:” Ha accettato e quindi può stare tranquilla, me la farà solo lei e la pagherò per il disturbo.” Restammo stupiti e sorpresi di quella richiesta a nostra insaputa, ma ormai era tutto stabilito.

Quella cortesia si ripeté giornalmente, si faceva fare la spesa da mia moglie dandole sempre un biglietto da cento o due da cinquanta, spendendo poco e dicendo a Rosa:” Con il resto compratevi qualcosa anche voi…” E il resto ce lo lasciava, lo rifiutava sempre, lo lasciava per mia moglie o alla bambina e praticamente ci facevamo uscire anche la nostra di spesa insieme alla sua.

Così ci abituammo ad avere quella piccola entrata parallela per farci uscire anche i nostri acquisti. A volte capitò che a Rosa la fermassero nell’atrio del portone la polizia, carabinieri o le guardie penitenziarie e controllassero cosa c’era nella borsa e cosa gli avesse acquistato. Come purtroppo è capitato anche che all’improvviso qualcuno o qualcuna, una volta anche un ragazzino, avvicinandosi furtivo a mia moglie le infilasse all’ultimo momento nella borsa della spesa qualche pacchetto per don Carmine, con comprensibile timore e ansietà da parte di Rosa e mia, non sapendo cosa contenesse.

Seppur cortesi e reverenziali cercavamo di stargli alla larga perché non ci piaceva come persona, per quello che era e per il rischio negativo che potesse avere su di noi. Cercavamo di avere contatti solo il minimo indispensabile per le sue necessità, visto che non provvedeva più l’altra signora addetta.

Senza volerlo eravamo diventati suoi favoreggiatori. Ma non dicevamo nulla per timore di qualche ritorsione. So che è difficile da capire per chi non vive certe realtà e soprattutto la gente del nord, ma da noi è così e i fatti che accadono e si leggono sui giornali o in TV ne sono una prova. Se uno si ribella, tradisce o fa la spia, lo ammazzano senza tanti riguardi per strada.

 

Alcuni mesi dopo un giorno sul terrazzo ci chiamò informandoci: “Oggi è il mio compleanno e voglio invitarvi e offrirvi una cena!” 

Io e Rosa ci guardammo stupiti pensando probabilmente la stessa cosa: “Ma se non può uscire di casa ed avere rapporti con nessuno… dove ci invita?”

Lui come leggendoci nel pensiero specificò: “La faremo stasera a casa vostra, dopo le 21.00 quando sarà già buio!”

“A casa nostra?” Esclamò Rosa sorpresa, contrariata e intimorita.

“Sì verrò io da voi! Scavalcherò la ringhiera dal divisore e nessuno vedrà niente.” 

Restammo sconcertati da quella prospettiva e Rosa pronta rispose: “Ma se qualcuno la vede!... E poi io oggi lavoro!”

“Non mi vedrà nessuno, ci sono gli alberi davanti e la spesa la farai quando hai finito di lavorare!” Dichiarò passandole dei biglietti da 50 euro in mano, guardandola negli occhi con un tono intimidatorio che non ammetteva repliche.

“E compra roba buona. Prepara una bella cenetta! Non vi avviso con un sms quando arriverò perché lo smartphone non lo posso avere. Mi vedrete comparire all’improvviso, voi preparate tutto.”

Aveva uno strano ghigno che ci fece paura e a malincuore accettammo.

Quel pomeriggio Rosa comprò tutto e preparò per la cena. Verso le 20.00 dopo aver dato da mangiare alla bambina la mise davanti alla tv e poi la portò a letto, coricandosi vicino a lei per farla addormentare come faceva sempre.

Poi si alzò che mancava poco alle 21.00, si mise a posto e venne in soggiorno vicino a me guardandomi contrariata.

“Che vuoi che faccia?... Che gli dica di non venire?” Mormorai in dialetto contrariato anch’io capendo il suo sguardo.” Ha deciso tutto da solo anche per noi e non possiamo farci niente, se no lo interpreta come uno sgarbo e si offende. E poi è solo una cena, come ha detto lui visto che da qui si sente se qualcuno suona il citofono o il campanello di casa sua, se arriva qualche controllo improvviso, scavalca il divisore e ritorna immediatamente di là nel suo appartamento.”

“Sì, ma rischiamo anche noi!” Replicò Rosa irritata.

“Lo so! Ma che vuoi che faccia?... Cosa devo fare?” Dissi sentendomi impotente… “Dimmelo tu!”

“Niente!” Rispose lei: “Non si può fare niente oramai lo so!”

E mentre discutevamo tra noi sottovoce, sentimmo dei rumori sul balcone e subito dopo lui che picchiava sui vetri della portafinestra del soggiorno.

Andai ad aprire e lo feci entrare, la tavola era preparata, ci chiese di parlare a bassa voce e di tenere le luci basse, cosa che facemmo.

Si sedette come capo tavola tra di noi e io e Rosa al suo fianco seduti di fronte uno all’altra. Era vestito elegantemente con abiti moderni e di marca (vera, non come i nostri taroccati) e profumato.

Aveva le labbra carnose in un sorriso aperto, non più serio e imbronciato come le prime volte. A tavola notammo che aveva mani curate, con grossi anelli e braccialetti d’oro che gli pendevano fuori dalla manica della camicia.

Mi salutò stringendomi la mano, poi si avvicinò a Rosa e la baciò sulle guance come se fosse una vecchia amica dicendole: “Sei bellissima! Una vera meraviglia!” Come si usa dire dalle nostre parti.

Ci sedemmo e parlammo del più del meno, con il televisore a basso volume, mentre mia moglie portava i piatti, poi si sedette anche lei a cenare.

“Gli devo dare il resto!” Esclamò facendo il gesto di prenderlo, ma lui la fermò dicendole ancora: “Compra qualcosa alla bambina!” E cenammo.

Lui parlava con me, ma guardava spesso Rosa, con occhiate profonde e libidinose, era chiaro che mia moglie gli piaceva, era una bella ragazza tipica napoletana verace, truccata un po’ vistosamente sugli occhi scuri e sulle labbra e con lunghi capelli nero corvino, vaporosi che le arrivavano alle scapole; mentre lui non era alto, e probabilmente Rosa con i tacchi lo superava.

Mia moglie facendo gli auguri si affrettò a dire:

“Non le abbiamo comprato nessun regalo, perché non sappiamo cosa le piace, se una cravatta, una cintura, una camicia… e poi non avevo il tempo perché dovevo preparare la cena… ma domani se mi dice cosa preferisce le faccio un pensiero don Carmine.”

“No.… non regalarmi niente, ho già tutto, mi basta la vostra amicizia ed essere qui questa sera a cenare, ecco questo è il vostro regalo.” E sorrise.

La cena proseguì con occhiate alla tv e sue uscite di manifestazione del modo di pensare e di vedere le cose e i fatti della vita, proprio da malavitoso. Già lo pensavamo che fosse così, e capimmo subito che aveva poco apprezzamento per il genere umano, ed era un maschilista e sessista, che aveva scarsa considerazione per le donne, e con Rosa più che complimenti per la sua bellezza e per il suo modo di fare da mangiare non le fece, non dicendo altro. Non si interessò come fece con me di cosa pensasse lei di un determinato argomento o di altro.

“Lucetta?” Domandò all’improvviso come accorgendosi in quel momento che non c’era.

“È a dormire! “Rispose mia moglie.

Poi quasi al termine della cena, chiese a Rosa un piacere: “Pagando naturalmente!” Precisò:

“Avrei bisogno di qualcuna che mi lavasse gli indumenti, io non lo facevo nemmeno in carcere, c’era un ragazzo che me li lavava. Ti sarai grato se lo facessi tu, magari insieme a quelli di tuo marito così perdi meno tempo!” Era una richiesta inammissibile e restammo sorpresi che chiedesse a mia moglie di fare la sua lavandaia, la sua serva e lavare i suoi indumenti con i miei.

Rosa per non accettare pronta rispose:

“Lo farei volentieri don Carmine, ma abbiamo la lavatrice piccola da 3 Kg ed è vecchia e non funziona bene, già faccio fatica a lavare gli indumenti di Lucetta!” Esclamò... facendosi vedere dispiaciuta di non potere esaudire la sua richiesta.

Ma lui altrettanto pronto rispose subito: “Non è un problema, ti do i soldi io e comprati la lavatrice che vuoi, grande e potente che lavi tutto, la pago io e poi se mi fai questa cortesia di lavarmi i panni, ti do cento euro alla settimana per il servizio...” Aggiunse.

Restammo sorpresi della risposta, ci guardammo io e Rosa, certo quei soldi ci avrebbero fatto comodo e poi ci comprava la lavatrice nuova... Come se ci fossimo capiti con lo sguardo, Rosa chiese, facendogli capire la nostra disponibilità: “Che genere di indumenti dovrei lavarle? Non di certo biancheria intima...” Specificò.

“No! … Nessuna biancheria intima, solo magliette e camice e qualche pantalone.”

Ci guardammo ancora e io feci un cenno affermativo con il capo, e allora lei rispose con tono più confidenziale ma sempre riverenziale: “Va bene don Carmine.” Sempre con il prefisso don davanti al nome in segno di rispetto.

A un certo punto lui infilò la mano in tasca come a cercare qualcosa e tirò fuori una scatoletta fasciata a pacchettino. E rivolgendosi a mia moglie esclamò:

“Ecco prendi Rosa! Ho saputo che hai fatto anche tu gli anni da poco!... Quanti?” Domandò.

“Ventisette!” Rispose lei meravigliata di quel regalino.

“Questo è per te, è un mio regalo! Me lo sono fatto portare oggi.” E così dicendo le passò il pacchettino di pochi centimetri.

Rosa come me era imbarazzata: “Un regalo!?” Esclamò.

“Sì, un regalo mio per te!” Ripeté lui e sorrise.

Lei parlando al plurale e guardando il pacchetto Ribatté: “Ma noi non possiamo accettare! ...”

“Su!... Su, aprilo!” La esortò lui con voce decisa, e lei vinta dalla curiosità lo scartò e quando aprì la scatoletta restammo tutti e due a bocca aperta. Era un anello con brillanti, molto bello e tutti veri come ci precisò dopo lui.

“Ohh!” Esclamò Rosa vedendolo luccicare: “È bellissimo!!”

“Chissà quanto vale!?” Esclamai io.

“Una cazzata!” Rispose lui ridendo: “Solo tremila euro! Sono brillanti veri e non pezzi di bottiglia!” Precisò.

“Tremila eurooo!?” Esclamò Rosa sbalordita da quella cifra per noi enorme, mentre lo osservava brillare.

Ci guardammo ancora e intuimmo subito da dove proveniva quell'anello, certamente pensammo da qualche furto o rapina e Rosa ripeté:

“Grazie del pensiero, ma non lo posso accettare!”

“Sì che puoi!... Anzi lo devi accettare! È un mio regalo a te e alla tua bellezza e ai favori che mi fai e se non lo accetti mi offendo.” Pronunciò guardandola negli occhi. Aggiungendo: “Questo anello puoi metterlo al dito tranquillamente e mostralo a chiunque se vuoi, non è rubato, l'ho fatto acquistare oggi in una gioielleria in via Toledo e ha anche la garanzia.”

E mentre io assistevo stupito a quella scena, lui le prese la mano dicendo: “Mettilo! Fammi vedere come ti sta!” E facendoselo passare glielo infilò lui stesso all'anulare della mano sinistra, mettendolo sopra la vera nuziale, coprendola con quel brillante. Non nascondo che quell’atto e quel regalo mi ingelosirono, io di certo non potevo permettermelo. E mi chiedevo a che scopo faceva un regalo così bello e costoso a mia moglie? Sembrava quasi un presagio di quello che sarebbe successo poi, che quel suo anello coprisse la fede nuziale di mia moglie, intesa come simbolo di fedeltà. 

Quando lo ebbe al dito Rosa lo guardò e riguardò contemplandolo. Inutile dire che le piaceva, che lui aveva fatto colpo, non aveva mai posseduto niente del genere. Lo mirò e rimirò più volte, le stava bene in quel suo dito sottile e risaltava in quella manina tenera e affusolata, le donava eleganza e rivolgendosi a me davanti a lui mi chiese: “Posso tenerlo?!” Senza aggiungere altro. Che potevo fare io se non dire sì? Così con amarezza annuii con il capo.

“È un regalo di don Carmine…” Mormorò lei e a un mio gesto d'intesa della testa e degli occhi lo tenne al dito e proseguimmo a cenare, lei con quel meraviglioso anello che brillava sulla mano al riflesso della luce bassa del lampadario, come una vera signora ricca e di classe.

Provavo invidia e gelosia verso di lui, anche per il fatto che a mia moglie piacesse l’anello, ma non lo davo a vedere. Lui con una mossa astuta, sotto un certo aspetto uno stratagemma, era riuscito a far sì che Rosa, mia moglie, con il mio consenso gli facesse la serva, facendogli la spesa e ora lavandogli gli indumenti, anche se ammetto era conveniente per noi. E inoltre quel prezioso regalo al dito, che io continuavo a essere convinto che provenisse da qualche furto o qualche rapina, lo tenne lo stesso anche su mio consiglio… “Potremmo utilizzarlo e venderlo in caso di bisogno.” Pensai.

Continuammo nella cena e arrivati al caffè, fece i complimenti a Rosa per la figlia che avevamo; e guardando una foto di Lucetta sul mobile esclamò sorseggiando:

“Avete davvero una bella bambina!” Affermò, esclamando: “Complimenti a Rosa che sa fare dei figli così belli!” Senza nemmeno nominarmi. Sorridemmo tutte e due di quel complimento, senza pensare minimamente cosa avesse in mente in seguito.

“Anche a me piacciono molto i bambini, ma non ho figli, non è che non ne posso avere…” Puntualizzo:” … ma le donne che ho frequentato io finora sono state solo puttane, escort o donne di malaffare…” Precisando: “...puttane vere che battono la strada o escort che si vendono negli appartamenti e non ho mai voluto avere figli da loro. Poi vista la mia vita dentro e fuori dal carcere, non ho mai voluto sposarmi ed ora eccomi qui! A oltre cinquant'anni senza figli, da solo, senza compagna e senza eredi!”

“Eh ... ma vedrà che troverà qualche brava donna!” Dichiarò ingenuamente d'impeto Rosa, aggiungendo: “E magari avrà anche qualche figlio con lei! ... Ha ancora tempo, se ne cerchi una giovane! “Esclamò d’istinto.

Lui posando la tazzina del caffè e guardandola affermò sorridendo:

“Sì! Può succedere ancora tutto!... La vita riserva sempre delle sorprese e chissà che un giorno non abbia un figlio anch'io.” E l'argomento famiglia finì lì e passò a parlare di lui, di se stesso, dei suoi anni in carcere.

Al termine usciti sul balcone lo salutammo e ringraziammo per il regalo, e lui, con una prontezza inaspettata, come un gatto scavalcò il divisore del balcone e ritornò nel suo appartamento. La serata era finita.

Mettemmo in ordine la tavola e andammo a letto mentre mia moglie continuava a guardarsi l'anello al dito.

“Dici che potrò metterlo fuori?” Mi chiese vanitosa.

“Non ti conviene, anche se lui dice di no sarà senz'altro rubato o peggio, e poi se te lo vedono i conoscenti o i parenti subito si domanderanno come fai a possedere un anello del genere, di valore che sei mezza disoccupata...”

“Eh ma io dico che è finto, una copia!” Ribadì lei.

“Mah, se vuoi provare puoi farlo, ma non subito, sarebbe meglio di no, teniamocelo come investimento in caso di bisogno.”

“Secondo te perché me l'avrà regalato? Non credo per il mio compleanno.” Chiese lei.

“Nemmeno io!” Risposi: “Probabilmente lo avrà fatto perché gli piaci, non vedevi come ti guardava, ti mangiava con gli occhi.”

Lei rise compiaciuta delle lusinghe come donna, ma rispose: “Già, ma lui non piace a me!... Ha più del doppio dei miei anni e poi è brutto! E io non ti tradirei mai, ti amo…” Affermò sorridendo, venendo vicino a me a farsi coccolare, bisbigliandomi: “Domani ci dà i soldi per la lavatrice, li prendiamo?” 

“Certo…” Risposi: “…che vuoi sputarci sopra? E comprala bella e costosa, di marca, non risparmiare come facciamo sempre su qualsia cosa acquistiamo, intanto paga lui.”

Approfittavamo di quella situazione e di lui, non sapendo dove ci cacciavamo.

Quella sera facemmo l'amore, più eccitati del solito per la serata e io pieno di gelosia per il modo in cui lui guardava mia moglie, pieno di desiderio. E poi ci addormentammo abbracciati.

Nei giorni seguenti tutto proseguì con una certa routine, arrivò la lavatrice nuova e di marca, Rosa non aveva badato a spendere visto che pagava lui e iniziò a lavare i suoi indumenti, e se all'inizio erano solo camice, magliette e pantaloni, in seguitò all'interno trovò anche slip sporchi che lui probabilmente aveva messo apposta.

“Ci sono anche le sue mutandine sporche…” Mi disse un giorno Rosa seccata e infastidita: “…che faccio, gliele rimando indietro o…”

“O… cosa?” Chiesi io.

“O gliele lavo?”

Ci guardammo: “Lavagliele da parte va… in fondo ti dà cento euro a settimana per pochi panni.”

E così iniziò a lavargli anche le mutandine senza dirgli nulla.

 

Tutto procedette bene per qualche mese e si invitò anche a cena altre volte, finché un pomeriggio vedendomi sul balcone a fumare si avvicinò al divisore chiamandomi, e quando fui vicino, come se nulla fosse mi disse: “Ti devo parlare!”

“Mi dica don Carmine!” Risposi io.

“Ti devo fare una richiesta da amico, da vero amico...” Mi annunciò: “…e non mi puoi dire di no!” Affermò subito.

Ero perplesso da quel suo tono e dall’imposizione:” … e non mi puoi dire di no!”

“Quale richiesta? Mi dica!” Risposi preoccupato senza pensare minimamente a quello che aveva in mente e stava per chiedermi.

“Ti chiedo il consenso di accoppiarmi con tua moglie!” Pronunciò freddamente fumando.

Restai raggelato da quella richiesta, la fece come se fosse la cosa più naturale del mondo. Subito non volli capire il senso di quella pretesa, non riflettei e replicai:

“Come il permesso di accoppiarsi con mia moglie?”

“Sì, voglio accoppiarmi con Rosa!... Voglio chiavarla… e voglio Il tuo consenso di congiungermi carnalmente con tua moglie e lei che lo abbia per potersi accoppiare sessualmente con me!” Ribatté guardandomi serio e aggiungendo: “Come si fa in carcere!”

Ero sorpreso e sbalordito da quella richiesta immorale e disonorevole.

Reagii incredulo e impacciato: “Come… come si fa in carcere…? Ma... ma… quello che chiede è una cosa impossibile!... Voi mi mancate di rispetto, mi offendete don Carmine chiedendomi questo. Io non posso accettare e non voglio. Io amo mia moglie e non voglio che sia di un altro uomo!” Esclamai con voce disagiata e scuotendo il capo di lato in modo negativo. Ma lui continuò:

“Voglio che la condividi con me quando ho desiderio. Mi piace tua moglie!” Asserì con calma.

“Ma quello che mi chiede è fuori dal normale, da ogni logica... è offensivo per me, mi mancate di rispetto.” Balbettai:” Mi chiede di acconsentire che voi vi accoppiate con mia moglie, carnalmente... sessualmente.” Ripetei deciso ma timoroso della sua richiesta: “Non è possibile…” Obiettai.

“Sì che è possibile!” Controbatté:” Se tu lo vuoi, lo accetterà anche tua moglie.” Ribatté.

Ero incredulo di quello che diceva: “No… non posso accettare questo! Lei sa che gli siamo rispettosi e riconoscenti verso la sua persona, ma questo no!... Non lo accetto!” Esclamai.

E poi quasi a giustificarmi e a impedire quella proposta scellerata aggiunsi:” E poi non dipende solo da me, ma da Rosa, mi capisca… lei è stata solo mia, ha conosciuto solo a me!” Sostenni determinato.

“Farai meglio a pensarci bene e accettare!” Rispose lui serio guardandomi negli occhi:” Non è una mancanza di rispetto nei vostri confronti, ma anzi per voi di onorarvi con la mia amicizia e protezione. Mi dispiacerebbe essere offeso da voi! … Voglio solo che condividi tua moglie con me quando ne ho desiderio, finché resterò qui a finire di scontare la mia pena detentiva e nessuno saprà niente te lo assicuro. Mi piace tua moglie!” Ribatté ancora.

Restai incredulo nel suo perseverare a quella pretesa: “Ma non è possibile!” Balbettai: “È mia moglie, ci amiamo e poi gliel'ho detto, non dipende da me, ma da lei e non accetterà mai!”

“Tu parlagliene, dille della mia richiesta e convincila, vedrai che ci riuscirai, non ve ne pentirete, vi farò dei bei regali e starete bene!” Aggiunse.

“Ma è impossibile don Carmine, non vogliamo regali…non posso!... Ne va del mio onore, della mia moralità!” Esclamai quasi supplicandolo: “State parlando di mia moglie! Della mia Rosa... di consentire di farla venire a letto con voi e di fare sesso! È una mancanza di rispetto verso di me e mia moglie, quello che lei chiede!” Ripetei balbettando agitato.

Lui oltrepassando il divisore, allungandola mi appoggiò la mano sul braccio dicendo: “Ora stiamo parlando da uomo a uomo. Da uomo di rispetto quale sono io ad amico quale ti reputo tu, e io credo nell’amicizia. Io ti ho fatto la richiesta di una mia esigenza e un no sarebbe uno sgarbo, un’offesa nei miei confronti e a chi mi fa uno sgarbo non lo perdono!” Dichiarò con tono minaccioso e sguardo cattivo guardandomi sempre negli occhi.

“Sarebbe tutto più facile per me se Rosa restasse vedova… potrei aiutarla e mantenerla io a lei e la bambina, ma tu mi sei simpatico e poi non voglio crearle un dispiacere.”

A quelle parole mi si gelò il sangue nelle vene, quella allusione a una possibile vedovanza di mia moglie aveva solo un significato chiaro di minaccia di morte e avviso nei miei confronti, che lui voleva mia moglie a ogni costo ed era disposto a tutto pur d’averla. E a Napoli quelle parole hanno un significato ben preciso e non si scherza su certe cose specie dette da un camorrista. 

So che per molti lettori è difficile da capire se non impossibile, ma credetemi la paura era tanta, a Napoli si ammazza la gente per strada per niente, per errore o in qualche incidente…

Non sapevo più cosa fare, cosa dire, cosa rispondere, non ammetteva rifiuti e mi spiegò:

“Sai è quasi dieci anni che mi tocco da solo, che non chiavo e accarezzo il culo di una donna, e Rosa come ti ho detto mi piace. In galera avevo un ragazzo giovane che faceva la mia femmina, lo inculavo quasi tutte le sere, lo feci diventare un femminiello (un travestito) … ma ora voglio una femmina vera, una donna seria, una napoletana verace e non una puttana o un travestito, voglio Rosa...” Ripeté deciso...

“Ma scusi don Carmine… con tutte le donne che può avere anche meglio e più belle di Rosa, perché proprio lei?” Balbettai.

“Perché mi piace, non voglio delle zoccole, ma una signora vera e Rosa lo è!”

Ero sconvolto da quella richiesta e dalla minaccia velata che mi aveva fatto, e vedendomi sgomento ribadì:” Parlagliene e convincila e vedrai che accetterà!”

“Ma non so!... Sono certo che lei non accetterà mai ... e una donna seria, è mia moglie!” Risposi scuotendo ancora il capo demoralizzato e intimorito. 

“Sai!” Esclamò informandomi: “Nel nostro mondo malavitoso, abbiamo le nostre regole e la nostra moralità...”  E accendendosi una sigaretta continuò:” … È può succedere, anche se raramente, che quando qualche marito viene incarcerato per molti anni, tanti … e ha moglie e figli da mantenere, e questa non ha sostentamento economico per sé e per i figli stessi, ed è ancora in giovane età, il marito l’autorizzi ad accoppiarsi sessualmente con qualcuno scelto da lui. Qualche amico o conoscente che l’aiuti a mantenerla economicamente nel periodo che lui non c’è. “E facendo una lunga tirata alla sigarette e sbuffando fumo proseguì:” Oppure può accadere che ci sia un richiedente esterno, fuori e libero, qualcuno con cui lui ha affari in comune e che sempre con rispetto come io sto facendo con te, gli proponga la richiesta di poter congiungersi carnalmente con la moglie con il suo permesso, senza che nessuno sappia niente. E se il marito lo ritiene persona adatta e gli aggrada gli può concedere il consenso ad accoppiarsi sensualmente con la sua signora. Naturalmente il conoscente gradito che lui reputa un amico, gli ricambierà il favore in altro modo, come farei io con voi.” 

Fece una pausa con boccate di fumo e riprese a spiegare precisando: “Questo avviene per alcuni mariti incarcerati, se no diversamente la loro consorte resterebbe sola per molti anni e se non fosse di buona famiglia, con sostentamento economico autonomo se la passerebbe male.” Proseguendo e precisando:” Ovviamente senza mai ingravidarla, se no sarebbe ritenuto uno sgarbo, una mancanza di rispetto. A meno che il marito non accolga e acconsenta anche a quella richiesta se le viene fatta. Chiaramente se il marito acconsentirà alla frequentazione della moglie, il richiedente potrà congiungersi con la sua consorte fino quando vorrà il coniuge o finirà la detenzione. Sempre mantenendo rispetto verso la moglie; e questo a volte avviene anche se lei fosse contraria, senza il suo consenso.” Fece un'altra pausa con altre boccate di fumo e proseguì:

“Vi sono mogli di carcerati che quando qualcuno le richiede o le viene assegnato dal marito qualche amico diciamo <intimo> e a loro questo qualcuno non piace perché è più anziano o non è gradito fisicamente, fanno storie. Ma se il marito è d’accordo poi l’accettano… devono accettarlo…” Affermò e fece un’altra pausa e sospirò dicendo:

“So che è anomalo per te e può sembrare assurdo, ma accade realmente, specie quando non hanno il sostentamento per vivere da sole e mantenere i figli, e l’estimatore della moglie gli ripaga il favore in altro modo, aiutandola economicamente a vivere comodamente e con rispetto, a lui, a lei e ai figli…” Fece un altro intervallo e riprese: “Poi una volta che il marito esce scarcerato, tutto torna come prima. Non ci sono corna in questo modo perché c’è il consenso del marito…” Affermò nel suo codice malavitoso non scritto.

Ero costernato, schifato da quello che diceva e sentivo dire… ma lui continuò come a darmi un supporto psicologico, a volermi incoraggiare ad accettare.

“In questo modo vengono aiutate anche economicamente le famiglie, soprattutto se hanno figli piccoli e provvedere ai loro bisogni. Pensa che alcuni pur di avere un ritorno di favoritismi economici sia per loro in carcere, che per i loro congiunti fuori, acconsentono a far accoppiare anche le mogli di 40-50 e più anni con qualcuno che le può sostentare. Questo pur di avere delle convenienze come vino, sigarette, mangiare buono e tante altre cose che in carcere non possono avere se non gli vengono portate da fuori.

Viceversa può accadere il contrario, che il carcerato abbia la consorte giovane, in età da accoppiamento e con figli piccoli e lui debba stare molti anni in carcere lasciandola sola, allora può essere lui stesso a chiedere a qualcuno di sua fiducia di congiungersi carnalmente con lei per mantenerla. E non solo, se sono ergastolani anche di conviverci e aiutarla finanziariamente a vivere con i figli, e loro avere favori personali in carcere. E questo qualcuno può essere un amico o conoscente, un compagno di cella uscito prima e a volte, se è una bella donna, è anche l'avvocato stesso che si propone o la sceglie come amante se già sposato, mantenendoli finché decide il marito e tutto senza chiedere il permesso a lei, perché è l'uomo che decide per la sua donna.

Questo viene fatto per due motivi, il primo perché una volta in carcere per dieci vent’anni o più, se non c’è nessuno che aiuta la famiglia fuori e non hanno possibilità economiche è un dramma… non tutti fanno parte di cosche o clan che aiutano anche i parenti dei carcerati a vivere.   

La seconda perché essendo le mogli ancora in età di sesso, pur non volendo possono cedere involontariamente alle tentazioni della carne, fare sesso e tradire, fare cornuto il marito a sua insaputa e questo sarebbe un disonore … che porterebbe a vendicarsi. Così invece diventa uno scambio, un rapporto fatto di interessi economici e anche di sesso, con il beneplacito del marito di lei, una forma di mutuo soccorso, si cede la moglie per un periodo in cambio del mantenimento di lei e di sé stesso in carcere. Praticamente la moglie viene data in affitto, segretamente se si resta nel proprio quartiere, liberamente se cambiano città.

Per questo io ho fatto questa richiesta a te, perché ti ritengo un uomo di rispetto e degno di amicizia, la mia amicizia, sei un amico, e ti considero tale… e ti chiedo il permesso di accoppiarmi con tua moglie Rosa, poi a convincerla devi pensarci tu...”

Ero allibito da quello che ascoltavo io non ero un carcerato anche se lui mi trattava come tale e tra loro si usava così.

Era uno strano mondo il loro, in cui non mi ci trovavo assolutamente, mi faceva paura e non mi piaceva, ne ero alieno.

“Ma non è possibile!” Ripetei quasi piangente.

“Perché?” Rispose: “Rosa resterà sempre con te! Nessuno saprà mai niente, non sarai geloso per qualche chiavata? … Sarà sempre tua moglie e sarete sempre rispettati!” Esclamò.

“Ma io sono geloso!” Esclamai...

“Vedrai che ti passerà la gelosia... lo sono tutti i mariti all’inizio, ma dopo passa.” Ribatté.

“Non credo che si possa fare don Carmine…” Obiettai ancora a testa bassa, venendo subito interrotto da lui che portando la mano dal mio braccio, su, alla spalla e poi sul collo accarezzandolo e sorridendo esclamò:

“E se proprio tua moglie Rosa non vuole, potrei fare un pensiero su di te! Sei un bel ragazzo e potresti sostituirla tu se vuoi! ...” E si voltò staccandosi dal divisore della ringhiera.

Restai rabbrividito anche da quelle parole e dalla sua mano sul collo, e lo guardai in silenzio allontanarsi sul balcone mentre fumava e diceva:

“Ha un bel viso Rosa, una bella faccia, sarebbe un peccato che qualche balordo incontrato per caso in strada gliela rovinasse!... Gliela tagliasse e le facesse qualche segno con il coltello!” Esclamò minacciandoci velatamente e terrorizzandomi.

Fui preso dal panico. I battiti del cuore cominciarono a farsi sempre più forti e veloci, tanto da farmi stare male. Lo stomaco sembrava contorcersi, dalla tensione il sudore cominciò a scendere lentamente sulla fronte e sul corpo e tutto intorno mi incominciava a girare. Mi appoggiai alla ringhiera, la gola mi era diventa secca, la lingua non si muoveva e le labbra le tenevo serrate… quelle parole su Rosa e il suo viso mi avevano spaventato più che le minacce su di me, sarebbe stato davvero capace di farci del male davvero e i pensieri iniziavano a sovrapporsi nella mia mente. Niente sembrava più importante di ciò che mi spaventava, di Rosa, io e la bambina e in quell'istante, non esisteva nient'altro.

Mi sembrava tutto così irreale... un sogno, peggio un incubo. Ero incredulo, lui che sembrava tanto gentile ora faceva quella richiesta e quelle minacce e io non sapevo cosa fare. Non vedevo l'ora che tutto finisse in un modo o in un altro... non capivo come era potuta accadere a noi una cosa del genere, e perché proprio noi che eravamo una famiglia tranquilla e per bene che si amava. Mi chiedevo come avevamo fatto a finire in una situazione del genere.

 

Quella sera stessa dissi a mia moglie che appena messo a letto la bambina dovevo parlarle. Aspettavo il momento propizio e di essere soli.  A fine cena messa la bambina a letto a dormire, tonò dicendomi in dialetto:” Eccomi qua! Ca tieni che sei tutto tormentato? ...Che c’è?” La informai con voce rotta dal tormento e quasi dal pianto.

“Carmine mi ha chiesto che vuole avere un rapporto sessuale con te!” Le dissi di getto senza guardarla in viso mentre beveva ancora un sorso di vino.

Si bloccò incredula e smise di bere.

“Ma scherzi!!” Rispose subito posando il bicchiere e voltandosi verso di me.

“Purtroppo no, è una richiesta vera.” Ribattei guardandola negli occhi.

“Cosaaa!!... Ma è pazzooo!!... Come si permette di fare una richiesta del genere, di mancarci di rispetto in questo modo, a noi che lo abbiamo sempre accontentato in tutto!” Esclamò alzando la voce furiosa da farsi sentire anche da lui oltre la parete.

“Lo so! Però l’ha fatta e non scherza! ...” Risposi serio.

” Lei mi guardò, capì che non scherzavo e come presa da una crisi isterica si mise a piangere battendosi i pugni sulle cosce:

“No! No! No! Non lo voglio fare... Io non ci voglio andare con quello là, fare sesso con lui, non mi piace, mi fa schifo...!” Esclamò arrabbiata aggiungendo:” Sono tua moglie, abbiamo una bambina. Non voglio e poi mi fa paura, mi disgusta! Tu devi difendermi che uomo sei?!”

Mi avvicinai e le accarezzai il capo e poi la strinsi a me:

“Lo so amore! Anch'io sono contrario, non voglio, ma che possiamo fare? Denunciarlo? Metterci contro di lui?... Mi ha minacciato di lasciarti vedova…” Lei d’istinto staccandosi da me si portò una mano sulla bocca guardandomi…:” … e inoltre che può capitare che tu per strada incontri qualche fetente che ti taglia la tua bella faccia… Così ha detto!”

Spaventata spostò la mano dalla bocca sul suo viso ad accarezzarselo.

Ci fu un lungo silenzio tra noi ci abbracciammo ancora mentre lei piangeva sulla mia spalla. Ci sentivamo deboli, inermi, eravamo impotenti, a Napoli con certa gente malavitosa non si scherza.

“Ha detto che un no lo prenderebbe come uno sgarro, un’offesa…”

“E lui che offende noi, ci manca di rispetto…” Gridò Rosa staccando la testa dalla mia spalla.

E poi sapendo che non c’era alternativa borbottai sotto voce vicino al suo orecchio: “Si tratterebbe solo di una volta!... Io starei fuori dalla porta, e non ti lascerei...!”

Staccò ancora la testa da me, mi guardò e urlò: “Ma io non voglio!”

“Nemmeno io amore… ma ci ha minacciati, a me e a te, non abbiamo scelta Rosa… che dobbiamo fare?” Ripetei sedendomi sconcertato sul divano, abbassando il capo e mettendolo tra le mani disperato. Mormorando ancora... “Stai tranquilla, non sarai sola con lui, io sarò fuori dalla porta della camera pronto a intervenire a ogni evenienza, e poi è vecchio… non è giovane come me, bisognerà vedere se ci riuscirà.” Aggiunsi per tranquillizzarla e che accettasse per far finire quel ricatto.

“E tu cosa faresti fuori dalla porta della camera? ...” Chiese.

“Niente, aspetterei che quel porco finisca…” Precisai.

“No!... Non voglio!... Non voglio farlo!” Ripeté piangendo e con gli occhi lucidi: “Ma ti rendi conto cosa ci costringe a fare? A me a fare sesso con lui con te mio marito fuori dall’uscio che aspetti che lui abbia finito di fare i suoi porci comodi con tua moglie per ridartela!”

E mentre impotente e rassegnato cercavo di convincerla dolcemente ad accettare per evitare danni o ritorsioni su di noi, alle sue parole mi sentii turbato, come stordito. Fui preso da una strana sensazione nel vedermi impegnato nel persuaderla ad andare con quell'uomo, a concedersi sessualmente a lui, un altro uomo che non ero io, un delinquente e malavitoso. E provai inconsciamente una emozione mai avvertita prima, una forma di eccitazione che si univa al dispiacere e all’umiliazione in un mix di turbamento.

“Lo sai cosa ha detto?!” Pronunciai sottovoce con una punta di piacere nel farla cedere dalla sua rettitudine morale e coniugale: “Che se non facciamo come dice lui, se rifiutiamo, vuol dire gli manchiamo di rispetto e gli facciamo uno sgarbo.”

Lei d'istinto si portò la mano sul viso e continuò a piangere.

Per molti lettrici e lettori sarà difficile capire quella situazione, ma da noi succedono davvero queste cose e quando accadono o si accettano oppure si rischia grosso, e poi eravamo giovani e impauriti e psicologicamente deboli.

“E se lo diciamo ai carabinieri?!” Mormorò Rosa.

“Sei pazza!!” Risposi io impaurito: “Vuoi ritrovarti con la faccia tagliata o vedova? Avvisare polizia o carabinieri, significherebbe condannarci per sempre, anche se arrestassero lui poi con quali prove e quale reato lo condannerebbero? Per una proposta di fare sesso con te?... I suoi amici ce la farebbero pagare, ci toccherebbe vivere nel terrore, sparire, andare in un'altra città se ci riusciremmo. Lo sai come funziona qui da noi! Qui non siamo al nord... Non leggi i giornali e non guardi la televisione quando parla di queste cose a Napoli?” Affermai.

Restò il silenzio tra noi, si sentiva solo il singulto del suo pianto e il tirare su di naso...

Dopo non so quanto tempo forse pochi minuti o forse una eternità mormorò:

“E allora cosa facciamo?”

Esitai, e poi in vortice di emozioni contrastanti che mai avevo provato, abbracciandola rassegnato dissi:

“Che vuoi che facciamo?... Non abbiamo scelta amore... L'unica cosa sarebbe accontentarlo, cedere una volta, intanto non lo saprebbe nessuno, solo noi tre e poi ne verremmo fuori perché noi ci amiamo, siamo più forti di lui e di queste cose!” Mormorai continuando: “La gente non saprebbe niente...”

Smise di piangere e mi guardò e mentre si asciugava gli occhi esclamò: “Ma solo una volta! Diglielo!”

A sentirle dire quella frase, alla sua accondiscendenza e accettazione, stranamente mi sentii dispiaciuto ma eccitato, come se avessi avuto un senso di liberazione da qualcosa, forse dalla paura di lui, e avvertii nei miei sentimenti che l'umiliazione e la gelosia lasciavano il posto al turbamento e mi sentii avvolto dalla eccitazione e dal dispiacere.

Su mia sollecitazione aveva accettato. Mi sentivo un vigliacco, un verme, “un ommo e merda” come si dice a Napoli. Non ero capace di reagire, di difendere mia moglie, il suo onore e il mio, avevo paura di lui che gli lasciavo sessualmente Rosa, e don Carmine lo sapeva che noi avevamo paura di lui.

“Ma cosa è venuto ad abitare qui quello lì!” Esclamò Rosa facendo segno oltre il muro: “Poteva restarsene in carcere! In Italia come al solito fanno le cose sempre all'incontrario... lì fanno sempre uscire.” Per poi cambiare subito tono di voce. “No! Io sola con lui non ci resto, ho paura!” Esclamò con gli occhi rossi. 

“Come sola con lui non ci resti Rosa? Che vuoi dire spiegati? …” Domandai.

“No! Non ci resto, ho paura, devi restarci anche tu!”

“Come paura? Restaci anche tu! Vuoi che resti anch’io nella stanza?”

“Sì!” Rispose:” Non voglio restare sola con lui.”

Non ero sicuro di aver capito bene e ripetei:

“Vuoi che resti anch'io in camera mentre don Carmine fa a sciammeria (sesso) con te?” Domandai.

“Sì!” Fu la sua risposta secca.” Voglio che ci sia anche tu vicino a me! Ho paura a restare sola con lui!” Ripeté.

Quella sua richiesta mi turbò molto e mi scombinò interiormente, non mi piaceva, preferivo non assistere all’amplesso di mia moglie con lui, ma allo stesso tempo assurdamente mi attirava ed eccitava l’idea anche se mi faceva paura, perché dentro di me provavo una forma di esaltazione segreta... inconscia.

“Non so se lui accetterà Rosa…” Borbottai.

“E allora io non lo faccio! Diglielo pure!” Ribatté.

Non riuscivo a capire come si potesse realizzare una cosa del genere tra noi, io assistere all’amplesso di mia moglie con un altro.

 

Quando il giorno dopo lo incontrai sul balcone, in quel luogo maledetto in cui cercavo di andare meno possibile per non imbattermi e parlare con lui, gli dissi: “Ho parlato con Rosa, ho dovuto convincerla. Ha accettato ma ad alcune condizioni.”

Lui sorrise soddisfatto e rispose: “Sentiamo queste condizioni di Rosa.”

E io precisai “Vuole che sia per una volta sola e basta, con il preservativo, protetto e senza baciare in bocca soprattutto, e inoltre ci devo essere io presente...” Non finii la frase che rispose:

“Vuoi guardare? A Rosa piace essere guardata mentre chiava? “

“No!” Risposi: “Non le piace essere guardata. Io non guardo le sto solo vicino, è di lei don Carmine che ha paura, perché mia moglie lo ha sempre fatto solo con me...” Puntualizzai.

“Per me va bene!” Replicò lui: “Anche in carcere quando inculavo qualcuno nella branda, c'era sempre qualcun’altro che guardava o ascoltava... se vi piace così! ...”

“Non ci piace così né all’altro modo!” Ribattei risentito della sua mancanza di riguardo nei nostri confronti.

Sorrise, quasi rise: “Va bene… dille che va bene che tu resti a guardare e visto che non posso uscire e vuole farlo con i l preservativo, compramelo tu e buono, di marca, sottile e sensibile... che devo chiavare tua moglie!” Disse perfidamente sorridendo.

Si prendeva gioco di me, in quel momento avrei voluto essere coraggioso e affrontarlo… ma non lo ero, sono un vigliacco, mi sentivo umiliato ad essere trattato così, a dover comprare io i preservativi all'uomo che avrebbe chiavato mia moglie, ma mi sentii anche inspiegabilmente turbato a doverlo fare.

Quel pomeriggio in farmacia quando li acquistai, per un attimo pensai: “Ma che sto facendo…? Sono pazzo ad acquistargli i preservativi per chiavarmi Rosa?” Avrei voluto lasciarli li sul bancone e andarmene, ma la commessa li aveva già incartati. Pagai, li misi in tasca e uscii.

Tornato a casa, Rosa era in cucina vicino ai fornelli, con nostra figlia in braccio e una vestaglia da casa che le lasciava le cosce scoperte, belle, lunghe e sexy e preparava cena per noi e la bambina.

Quando entrai salutai, mi avvicinai e diedi un bacino sulla guancia, prima alla bambina e dopo a lei.

“Ciao amore!” Dissi: “Come stai?”

“Ciao… sto bene!” Rispose. Ci fu silenzio, nessuno dei due diceva niente, io non avevo il coraggio di parlare e fu lei a farlo.

“Allora c'hai parlato?” Chiese non guardandomi e girando il cucchiaio dentro il pentolino della cena della bambina.

“Sì!” Risposi imbarazzato.

“E che cosa ha detto?”

“Ha detto che va bene, che accetta le tue condizioni.” Ci fu di nuovo silenzio, rotto solo dai versi e dai movimenti della bambina che in braccio si muoveva come un’anguilla e giocava a toccarle i capelli, oltre che dal rumore del soffritto per noi.

“E quando vuol farlo?” Chiese all'improvviso:

“Domani sera, qui a casa nostra!” Risposi.

“A casa nostra? E perché qui?” Ribatté sdegnata: “…Nel nostro letto dove ci dormiamo e lo facciamo noi? Non sarebbe meglio di là piuttosto, in casa sua invece di sporcare con la sua presenza la nostra camera e il nostro letto matrimoniale?” Domandò contrariata.

“Lo sai perché! Lui non può portare gente a casa sua e qui se sentirà suonare avrà tutto il tempo per passare dal balcone e rientrare nel suo appartamento.” Non disse più nulla, fece scendere e sedere Lucetta e mise a tavola e cenammo, mentre lei aiutava la bambina a mangiare assieme a lei.

La serata passò normalmente guardando la tv e poi dopo aver messo la bambina a dormire in camera sua, andammo a letto.

Ero triste, ma inspiegabilmente agitato, tormentato o forse eccitato per quello che doveva compiere mia moglie e per l’atto che avevo dovuto compiere io ad umiliarmi ad acquistare a lui i preservativi per chiavare Rosa. A letto l'abbracciai e accarezzai baciandola sul viso.

“Io non voglio!” Ripeté rompendo il silenzio della camera.

“Lo so amore! Ma sai che non abbiamo altra scelta se non quella di rischiare di metterci contro di lui che è un camorrista e avere qualche ritorsione su di noi da parte dei suoi affiliati. Tu chiudi gli occhi e pensa di essere con me!” La confortai, aggiungendo per tranquillizzarla: “Farà presto, è tanto che non fa sesso con una donna e verrà quasi subito vedrai.”

“Ma tu ci sarai! Non lasciarmi sola!”

“Ci sarò stai tranquilla, sarò vicino a te, così ti sembrerà di farlo con me.” Dichiarai.

Lei si avvicinò di più a me. Ci stringemmo e ci baciammo e come d'istinto, silenziosamente con la mano, infilandola dentro allo slip cercai la sua figa e gliela toccai e accarezzai scoprendola inaspettatamente inumidita. Ma non dissi nulla, ero eccitato anch'io con il cazzo in erezione e presi l'elastico del pigiama leggero e glielo spinsi sulle cosce e lei che era una ragazza calda sessualmente, piegandole sollevò le ginocchia e con esse il lenzuolo, portò il pigiama ai piedi e lo tolse assieme alle mutandine. Restando nuda dall’ombelico in giù.

Mi sdraiai sopra di lei divaricandole le cosce e penetrandola facemmo l'amore, una bella chiavata, breve per l’eccitazione inspiegabile di entrambi, ma intensa, stringendoci forte e baciandoci fisicamente, ma con la mente probabilmente distante da noi, io di certo si, ma credo anche lei, essendo segretamente accalorati tutte e due.

Lo tirai fuori e le venni sulla pancia come facevamo sempre. Ci amavamo. Uno alla volta ci lavammo e poi tornati a letto ci addormentammo.

Il giorno dopo fu una giornata normale di lavoro per lei e per me, ma sicuramente con il pensiero a quello che sarebbe avvenuto quella sera.

Nel tardo pomeriggio Rosa passò dall'asilo a prendere Lucetta e ci rivedemmo a casa, senza più parlare di quello che doveva accadere.

Quella sera, dopo cena, prima dell'incontro facemmo una passeggiata breve giù nei giardini con la bambina. L'aria era tiepida, eravamo a settembre, ed eravamo tutti e due agitati, imbarazzati e timorosi, non parlavamo, ci vergognavamo l'uno dell'altro e di noi stessi a dover compiere quell'incontro, impotenti, senza la capacità di reagire. Ma dentro di noi eravamo turbati, anche se lei manifestava ancora contrarietà a incontrarlo. Un conto era il dire: “Va bene facciamolo e finiamo questa faccenda una volta per tutte! “E un altro il fare sesso realmente con un altro uomo e in più, un delinquente carcerato più vecchio di lei con il doppio dei suoi anni.”

Rosa avrebbe voluto fermare tutto, ma come le avevo detto e sapevamo entrambi, se lo avessimo fatto saremmo andati incontro a ritorsioni gravi, don Carmine era stato chiaro ce l’avrebbe fatta pagare.

Come le avevo detto era impossibile non accontentarlo, avremmo subito certamente delle reazioni violente oltre che delle intimidazioni e il sapere che aveva minacciato il suo bel viso, fu il motivo decisivo perché lei accettasse. Era una costrizione mentale e un obbligo fisico quello che subiva.

Quando rientrammo, mise e a letto la bambina e restò con lei finché non si addormentò, poi andammo sul balcone e lo intravedemmo sul suo, al buio che fumava, con la lucina della brace della sigaretta che all'aspirazione si illuminava.

“È là!” Disse Rosa sottovoce con rabbia e disgusto.

“Non dirgli niente, se vorrà si farà avanti lui!” La esortai, e rientrammo all’interno in silenzio.

Quella sera Rosa era bellissima nella sua agitazione dovuta all'ansia e alla paura, era accaldata dalla temperatura serale e leggermente sudata dalla tensione di quello che doveva fare. Era imbarazzata e impacciata nell'attesa che lui arrivasse, aveva una camicetta bianca leggera che lasciava intravvedere il reggiseno ricamato sotto di essa e un gonnellino leggero verde, lavorato che le arrivava sopra il ginocchio e stretto al punto che evidenziava le sue forme appena accentuate di pancetta e sedere. Ai piedi pantofole da casa aperte davanti che mostravano le dita e le unghie smaltate.

Accendemmo il televisore e al buio, nell'attesa, silenziosi ci sedemmo a guardare la tv. Non passò molto che all'improvviso sentimmo un tonfo sul balcone.

“Oddioo!!” Esclamò Rosa agitata girandosi verso la porta finestra.

“Ci siamo!” Pensai io: “Stai tranquilla Ro…!” Esclamai: “Probabilmente è lui che ha saltato nel nostro balcone.” Dissi.

Difatti era lui che nel buio aveva scavalcato il divisore dei terrazzi e senza farsi notare si avvicinò spingendo con la mano la porta finestra socchiusa:

“Si può?!” Esclamò con un sorriso beffardo entrando.

Tra i lampi e il suono basso del televisore e il tono della sua voce rauca dissi: “Sì!” Mentre Rosa seduta a fianco a me in silenzio osservava tutto.

“Eccomi qua!... Io sono pronto!” Esclamò arrogante e spavaldo entrando.

Ci alzammo, prima io e dopo Rosa che era imbronciata e si sentiva offesa e umiliata, chiaramente si capiva che non voleva farlo di accoppiarsi con lui che con il suo ghigno malavitoso gli sorrideva. Lo feci entrare, era ben vestito e tutto profumato di una buona fragranza che faceva piacere aspirare, probabilmente qualche profumo di marca e costoso.

Ci salutammo con un cenno della testa e con gli occhi e quando fu dentro, salutò anche lei:

“Ciao Rosa!” Esclamò sorridendole.

“Buonasera!” Rispose lei risentita, imbarazzatissima e rossa in viso dalla vergogna per quel che doveva fare.

“Dov'è la camera?” Chiese subito.

“Là!” Dissi io facendo cenno con il capo alla porta semichiusa.

E si avviò subito all'interno verso essa, seguito a distanza e titubante da me e voltandosi e non vedendo mia moglie chiamò:

“Vieni Rosa! Non farmi parlare, sai che non potrei essere qui. Su vieni!”

Lei si incamminò dietro noi controvoglia e ci seguì. Quando fummo dentro la nostra camera da letto, Rosa si bloccò ed esclamò guardandomi e scuotendo la testa:

“Io non so se ci se riesco, non c'è la faccio Angelo, non me la sento… io sono una donna seria, per bene, onesta e non faccio queste cose, non voglio...” Visibilmente agitata e al limite del piangere.

“Perché vuole fare una cosa simile don Carmine, l’abbiamo sempre rispettata noi e ora lei ci manca di rispetto e ci disonora.” Disse.

Lui visibilmente seccato da quel ripensamento mi guardò a sua volta negli occhi in modo cattivo, come a dire: “Che scherzo è questo?”

Intervenni io:

“Stai calma Rosa!” Le mormorai davanti a lui passandole affettuosamente la mano sulla schiena: “Abbiamo già parlato di questo momento, lo abbiamo programmato e sai che non possiamo tirarci indietro e fare diversamente. Ora non pensare a nulla…” Estraniati con la mente da quello che succederà qua e tutto sarà più facile vedrai, dimenticheremo in fretta senza nemmeno il ricordo, come se non fosse mai avvenuto. Io ti amo e sono qui vicino a te!” Sussurrai.

Lui si sedette sulla poltroncina di fronte al letto, mentre Rosa si sedette sul bordo del letto, la nostra alcova d'amore, dove avevamo concepito anche nostra figlia e io su una sedia vicina.

L'aria si tagliava con il coltello, era tesa, mi sentivo come paralizzato, non sapevo più cosa dire, né cosa fare. Rosa lo stesso, aveva la testa chinata verso le mani che appoggiate sulla gonna muoveva in continuazione toccandosi le dita. Si era irrigidita che sembrava un pezzo di legno e mi guardava fissa negli occhi come a volere che io intervenissi e lo facessi uscire dalla nostra stanza da letto.

Fu lui a rompere il ghiaccio alzandosi e dicendo: “Mi siedo vicino a te Rosa!... Posso?” E senza aspettare la sua risposta lo fece, si sedette al suo fianco.

“Hai delle belle gambe sai!” Mormorò guardandogliele visto che da seduta il gonnellino le era salito sulle cosce. Lei non rispose, solo alla sua seguente sollecitazione lo fece:

“Almeno per educazione puoi rispondere!” La esortò.

Dopo un attimo di esitazione, e avermi guardato, sempre osservandomi, rispose rossa in viso con un grazie flebile nel suo respirare che improvvisamente diventò affannoso e veloce, con escursioni toraciche evidenti che si intravvedevano sul seno spostare la camicetta.

Aveva paura di lui e lo manifestava in quel modo.

“Stai tranquilla!” Dichiarò lui: “Non farò niente che non ti piaccia e che non ti darà gioia. Rilassati. Sei bella sai Rosa!” Mormorò osservandola in viso sfiorandoglielo con un dito, mentre lei lo sfuggiva con gli occhi e con il volto girandosi dall’altra parte e guardando me.

“Sei veramente bella, hai dei lineamenti perfetti.” E all’improvviso chiese: Posso fumare qui?” Estraendo il pacchetto di sigarette.

Rosa fece un cenno negativo dondolando il capo e lui lo rimise nel taschino.

“Va bene!” Esclamò con un sorriso perfido guardando mia moglie.

L'aria era tesa, non sapevamo che dire, lei era sempre in silenzio vicino a lui che mi guardava e don Carmine che voleva apparirle gentile le uniche emozioni che le suscitava erano di paura e disgusto. All'improvviso senza dire niente le infilò la mano tra le cosce unite, che nel sentirla tra esse Rosa le strinse ancora di più, in un infantile tentativo di resistenza e di difesa, ma restando ferma e passiva.

Non diceva nulla mia moglie, osservava solo me con il viso preoccupato e gli occhi scongiuranti, ero il suo punto di riferimento, la sua speranza in quel momento, sono certo che si aspettava che io intervenissi, dicessi qualcosa.

Quella nostra passività, lui la interpretò come un consenso ad andare avanti e da quel momento fu lui a gestire tutta la situazione.

Lei era agitata e intimorita da lui, da quello che era e rappresentava e lo ero anch'io.

Don Carmine guardandomi mi fece l'occhiolino e lasciandosi andare con la schiena indietro sul letto si sdraiò, tirando giù anche mia moglie assieme a lui, mettendole all'improvviso la mano sulla gonna, accarezzandole e premendole la figa da sopra le mutandine. Mentre lei d’istinto prendendola con le sue mani cercava di allontanarla o almeno impedirgli di strofinarla sul suo sesso, non riuscendoci, continuando lui a toccargliela, iniziando anche a baciarla sul collo.

Lei sdraiata, mi guardò supplicandomi con gli occhi di fare qualcosa, di intervenire, ed esclamò il mio nome: “Angelooo!”

Vedendo il suo sguardo supplichevole, la richiesta degli occhi di un mio intervento e sentire il mio nome sulle sue labbra in quel momento, mi alzai e mi feci avanti verso loro, mentre lui frugando tra le sue mutandine le aveva infilato già la mano dentro.

Abbozzai qualcosa, come: “Aspetta!” Per prendere tempo e pensare a cosa fare e dire, ma lui voltandosi e guardandomi con uno sguardo serio e cattivo sibilò: 

“Sssshhhh!! Torna a sederti dov’eri e guarda senza parlare!” Facendomi segno con la mano come a non disturbare e lasciarlo fare. “Devi fare come siamo d'accordo.” Affermò.

Non ebbi il coraggio di fermarlo per paura di una sua reazione fisica e perché inspiegabilmente mi sentivo anche stranamente disorientato da quella situazione, e lui continuò, sbottonando i primi bottoni della camicetta di mia moglie e subito la chiusura laterale a gancio della gonna.

“No! … Non voglio!” Mormorò Rosa in quel momento con voce implorante rompendo il silenzio e la sua condiscendenza, vedendo e sentendo che iniziava a spogliarla:” Non voglio don Carmine, non mi faccia questo!” Ma lui incurante della sua esclamazione di supplica, alzandosi davanti a lei e prendendola per le mani, la trainò su per le braccia alzandola in piedi quasi di peso verso di sé, mentre lei intimorita da quel gesto, imbronciata e contrariata sul volto, diventò silenziosa. Mormorandole lui guardandola negli occhi:

“Stai calma e tranquilla Rosa! Lascia fare a me, vedrai che piacerà anche a te, non preoccuparti!” 

Lei in piedi davanti a don Carmine, era agitata, tesa e, lui lentamente le sbottonò completamente la camicetta spingendola con nelle mani i margini alle spalle, aprendola e scoprendole il petto; tirandola giù dietro la schiena, mentre la guardava sempre negli occhi con padronanza e superiorità. Le sfilò le maniche dalle braccia togliendola, con lei che seppur contrariata per timore non lo impediva. La lasciò in reggiseno bianco ricamato e traforato, e si soffermò a osservarlo coprirle le sue mammelle procaci che si intravvedevano pallide sotto la trasparenza del tessuto e si muovevano su e giù sotto i respiri affannosi della vergogna e della paura.

Il suo sguardo era sul seno, che seppur ancora coperto dal tessuto lei imbarazzata lo subiva. 

In quel momento la mano di don Carmine con sfacciataggine si appoggiò sul reggiseno toccandolo e assieme ad esso le accarezzò la pelle delle mammelle all’interno nel solco intermammario, nella parte scoperta di quel decolté intimo.

Mia moglie passiva e vergognosa come i bambini continuava a mormorare dei no distaccati e lontani:” No… - no… - no…” Ma lui incurante dei suoi monosillabi cadenzati proseguiva ad andare avanti e glielo accarezzò sul tessuto.

Lo stesso fece con la gonna, aperta la chiusura laterale a cerniera, dopo averle tolta la camicetta, la spinse con le mani giù per i fianchi, abbassandola fino alle cosce, lasciandola poi cadere per inerzia sulle sue pantofole da casa, lasciandola in mutandine e reggiseno davanti a lui.   

Inspiegabilmente mi sentivo turbato, paralizzato da quella situazione e quella scena di mia moglie davanti a lui. Silenzioso osservavo, mi stavo assurdamente eccitando e avvertivo gli impulsi dell’erezione. Quell’uomo con la coercizione stava spogliando mia moglie nuda davanti a me nuda, e in me comparivano sentimenti contrastanti, eccitazione e gelosia, piacere e umiliazione, ma sapevo che non potevo impedirlo e forse per questo mi eccitavo. E mentalmente mi aggrappai al pensiero che non fosse lei, per sfuggire alla scena che stava accadendo, per accettare la situazione di vedere mia moglie tra le braccia di un altro.

Rosa, piena di vergogna, come paralizzata, restò immobile in piedi, con lo slip e il reggiseno bianco, che lui avvicinandosi a baciarla ancora sul collo e portando le braccia sulla sua schiena come ad abbracciarla le sganciò. E staccandosi da lei e allontanandosi, lo portò a sé sfilandolo sulle braccia, facendo scorrere le spalline su di esse, liberando dal tessuto delle coppe a triangolo le sue giovani e gonfie mammelle, già con i capezzoli eretti e turgidi dall'eccitazione, nonostante la sua riluttanza espressiva e verbale. 

D'istinto Rosa, vedendo che la osservavo silenzioso, si coprì il seno nudo con le mani, mentre lui abbassandosi e sfiorandola sul ventre con le labbra, prendendo lo slip per l'elastico sui fianchi, lo tirò giù alle ginocchia e poi alle caviglie, facendolo passare prima da un piede e poi dall’altro, togliendolo assieme alle pantofole. Lasciando apparire il suo bel triangolo di peli neri corvino, vaporosi e soffici come i capelli, che alla loro vista guardò con desiderio soffermandosi per qualche secondo a scrutarli, tra la vergogna e l’umiliazione di mia moglie a essere in quella condizione nuda e con il sesso esposto al suo sguardo. 

Mentre in quegli attimi io mi accorgevo che avveniva qualcosa di nuovo in me, scoprivo che paradossalmente mi eccitava vedere don Carmine spogliare e io osservare mia moglie nuda. 

Poi si tirò su guardandola trionfante negli occhi, soddisfatto e desideroso di lei e portando le mani sul suo capo, le tolse i due mollettoni che le tenevano tutti i capelli tirati sulla testa, e liberandoli e muovendoglieli gliele scompose attorno al collo, lasciandoli cadere sciolti su e oltre le spalle.

“Così mi piaci!” Esclamò: “Con la bellezza delle vere femmine napoletane…”

E portando le mani sulle sue, gliele tolse dal coprirsi il seno e gliele mise lungo i fianchi dicendo:

“Fatti vedere quanto sei bella Rosa… Sei bella e le cose belle devono essere guardate.”

Il suo seno era gonfio, eccitato suo malgrado e pallido, con i capezzoli rosa evidenti e sporgenti. Era molto desiderabile, erotica e ingenua allo stesso tempo.

La sua vergogna era accompagnata dall'eccitazione che la rendevano tesa e ansiosa con il battito cardiaco rapido e le escursioni respiratorie aumentate, che le muovevano eroticamente il seno sul torace e lo si notava dalle escursioni delle sue mammelle che si alzavano e abbassavano sotto i respiri affannosi.

La guardai anch’io da seduto.

Era nuda! Mia moglie Rosa era completamente nuda davanti a quell'uomo, e restava immobile con gli occhi chiusi per la vergogna, per non vederlo, con il suo corpo palpitante, giovanile e fresco da giovane mamma e sposa. Bella, con i capelli neri sciolti sulla schiena e la pelle pallida che la rendevano sexy.

I suoi fianchi pieni e il ventre appena accentuato, si mostravano assieme al suo triangolo di peli neri, scuri come il carbone, chiuso tra i suoi inguini.

Io ero accaldato e sudato, mai avrei pensato di vivere quella situazione in vita mia, di vedere mia moglie nuda davanti a un altro uomo, pronta suo malgrado e contro la sua volontà a lasciarsi prendere e possedere da lui. E mai avrei immaginato che quella scena, mi avrebbe fatto un effetto inaspettato, non di gelosia, ma di eccitazione e tormento, trovandomi improvvisamente come lei turbato ed elettrizzato.

Notavo dalle sensazioni mie e sue sul viso, che l'eccitazione sessuale stava avendo il sopravvento sulle nostre volontà, la mia soprattutto, facendomi avvertire i sintomi dell'erezione, e nonostante fosse una coercizione, una imposizione, un ignobile ricatto il motivo per cui lo facevamo e mia moglie si concedeva a lui, il cazzo mi veniva duro.

In un attimo si spogliò anche lui, togliendo camicia, pantaloni e slip, facendo con i movimenti volatilizzare intorno al suo corpo quell'aroma di profumo buono e costoso che si spandeva nell'aria e addosso a Rosa, mostrando la sua asta già dritta, lunga e oscillante, che oltre essere più grossa della mia, era diversa, girando la sua la cappella verso l'alto.

“Guardalo Rosa… non avere paura, è come quello di tuo marito.” La sollecitò.

Lei forse curiosa o chissà perché, aprì gli occhi e abbassò lo sguardo e lo scrutò. Vide quella carne rigida oscillare all'altezza del suo sesso.

All’improvviso lui allungò il braccio verso me aprendo la mano: “Il preservativo!” Disse: “Se no io te la chiavo anche senza.” Affermò sorridendo.

“No.… no…!” Ripetei:” Senza no…!”

In quella situazione non pensavo nemmeno più al preservativo, non dissi nulla, me ne ero quasi dimenticato preso da quella scena. Lo presi in tasca e glielo passai e mentre Rosa agitata guardava me e il suo sesso duro e lungo, lo scartò e stringendo tra le dita il serbatoio, lo appoggiò sulla cappella, prese l’anello di lattice con le dita dell'altra mano e lo srotolò tutto sull'asta, fino quasi alla radice, ai peli, coprendola completamente.

Anche quella manovra ci turbò nel vederlo prepararsi.

Poi don Carmine lasciò la sua asta oscillante in quell'involucro di lattice con il serbatoio all'apice pendente. Rosa aveva osservato tutto, la velocità e la capacità di come lo aveva messo.

Mi guardò. 

Quando fu pronto, avvicinandosi l'abbracciò e la tirò a sé appoggiandoglielo sul sesso e sfregandoglielo sopra. Poi sempre abbracciandola e facendole sentire il suo corpo vecchio e pieno di adipe contro il suo giovane e fresco, la portò a sedersi insieme nel letto e subito la spinse a sdraiarsi con lui, iniziando spostandole i capelli a baciarla sulle spalle.

Lei pur non volendo era eccitata, nonostante la ragione di quel rapporto e la paura che aveva di lui, non riusciva ad estraniarsi come le avevo detto di fare io, a distaccarsi da quello che stava facendo, ma anzi dal suo volto si capiva che ne provava richiamo e attrazione nonostante il disgusto che provava. Non diceva nulla e non mi guardava nemmeno più, i suoi occhi erano puntati in alto sul soffitto della camera o chiusi.

L'aveva spogliata nuda, l’accarezzava sulla schiena e il sedere e la baciava sul viso e sul seno, davanti a me suo marito. Ma oramai che potevo fare? Ho ancora presente come allora tutte le sequenze di quella penetrazione coercitiva. 

Con un gesto di protezione e aiuto, lei allungò il braccio tendendomi la mano in un tentativo di difesa e di richiamo, lui la vide e sorrise.

Io mi alzai dalla sedia e andai vicino al lei, mi accucciai a fianco al letto, gliela presi e la strinsi teneramente nella mia, come se fosse una bambina che aveva paura del buio, e lei era la mia bambina, mia moglie.

Le tenevo la mano con le dita quasi sul polso e sentivo le pulsazioni cardiache radiali, il cuore batterle fortissimo, il respiro diventare sempre più affannoso e in quel momento accadde qualcosa che non immaginavo, provavo una sorta di calore e libidine a essere lì in quel momento con lei in quella posizione pronta a donarsi. E la mia mente interpretava quei segnali che si manifestavano in me non come esternazione di paura, ma come una forma di piacere e umiliazione strana, intensa, mai provata prima. Avvertii mentre lui la stringeva tra le sue braccia, i suoi battiti cardiaci sul polso accelerare e diventare palpitazioni e il suo ansimare, divenire fame d’aria.

La vidi guardarmi negli occhi imbarazzata e irrigidirsi, contrarsi, come a volere staccare la mente dal corpo.

In quello che accadeva e vivevamo in quel momento seppur differentemente tutti e due da vittime, iniziarono a manifestarsi sintomi strani a catena, indipendentemente dalla nostra volontà sia a lei che a me. Mi vennero i brividi lungo la schiena, scariche nervose e sensazione di freddo, gelosia e piacere nel vederla irrigidirsi ma pronta a domarsi per lasciarsi penetrare da un altro uomo. Aveva gli occhi socchiusi e bassi e mi sentivo morire nel vedere Rosa, mia moglie, la mia amata, incominciare ad inquietarsi e sospirare con lui.

All’improvviso allargò le gambe, mostrando la sua figa pelosa e nera pronta. Non riuscii a capire se lo fece sotto la sollecitazione delle mani di lui o di sua iniziativa per fare finire tutto in fretta e prima. Fornendo con quella manovra delle gambe aperte, la possibilità a don Carmine di mettersi tra le sue cosce con il corpo, accarezzandole più volte la figa pelosa con la mano, insalivando ripetutamente le dita; sfregando il medio lungo la fessura ormai dischiusa.

Rosa seppur rigida era accalorata oramai, si notava solo a guardarla fremere e ansare cercando di celarlo. E dal modo che stringeva la mia mano sempre più forte, capivo che era eccitata. Rossa in viso alla luce fioca dell'abatjour, con gli occhi socchiusi si lasciava accarezzare la figa e baciare la pelle da lui, da quell’uomo grasso e viscido, malavitoso, camorrista, senza opporre né resistenza né diniego, fino a lasciarsi introdurre un dito nell'interno della vagina, tra i peli crespi e neri della sua figa corvina.

Don Carmine lo tirò fuori quasi subito esclamando voltandosi verso di me e guardandomi con aria superba:

“È bagnata! Sta già godendo silo a toccarla... ha voglia!”

Parlando a voce alta di proposito, facendomi avere una stretta al cuore e per farsi sentire anche da lei, sprofondandola nella vergogna e umiliazione nell’ascoltare che mi diceva che lei provava piacere a essere toccata da lui.

Sconvolta da sé stessa Rosa non osservava più me, ma fissava il soffitto nella penombra dell'abatjour, lasciandosi succhiare i capezzoli duri e dritti dall’eccitazione. Penso che si eccitasse contro la sua stessa volontà, come capitava a me che ebbi l'erezione dentro i pantaloni, pur non desiderandola e volendola e mi veniva l’istinto di toccarmi.

Vidi don Carmine portare le dita sulle sue labbra e riempirle di saliva, abbassarle e portarli sul preservativo passandoli sull’apice di esso, sulla cappella e sull’asta, e poi ancora ripetere la stessa manovra e portarla sulla figa di mia moglie a lubrificarla ancora se mai c'è ne fosse stato bisogno. Poi strusciò quel preservativo pieno di carne dura e calda, con il serbatoio vuoto tra le sue grandi labbra gonfie e palpitanti, ricoperte da peli lunghi, neri e arruffati. Appoggiò la sua pancia abbastanza voluminosa sull’addome di Rosa, premette la cappella al centro della fessura vulvare, spinse con vigore aiutandosi con il bacino e la penetrò lentamente, facendola sussultare e stringere forte la mia mano nella sua come a volermela stritolare all'intrusione del suo cazzo in vagina. Lasciandosi maldisposta trafiggere forzatamente ma piacevolmente da lui, dalla sua spada di carne calda, viva e dura, dall’asta rigida rivestita di lattice trasparente, finché non lo ebbe tutto dentro e girò il capo e gli occhi in alto socchiudendo la bocca.

Sembrava che don Carmine conoscesse i suoi gusti, ma forse era solo perché comuni a molte donne calde sessualmente come Rosa. Iniziò ad accarezzarla sui fianchi e sul seno, muovendosi adagio, iniziando a chiavarla in modo tradizionale, lentamente, dolcemente, come piaceva a lei. La chiavava come quando noi facevamo l'amore.

Lei all'inizio era immobile e rigida, cercava di essere distaccata con la mente come avevamo concordato, o almeno ci provava. Ma poi sotto i suoi colpi lunghi e profondi, iniziò a muoversi, lasciandosi sfuggire dalle labbra senza volerlo qualche gemito. Un “Aaahhhh!!” di piacere, breve ma molto intenso ed eloquente di come stava iniziando a svolgersi quel rapporto sessuale. E mentre lui le succhiava e leccava i capezzoli, iniziò inconsciamente a rilassarsi e cercare involontariamente di stringerlo a sé con il braccio libero, anche se era vecchio e non le piaceva.

Sentivo la sua mano che teneva la mia, che lentamente allentava la presa, non stringeva più con forza come all’inizio, ma era solo appoggiata, era diventata inerte e lentamente gliela lasciai, oramai non serviva più che gliela tenessi, era inutile, visto che iniziava ad essere partecipe alle sue spinte profonde che probabilmente le arrivavano all’utero. 

Vidi quella mano che prima dava a me per sicurezza e amore e che stringeva con forza la mia mantenendo un legame fisico tra noi, che quando fu libera lentamente si portò e posò sulla sua schiena nuda, ad accarezzarla insieme all’altra come per stringerlo a sé.

Mi staccai da lei, mi alzai e li lasciai soli iniziando agitato a camminare per la stanza, intorno e vicino al letto mentre loro chiavavano e mia moglie da contraria, involontariamente provando piacere era diventata partecipe. Credo che in quella partecipazione e smarrimento non si rendesse conto che non ci stringevamo più la mano, come se si fosse lacerato un legame tra noi. Avvertivo le vertigini e una sorta di giramento di testa a vederla in quello stato, nuda sul nostro letto matrimoniale a gambe larghe con quell’essere sopra e tra esse che la chiavava con lei quasi godente con lui. Per un attimo mi sentii mancare l’aria e sudai freddo, il battito cardiaco mi era aumentato insieme all’erezione che premeva contro i pantaloni per uscire, mentre riflettendo cercavo di capire perché provavo quelle strane emozioni di disperazione e piacere, gelosia ed eccitazione dentro di me, che non volevo ma c’erano ed erano prepotenti, ed era come se mi violentassero la mente. E pensavo a come potesse evolvere la situazione.

Non ci crederete, ma il l cuore mi batteva all’impazzata, il respiro diventò difficoltoso anche a me. Tra il caldo e la tensione, l'eccitazione iniziò a salire insieme al sudore e alla paura per quell'uomo; vedere chiavare mia moglie da lui era qualcosa di stravolgente, umiliante e libidinoso.

Istintivamente mentre loro incuranti di me chiavavano, mi venne il desiderio di toccarmi nel vederla a gambe larghe con lui sopra e tra esse che la chiavava con passione assurdamente corrisposta. Vedevo il grasso sedere di lui tra le sue lunghe e pallide cosce aperte, muoversi e contrarsi mentre spingeva il cazzo dentro la figa di mia moglie, la vagina di Rosa. E a osservarli avvertivo il mio diventare sempre più duro, quasi da farmi male premere contro lo slip e i pantaloni. In quel momento iniziai ad avere micro-contrazioni muscolari e tremori per tutto il corpo.    

Mi pareva tutto assurdo, impossibile, li osservavo, erano tutti e due nudi sul letto, il mio letto matrimoniale che cigolava ai loro movimenti. Lui con il suo corpo pieno, arrotondato dall'adipe, fasciato di grasso e peli, appoggiato sui gomiti sopra mia moglie che sembrava volesse fagocitarla. E Rosa bella e pallida con il volto girato di lato per non vederlo in faccia e mostrarle il suo piacere sul viso, le appoggiava le mani sulla sua schiena. E non capivo se lo accarezzasse o lo stringesse a sé, ma passiva lo lasciava chiavare.

Oramai ero ai piedi del letto e la mia visione era dal basso verso l’alto, e fermo con tutte le emozioni e sensazioni dette sopra li scrutavo. E vedevo solo le gambe pallide e divaricate di mia moglie tra il grosso e mollo sedere di lui che si alzava e abbassava spingendo tra le sue cosce larghe come se fosse la sua donna… e la chiavava con foga… con le braccia di lei esili e senza energia sulle sue spalle e schiena pelosa, facendo scorrere le piccole mani curate con le unghie smaltate su di essa.

A un certo punto nella follia perversa e degenerante dell’eccitazione di quell’insano momento, mi ritrovai quasi compiaciuto che la chiavasse. Iniziai a sudare e ad essere ansioso sempre con il batticuore. Cercavo di scappare mentalmente da quel pensiero e da loro, dalla visione di quella scena, dai loro corpi nudi avvinghiati, quello di mia Rosa coperto dal suo, vecchio e grasso. Cercai di non osservare, di non sentire i gemiti di mia moglie che pur contro la sua volontà iniziava a godere e aumentavano insieme all'ansare sempre di più, e ascoltavo il respiro forte di lui, affaticato dall'amplesso e dal fumo delle sigarette, che oramai si spandeva nell'aria calda con il suo profumo forte. Cercavo di fuggire, ma la mente tornava sempre a loro, accompagnata dallo sguardo.

In quel momento avrei potuto andare via e lasciarli soli, ormai era come se io non ci fossi per loro, anche per mia moglie. Un altro al mio posto avrebbe fatto così ma io invece perversamente e inaspettatamente mi ritrovai eccitato a vederli chiavare e restai fermo a guardare la donna della mia vita, il mio amore e madre di mia figlia, posseduta da quel camorrista, e a goderne fisicamente e mentalmente nell'osservarli e nel sentirli gemere.

D'istinto con la mano in tasca me lo toccai da dentro i pantaloni, era duro come la pietra e mi piaceva toccarmelo osservandoli e ascoltandoli, ma avevo paura che se ne accorgessero e mi notassero e non volevo che mi vedessero e capissero che ero eccitato anch’io nel vedere lui chiavare con mia moglie, chissà cosa avrebbero pensato di me, specialmente Rosa... se mi avesse visto accalorato.

Loro continuavano in quell'abbraccio osceno e morboso che oramai non aveva più niente di costrittivo, ma solo di partecipazione e piacere da parte di mia moglie.

Vidi la testa di lui staccarsi dal seno, smettere di leccarlo, prendere il capezzolo tra le labbra e tirarlo e succhiarlo, ciucciarlo come diciamo a Napoli, come faceva Lucetta da piccolina quando si allattava, facendola gemere maggiormente di piacere. Poi lasciarlo e portarsi con il volto sopra e davanti all’altro capezzolo a ciucciare pure quello. Mi spostai assurdamente e irrazionalmente eccitato di lato e vidi che lui alzando la testa si mise a baciarla in viso, sulla fronte e sulle labbra, succhiandole come faceva prima con i capezzoli, spingendo la lingua tra di loro.

Fu un attimo quello che ebbe l’effetto di un fulmine in me, lei a quella pressione linguale, eccitata aprì la bocca e lasciò entrare la lingua di don Carmine a intrecciarsi con la sua a mescolare le loro salive, quella di lui che sapeva di tabacco e liquore con quella dolce e gustosa di mia moglie, baciandolo anche lei e stringendolo a sé con desiderio.

Le sue gambe condotte dalla mano di Carmine e dal ritmo dei colpi in vagina che le dava, si alzarono istintivamente stringendogli gli adiposi fianchi, appoggiando i talloni sul retro delle sue cosce pelose, accompagnandone il ritmo dei movimenti muovendo il bacino verso di lui.

Oramai godeva, Rosa era una ragazza calda lo sapevo, con il Vesuvio nella figa e dovevo immaginarmelo che sarebbe finità così, che il piacere e il godimento avrebbero avuto il sopravvento su di lei, sulla vergogna, la paura e il ribrezzo che provava per lui. Né io né lei pensavamo più allo scopo per cui lo facevamo, ma solo al piacere irrazionale e inconcepibile che provavamo, paradossalmente io a guardarla e lei a farsi chiavare da quell’uomo.

All’inizio godeva mugolando e ansimando, come faceva con me quando la chiavavo io, ma poi no, iniziò a gemere e anche forte a voce alta e incontrollata, incurante che fossi presente, con il mio timore che potesse essere sentita dalla bambina e si svegliasse. Lo stringeva a sé, l’abbracciava e baciava anche in bocca, stringendogli un braccio intorno al collo e con l'altra mano, d’istinto, passandogli le dita fra i pochi capelli che aveva. Cosa che con me non aveva mai fatto.

Ero eccitato e geloso, pentito di non aver reagito subito con don Carmine quando lo aveva proposto e in quel momento invece di limitarmi ad osservare, continuai a toccarmelo con la mano fuori dai pantaloni, a sfregarmelo sopra.

A quel contatto il piacere e l’erezione aumentò, la testa mi iniziò a diventare leggera, a sbandare, sudavo, a tratti mi sentivo stordito. L'eccitazione cresceva rapidamente assieme al timore e al piacere visivo, sonoro, fisico e al battito cardiaco, ma non per paura fisica di lui, ma per l'angoscia di perdere il controllo di me stesso e masturbarmi davanti a loro, con il timore di non conoscere dove mi avrebbe portato quel gesto, sapendo cosa significasse se lo facevo. Che avrei accettato che lui chiavasse mia moglie Rosa.

Tentai di provare a oppormi a me stesso, di non arrivare a quella soglia, dovevo resistere. Cercai di razionalizzare, di distrarmi, di pensare ad altro, di ricacciare nel profondo della mente quei pensieri intrusici e perversi che generavano l'eccitazione in me e si alimentavano di essa… ma non ci riuscivo.

Avevo i pantaloni con la cerniera e mentre loro erano intenti a chiavare appassionatamente come due amanti, con mia moglie non più passiva ma involontariamente partecipe, fu un istante e incoscientemente non visto la tirai giù e in un attimo lo tirai fuori, duro e dritto come il ferro, oscillante ed eccitato, con l'istinto di accarezzarlo. Dovetti combattere con me stesso per cercare di non farlo, cercai di tenere sotto controllo gli impulsi del corpo e della mente che mi spingevano ad agire, a masturbarmi per quel che vedevo. Pensavo di riuscirci e invece... all’improvviso mi lasciai andare, lo presi in mano con forza, rabbia e desiderio e iniziai inconsciamente a muoverlo avanti e indietro e a masturbarmi brutalmente, guardandoli chiavare e mia moglie godere, ansimando silenziosamente vicino alla porta appoggiato alla parete.

Godendo da solo venni, sborrando viziosamente nel pavimento della camera in un tremore corporeo unico, scuotendomi tutto a quel nuovo godimento, quasi da farmi cedere le gambe nel vedere mia moglie, la mia Rosa, la luce della mia vita, la madre di mia figlia, godere tra le braccia di quel delinquente.

Quando terminai e il mio corpo concluse un momento prima di loro l'emissione del piacere in un fantastico orgasmo, rilassandomi mi trovai addosso una sensazione di malessere e malinconia per quello che avevo compiuto osservandola. E scoppiai in una crisi di pianto silenziosa maledicendo quel camorrista che si chiavava mia moglie facendola godere e me stesso per l'aver goduto nel vedere la mia Rosa godere chiavata da lui.

Nella penombra mentre loro si abbracciavano, mi asciugai velocemente con le dita gli occhi umidi.

Oramai era tutto avvenuto e io capii che ero cambiato sessualmente in quei momenti, non sarei più stato quello di prima e probabilmente anche lei.

Doveva essere un rapporto distaccato, asettico, fatto per forza... e invece finì per essere un rapporto sessuale, lussurioso, carnale e sfrenato, con lei che lo stringeva a sé godendo e baciandolo in bocca con la lingua contro la sua. Non la riconoscevo più, mi chiedevo se era possibile che la mia Rosa avesse quella reazione lì, si comportasse così oscenamente e con lui godesse così tanto… Va bene che era una ragazza calda, ma partire mentalmente e fisicamente in quel modo non lo avrei mai immaginato.

Riflettevo su di noi, quell'amplesso era stato un susseguirsi di eventi e di reazioni non calcolate e non controllabili, che portarono prima lei ad abbandonarsi a lui e poi partecipare attivamente al piacere di quell'amplesso perverso e libidinoso e a me a goderne involontariamente osservandola provare piacere da un altro.

Era tutto tremendamente sconvolgente, incredibile, confuso e perverso avvertire la nostra degenerazione nel vederla tra le braccia di lui.

Mi sembrava impossibile osservare mia moglie che godeva, sotto i suoi colpi fallici ritmici e profondi, avvinghiandosi a lui, stringendo con le gambe i suoi fianchi e con le braccia la schiena, graffiandogli la pelle e baciandolo.

“Ti piace… eh Rosa che ti chiavo!” Le sussurrò in napoletano: “Te l'avevo detto che con me ti sarebbe piaciuto più che con tuo marito!” Ma lei non rispondeva, in silenzio ascoltava e ad occhi socchiusi e godeva forse pensando che aveva ragione.

A un certo punto lui iniziò a muoversi velocemente, quasi con brutalità, facendo cigolare il letto più forte e battere la testiera al muro, sobbalzando Rosa da sopra, facendole scorrere il culo sul lenzuolo gemendo di piacere. La fece sussultare e gridare dal godere, inarcandosi lei verso lui e spingendo la pelvi contro il suo bacino e il suo cazzo prenderlo tutto fino in fondo. Senz'altro le toccava l'utero e godeva come con me non aveva mai fatto.

“Lo strinse ancora a sé forte, perdendosi nell'orgasmo che la possedeva, divaricando di più le cosce o stringendo con le gambe attorno ai suoi fianchi, succhiandogli le labbra grosse e carnose baciandolo e gemendo incontrollata e quasi incosciente “Aaaaaaaaahhhhhhhhhhhhh!!!!” In un gemito lungo e continuo, per più volte: “Aaaaaaaaaaahhhhhhhhh!!!!”

Don Carmine all’improvviso si fermò irrigidendosi e spingendo a colpetti, capii che stava venendo nel preservativo ma dentro la vagina di mia moglie.

“Meno male ha il preservativo.” Pensai tranquillizzandomi in un certo senso.

Erano sudati e lui si fermò sopra ad amalgamare il sudore del suo torace irsuto e grigio, contro le mammelle calde ed eccitate di mia moglie, restando con il suo pancione sdraiato su di lei.

Non so quanto restò in quella posizione con il cazzo pulsante dentro la figa di mia moglie, attimi o minuti, so che a me parvero una eternità, erano tutti e due nel momento dell'estasi, dell’inconscio. Poi tirandosi su, lui lo estrasse dalla vagina.

Nella penombra lo osservai.

Era riguardevole, congesto, diritto con la cappella che girava in su e ancora duro con il serbatoio e la metà iniziale del profilattico pieno all'inverosimile di sperma che faceva pendere l’apice del preservativo colmo e bianco verso il basso. Anche Rosa tirandosi su leggermente, gli posò gli occhi sopra socchiudendoli e ammirandolo rapita. 

“Per essere un cinquantenne, rotondo e grassottello, chiava bene ed è ben dotato.” Pensai.

Lei restò sul lenzuolo ansimante con le gambe ancora larghe e la fessura della figa dilatata, aperta tra i peli neri a mostrare l'interno corallino e il buio della vagina. Rosa era inebriata, accaldata, sudata e spettinata, con i lunghi capelli neri sul viso stravolto e confuso dal piacere e dalla vergogna, arrossato, succhiato e leccato da lui più volte; sconvolta da quell'amplesso sfrenato con gli occhi allucinati come se non credesse a quello che era avvenuto, che aveva appena compiuto, di godere di lui e con lui.

Solo quando incrociò il mio sguardo strinse le gambe unendole e piegandole, portando le ginocchia contro il seno abbracciandole attorno con le braccia e appoggiandovi la testa sopra, nascondendo il sesso con il lenzuolo presa da una sorta di disagio e soggezione, che non ho mai saputo se per lui o per me.

In me al piacere appena terminato era subentrata la gelosia, la tristezza, il dispiacere e il pentimento... li avrei ammazzati se avessi potuto.

Lui la baciò ancora tirandola a sé con il braccio intorno al suo collo, dicendole sorridente nel nostro dialetto napoletano:

“Sei stata brava!... Sei fantastica Rosa! Hai goduto parecchio e fatto godere a me! Non pensavo che ti lasciavi andare così… Tieni a fessa (la figa) tutta bagnata.” Poi rivolgendosi a me in tono scherzoso esclamò sorridendo:

“Di!!!... Ma a fotti o no sta guagliona…?” (La chiavi o no questa ragazza...?)

Rosa mi guardò abbassando gli occhi imbarazzata con disagio. Si era lasciata andare contro la sua volontà e lo sapeva e se ne vergognava.

Era ormai quasi mezzanotte, lui si alzò, andò nel nostro bagno a lavarsi, poi tornò e si vestì, mentre io e Rosa eravamo ancora in camera a guardarci increduli in silenzio, senza sapere cosa dire, lei nuda nel letto rannicchiata sulle ginocchia a osservare il lenzuolo e io in piedi vicino alla porta a osservare lei, pensando alla nostra vita che era stata stravolta, cambiata.

Lui si rivestì e uscì nel soggiorno, facendomi segno di seguirlo, si accese e fumò una sigaretta dicendomi:

“Non essere geloso! Io a Rosa non te la porto via, mi piace, mi piace assai... ma è sempre tua moglie e la devi rispettare.” Mi faceva ancora la morale… a me quel bastardo!

Rosa mentre parlavamo, passò veloce nuda e andò anche lei in bagno, usci dopo una decina di minuti fasciata con un asciugamano grande, mentre l'acqua dello sciacquone scorreva ed era già in mutandine e reggiseno, indumenti intimi diversi, altri da quelli che aveva lasciato in camera.

Lui si avvicinò a lei e le diede un bacio sulle labbra salutandola:

“Ci vediamo domani!” Esclamò sempre nel nostro dialetto, continuando a sorridere: “Sei stata brava ... sei un vulcano, tieni o’ Vesuvio in mezzo e cosce!”  Pronunciò facendola arrossire maggiormente, perché quelle parole dette davanti a me.

Salutò anche me e uscì dalla porta finestra sul balcone e con un salto del divisorio tornò nel suo alloggio.

Restati soli, ci guardammo negli occhi, si accorse che avevo pianto, li avevo arrossati.  

Soltanto in quel momento realizzammo l’accaduto, cosa avevamo fatto. 

“Mi spiace Angelo, io non volevo te lo giurò. Non mi comandavo più (controllavo)…” Disse:” … io voglio bene a te, solo a te e a nessun altro… “

In quel momento non so se prevalesse in me la gelosia o il piacere che provai ad osservarli, oppure la vergogna e l'umiliazione di aver avuto la moglie chiavata da un altro davanti a me, nel nostro letto matrimoniale. Mi sentivo sporco, insicuro, tormentato nell'averla vista godere tra le sue braccia e avevo ancora voglia di piangere. Lei non parlava, non sapeva cosa dire, mi guardava fissa con gli occhi enormi, scuri e lucidi con anch’ella la voglia di piangere, era dispiaciuta per l'accaduto, per me, per lei che si era lasciata andare e trascinare in quell’amplesso, per aver goduto con lui anche se non voleva.

Come dicevo, al di là del momento di piacere provato io ero rattristato e pentito di non essermi opposto quando era il momento e potevo farlo e credo che anche lei lo fosse.

Mi sedetti sulla sedia e portandomi le mani sul viso per non farmi vedere da lei iniziai a piangere a singhiozzare. Rosa si avvicinò in mutandine e reggiseno, mi accarezzo i capelli e me li baciò abbracciandomi il capo: “Io ti amo Angelo!” Sussurrò: “Ti amo e ti amerò sempre!”

Tirai su la testa e la guardai mentre le lacrime mi scendevano sul viso, lei si chinò verso me, si avvicinò e mi strinse e anch'io la strinsi forte baciandole le labbra. Era presa dal rimorso anche lei, e scoppiò a piangere insieme a me.

“Io non volevo amore! Mi dispiace! Io voglio bene a te! Solo a te!” Singhiozzò, continuando: “Non volevo farlo e non volevo provare piacere con lui!” Esclamò.

“Non preoccuparti per questo!” Dissi alzandomi dalla sedia e stringendola: “L'importante è che ci amiamo e che restiamo uniti.” A quelle parole sentii che anche lei si strinse forte a me.

All’epoca eravamo giovani, poco più che ventenni e quel che successe ci segnò e cambiò per sempre la nostra vita e sessualità.

“Speriamo che non si faccia più avanti!” Dissi.

Lei restò in silenzio appoggiata a me: “Credi che voglia rifarlo ancora?... Aveva detto solo una volta!” Mormorò asciugandosi le lacrime.

“Ho paura di sì... perché credi ti abbia regalato quell'anello...” Non rispose.

Andammo in cameretta in silenzio abbracciati a guardare la bambina che dormiva, poi tornammo in camera nostra e mentre io chiudevo la porta e le tapparelle, Rosa cambiò le lenzuola. Ci sdraiammo al buio senza parlare.

Senza desiderarlo, vedere mia moglie chiavata da lui, mi aveva eccitato al punto che a pensare a quello che avevo visto ebbi ancora l'erezione. Avevo 27 anni e iniziai ad accarezzarla, fino a voltarmi verso lei e baciarla in bocca. Lei ricambiò, ed eccitato, baciandola le tolsi il reggiseno e le mutandine e volli farlo anch'io. La penetrai senza preservativo, sentendo la figa ancora dilatata dal suo amplesso precedente, calda e bagnata dei suoi umori vaginali, ci abbracciammo e chiavammo in silenzio al buio, tutte e due pensando silenziosamente a quello che era successo, fino all'orgasmo, interrompendo io ed eiaculando poco sperma visto che era la seconda volta, sul suo addome.

Ci infilammo nel letto sotto le lenzuola e tenendoci per mano in silenzio con il nostro rimorso e peccato ci addormentammo senza nemmeno più alzarci a lavare, lo avremmo fatto al mattino seguente.

E quello accadde ancora le sere dopo quando facemmo l'amore, senza dircelo pensavamo sempre a lui, anche se notavo che il suo piacere con me era minore in confronto a come aveva goduto con don Carmine. Mi venivano tutte le paranoie in quei giorni, anche se non era vero, pensavo ed ero convinto che lui l’avesse fatta godere più di me.

Allora non conoscevo ancora il termine e il significato, che scoprii solo dopo, ma senza volerlo ero diventato una specie di cuckold... come si dice a Napoli, “scurnacchiato e mazziato!” (cornuto e contento) e ripeto, avevo solo 27 anni.

 

Il mattino seguente facemmo finta che non era successo nulla e non ne parlammo, lo rivedemmo sul balcone sorridente e anche lui fu corretto da non parlarne, anche se Rosa quando lui la guardava, abbassava lo sguardo al suo. Oltre averne timore, si vergognava di quello che era accaduto.

Tutto proseguì normalmente nella settimana, Rosa continuò a fargli la spesa e a lavargli gli indumenti, anche se come detto sopra oramai non erano più solo camice e magliette, ma anche biancheria intima, slip sporchi e calzini. Una volta lavati glieli metteva in una conca pulita fuori dalla sua porta e lui se li prendeva e stendeva nel balcone. I cento euro alla settimana per quei lavori domiciliari, a volte diventarono anche duecento e a volte di più, ci faceva stare bene e spesso arrivavano sotto forma di doni, che altro non erano una ricompensa per la grazia concessa da mia moglie, che con la scusa di comprarsi qualcosa per lei e per la bambina gli elargiva centinaia di euro. 

Economicamente iniziammo a stare discretamente bene, senza pensieri come si dice qui a Napoli, anche se come prevedevo, rinnovò la richiesta di accoppiarsi ancora con Rosa.

La richiesta la fece nuovamente un pomeriggio sul balcone, vedendomi mi chiamò chiedendomi di potersi accoppiare ancora con Rosa. Ebbi una reazione di rabbia in me che però non esternai. Gli domandai solo:” Ma avevate detto solo una volta don Carmine?”

“Si, è vero, ma ho cambiato idea, Rosa mi piace, è una napoletana verace.”

Non gli risposi di no come la prima volta, non so nemmeno io perché non lo feci, non gli dissi nemmeno che ci avrei pensato, ma che glielo avrei fatto sapere il giorno dopo.

“Pensaci bene però… mi raccomando Angelo…” Esclamò con un tono da minaccia: “…valuta tutti i pro e i contro… Rosa resterà sempre tua moglie! Come ti ho già detto non te la porterò mai via, ma vorrei averla una sera alla settimana per me, sempre con il tuo consenso per accoppiarmi sessualmente con lei.”  

 

Quella sera aspettai il momento buono e ne parlai con Rosa.

Intanto che Lucetta guardava i cartoni alla Tv mi avvicinai a mia moglie che era dietro ai fornelli a preparare cena, e con la voce rotta dall’emozione e dal disagio la informai.

“Don Carmine mi ha chiesto di potersi accoppiare ancora con te!” 

A sentire quelle parole non si girò nemmeno, continuò seguirei fornelli, fu come se attendesse quella richiesta, che se l’aspettasse.

“E tu Angelo certamente gli hai risposto di no?” Ribatté senza scandalizzarsi, con la sua voce calda e ferma, continuando a trafficare nei tegamini senza voltarsi, quasi con indifferenza a quello che le dicevo.

“No… “Replicai imbarazzato dalla sua determinazione:” … gli ho detto solo che ne avrei parlato con te e gli avrei dato una risposta.” Restò in silenzio, lentamente si voltò guardandomi negli occhi pronunciando:” Perché non gli hai detto di no… che sono la tua moglie, la tua femmina e che lui aveva detto solo una volta?... Perché mi vuoi fare andare ancora a letto con quel camorrista che non mi piace e mi fa paura? Io sono tua moglie Angelo!” Esclamò.

“Lo so Rosa che sei mia moglie… e non sono io che ti voglio fare andare a letto con lui, ma ci ha minacciato… che vuoi che faccia? Lo sai anche tu che quello non scherza.” 

Rosa restò di nuovo in silenzio poi con rabbia e con provocazione esclamò:” Tu vuoi che lo rifaccia?! Che ritorni a letto con quel camorrista? Che ti faccia cornuto… è questo che vuoi?” Dicendolo con odio verso di lui e irritazione verso me per la mia incapacità a reagire.

Capii la sua provocazione e risposi: “Dai Rosa, non trattarmi così, che posso fare…” Ripetei costernato sentendomi un verme incapace di ribellarmi e riprendermi mia moglie. 

Lei si rivoltò sui fornelli dandomi le spalle proseguendo a preparare cena mormorando: “Niente… oramai non possiamo fare niente… dovevi farlo prima.” 

Alche ferito dal suo modo di rispondermi agitato replicai: “Prima quando? …Ma che vuoi che faccia Rosa? Che mi faccia ammazzare? Vuoi restare davvero vedova e tu andare in giro con la faccia tagliata? È questo che vuoi? Salvare l’onore e soccombere noi?”

“No! Non solo salvare l’onore, ma anche il nostro amore…” Rispose sconsolata.

“Ma l’amore c’è sempre tra noi Rosa lo sai, io ti amo lo stesso e tu anche… quello non è intaccato da lui.”

“Lo so!” Ripeté lei:” Se l’ho fatto la prima volta è perché ti amo.”

E io continuai a parlare, cercando di giustificare quello che facevamo per renderlo meno sporco e più accettabile e mormorai: “Hai visto anche tu amore, che ieri è venuto il ragazzo del negozio di elettrodomestici e ci ha portato il televisore nuovo al plasma, bello grande… con il decoder…” Proseguendo: “Sai che ce l’ha regalato lui. Ci fa stare bene, ti fa regali a te e Lucetta, anche per la casa… non fa mancare niente e nessuno sa nulla.” E rigirandosi ancora verso di me, osservando il suo sguardo dritto nei miei occhi precisai:” Ma anche se ci fa stare bene io non voglio questa situazione, che quell’uomo faccia sesso con te, anche se è una condizione obbligata … e spero che finisca tutto e presto.”  Lei restò ancora in silenzio. “Che gli dico?” Domandai ancora io aspettando una sua scelta.

“Quello che vuoi tu Angelo! Quello che preferisci tu che sei mio marito, e per me va bene cosa scegli. Faccio quello che vuoi tu… anche la puttana se vuoi.” Pronunciò tagliente facendomi sentire un <… ommo e merda…> come si dice qui a Napoli.

“Dai Rosa, non parlare così…” Dissi irritato:” … se no davvero quando lo vedo gli sputo in faccia e accada quel che deve accadere.” Pronunciai agitato quasi piangente. 

Lei mi guardò rispondendo:” No… niente colpi di testa che pagheremo cari. Io amo te e non lui, ma capisco la situazione che non possiamo dire di no.  Comunque è anche vero che nell’obbligo, in questo momento ci favorisce e ne abbiamo bisogno, e visto che siamo obbligati…” E troncò la frase riprendendo: “… tanto il peccato lo abbiamo già fatto una volta e se lui lo vuole rifare… “E si interruppe ancora:” … e io non voglio restare né vedova, né andare in giro con la faccia tagliata.” Rispose determinata.” Spero solo che tutto finisca in fretta.” E dette quelle parole ci abbracciammo. 

La sera lo misi don Carmine al corrente, e lui stabilì il giorno, ma a Rosa non dissi nulla subito, solo nel tardo pomeriggio del giorno dopo la informai tutto di un fiato con disagio: “Ho parlato con don Carmine e gli ho detto di sì, che andava bene incontrarci di nuovo e stasera verrà ancora qui per accoppiarsi con te.”

Lei non rispose e non disse nulla, mi fissò con uno sguardo freddo e di disprezzo, ma poi abbassò gli occhi, sapeva anche lei che non potevamo fare nulla. 

Ci fu nuovamente l’incontro quella sera, venne a casa nostra e fecero ancora sesso nudi nel nostro letto matrimoniale, ma non le tenni più la mano come la prima volta, gliel’accarezzai per prenderla ma lei la ritirò via senza dire nulla, non volle e quello era un segno di cambiamento tra noi. 

La osservai, farei meglio a dire la spiai nuovamente in disparte, a sentirla godere fra le braccia di quel bastardo.  Finché finirono.

Il rapporto coniugale dopo quell’incontro sessuale con don Carmine tra me e Rosa era cambiato, si era raffreddato e modificato, pur amandoci sempre non eravamo più gli innamoratini di prima pieni di amore, sogni e attenzioni. 

Passarono le settimane e don Carmine volle rifarlo ancora, ci aveva preso gusto, le piaceva chiavare Rosa e dopo le continue resistenze mie e di mia moglie, visto i doni che ci elargiva accettammo e gli incontri sessuali che si ripeterono ancora, più o meno tutti allo stesso modo e alla stessa ora, cambiava solo il giorno per sicurezza sua, diventando incontri settimanali. Don Carmine alla sera del giorno prestabilito, scavalcando il divisorio sul terrazzo frequentava casa nostra. Spesso quando veniva a cena, al termine dopo il caffe e l’amaro, se aveva voglia si chiavava mia moglie. Lo richiedeva all’improvviso, quando voleva, senza alcun problema, anche quando aveva le mestruazioni:” Ora io e Rosa ci andiamo un po' a sdraiare a letto…” Diceva per portarla a chiavare, lei mi guardava e andava senza dire nulla e lui poi le faceva dei regali di ogni tipo, anche in denaro perché si comprasse quello che voleva e lei, l’ho ammetto, anche dietro mia sollecitazione iniziò ad accettarli, ad accettare tutto e a chiederne.

Durante le giornate tra noi non ne parlavamo di quello che succedeva con don Carmine, era come se lui non ci fosse, vivevamo la nostra vita normale con Lucetta e il lavoro estraniati da lui, ma alla fine con i mesi che passavano pur contrari entrò nella nostra coniugalità. 

Non era più solo più per le minacce che accettavamo quel rapporto adultero, ma anche perché i regali che ci offriva ci facevano comodo e stare bene, alzavano il nostro tenore di vita e quello iniziò a corrompere anche la nostra moralità sociale e coniugale. Non erano molti i soldi che ci elargiva nel cambio tacito di quell’accoppiarsi con mia moglie (come diceva lui), a volte ci dava solo denaro, senza regali, con la scusa di fargli la spesa le dava cento, duecento euro e le lasciava sempre il resto e nell’insieme durante il mese arrivava a darci anche 1500 euro. E per noi era uno stipendio in più, visto che io da Oss in ospedale guadagnavo 1100 euro e Rosa che lavorava sempre part- timer 400 euro al mese. I regali molte volte erano di valore, orologi (anche per me) l profumi di marca, anelli e bracciali per Rosa, tutti oggetti rubati o rapinati. Insieme a quelli c’erano elettrodomestici razziati dai suoi camorristi sui container di qualche Tir. Ma a noi non importava più da dove provenissero quei regali e quei soldi, non ci facevamo più lo scrupolo, ci facevano stare bene e ci bastava e ci costruivamo il nostro piccolo tesoretto. Non vestivamo più con indumenti e accessori taroccati da bancarella del mercato, ma tutti originali e di marca acquistati in boutique. A volte quando era di buon umore, diceva a Rosa di andare in tale negozio a scegliere quello che voleva che lui avrebbe mandato qualcuno a pagare. Prese anche ad andare dal parrucchiere una volta alla settimana, mentre prima i capelli se li lavava da sola a casa nel lavandino.

Si può dire che a Rosa e di conseguenza a noi, me e Lucetta ci manteneva lui e non ci faceva mancare niente, e a mia moglie piaceva vestire griffata, andare al lavoro quelle poche ore con sul corpo indumenti e profumi di Luxury, Dolce e Gabbana o Paloma Picasso al costo di 150 euro al Flacone, anche se lei a lavorare part time ne guadagnava poco più del valore di due flaconi, E come detto, anche se era tutta merce rubata non ci interessava. 

Oramai io e Rosa avevamo accettato quella situazione e i vantaggi che ne derivavano ci facevano stare bene.  Non fu facile per entrambi vivere quella imposizione e situazione, ci pesò molto, ma credevamo nel nostro amore, eravamo realmente innamorati. Non le reputavamo corna, sia io che mia moglie, perché obbligati dagli eventi a cedere… Che potevamo fare? Esternamente mantenevamo sempre la nostra dignità di coppia coniugale fedele, perché nessuno sapeva niente e pensavamo che presto, una volta libero dalla detenzione tutto sarebbe finito, se ne sarebbe andato e per noi sarebbe ritornato come prima.

Nel proseguire quella condizione non piangemmo più come la prima volta… l’accettammo, eravamo rassegnati ma anche eccitati, e ci accoppiavamo anche tra noi, io e lei subito dopo per esorcizzare il rapporto sessuale praticato con coercizione con lui. Dovevamo subirlo a forza e per questo cercavamo di renderlo sopportabile. 

Inoltre ad averlo accettato e praticato, spesso a me in un modo e mia moglie in un altro inconsciamente e realmente nelle settimane che seguirono piaceva che quell’incontro avvenisse. Rosa era una ragazza calda lo sapevo, lo era sempre stata, bastava accarezzarle la figa con le dita per accenderla e invogliarla a fare sesso.

Purtroppo con tristezza constatai che una delle cose che mi facevano più soffrire in quella condizione, era che osservandola accoppiarsi con lui, mia moglie alla lunga provava piacere e soddisfazione più con lui che con me, che ne godeva maggiormente. Don Carmine se devo essere sincero, l’appagava sessualmente più di me, ma non mi importava molto, Rosa in fondo era sempre mia… mia moglie e amava sempre me e questo lo sapevo e mi bastava. Ma era insufficiente e quello ci portò in una sorta di crisi sessuale. 

Scoprii che a me assurdamente nonostante tutto piaceva vederla praticare sesso con lui e a lei farlo. E a noi stessi senza parlarne giustificavamo quelle nuove sensazioni che provavamo con il fatto che eravamo obbligati, lei a compierlo e io ad assistere, per via delle minacce e dei regali. Ma la verità era diventata un’altra che non ammetavamo né ce la dicevamo neppure a noi stessi, ci vergognavamo … eravamo cambiati, non era più solo per paura delle minacce c’era soprattutto altro oramai.

Come Rosa aveva acconsentito per intimidazione, per vantaggio economico e anche piacere sessuale di accoppiarsi ancora con don Carmine, io a vederla chiavare da lui, tra le sue braccia lo accettai passivo. E iniziò a piacermi osservarli e sentirli, e a lei soprattutto osservarla godere e smaniare sotto di lui, eccitandomi profondamente e facendomi provare desiderio, gioia mentale e fisica nel vederla chiavata da lui.

Don Carmine era diventato come un terzo incomodo nella nostra vita coniugale, una medicina amara da prendere per forza per stare meglio… per vivere.  Capisco che è assurdo, irrazionale per chi non è di qua leggere queste cose, ma accadono, Napoli è anche questo… Per i camorristi prendersi in un modo o in un altro la moglie, la fidanzata, la sorella, la figlia o la madre di qualcuno se le piace è normale. E non esistono dinieghi né denunce se si vuole campare, si china la testa, ci si gira da un’altra parte e si lascia che la fottono finché non si stancano e cambiano. Poi tutto torna come prima.

Nei mesi seguenti, quando entravano in camera nostra, a volte non li seguivo più, spesso restavano soli come due amanti a chiavare e io come un cornuto contento, di là in soggiorno seduto a guardare la televisione e aspettare che finissero.… Oppure se ero accaldato, dall’uscio li osservavo e devo dire che mia moglie nonostante lui fosse brutto e grasso, provava piacere a lasciarsi possedere.

A volte mi masturbavo mentre praticavano sesso, lo sapevano, se ne erano accorti e don Carmine quando mi vedeva sull’uscio sarcastico glielo bisbigliava all’orecchio a Rosa mentre la possedeva, le diceva che mi stavo masturbando osservandola chiavata da lui.

“O curnuto si sta facendo una pugnetta…” Gli diceva irrisorio:” Gli piace vederti fottere con me…” Però senza che mai lei dopo mi chiedesse o accennasse qualcosa. Oppure aspettavo eccitato che lui andasse via e senza nemmeno farla lavare, prendevo Rosa per la mano, con la figa ancora dilatata, calda e umida dal godimento del rapporto sessuale con quel bastardo e la riportavo in camera e la chiavavo io dove l’avevano fatto poco prima loro. E ci piaceva, anche se per lei oramai sessualmente era tutto diverso … farlo con me e con lui era differente, notando le differenze.

Tra noi tre nacque una complicità tacita e subita, e di conseguenza una forma di rispettosa disponibilità verso lui. Le condizioni che gli avevamo imposto le aveva rispettate, compresa quella di mettersi sempre il preservativo che io mensilmente gli compravo, anche perché mia moglie non prendeva la pillola ed era feconda.

Pretese in seguito che continuassi ad acquistargli i preservativi di marca, che quando finiva di chiavare mentre era ancora a letto con mia moglie gli preparassi il caffè, ma soprattutto che dopo averla chiavata, quando si toglieva il preservativo pieno di sperma, me lo passasse a che io lo andassi a gettare. E purtroppo dovevo prenderlo con due dita, pendente dal peso del suo seme latteo e gettarglielo nel Vater, e questo avveniva sotto lo sguardo silenzioso di mia moglie, in una sorta di umiliazione e sottomissione, purtroppo anche se disdicevole, piacevole per me.

Come dicevo piano piano la situazione si normalizzò, nei mesi i rapporti sessuali per lui divennero settimanali o ogni dieci giorni, lui era un cinquantenne e per quanto capace e desideroso di Rosa che era giovane e bella e aveva 27 anni, aveva dei limiti fisici e temporali dettati dall'età e dalla salute.  Era una situazione che avevamo accettato sotto minaccia, e da cui non potevamo tirarci indietro e cercavamo di trarne più vantaggio possibile da quella situazione, in un certo senso sfruttandolo economicamente come lui sfruttava noi, me e mia moglie, visto che non aveva problemi di soldi con le sue entrate sporche. 

Passarono dei mesi, lui era soddisfatto dei suoi desideri verso Rosa, e noi malgrado subendo, anche. Io e mia moglie ci volevamo sempre lo stesso molto bene anche se i nostri rapporti sessuali erano diventati differenti, sotto l’aspetto passionale in confronto a prima si erano raffreddati, lei godeva sia con lui purtroppo che con me.

 

Era passato quasi un anno da quando era venuto in detenzione domiciliare lì vicino casa nostra, ed era da oltre sette mesi che aveva rapporti sessuali con mia moglie Rosa e stava per arrivare nuovamente l'estate.

 

Un giorno mentre ero sul terrazzo con mia figlia, uscì anche lui nel suo a fumarsi una sigaretta, mi guardò e mi fece un cenno con la testa a cui io risposi con un altro cenno del capo e un falso sorriso di reverenza. Si avvicinò al divisorio e tirando boccate e cacciando fuori fumo si mise   a chiacchierare con me guardando Lucetta tra le mie gambe che giocava, e nell’osservarla esclamò:” È bella Lucetta, proprio una bella bambina…” Per poi aggiungere guardandola: “Eh Rosa sa fare dei bei figli!” Poi non disse più nulla diventò assorto come se pensasse, all’improvviso si voltò e mi fissò dicendo con voce profonda e sguardo serio:” Voglio un figlio da tua moglie!” Rimasi esterrefatto a quelle parole, tanto che dissi:

“Non ho capito don Carmine, scusi!”

“Voglio un figlio da tua moglie, da Rosa! Un figlio mio!” Ripeté.

Restai sbalordito da quella richiesta, che quasi mi veniva da ridere, ma lui non scherzava.

“Ma non è possibile...” Risposi sorpreso, balbettando a quella richiesta e pensando che un conto era farsi qualche chiavata con mia moglie a cui oramai ci eravamo abituati, ma ingravidare Rosa e avere un figlio da lei no... no… non era possibile, assolutamente. E poi non volevo io... Rosa era mia moglie, l’amavo e non avrei mai permesso. che fosse fecondata da un altro. Feci entrare in casa la bambina e ripetei serio.

“Ma guardi che questo non è proprio possibile don Carmine!” 

Lui come se fosse qualcosa che aveva già deciso, studiato nei particolari e attendeva solo il momento di dirlo, mormorò:

“Nessuno saprà niente, crederanno che sia il tuo e lo alleverete voi come vostro figlio con il tuo cognome, ma sarà il mio, con il mio sangue e vi aiuterò economicamente a crescerlo, vi farò stare bene.”

Era assurda quella richiesta, ma lui sembrava serio e deciso:

” E non fare scherzi!” Continuò: “Perché quando nascerà gli farò fare il test del DNA per essere sicuro che sia il mio e se non lo è che mi avete preso in giro, peggio per voi... vi ammazzo tutti e due!” Disse chiaramente.

“Ma senta don Carmine questo è impossibile... Ha già avuto sessualmente mia moglie Rosa, ma avere un figlio da lei no! E poi lei non lo accetterà mai!”

“Accetterà! Tu non conosci le donne vai e parlagliene e dille delle mie due proposte!”

“Quali due proposte?” Chiesi.

“Quella che potrete stare bene economicamente crescendo anche mio figlio, vi pagherò la casa, tutta e vi aprirò un negozio e farete i padroni e non più i servi agli altri, o ci sarà l’alternativa, quella di far restare Rosa sfregiata e vedova.”

Mi si raggelò di nuovo il sangue nelle vene, aveva due occhi cattivi e dallo sguardo capii che diceva sul serio, non scherzava.

“Vai! Parlagliene e convincila a lasciarsi ingravidare, - a fare un figlio con me-, convincila come hai fatto la prima volta per accoppiarsi a me, falle le due proposte e vedrai che accetterà!” Ripeté ancora.

“Ma farsi ingravidare e avere un figlio da un altro uomo, non è come fare una chiavata!” Esclamai intimorito ma deciso. Ma lui mi fece cenno di parlargliene.

“Parlagliene bene e decidete e ricorda che sei tu che hai diritti su di lei...”

Non sapete quante volte ho maledetto l'acquisto di quell'appartamento, che se sapevamo che doveva venirci abitare lui c'è ne saremmo restati in affitto. Tanti sacrifici, tanto amore tra me e Rosa per vedere mia moglie sessualmente condivisa con lui e come se non bastasse ora, avere la pretesa di ingravidata lui, perché voleva un figlio da lei...

“Ma scusate don Carmine, non potete trovare un'altra ragazza che vi dia un figlio, ce n'è tante a Napoli di ragazze, anche più belle di Rosa disponibili…!” Dissi.

“Io non voglio una puttana, la madre di mio figlio non deve essere una zoccola, ma una donna seria come Rosa, una napoletana verace, pulita, che lo educhi e gli insegni bene e lo faccia studiare.” Fece una pausa accendendo un’altra sigaretta e continuò:” Io ho più di cinquant’anni, non ho figli, metà della vita l'ho passata in galera a Poggio Reale, ho parecchi soldi e delle proprietà e voglio un erede!” Esclamò: “E ho deciso che me lo darà Rosa.”

Ero sconvolto da quella richiesta, e si allontanò dicendomi: “Parlagliene… dille cosa vi ho proposto.”

Quando rientrai all’interno dell’appartamento ero smarrito, incredulo, subito non dissi niente a Rosa, lei era indaffarata con Lucetta, ma vide dall’espressione del mio volto che ero diverso preoccupato:

“Cosa c’è?” Mi chiese.

“Niente!” Risposi evasivo, lei mi guardò ancora, poi si voltò e continuò a fare le sue cose, un po' con la bambina in braccio e un po' messa dentro nel box a giocare.

A cena ero silenzioso, mentre lei aiutava a imboccare Lucetta che non si rovesciasse il mangiare tutto addosso.

“Allora mi vuoi dire che c'è? Hai una faccia da funerale!” Mi domandò.

“Niente!” Risposi io mentendo.

“Sì, niente... niente! Si vede lontano un miglio che hai qualcosa dentro, parlamene! Tra di noi ci siamo sempre detti tutto. È successo qualcosa con quello di là!” Disse sprezzante non chiamandolo nemmeno per nome, ma facendo gesto con il capo oltre la parete verso il suo appartamento. Ma il mio silenzio era eloquente.

“Allora è successo qualcosa con lui? Con don Carmine? Che vuole ancora da noi?” Chiese ancora.

“Finisci di mangiare che te lo dico. Ora mangia.” Le risposi vedendola seria e curiosa.

Terminata la cena, mise la bambina davanti alla Tv a vedere i cartoni animati e intanto che io ero seduto ancora a tavola e lei preparava il caffè disse: “Allora che c'è? Parla!”

“Che c'è?... Che c’è!” Risposi io di getto senza trattenermi: “C'è che Carmine vuole un figlio da te!” Dissi mentre apriva la caffettiera per lavarla.

A quelle parole sentii il frastuono di una parte della caffettiera caderle dalle mani dentro il lavandino sui piatti e restò in silenzio ammutolita con l’altro pezzo in mano. Poi voltandosi e guardandomi borbottò: “Come vuole un figlio da me.” Stupita e convinta di non aver capito.

“Sì, vuole un figlio da te!” Ripetei agitato guardando il bicchiere davanti a me. Restò in silenzio come a pensare e poi esclamò.

“Ma che dici? Sei impazzito? Non capisco, parla chiaro!”

“Ti vuole ingravidareee!! Metterti incintaaa!!” Affermai alzandomi dalla sedia quasi urlando, aggiungendo:” E mi ha chiesto il permesso a me per farlo, come l’altra volta. Hai capito ora.”

Lei appoggiò la mano libera dal pezzo di caffettiera sullo schienale della sedia e poi si sedette esclamando:

“Ma ch’illo è pazzo!” Proseguendo nel nostro dialetto: “E’ pazzoo!!!... Ingravidarmi? … Mettermi incinta?... Ma si è ammattito?... Che gli è saltato in testa? Non gli basta possedermi sessualmente una volta alla settimana ora mi vuole anche rendere madre di un suo bastardooo? Per chi m'ha preso?... Per una zoccolaa!!” Gridò, tanto forte da far girare nostra figlia.

“Evidentemente no!... Non è pazzo! ...Però ti vuole rendere madre di suo figlio.” Dichiarai.

“E tu che gli hai detto??”

“Che gli ho detto… che gli ho detto…!? Cosa vuoi che dicessi? Gli ho detto di no… ho avuto il coraggio di farlo, di dirglielo! Ma lui ha insistito, ha detto che sei una bella donna e una brava mamma, una vera napoletana e che devi essere la madre di suo figlio! E nessuno lo deve sapere niente tranne noi. Se no c’è il rischio che qualche altro clan per vendetta trasversale, per colpire a lui, altri camorristi, accidono (uccidono) te e la creatura…!” Dissi in napoletano.

“Ma quell'uomo è pazzo!” Ripeté lei sconvolta. Ci guardammo in silenzio negli occhi con timore e poi aggiunsi: “La sai la nostra situazione. Ci ha minacciato!... Siamo di nuovo come prima, se diciamo di no lo prende come uno sgarbo e offesa, se gli diciamo di sì ci farà stare bene economicamente, ha detto che a te comprerà un negozio in via dei Mille o in via Filangieri e ti farà fare la padrona e non la serva.... e ci aiuterà ad estinguere il mutuo. Se no… sono sue parole, ti sfregia e ti fa diventare vedova. Me lo ha ripetuto di nuovo chiaro in faccia.” A quelle parole lasciò cadere l’altro pezzo della caffettiera sul pavimento e ci guardammo.

“Che facciamo?” Chiese spaventata.

“Cosa vuoi fare? È un pazzo quell’uomo…un camorrista, non ha nulla da perdere, cosa vuoi fare? Litigare con lui? Metterci contro? Ci ammazza! Pensa che ha detto che per essere certo che sia suo quando nascerà le farà fare l’esame del dna per verificare la paternità e se non è suo… ci accide tutti e due…e lascia Lucetta orfana…”  Esclami in un momento di rabbia e paura. 

“E allora? ...” Mormorò lei.

“E allora l'unica cosa sarebbe accontentarlo, se non c’è nient’altro che possiamo fare!”

“Come accontentarlo? Pure tu si uscito pazzoo!! Dovrei farmi ingravidare da lui? Da quello scarafone (scarafaggio) camorrista.”

“Hai un idea diversa?” Ribadii.

Mi guardò ancora impotente mentre la bambina in quel momento la chiamava: “Mamma! Mamma!”

La prese in braccio e la mise a letto a dormire e poi tornò a discutere sottovoce.

“Non abbiamo alternative Rosa, se tu hai qualche idea diversa dilla, ma i carabinieri e la polizia sai già di no! Non solo per noi ma anche per le nostre famiglie, genitori, fratelli… Lasciamoli fuori anche la denuncia per ricatto, sai bene che significherebbe la nostra condanna.” Le precisai.

“Ma io non voglio essere ingravidata da lui! Non voglio figli di altri che non siano tuoi, mi basta Lucetta. “E provocandomi disse:” E tu che homme sii… che non fai niente? Non dici niente?”

“Che vuoi che faccia? Che mi faccia ammazzare?... Che vada di là e gli dica no…. Vuoi che faccia questo? Vuoi restare vedova?” Esclamai impotente e in preda alla disperazione e paura, dicendo agitato: “E va bene ora lo faccio, vado di là e gli vado a dire che è un porco, che sono stanco di fare il pulcinella per lui, che non si deve permettere di avere questi pensieri con mia moglie e che lo denuncio.” È preso dalla foga feci il gesto di andare verso la porta per uscire. Ma lei mi fermò.

“No… fermo! Non fare o pazzo pure tu!” Esclamò fermandomi trattenendomi per il braccio e facendomi segno di sedermi. E, sconfortato passandomi nervosamente la mano sulla fronte e sui capelli, mormorai:

“Purtroppo sai che è un malavitoso, un camorrista, cosa vuoi che faccia? Che dica? Che lo affronti?! Che gli dica di no! E poi le conseguenze?” Feci una pausa, accesi una sigaretta e aggiunsi “E poi ha detto che se ti fai ingravidare ti regala un negozio.”

“Ma io non voglio un negozio e non voglio nemmeno più figli e tanto meno da lui… già lo sopporto con odio a fare sesso. Ora ingravidarmi no… e poi no… non voglio assolutamente, qualcosa troveremo.” Disse.

Ci fu una discussione tra noi, quasi un litigio, lei voleva che io facessi qualcosa.

Ma che potevo fare io? Di no gliel’avevo già detto, ma lui non voleva sentire ragione. Parlammo per ore fino a notte poi prese la decisione: “Ci parlo io!” Esclamò sprezzante e orgogliosa di sé, di quell’orgoglio che hanno le donne napoletane. 

“Domani gli parlo direttamente io, e glielo dico in faccia… e vieni pure tu con me, e vediamo un po’! Gli dico di no… no e poi no! E se vuole figli se li vada a fare con le zoccole del suo stampo che ne ha tante che battono per lui nella strada!” Esclamò decisa.

Con quella decisione andammo a letto con l'accordo che gli avremmo riparlato il giorno dopo, o meglio l’avrebbe fatto lei. La situazione l’aveva presa in mano mia moglie.

 

La mattina seguente non andammo a lavorare, lo chiamammo sul terrazzo dicendogli che dovevamo parlargli, anche se le nostre porte d’entrata erano attigue lui non poteva ricevere gente e non potevamo discutere sul pianerottolo.

Parlammo con lui, venne anche Rosa e gli dicemmo tutti e due di no, assolutamente no. Parlò quasi sempre solo Rosa, che vicina al divisorio si mise davanti con me dietro lei, come se fosse lei la capo famiglia. E forse era così, da quel momento lo era diventata.

“Mio marito mi ha detto…” Esordì in dialetto: “Noi la rispettiamo don Carmine e lei lo sa… io mi accoppio frequentemente con lei per la sua soddisfazione sessuale, ma io non voglio altri figli don Carmine, non perché è lei!” Precisò con l’intenzione di non offenderlo: “Mi basta Lucetta e non ne voglio altri.”

Lui ascoltava serio e silenzioso.

“Io non mi sento di dargli una creatura (un figlio) … ha tante femmine anche più belle di me per Napoli che glielo possono dare e sarebbero felici di farlo.

Lui vedendo anche Rosa decisa a non volere, fece in un sorriso falso e io pensai che intelligentemente aveva capito che probabilmente avremmo opposto una resistenza molto forte, soprattutto da parte di mia moglie la diretta interessata, e cambiò tono.

“Va bene Rosa! Non faremo figli io e te anche se mi sarebbe piaciuto, hai la mia parola, prima di farlo eventualmente te lo dirò, stai tranquilla, ne parleremo ancora. Va bene così ora!” Ci rispose.

“Non c’è niente da riparlarne in seguito don Carmine…” Gli replicò risoluta Rosa:” … quello che dico ora vale per sempre!” Con un tono quasi di sfida. E lui in silenzio acconsentì a quella scelta. 

Mia moglie era soddisfatta della sua accettazione, guardandomi negli occhi con superiorità mi fece capire che lei era riuscita e io no.

“Quando fummo soli disse: “Abbiamo la sua parola, è un uomo d'onore e di rispetto, ce lo dirà prima se lo vorrà ancora fare e quando lo dirà gli diremo ancora di no.”

Tutto finì lì e i rapporti tornarono come prima. Ammiravo mia moglie, era davvero riuscita dove io avevo fallito.

 

Come dicevo sopra, in quel periodo i rapporti sessuali completi tra me e mia moglie erano diventati più distanziati e meno piacevoli per lei, ma a noi andava bene così.

Dopo una decina di giorni da quel chiarimento tra noi sul balcone, soprattutto tra mia moglie e lui, una sera tornò, andarono in camera e si spogliarono e prima di sdraiarsi, mia moglie con coraggio aprì la mano e gli fece vedere il blister del preservativo da mettere, che in genere io gli lasciavo sul comodino. 

Lui con un sorriso beffardo guardandola negli occhi lo prese, lo aprì e se lo calzò davanti a lei.

Si coricarono e iniziarono l’amplesso e mentre nuda la chiavava nel letto con lei nonostante tutto partecipe e io osservavo sull’uscio, lui, senza dire niente, lo estrasse dalla figa di Rosa e con nostro stupore si tolse il preservativo.

“Che fa?... Perché lo ha tolto don Carmine?” Domandò mia moglie accorgendosi della sua manovra.

Ma lui le tirò uno schiaffo forte sul viso e prendendole il mento con la mano glielo strinse forte tra le dita da farle male e da deformarle il volto nella stretta, e rispose solo dicendo:

“Voglio un figlio da te Rosa!... Hai capito che lo voglio da te!? E tu me lo darai con le buone o le cattive.”

Lei a quella frase, a quel gesto e suo modo di fare si spaventò e restò ferma incredula con la mandibola e la mascella stretta tra le sue dita a premere le guance e i denti. Dalla fase del piacere mia moglie si irrigidì sconvolta e restò a bocca aperta e schiacciata, come me che a osservare quella scena e la sua imposizione coercitiva con l’inganno, la paura e la violenza, non seppi intervenire, mi prese la paura.

Rosa sentiva male, ma capiva che era serio, arrabbiato e soprattutto cattivo in quel momento.

Lui lasciò la presa sul mento, facendole tornare il viso segnato dalla morsa, regolare, seppur con una espressione spaventata, e fece scendere la mano sulla gola, lasciandogliela sopra aperta come a stringergliela guardandola negli occhi. Per un attimo avemmo paura che stringesse forte davvero e la strangolasse, forse sarebbe bastato solo un no di mia moglie o una reazione di lei a inveire o fuggire, che per fortuna non ci fu a far sì che lui stringesse la mano sul suo collo esile.

Lui continuò ansimante a pronunciare con quella mano attanagliata sulla gola: “Non mi devi mai dire di no… mai… ricordalo Rosa. Mai!!... Se te lo chiedo mi dovrai dare anche il culo e la bocca… ” Urlò stringendola un poco, quel tanto da farle capire che era lui che comandava e che se voleva poteva strozzarla: “Devi sempre fare quello che ti chiedo… sempre… sempre… e accettarlo. Hai capito??” Domandò.

Mia moglie con gli occhi sbarrati dal terrore annuì con il capo sul cuscino facendo uscire un flebile: “Sì!”

E lui riprendendo a parlare pronunciò: “E ora ti ingravido... Hai capito cosa sto per fare?” Le chiese. Lei annuì ancora.

“Voglio un figlio da te e me lo darai tu!... Sei d’accordo Rosa a farti ingravidare da me e di darmi un figlio, lo vuoi anche tu?” Le chiese.

Lei con la sua mano sulla gola, annuì nuovamente il capo a dire sì, mormorando:” Si…sì… va bene don Carmine… lo voglio anch’io… voglio un figlio da voi…” Mentre io impotente e codardo non intervenni.

“E non permetterti mai più di metterti contro di me!... Ricordalo!... Io non scherzo, ho già ammazzato della gente per molto meno…” E dicendo così dando una morsa, strinse la mano sulla gola per soffocarla, rilasciandola subito.

E così appoggiò la cappella nuovamente sulla fessura dilatata della figa di mia moglie spaventata e terrorizzata, con una scarica di adrenalina nel corpo che suo malgrado la eccitò. Lo spinse dentro senza fatica perché oramai dilatata dalla precedente intrusione, facendola sobbalzare ancora, sentendosi nuovamente l’utero toccare dalla sua cappella nuda, senza involucri e incominciò a muoversi avanti e indietro, prima lentamente poi forte e veloce dentro lei. E voltandosi verso di me affermò mentre la possedeva:

“Ora te la ingravido, te la metto incinta… mi deve dare un figlio bello come lei!” E così dicendo riprese a chiavarla senza preservativo, tra il mio e lo sguardo incredulo e attonito e spaventato e rassegnato di mia moglie.

Baciandola perversamente diede alcuni colpi veloci, decisi e profondi per soddisfare solo il suo istinto e piacere, incurante di quello di Rosa che malgrado la situazione di intimidazione e minaccia avvertiva lo stesso. E chiavandola e vedendola passiva, con la mano libera le passò le dita sulla spalla e di seguito il braccio, mentre l’altra la fece scendere sul seno ad accarezzarlo e a stringerlo forte eccitato e godente anche lui, avvertendo probabilmente le contrazioni involontarie di piacere della vagina di mia mogie intorno al suo cazzo. Staccò la bocca dalle sue labbra e urlò ad alta voce in dialetto:

“Vengo! Vengo! Vengo anch'io!... Ti ingravido! Ti rendo madre di mio figlio!”

E irrigidendosi e inarcandosi, rallentò il ritmo quasi a fermarsi, e arrestandosi all’improvviso iniziò a eiaculare dentro la vagina di mia moglie, contro il suo utero, con lei gemente suo malgrado quando sentì arrivare il suo sperma caldo dentro, con la consapevolezza che la stava fecondando. Mentre Rosa dopo essere stata minacciata di morte, presa da quel piacere irrazionale, forzato e involontario, fuso tra le sensazioni adrenaliniche di paura provate e quelle piacevoli del rapporto sessuale, morboso e coercitivo, per reazione incontrollata in silenzio si lasciava eiaculare in vagina provandone piacere.

A sentire nella penombra quelle parole dette da lui, nella mia camera da letto, sul nostro letto matrimoniale, che ingravidava mia moglie, fui preso da un fremito e una vertigine, mi sentii mancare l’aria, forse un calo pressorio.

Ebbi come una visione, e sudato immaginai il suo cazzo lungo dentro la vagina calda di mia moglie Rosa, con la cappella rivolta contro la cervice uterina, muoversi rapidamente e venire, eruttare dal glande e schizzare con violenza i getti del suo sperma camorristico caldo e filamentoso contro l’utero della mia Rosa, fecondandomela.

La visione che avevo e quello che realmente osservavo era una scena tremenda, stava ingravidando mia moglie e noi eravamo impotenti… io assistevo a quell’atto, mentre Rosa lo subiva e né io e né lei dicevamo o facevamo nulla per impedirlo, come se inconsciamente lo accettassimo consenzienti.

Fu un finale sconvolgente vederlo venirle dentro, ci aveva ingannati, era stato tutto diverso da quello che ci aveva rassicurato, con quelle minacce e la mano sulla gola di mia moglie a stringergliela, era tutto scioccante.

Stava venendo, le stava sborrando godendo dentro la vagina, contro l’utero con i fiotti caldi e viscosi del suo sperma, senza che lei potesse dire nulla o impedirlo. E al temine restò fermo dentro di lei a svuotarsi le vescicole seminali mentre le accarezzava il viso sudato e stravolto dal piacere e dalla paura e le baciava la fronte, le labbra e gli occhi, sotto il suo mormorio di piacere di mia moglie che malgrado tutto provava e nel silenzio aumentava.

Finché un: “Mmmmmmmmmhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!” Improvviso e soffocato uscì dalle labbra di Rosa, consapevole che il piacere che avvertiva era dovuto al fatto che le stava eiaculando dentro e la stava ingravidando. E forse era eccitata inconsciamente proprio da quello, del sapere che nonostante tutto quella bestia la fecondava e ingravidava realmente, invece di allontanarlo, come altre volte che godeva nel fare sesso con lui, presa dai sensi gli passò le gambe sui fianchi appoggiando i talloni sui retro coscia di don Carmine, lasciandosi riempire del suo sperma godendo involontariamente.

Come disse Carmine la inondò davvero. Restò sdraiato sopra e dentro lei a svuotarsi completamente.

Ero esterrefatto, tante parole da parte di mia moglie per poi sotto la minaccia e la paura lasciarsi fecondare liberamente provandone piacere.

Don Carmine ci aveva imbrogliati, aveva ingannato, soprattutto lei che credeva tanto nella sua parola di uomo di rispetto e capì in quel momento che non valeva niente.

Anch'io eccitato dalla scena di quell'amplesso, nel vedere mia moglie passare dal subire le sue minacce con terrore al godere lo stesso di lui, venni masturbandomi, riversando a terra il mio seme, mentre lui riversava il suo dentro la figa di mia moglie, contro il suo utero fecondo.

Ero geloso, impotente, fremente e disperato.

Restò ancora sopra a dare dei colpetti, come a svuotarsi completamente, poi lo tirò fuori ancora grosso e gonfio baciandola sulla spalla girandosi a pancia in su sul letto, il meato uretrale della sua cappella era ancora gocciolante di sperma. Non dissi nulla, non me la sentii, in fondo era andata così, anche se lei non lo aveva voluto e non se lo meritava di essere ingravidata da un vecchio, un delinquente.

A un certo punto don Carmine si tirò su, si alzò e andò nel nostro bagno a urinare e fare i suoi comodi come se fosse il suo, tornò in camera a mettersi a posto, si vestì e con un sorriso trionfale salutò Rosa con un bacio sulle labbra accarezzandole i capelli, come faceva sempre. Ritornandosene a casa.

Quando lui se ne andò e fummo soli, preso dalla disperazione che l’avesse messa incinta davvero, come reazione alla mia impotenza e viltà, a quel mio comportamento da vigliacco pauroso, me la presi con mia moglie e andai su tutte le furie con lei, mi arrabbiai:

“Ma come? Ti sei lasciata riempire e fecondare da lui? ...” Dissi: “…Ma lo sai, ti rendi conto che ti è venuto dentro e può averti ingravidata? E se è così gli darai un figlio! Ti rendi conto?” Affermai demoralizzato e alterato. Ma lei non rispose, restò in silenzio, si alzò e andò verso il bagno.

La presi per un braccio e la scossi urlandole sottovoce per paura che lui appena andato via potesse sentire al di là della parete: “Ma non dici niente che ti può aver messa incinta davvero?”

Si voltò verso me rispondendo: “Che devo dire? Mi stava strangolando… Non ho capito più niente, avevo paura, hai visto anche tu che mi ha messo la mano sulla gola e stringeva e le parole che ha detto le hai sentite… io non avrei voluto ma...”

“Già ma...!! Ma … ma...” Pensavo: “…era andata così, e intanto mi ritrovavo realmente mia moglie incinta di lui.”

Sentendo il mio tono colpevolizzante, risentita continuò:

“E perché non sei intervenuto tu allora invece di stare sulla porta a farti pugnette (a masturbarti) guardandoci?! “Quella fu la prima volta che mi rinfacciò la mia condizione di guardone, proseguendo:” Tu tanto coraggioso e pronto a fare la morale a me! Intervenivi, prendevi tu a lui per la gola come fanno i veri uomini e…” Troncò la frase.

Non dissi più nulla, capii che la situazione tra noi era cambiata ed eravamo tutte e due vittime di quell’uomo.

In fondo era successo e la colpa non era sua. Rosa non disse più nulla, nuda andò prima in bagno e quando uscì, andò nella cameretta di Lucetta e baciò la bambina.

Oramai sapevamo che dovevamo tenercelo se era gravida, e sapeva che non poteva abortire per nessuna ragione al mondo.

Pensammo anche di rompere il rapporto con quell’uomo senza dirgli nulla e di fuggire e trasferirci in silenzio in un’alta città. Ma ci rassegnammo ad accettare quel fatto.

Alle donne non importa chi sia il padre biologico del figlio, l’importante che abbia un padre che lo cresca e lo accudisca, e per l’amore di mia moglie l’ho accettai anche se non era mio e non mi andava che Rosa fosse stata ingravidata da quell’uomo.

Non potemmo fare altro che subire, anche Rosa dopo un breve periodo di demoralizzazione e dispiacere come me accettò la possibilità di essere gravida di lui e di dargli un figlio. Naturalmente speravamo che non avvenisse, che lui fosse sterile o qualcos’altro che impedisse la fecondazione…

Da quella sera negli incontri sessuali che ebbe con Rosa non usò più il preservativo, veniva libero eiaculandole internamente, senza che noi non dicessimo nulla e dopo un mese mia moglie si trovò incinta. Era stata ingravidata da lui, ormai suo amante, davanti ai miei occhi mentre la possedeva e io tra il tormento e dalla disperazione per quello che era avvenuto diventai una specie di cornuto contento forzato, una forma di cuckold, cercando da Rosa piacere a modo mio, osservandola chiavare con lui. Aveva rovinato la nostra unione, il nostro matrimonio, il nostro amore, niente tra me e Rosa era più come prima e anche in me la mia sessualità. La mia libido era calata.

Paradossalmente accettavo che fosse incinta da lui, ma In alcuni momenti di disperazione mi facevo schifo da solo, mi dicevo: “Sono un cornuto… e ho lasciato ingravidare mia moglie da lui...” Ma oltre la rabbia e le invettive pensierose contro quell’uomo non andavo.

Che forse era incinta me lo comunicò una mattina Rosa. Passati i primi 28 giorni non le vennero le mestruazioni.

“Angelo! Non mi sono venute le mie cose!” Mi disse una mattina, ci guardammo negli occhi:

“Di quanto sei in ritardo?” Chiesi

“Già da una settimana!” 

“È presto, cmq facciamo gli esami!” La esortai, cosa che fece e che purtroppo confermarono il sospetto. All’inizio pregammo che fosse solo un ritardo, ma invece… era restata incinta di quel bastardo, quel vecchio, lei così bella... I test rapidi fatti conseguentemente al ritardo confermarono, lo stesso quelli del giorno dopo nel laboratorio clinico con il sangue e le urine.

Quando ebbe la conferma di essere incinta, Rosa mi strinse forte e si mise a piangere dicendo: “Non lo volevo da lui, io volevo i figli solo da te!” Le accarezzai il capo e lo baciai, vennero gli occhi lucidi anche a me, ma oramai non si poteva fare niente, abortire meno che mai, lo avrebbe saputo subito e ci avrebbe punito.

Quindi ci rassegnammo, io mi ero arreso, in fondo da noi a Napoli è un fenomeno abbastanza comune che una moglie abbia un figlio da un altro con o senza il consenso del marito.

Per sicurezza andammo dal ginecologo con gli esami e confermò: “Lei è incinta signora…” Disse durante la visita congratulandosi con me. Ma osservando le nostre facce si rese conto che non eravamo proprio felici.

Quando uscimmo dallo studio mormorai: “Sei incinta Rosa!... Bisogna dirlo a lui ora…” Fece una pausa riflessiva rispondendo, domani, glielo diremo domani. Sì… “E con una espressione cattiveria aggiunse:” …  ma gli ricorderemo le promesse, il negozio e la casa, se no non glielo faccio vedere il figlio!” Esclamò decisa.

Il giorno dopo tutte e due, Rosa davanti e io poco dietro quando lo incontrammo sul balcone lo informammo e Rosa gli disse:” Sono incinta! Sono incinta di vostro figlio don Carmine.”

Lui sorrise e dal balcone le disse di avvicinarsi, la volle davanti per parlarle e lei timida e vergognosa andò.

“Ora devi riguardarti Rosa, hai mio figlio nel ventre…” E si vedeva che lui era felice: “Mi hai fatto il più bel regalo della mia vita Rosa e non lo dimenticherò mai stai tranquilla. Ma riguardati! E qualunque cosa hai bisogno chiamami…”

“Devo smettere di lavorare ora…?” Chiese lei.

“Certo!” Ci penso io a voi…” Borbottò.” La mamma di mio figlio deve essere una signora…”

“E il negozio?” Chiese lei.

“Te lo compro stai tranquilla, te l’ho appena detto, la madre di mio figlio non deve fare la serva a nessuno, nemmeno a suo marito.” E guardò me, puntualizzando in dialetto: “Ma non dire a nessuno e mai che è figlio a me! Avrà in cognome di tuo marito e io lo verrò a trovare come uno zio.” E confermò tutto quanto aveva promesso.

Così passato il momento di shock e disorientamento informammo i nostri genitori e suoceri della nuova gravidanza, che si complimentarono con noi, con me soprattutto, tutti felici, amici, parenti e conoscenti che furono contenti: “Uh… il secondo brava!” Dicevano le sue zie. “Speriamo che sia maschio questo!” Ripetevano i nonni.

E lentamente iniziarono tutti i sintomi della gravidanza.

 

Nei mesi seguenti vidi pian piano che le cresceva la pancia come era successo per Lucetta, ed era sempre più bella. Rosa tutto sommato era felice di avere questo bambino, era figlio suo, indipendentemente di chi fosse il padre. Non le importava più se fosse di Carmine o mio, oramai era nostro e basta, anche mio, lo avevo accettato e lei era felice.

Così iniziò la maternità.

Iniziarono le nausee e il vomito e il mutamento della libido, del desiderio sessuale, che invece di attenuarsi aumentò, per via degli ormoni disse il ginecologo.

“Trattamela bene!” Mi ripeteva sempre don Carmine quando si allontanava dopo averla chiavata o ci vedeva sul balcone.

Il suo pancione cresceva e seppure sapevo che era figlio suo, mi dava fastidio quando lui glielo accarezzava e baciava o si faceva fotografare da me con il suo smartphone sorridente con l'orecchio sul pancione e Rosa nuda che lo acconsentiva.

Era tremendo, quel bastardo, mi ero trasformato anch'io, ero cambiato, se all'inizio come dicevo era per obbligo e coercizione mentale che avevo accettato quello che era avvenuto, in seguito non fu più per quello. Provavo una sorta di odio e piacere verso di lui e verso Rosa che ormai si lasciava prendere e possedere dal suo amante come se ne fosse la moglie.

Insieme alla pancia le si ingrossò il seno e il sedere, aumentò la voglia di fare pipì, dolori al basso ventre, stanchezza e desideri insoliti, come quello anche lei di fare l'amore con il pancione.

Ingrassò di circa sette chili e crescendo il pancione aumentarono le smagliature anche se si dava una crema apposita sopra.

Verso la fine, negli ultimi mesi iniziò a uscirle il colostro dai capezzoli e incominciai appoggiando la mano a sentirlo muovere dentro l’utero.

E proseguimmo a fare tutti gli esami di controllo della gravidanza, quella volta a pagamento e su appuntamento, tutto a spese di don Carmine e non più come con Lucetta con la mutua a fare lunghe file per poterli fare. Esami ematici, ecografie, e visite ginecologiche, tutto a pagamento.

I rapporti sessuali tra loro continuarono anche durante la gravidanza, si quel porco proseguì a chiavarla e sborrarle dentro anche se aveva il pancione, lo fece fino al settimo mese di gravidanza. Cercava la posizione giusta per non darle fastidio e danneggiare il feto, in genere la chiavava alla pecorina, sborrandole tranquillamente dentro nel momento dell'orgasmo, cosa che io non avevo mai fatto quando mia moglie era incinta di nostra figlia Lucetta. Oppure la chiavava sdraiata sul fianco nel letto con lui dietro e lei con la gamba alzata per favorire l’amplesso. Ricordo che dissi a mia moglie di non lasciarsi chiavare da gravida che non mi piaceva, di dirglielo. Ma mi rispose:” Lui vuole!  Gli piace e poi soddisfa anche me…” Dalla sua risposta capii che apprezzava e le piaceva anche a lei essere chiavata pure con il pancione. E purtroppo lo fece fino al settimo mese, poi smise per paura di procurarle qualche aborto indotto.

I primi tre mesi la chiavai anch'io, ma poi quando Rosa iniziò ad avere la sua pancetta che spuntava, mi impose che durante la gravidanza io non dovevo più chiavarla finché non avrebbe partorito perché dentro c’era suo figlio e non il mio. Mi fermai, a parte che non mi piaceva chiavare una donna incinta e tanto meno Rosa mia moglie, mi avevano educato così, a rispettare la donna nella gravidanza. Mentre invece a lui piaceva possedere Rosa incinta, accarezzarle il pancione mentre la chiavava. Ma quello che non mi andava era che si comportava come se fosse il padrone di mia moglie e doveva dirmi lui cosa dovevo e non dovevo fare io con lei, e lei Rosa che non diceva nulla, come se accettasse la sua padronanza.

A volte quando eravamo sul terrazzo la faceva avvicinare al divisore della ringhiera e allungando il braccio dalla nostra parte le accarezzava il ventre gonfio… Lo stesso faceva quando alla sera veniva a casa nostra a chiavarla, quando era nuda, prima di chiavarla, le accarezzava e baciava il pancione e gli appoggiava anche l’orecchio sopra a sentirlo muovere, con Rosa che lo lasciava fare. 

Quella gravidanza alterò il nostro matrimonio dal punto di vista sessuale, anche se sentimentalmente ci volevamo sempre bene. Lentamente senza quasi accorgercene come era prevedibile il nostro amore era mutato. Ancora oggi più che amarci ci vogliamo bene e stiamo insieme anche per interessi comuni e di facciata. 

Oggi sono passati dieci anni, abbiamo tre figli, Lucetta 13 anni che frequenta le scuole medie e che è figlia a me, Gaetano 9 anni che frequenta la quinta elementare e un'altra bambina, Chiara che ha sette anni e fa la seconda elementare, ed è inutile dire che gli ultimi due sono figli di mia moglie con quel camorrista di don Carmine, anche se hanno tutti il mio cognome e tutti pensano che sono figli a me! Io li ho accettati come miei e loro stessi credono che il padre vero sia io e lui lo lascia credere per evitare vendette trasversali e quando viene a trovarli si fa chiamare zio da tutte e tre. È lo zio che quando viene gli porta i regali. Oramai ha più di sessant’anni, ma quando saranno grandi vorrà dirgli la verità che lui è il vero padre e purtroppo in questo ha convinto anche mia moglie che gli dà ragione e dice che è giusto.

Ora lui è libero, ha finito la detenzione e può uscire, girare e fare i suoi traffici sporchi liberamente, anche se spesso vengono i carabinieri a cercarlo. Rosa è diventata la sua amante saltuaria, quando lui la cerca lei c’è. È stato di parola, gli ha comprato un negozio di abbigliamento al centro commerciale Neapolis nel quartiere Ponticelli, e siamo diventati commercianti. L’attività è ben avviata e ha una buona clientela e Rosa ci sa fare e ne è la padrona aiutata da due commesse che lavorano per lei. Tra l’abbigliamento e gli accessori regolari griffati e di marca, inseriamo e vendiamo spesso anche merce rubata, portata dai furti dei ragazzi di don Carmine, e guadagniamo molto di più; e come si dice a Napoli: “…i sordi nà sacchetta nun ci mancano mai…” (I soldi in tasca ora non ci mancano mai). 

Lo stesso per la casa, ha pagato tutto il mutuo a condizione che se la intestasse lei e Rosa a spese di don Carmine l’ha rimessa a nuovo e ripristinata completamente. Ha rifatto le piastrelle della cucina e del bagno compresi i sanitari e qualche pavimento che non le piaceva, ha fatto mettere il portoncino d’entrata e le finestre blindate a doppi vetri e l’aria condizionata, per non parlare della cassaforte in camera da letto e dell’arredamento riacquistato completamente e di valore come piaceva a lei. E ciliegina sulla torta quando è restata gravida per la terza volta della bambina, le ha regalato il suv della Volkswagen, mentre io giro sempre con la nostra vecchia Panda. Il tutto naturalmente don Carmine lo ha intestato a lei. Io figuro come nulla tenente, sono solo il marito cornuto per lui e forse anche per mia moglie ora. 

Ma non mi lamento, ora sto bene e non lavoro più a fare l’Oss in ospedale, sono un po' diventato il tutto fare del negozio e di mia moglie, faccio le commissioni, scarico il furgone e porto l’incasso in banca e tante altre cose. Ho accettato tutto.

Sessualmente sono diventato anche mezzo cuckold con lei, so che sono cornuto, che ogni tanto mi tradisce con qualcuno, lei sa che io so, ma io faccio sempre finta di non saperlo. Ma mi sono fatta un amante pure io, una oss che lavorava insieme a me, sposata e con figli, mia moglie lo sa, ma anche lei come me fa finta di non sapere …. Ogni tanto la chiavo e le faccio dei regali e qualche volta l’aiuto a pagarsi qualcosa. 

Personalmente io e Rosa chiaviamo poco, anche se dormiamo sempre insieme nello stesso letto, ma in compenso mi piace vederla chiavare e don Carmine non è più l’unico che lo fa... lui è diventato ancora più vecchio, e Rosa apprezza i giovani. Ogni tanto civetta e poi si concede anche qualche conoscente o qualche rappresentate che le piace nel retro del negozio e me lo fa capire quando parlando con lui gli dice davanti a me.

” Venga domani pomeriggio alle 14,00 che siamo chiusi, bussi che la faccio entrare, così con calma mi fa vedere il catalogo…”  E io se posso con lei che lo sa, mi nascondo dietro i ripiani del magazzino, spengo il telefonino e li spio, la guardo chiavare masturbandomi, lei sa che mi piace assistere. Abbiamo i nostri segreti e debolezze e ci accettiamo così.

Siamo persone completamente diverse da dieci anni fa, fisicamente, sessualmente, sentimentalmente e moralmente. Attualmente Rosa non acquista più la biancheria intima, reggiseno e mutandine sulle bancarelle del mercato per risparmiare. Ora veste in boutique con l’intimo di Victoria’s Secret, è sempre ben vestita e profumata e osservata con desiderio dagli uomini. Ha tagliato i suoi lunghi e bellissimi capelli neri perché i bambini quando li teneva in braccio gliele tiravano e li perdeva, ha una acconciatura a caschetto e li ha tinti color mogano come si usano oggi. Fisicamente è più piena, non è più la ragazza magra di prima, è diventata una signora prosperosa, con qualche chilo in più dovuto anche oltre alle sue golosità alle gravidanze che le ha fatto fare quel bastardo. Il seno è diventato procace (ha allattato lei tutte e tre i figli alle mammelle) e il culo pieno e cresciuto.  Ma comunque anche se l’aspetto fisico è formoso è sempre una bella signora, riverita e rispettata e non una ragazza come allora, come dice il proverbio qui a Napoli con i soldi è difficile essere brutti. 

Ha 36 anni ma è sempre bella e desiderabile. Cura molto l’aspetto, si trucca e veste bene e va spesso dal parrucchiere vicino al nostro negozio, anche tutti i giorni, anche solo per farsi pettinare, e soprattutto ha sempre i soldi nella borsetta.

Ora è la signora Rosa e viviamo così da commercianti benestanti.

 E così finì la storia di due sposini innamorati pieni di sogni e amore.

Angelo.

 

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