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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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STORIE IGNOBILI

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

LEZIONI DI GUIDA. 

(Una storia di corna, peccato e d’amore.)                 

 

Note:

“Ricucire un rapporto con chi ha tradito la nostra fiducia è possibile, ma è come rammendare un abito rotto: il segno rimane, indelebile.”
Emanuela Breda

 

 

Buongiorno, mi chiamo Francesca e vi racconterò la mia storia accaduta qualche anno fa. Una storia comune ad alcuni, da provincia Italiana. 

Io e mio marito siamo del sud, di una cittadina del Salernitano, sulla costa amalfitana, il nostro è stato un amore sincero e profondo, essendoci conosciuti da ragazzi al corso di laurea in Infermieristica alla scuola infermieri di Salerno, nell’ Azienda Ospedaliera Universitaria.

Lui è stato il mio primo uomo sia sentimentalmente che carnalmente, il mio amore. Avevo 19 anni e lui 20 quando ci conoscemmo, ed io pur non essendo una sprovveduta, come si dice dalle nostre parti ero ancora illibata fisicamente. Avevo avuto si qualche ragazzo prima di lui, ma più che baci, toccate e masturbazioni reciproche manuali non eravamo andati oltre. 

Raffaele (così si chiama il mio amore) mi era subito piaciuto fin dal primo sguardo che ci eravamo scambiati nell’aula dove seguivamo le lezioni, ma lui non era molto interessato a me anzi… sembrava non vedermi, pareva attratto da qualche altra compagna di corso.

Al termine del diploma di laurea, fummo assunti provvisoriamente a tempo determinato con contratto triennale presso una asl della città.  Iniziammo con contentezza ed enfasi tra i reparti e le corsie la nostra nuova professione da infermieri, e io pur di vederlo e incontrarlo feci in modo di essere assegnata a svolgere la mia attività nel suo stesso reparto e una volta lì, feci anche in modo che i miei turni combaciassero con i suoi.

Ero una bella ragazza tipica del sud, ero alta 1.68, con un bel corpo esile e un seno prorompente e sprizzavo simpatia da tutte le parti. Avevo una bella chioma castano scuro lunga sulla schiena, ondulata e voluminosa, quasi riccia, che a volte portavo sciolti diventandomi una specie di criniera o pareva un velo enorme sul capo e sulle spalle, con i capelli mossi a fil di ferro. Altre volte li acconciavo raccolti sulla nuca in un chignon disordinato con ciocche cadenti sui lati e sul collo e altre ancora quando ero in casa, raccolti in una lunga coda che diventava enorme oltre l’elastico e che per abitudine giravo e rigiravo con le dita cacciandola un po' dietro alla schiena o un po' davanti sul torace, da una spalla all’altra… 

Il viso a detta di tutti era bello, da tipica ragazza del sud, con gli occhi scuri grandi e profondi, da cerbiatta e le labbra color vermiglio, ed ero di carnagione pallida che creava contrasto con la mia chioma e lo sguardo 

Mi piaceva truccarmi ma in forma leggera e sobria, vestirmi attraente come tutte le ragazze della mia età, e alla fine vedendomi sempre nei suoi turni a essergli attorno, anche lui mi notò e si accorse di me. Man mano ci incontravamo sempre più spesso a fare i letti, assistenza, medicazioni ai pazienti, oppure nelle pause, seguendolo, ci trovavamo insieme a bere il caffè nella cucinetta del reparto, scoprendomi interessante e iniziando a piacergli. 

Finché un giorno mi chiese di uscire con lui. Fui felicissima, accettai subito, ero innamorata di Raffaele. Nei seguenti incontri ci fu il primo bacio e iniziammo a frequentarci anche fuori dalle corsie dell’ospedale e presto nacque una storia d’amore. Gli donai la mia verginità a 22 anni e fu il primo uomo che entrò in me e mi fece provare il piacere carnale, e aumentò la mia felicità quando mesi dopo, mi disse che ero la donna della sua vita e che avrebbe voluto sposarmi. Si innamorò anche lui di me, era bellissimo e fummo felici.

Di me le piaceva lo spirito di iniziativa e l’intraprendenza che avevo.

Raffaele era una persona molto tranquilla e molto dedito al lavoro, stimato e rispettato da tutti, da me per prima, ma anche da medici e colleghi. 

Nei mesi che ci frequentammo, si accorse delle mie insicurezze, e capì che nonostante cercassi di nasconderlo ero una ragazza ansiosa.

Bastava una piccola cosa per farmi andare in agitazione e affanno anche sul lavoro, ma lui sapeva controllarmi e darmi tranquillità. 

Raffaele, era veramente un bel ragazzo, alto 1.85 centimetri anche lui longilineo, capelli castano chiari e con un pizzo corto. Molte conoscenti e colleghe me lo invidiavano e per me era motivo oltre che d’amore, d’orgoglio quando lo presentavo, così alto e bello.

Era un ragazzo eccezionale, attento e grande professionista nel suo lavoro di infermieristica, e come dicevo molto apprezzato dalla direzione e dai medici. 

Un anno dopo la conoscenza dei reciproci genitori, ci sposammo, fu un matrimonio romantico e d’amore, molto bello, io in bianco con il velo e lui in doppio petto blu. Era bellissimo.

Era una persona sulla quale contavo molto e avrei costruito la mia vita e il mio futuro e sapevo che potevo contare su di lui per qualsiasi evenienza. 

Mi amava molto Raffaele e anch’io lo amavo tantissimo e presto avremmo avuto dei figli. Tuttavia a volte era distaccato con me, distratto, non esternava affetto, attenzione, amore nei miei confronti, lavora moltissimo e io stupidamente mi sentivo trascurata.

Lavorammo alcuni anni nell’ospedale dell’azienda sanitaria di Salerno dove c’eravamo visti la prima volta, conosciuti e innamorati. Ma dopo esserci sposati, essendo tutte e due infermieri diplomati con master in nursing, decidemmo di andare a lavorare in qualche ospedale del nord, più attrezzato e specialistico. Dove avremmo avuto più opportunità, visto che da noi l’ambiente ospedaliero offriva ben pochi sbocchi alla nostra professione. E scegliemmo Genova, dove facemmo domanda nel grande ospedale della città e dopo alcuni mesi ci chiamarono tutte e due, perché questa era la condizione per trasferirci da Salerno a Genova, che ci assumessero entrambi o niente. Naturalmente purtroppo non conoscendo nessuno da avere qualche raccomandazione, ci misero a lavorare in reparti differenti e con turnazioni diverse. 

In pochi mesi ci ambientammo, trovammo casa e abitammo in un appartamentino in affitto ad Albaro, un quartiere di Genova est e iniziammo la nostra nuova vita.

Ci stavamo bene a Genova, pur con nostalgia per il nostro paese ci ambientammo e ci piaceva vivere lì, che come luoghi anche se in proporzione maggiore assomigliava alla nostra città capoluogo, con il porto, il mare, la spiaggia... E ci piaceva tanto che avevamo deciso di comprare casa e restarci a vivere stabilmente, prendere la residenza, saremmo tornati al paese per le ferie o i periodi natalizi e pasquali, lavoro permettendo. 

Lavoravamo tutte e due con motivazione e soddisfazione ed essendo di un'altra regione non avevamo amici se non qualche collega, con pochi svaghi comuni se non tra me e lui, qualche passeggiata, ristorante e Raffaele la partita alla tv mentre io mi dedicavo alla casa. In compenso come detto lavoravamo molto, soprattutto lui a fare straordinari e le cosiddette “prestazioni aggiuntive” a gettone, anche in altri reparti oltre il nostro, che erano turni pagati molto bene, più degli straordinari e guadagnava discretamente.  

Io ero di carattere molto apprensivo e riservato e non mi piaceva molto legare con le colleghe del nord, avevano sempre qualcosa da ridire su noi del sud, su come lavoravamo e altre cose e mi prendevano in giro, e quando parlavo e mi scappava qualche termine nel mio dialetto salernitano, subito mi redarguivano con malizia e derisione:

” Non si dice assai… si dice molto!” Oppure se in qualche discorso parlando di donne poco serie dicevo:” Sono femmine di malaffare…” Mi riprendevano puntualizzando: “Non si dice così, a Genova si dice sono donnacce!” Mi correggevano sempre e il loro modo di fare scanzonato mi infastidiva.

E c’era sempre qualche collega stupido che ci provava con me, come se fossi stata una ragazza facile e stupida e alcuni più stupidi degli altri mi avevano soprannominato la ‘bella terrona’, in modo dispregiativo. Mi chiamavano così in modo denigratorio per distinguermi dalle altre, come se io fossi stata una collega frivola e diversa da loro.

Con molte non eravamo compatibili per mentalità, io ero moralista e loro libertine...e quindi a volte quando mio marito lavorava piuttosto che stare con loro mi trovavo sola e annoiata in casa, non sapendo cosa fare se non qualche passeggiata da sola.

Volevo un figlio, ma mio marito lo subordinava al fatto che prima dovevamo acquistare la casa … e per questo facevamo molti straordinari.

Ma io ero fragile, non ero forte come lui e alla lunga vivere in quel modo mi sentii affaticata e sfinita, era un periodo impegnativo tra il trasferimento, la lontananza dai mie familiari e amiche e andai in crisi, mi sentivo stressata e sola. 

Eravamo sposati da quattro anni quando accadde qualcosa di spiacevole, si può dire che eravamo ancora sposini, io avevo 25 anni e mio marito 26.

Lui un giorno arrivò dicendo che aveva trovato un appartamento per noi, poco distante da dove abitavamo. Andammo a visitarla e mi piacque molto, era un sogno era come l’avevo sempre desiderata, c’era anche la stanzetta dei nostri futuri figli e una bella terrazza. Le misi le braccia intorno al collo, mi alzai in punta di piedi e lo bacia sulle labbra. Ero felice ma stanca e fui presa dal mio solita sconforto e ansia.

“Ma come faremo a pagarla, ci riusciremo?” Gli dissi preoccupata stringendolo a me. Lui ricambiando l’abbraccio rispose:” Certo che ci riusciremo amore, faremo il mutuo e la pagheremo un po' alla volta, abbiamo tutti e due lo stipendio da infermieri e quindi non dovremmo avere problemi. Certo qualche sacrificio ci sarà da fare… e poi fra qualche anno potremmo avere dei figli…”  Lo abbracciai ancora più forte, mi dava sicurezza, era come se iniziasse una nuova fase del nostro futuro, del nostro matrimonio e amore.

Concordammo con la proprietaria visto che non voleva farci lo sconto, che avrebbe fatto lei i lavori di ristrutturazione e io d’accordo con mio marito, entusiasta li avrei seguiti mentre progredivano.

Facemmo il compromesso notarile e demmo la caparra davanti al notaio e restammo d’accordo che entro sei mesi c’è l’avrebbe consegnata come avevamo concordato, pavimenti e piastrelle del bagno e cucina con le piastrelle scelte da noi e tutta ritinteggiata compreso gli infissi, porte e finestre.

Naturalmente c’era da stare dietro agli operai e io iniziai a pensare ai lavori, a come farli fare, a seguirli, ai mobili a come colorare le pareti, il tipo di piastrellare per il bagno...i pavimenti, le porte e come arredarla. 

Ma tutti questi pensieri felici, insieme al lavoro e la stanchezza mi stressavano e non mi lasciavano più dormire la notte.

L’ansia per i preparativi, per com’ero io di carattere mi avevano letteralmente stravolta, si aggiunga a questo che anche i rapporti coniugali distaccati con mio marito incidevano su di me e mi sentivo avvilita. Se ne era accorto anche lui del mio sconforto e del mio stato di stress, così una sera di fine inverno arrivò a casa sorridente facendomi sedere sul divano vicino a lui dicendomi:
“C’è tempo per pensare ai lavori della casa. Devi farlo con calma e nel tempo libero, sei già ansiosa di tuo e se vai avanti con questo ritmo ti stressi sempre di più. “E aggiunse mentre io lo ascoltavo e lo guardavo in silenzio.

“Ho avuto un’idea, guarda per distrarti a cosa ho pensato!” E mi passo un libro da scuola guida con i quiz e le risposte da studiare.

Non capivo:” Che significa Lele?” Domandai. Così lo chiamavamo tutti in famiglia

“Ho pensato di farti un regalo!” Esclamò e mostrandomelo disse: “Ti devi distrarre, perché non approfitti di questo periodo per prenderti la patente!”

“La patente?” Replicai io sorpresa.

“Si la patente B! Vai all’autoscuola e ti iscriviti. C’è l’hanno tutte le ragazze la patente, e la prenderai senz’altro anche tu!” Esclamò sicuro, dandomi una iniezione di fiducia anche a me. Proseguendo: “Ho pensato che sarebbe bene che ti impegnassi in un’attività che non fosse solo l’organizzazione della casa o il lavoro in ospedale e ti distraesse tenendoti un po' lontana da quei pensieri. E così la mia esortazione è prenditi la patente Francy, ci riuscirai ne sono sicuro e ti servirà senz’altro, per girare in città e andare al lavoro...”

Io non avevo la patente, non l’avevo mai presa a Salerno a causa della mia insicurezza, ero troppo ansiosa, avevo paura di tutto, avevo provato a vent’anni ma poi avevo lasciato perdere, quando mi sedevo sul sedile dell’auto e mettevo le mani sul volante mi prendeva il panico e iniziavo a tremare, mi agitavo e quindi lasciai perdere e ne ero senza. Ero una delle poche ragazze italiane che ancora ci sono senza patente. Sembrerà stupito al giorno d’oggi ma era così. 

Le ricordai le mie paure e la perplessità:” Lo sai che ho paura a guidare, che mi prende il panico e tremo tutta…”

“Sono sicura che ci riuscirai come tutte le donne…” Ripeté:” … imparerai a controllare le tue emotività e i timori. Penserai a me mentre guidi, tu pensa che è un regalo che farai a me…”

Furono le sue parole per invogliarmi ad andare. 

E rassicurata, invogliata ne fui felice e lo abbracciai, prendendola anche come una sfida a me stessa, convinta anch’io che impegnandomi in quel corso di guida sicuramente la mia ansia si sarebbe ridotta un po' e l’avrei controllata e avrei preso finalmente la patente. E ci abbracciammo e baciammo a lungo felici sul divano.

Quella sera facemmo l’amore, sempre nel classico modo coniugale detto del missionario, con lui sopra di me. Nessuno di noi due era esperto nella sessualità, ma ci sentimmo un corpo solo con lui dentro di me che si muoveva e mi faceva godere. Come sempre tra baci e carezze fu molto bello e soddisfacente.  Poi dopo lavati, ci addormentammo abbracciati.

 

Il giorno seguente esaltata dalla sua fiducia in me, ma conoscendomi anche e quindi preoccupata delle mie paure andai all’autoscuola più vicina, nel mio quartiere. Entrai e mi informai dall’impiegata sulle modalità, il costo e mi iscrissi. 

Portai tutto quanto richiesto, 4 foto tessere, fotocopia del documento d’identità, codice fiscale, certificato medico-oculistico e del mio medico curante di sana e robusta costituzione, attestante la mia idoneità alla guida.

Avevo sei mesi di tempo per sostenere gli esami, ma speravo di riuscire come gli altri molto prima, in due mesi, ma anche mio marito conoscendomi non mi mise fretta.

“Non essere precipitosa a voler fare gli esami subito… se serve frequentare un mese di più fallo, l’importante è il risultato, che resti promossa e la prendi. Se poi invece di due ce ne metti quattro o cinque mesi non cambia niente, l’importante è il risultato. E cerca di non essere ansiosa, fai dei bei respiri, controllati e segui tutto quello che ti dirà l’istruttore.”

Il corso di teoria sarebbe durato un mese e andavo tutte le sere a lezione escluso il sabato e i festivi, turni di lavoro permettendo, cambiandoli anche con delle colleghe per essere libera e frequentare. Iniziavano alle 18.45 e terminavano alle 19.45.  E una volta superato l’esame di teoria, mi sarebbe stato consegnato il foglio rosa e avrei potuto iniziare la pratica e guidare con mio marito accanto.

Così iniziai le lezioni di teoria, Giovanni l’istruttore che tutti chiamavano Gianni aveva 35 anni, ed era anche proprietario dell’autoscuola che aveva aperto sei anni prima, subito dopo aver divorziato dalla sua ex moglie, così mi disse lui in seguito.

Aveva un fisico da sportivo, ma non era alto per essere un maschio, la sua altezza si equivaleva alla mia senza tacco, ed era un pò tarchiato. I capelli neri e lunghi portati con un codino arrotolato a pallina dietro la nuca, come i giapponesi, i samurai, in un piccolo chignon che mi colpì molto e sui lati, sopra le tempie e dietro la nuca sotto il codino, rasati quasi a zero, tipo undercut e mi faceva sorridere di quell’acconciatura strana... Aveva gli occhi scuri ma penetranti, curato nell’aspetto e nell'abbigliamento e una leggera barba corta e rada ben rifinita ed era soprattutto molto simpatico. Uno di quei tipi che ti sorridono sempre e ti mettono subito a tuo agio e sapeva oltre che parlare anche ascoltare, e nonostante l’aspetto che consideravo ridicolo mi fece subito una bella impressione.

Da come mi guardava e sorrideva probabilmente le piacevo e lui aveva un suo fascino particolare anche se bizzarro con quell’acconciatura strana e buffa. Ma a me non interessava oltre che per l’aspetto didattico e di istruttore.

Ormai me lo ero imposta, volevo prendere la patente B a tutti i costi, avrei dimostrato a me stessa e a mio marito che ne ero capace, visto il suo stimolo e incoraggiamento. Gli avrei dimostrato che anch’io ero come le altre ragazze, ma soprattutto doveva servirmi a distrarmi un po' dalla vita quotidiana, dallo stress che vivevo per la lontananza da casa, dalla tensione giornaliera del lavoro e dall’acquisto e la ristrutturazione della nuova abitazione.
Sapevo bene di non essere un asso del volante, ma ce l’avrei messa tutta.

L’avevo fatta diventare una mia questione di orgoglio personale. Pur conoscendo i miei limiti e le mie ansie. 

 

Quindi agli inizi di marzo, dopo essermi iscritta all’autoscuola, comincia a seguire le prime lezioni di teoria, ricordo che alla prima lezione avevo un vestito unico a gonna rosso, con tante piccole stelline dorate sparse sopra, orecchini ad anello e capelli mossi e sciolti che facevo girare e mettevo sul davanti dalla parte sinistra a coprirmi una zona del seno. Ero molto bella a detta da tutti, la tipica bellezza meridionale, del sud, mediterranea, con poco trucco, ma tanta espressività, emozione e agitazione. Esteticamente mi presentavo molto bene.

Alla prima lezione, saremo stati una quindicina di persone e mi accorsi che avevano quasi tutti dai 18 ai 20 anni, io ero quasi trentenne ero un’eccezione. Ero la più grande e mi sentivo un po' un pesce fuori d’acqua.

Ma l’istruttore mi mise a mio agio capendo il motivo dal mio guardarmi attorno.

“Stia tranquilla… non si vede la differenza signora.” Disse sorridendo guardandomi la vera al dito.

“Dice? ...Ci saranno dieci anni di differenza come minimo tra me e loro.” Risposi ricambiando il sorriso.

“Ma lei essendo la più adulta qua dentro, da una ventata di bellezza all’ambiente a al gruppo.” Sorrisi di quel suo complimento.

“Le capitano spesso allieve come me?” Chiesi curiosa.

“Di trent’anni mi capitano raramente, a volte anche di età maggiore, ma oramai sono tutti ragazzini e ragazzine che a 18 anni sono già qui!” 

Sorrisi e seduta nel banco a metà aula iniziai le lezioni ascoltando le sue spiegazioni mentre con un’asta segnava il tabellone a muro con i segnali, spiegandoci la differenza tra quelli triangolari, circolari e rettangolari e devo dire che era molto bravo a spiegare e notai che aveva sempre un occhio di riguardo verso me, chiedendomi sempre, con il gesto del capo o degli occhi prima di passare a un altro argomento se avevo capito... 

” Avete capito!”  domandava a tutti, ma guardando me sorridendomi.

E io assieme agli altri annuivo con il capo. 

 

Le lezioni proseguirono e l’istruttore Gianni aveva creato un ambiente idoneo per me, facendomi trovare a mio agio tra quei ragazzi. Teneva le lezioni in modo equilibrato per tutti, senza appesantirle e farle diventare noiose e devo dire che apprezzavo particolarmente il suo modo di insegnare e fare comprendere, chiaro e di facile apprendimento.

Non perdeva occasione di lanciarmi sguardi e sorrisini, che sinceramente mi facevano piacere, ma nulla di più, non era il mio tipo d’uomo, il mio uomo lo avevo trovato in mio marito che amavo. Raffaele era alto, bello e lo amavo e l’istruttore era basso in confronto a lui e poi di mio marito ne ero innamorata nonostante il momento di distacco e stress lo amavo e non avevo nessuna intenzione di fare la stupida o la civetta con quel Gianni né con nessun altro.

Comunque il suo atteggiamento e modo di spiegare era adeguato e attinente, mi piaceva seguire le lezioni e mi concentravo piacevolmente sullo studio e in quel periodo misi da parte le preoccupazioni per la casa, il lavoro e il nostro distacco coniugale momentaneo e applicandomi in un mese con grande felicità superai l’esame di teoria.

 

Quel giorno ero tesissima, avevo i jeans e una maglietta di lana a manica lunga color fucsia e tutti i capelli tirati su alla nuca in un grande chignon disordinato che lasciava il collo scoperto e i grossi orecchini ad anello in vista. Gianni l’istruttore guardava sorridendomi e io facevo lo stesso, c’era molta empatia nei nostri sguardi.

Diedi gli esami con dei quiz e lo superai molto bene, senza errori, tanto che l’istruttore, si complimentò con me. 

Mi fece piacere la sua considerazione per il mio passaggio della prova teorica ed ero felice e quella sera festeggiai con mio marito che mi portò a cena fuori:” Hai visto? Questo è solo il primo passo…” Mi diceva:” Vedrai che poi arriverà il resto.” E tornati a casa facemmo l’amore, ci spogliammo, baciammo e mi prese con passione.

Ero felice, ma il peggio doveva ancora arrivare, dopo aver superato la teoria ora mi aspettava la prova pratica avrei dovuto fare le guide e quelle mi agitavano non poco:”… Dioo… guidare nel traffico… ” Riflettevo, agitandomi solo al pensiero

Anche mio marito conoscendomi bene pensava che avrei avuto dei problemi con la guida. 

Alla sera a casa nei momenti di tranquillità, gli parlavo dell’argomenti che avevamo trattato in nelle lezione e che avrei dovuto applicare alla guida, ma al di là del primo interessamento notavo poi che parlando non si appassionava e si distraeva su altre cose, attratto dalla TV.

Solo una volta nel mio parlare mi chiese chi fosse l’istruttore.

Naturalmente lui non lo conosceva, non sapeva che tipo fosse, e non lo aveva mai visto. E chiacchierando tra noi gli feci una descrizione:

“Si chiama Gianni!” Dissi.” È un tipo alto come me, un po' tarchiato con i capelli lunghi e il codino...” 

“Il codino…?” Mi interruppe ridendo.

“Si!” Risposi derisora:” Come i giapponesi…” Aggiunsi mettendomi a ridere anch’io.

” È un tipo un po' eccentrico, niente di speciale, con sto codino fa ridere… ma è bravo a spiegare e a insegnare le guide ...”  Dissi.

“Meno male…” Rispose mio marito, almeno ti insegna bene, tu seguilo in quello che ti dice.” Affermò. Quella fu l’unica volta che mi chiese qualcosa di lui.

 

La prova pratica consisteva in un minimo di sei guide obbligatorie di un’ora ciascuna con l’istruttore, ma io ne prenotai e feci il doppio finché Gianni non mi disse che avevo raggiunto un adeguato livello di sicurezza e preparazione. Si era acconto anche lui che ero una ragazza ansiosa e fragile e che a volte parlavo troppo solo per nascondere il disagio e la timidezza.

Le sei ore obbligatorie erano suddivise,due ore di esercitazione a guida su strade urbane di scorrimento o extraurbane secondarie superando i 50 km/h inserendo anche la quinta marcia e adeguare le marce alla velocità del procedere. In altre due ore di esercitazione a guida serale con l’oscurità, in strade strette e larghe con auto parcheggiate ai lati. Occorreva inoltre superare incroci con semafori e segnaletica verticale. E le altre due ore, le più preoccupanti per me, erano di esercitazione di guida su autostrada, durante il quale bisognava esercitarsi nella immissione in corsia di accelerazione, ingresso in autostrada, viaggiare in corsia ed effettuare un sorpasso, riprendere la corsia di decelerazione e uscire. Ero completamente terrorizzata, sicura di non riuscire mai a guidare in autostrada, ma ci misi impegno e lo dissi anche a lui:

“Sa Gianni sono completamente terrorizzata di guidare in autostrada, mi prende l’apprensione con le palpitazioni cardiache se ci penso, non so se ci riuscirò mai?!”

“Ci riuscirà... stia tranquilla, con calma faremo tutto.” Ripeteva infondendomi coraggio.

La sua sicurezza mi rasserenava e mi dava tranquillità.

Non vedevo l'ora di fare le guide, ma come dicevo ne avevo anche timore, pensavo di non essere all’altezza e l’ansia a volte mi bloccava.

La prima volta che salii in auto con l’istruttore di fianco, il cuore mi batteva fortissimo a mille come diciamo noi, non avevo mai guidato in vita mia ed ero tesissima. Su suo consiglio prima di salire mi tolsi la giacca e restai in camicia, con un grosso foulard leggero a disegni rosa e beige con le estremità sfilacciate al collo. Avrei dovuto mettermi a posto il sedile per la mia postura, per la lunghezza delle braccia e delle gambe, ma tanto era la tensione che non ci riuscii, così si avvicinò lui e sporgendosi e mettendosi davanti di me, al mio torace e infilando le mani sotto, tirandolo in avanti mi regolò il sedile e mi sistemò la distanza e lo schienale con cura all'altezza del volante. Mi aiutò anche a mettere la cintura di sicurezza, avvertendo in quella manovra il suo profumo, secco e buono quando si avvicinò. Sembrava che mi coccolasse, era molto premuroso nei miei confronti. 

Ansiosa lo ringraziai della cortesia e mi scusai della mia agitazione

“Grazie della cortesia Gianni…” Gli dissi:” … e mi scusi della mia inquietudine, ma è più forte di me, non riesco a controllarla.”

“Stia tranquilla, la controlleremo insieme vedrà, l’aiuterò io!” Rispose. Sorrisi e prima di partire mi disse.

“Guardi signora, non è per mancanza di rispetto o altro, ma in genere durante le guide se c’è più confidenza si è più tranquilli e meno tesi e si impara di più. Perciò se lei è d’accordo le suggerirei di darci del tu, come faccio con tutti gli allievi e le allieve.”

Lo guardai e sorrisi:” Va bene!” Risposi, non ci vedevo nulla di male:” Diamoci pure del tu!” In fondo mi faceva piacere avere confidenza con lui per smorzare la mia tensione nervosa.

“Bene Francesca…” Iniziò guardandomi e sorridendo:” …prima di partire allenati un poco con il piede destro a premere l’acceleratore e il freno quasi contemporaneamente e alternarli. Tieni il tallone fermo al centro dei due pedali e muovi la parte superiore del piede alzandola e spostandola un po' a destra un po' a sinistra in base all’utilità. Un po' sull’acceleratore un po' sul freno, impara e fallo anche a casa come allenamento quando sei seduta che guardi la tv.”

 Lo feci e dopo qualche minuto mi esortò:

“Bene!... Ora dai l’avviamento, premi la frizione con il piede sinistro, tienila premuta e inserisci la prima. “ 

E così provai tutta impacciata, ma non riuscii a inserirla dall’agitazione, e lui mi aiutò mettendo la sua mano larga sopra la mia a coprirla quasi tutta e stringendola con la mia sotto l’accompagnò a spostare il pomello del cambio e a inserire la prima marcia, togliendola subito appena fu introdotta.

“Così brava! “Esclamò:” Ora contemporaneamente accelera un poco e lascia un poco la frizione.” 

Lo feci, l’auto si mosse ma incominciò a saltellare e la regolò lui con i suoi comandi a pedali e mentre ci muovevamo con la voce rotta dalla tensione gli dissi:

“Credo che dovrai avere molta pazienza con me sai, se mi prende l’ansia faccio degli errori enormi e stupidi.”

“Stai tranquilla, non preoccuparti avrò tantissima pazienza con te!” Rispose sibillino con il suo sorriso enigmatico. E proseguimmo.

La prima guida andò malissimo, fu un disastro, quando provavo le partenze da sola senza il suo aiuto pedale, la facevo saltellare e si spegneva, ma lui seppe tenermi su il morale.

“Credo che sarò uno dei casi peggiori che tu abbia incontrato nella tua carriera di insegnante.” Dichiarai ridendo al termine quando ci lasciammo.

“Non dirmi che pensavi di guidare già bene la prima volta?” Ribatté.

“No “Risposi:” Pero pensavo di andare un po' meglio, mi sento una frana, una incapace.”

“Vedrai che imparerai devi solo avere più fiducia in te e di riflesso in me!” Ci guardammo sorridendo e lo salutai.

 

Nei primi giorni di guida facevo manovre su manovre, Gianni, il mio istruttore, era gentilissimo e aveva una grande pazienza, correggeva tutti i miei errori con grande premura e mi diceva di non preoccuparmi se sbagliavo e di riprovare: 

“Vedrai che ci riuscirai, devi avere pazienza, sei in buone mani con me!” Ripeteva sorridendomi e quando mi vedeva preoccupata o sconfortata di qualche sbaglio, mi prendeva la mano tra le sue e me la stringeva dandomi coraggio:

” Su dai Francesca...la prossima volta andrà meglio vedrai!”

Quelle sue esortazioni erano sempre gentili e tese a darmi sicurezza e coraggio, che era quello che non avevo e mi piaceva di lui, mi dava tranquillità. 

Da subito mi aiutò a inserire le marce e anzi, visto che io ero troppo precipitosa o lenta nel farlo e non sempre riuscivo a innestarle, o viceversa scalando invece della terza mettevo la prima facendo raschiare rumorosamente il cambio. Oppure invece di inserire la seconda introducevo la quarta, più di una volta me le mise lui, con la sua mano larga sopra la mia a regolarmi l’innesto esatto e la sveltezza di come compierlo, perché io ero talmente agitata che mi tremavano le mani.

Non potevo nascondere a me stessa che il suo modo di posare la mano sulla mia era diventato un po' particolare, mi accorgevo che il contatto fisico che avevamo e lo sfiorarmi la pelle quando toglieva la sua, non era sgradito a entrambi, e a volte si soffermava sulla mia più del dovuto tenendola volutamente sotto la sua anche se non occorreva.

Di solito facevamo un'oretta di guida nel pomeriggio, raramente al mattino, tutto in base alla mia turnazione lavorativa.

E una lezione dopo l’altra aumentò la nostra confidenza, ma anche i miei progressi alla guida, e mi sembrava che Gianni si spingesse sempre più avanti con il suo corteggiamento velato, fatto di sguardi, sfioramenti, piccole battute, sorrisi e complimenti. 

Oramai mi era chiaro che io gli piacevo, lo avevo capito e lui non faceva nulla per nasconderlo, ma anzi, lo manifestava sempre educatamente e con rispetto. 

Mi faceva molti complimenti e a volte capitava che si scherzasse più del dovuto.

Un giorno mentre facevo una retromarcia provando il parcheggio, visto che io mi giravo indietro con il tronco a guardare posteriormente mi dissi:

“Francesca ... scusa! Ma perché non usi anche gli specchietti retrovisore, hai degli occhi così belli e meravigliosi ... non adoperarli solo per guardare tuo marito…” E sorrise, facendo fare lo stesso anche a me. 

Quella battuta era vecchia di mille anni e chissà a quante allieve l’aveva detta, ma mi fece piacere e in quel mentre che lo guardavo e ridevo, lui mi sfiorò il dorso della mano. Li per lì sembrò una casualità, invece … senti che quel contatto fisico era diverso dal solito e non mi era sgradito. Avrei voluto che non lo facesse, che non si permettesse più, ma non avevo il coraggio di dirglielo o di togliergli la mano.

Non so se si comportasse così con tutte le ragazze a cui dava lezioni di guida, però mi corteggiava educatamente e discretamente e sempre più spesso mi sosteneva nella guida mettendo la sua mano sulla mia anche mentre guidavo, per tenere dritto il volante e regolarlo. Oppure come dicevo mentre cambiavo le marce visto che presa dall’emozione per il traffico non sempre riuscivo a inserirle alla prima introduzione. 

Avere lui vicino mentre guidavo nel caos della circolazione cittadina mi faceva sentire tutelata e mi dava sicurezza e affidabilità alla guida. Ma come dicevo sopra, mi accorsi che quel contatto fisico, quella sua mano sulla mia, lo sfioramento ripetuto mi turbava, non era più fine all’istruzione della guida, ma a ricercare il contatto fisico con me. Ma non dicevo nulla, dentro di me infondo mi faceva piacere che qualcuno mi corteggiasse, si interessasse a me e le piacessi, anche se assolutamente non era il mio tipo essendo basso e bizzarro, e poi amavo mio marito, che era molto più bello con il suo metro e ottantacinque di altezza.

Alcune volte invece se frenavo con troppa energia o troppo adagio o se non acceleravo abbastanza quando dovevo, mi aiutava e controllava appoggiando la mano sulla gonna facendo pressione sulla coscia, sopra al ginocchio. La stringeva per farmi capire che frenavo di colpo, in modo duro e dovevo essere più dolce, accompagnare il pedale con il piede, e quando la rilasciava significava che andavo bene.

Io lo prendevo come metodo di lezione e che lo facesse con tutti, e lo lasciavo fare e non gli dicevo nulla, ma sentire la sua mano sopra il ginocchio anche se per motivi di insegnamento, se all’inizio mi infastidiva, in seguito mi turbava.

 

Eravamo giunti verso la fine di aprile, e nonostante i miglioramenti e il rasserenamento che mi dava la scuola guida e il suo attento istruttore che mi corteggiava educatamente, non potevo dimenticare che i lavori di ripristino nella casa acquistata andavano avanti. E nei sopralluoghi che eseguivo settimanalmente, i lavori non proseguivano proprio come volevo io e ne parlai nel nostro dialetto come facevamo sempre tra noi, a mio marito:

“Scusa Lele…ma non puoi interessarti un po' anche tu della casa?!” Gli dissi seccata. “Lasci tutte le preoccupazioni solo su di me! E poi non ci sei mai, mi lasci sempre da sola. Alla sera che possiamo stare un po' insieme quando non sei di turno, o guardi la tv o vai a dormire perché sei stanco… non mi sei vicino come devi!” Lo ripresi abbastanza alterata, volevo più attenzioni da lui, perché assurdamente mi sentivo a disagio e vulnerabile con me stessa alle attenzioni che mi faceva Gianni l’istruttore…. 

“Hai ragione scusami, ma lo vedi anche tu che faccio straordinari su straordinari per guadagnare di più, la fortuna è che non assumono più e ci fanno fare gli straordinari a noi per colmare le mancanze di personale.” Aggiungendo nel nostro dialetto:” …E poi o sai ammore… io non tengo a capa pe sti cose… (E poi lo sai amore… io non ho testa per queste cose)” Non riesco a stare dietro a questa organizzazione della casa.” Esclamò, proseguendo:” Torno troppo tardi e troppo stanco dal lavoro!”  Si giustificava e la situazione tra me e lui era abbastanza distaccata e tiepida. 

Così in quel periodo turni permettendo, avevamo solo incontri serali a casa o di sfuggita con il bacino veloce sulle labbra quando ci incontravamo in ospedale. Alla sera poi eravamo separati io facevo una cosa e lui un’altra, io al portatile a guardare la casa come arredarla e lui sul divano a guardare la tv e le partire con Sky. 

Questo per farvi capire com’era diventata la nostra situazione coniugale in quel periodo, di svogliatezza e stanchezza, anche se ci amavamo da morire.

Quella situazione, tra il lavoro ospedaliero che non mi andava bene avendo avuto da ridire con una collega e i preparativi per la casa, avevano messo a dura prova i miei nervi e aumentato nuovamente la mia ansietà.

In quei momenti di rabbia e agitazione non so perché istintivamente pensavo a Gianni alla tranquillità che mi dava, con lui mi distraevo davvero, sapeva scherzare e farmi ridere. E quello accadeva proprio nei momenti in cui le distanze e le discussioni con mio marito avevano iniziato a creare qualche disattenzione nel nostro legame.

Mi rendevo conto che quando ero in auto con Gianni, per me era rilassante, era come stare in palestra o da uno psicologo, io mentre guidavo, senza rendermene conto gli parlavo di me, di mio marito e della casa che dovevamo ripristinare, un po’ dei miei problemi insomma, e lui mi ascoltava e capiva e mi considerava e consigliava. Sapeva prestare attenzione, era di spirito, simpatico, scherzava e mi faceva sorridere anche quando ero arrabbiata.

Era diventato il mio diversivo, era qualcosa che mi faceva stare bene in quel momento, qualcosa che Raffaele, mio marito non sapeva più darmi, troppo impegnato per il lavoro e le sue cose.

In certi momenti non lo vedevo più come un istruttore, ma come un amico. Con mio marito Lele non c’era più niente di emozionante, le giornate, le sere, i momenti e le ore erano tutte uguali, invece con Gianni diventavo allegra e scherzosa anch’io ed ero maggiormente tranquilla. 

Un pomeriggio di fine aprile eravamo in auto per una delle consuete lezioni di guida, era una bella giornata e faceva caldo e mi tolsi il foulard che avevo al collo e sulle spalle e con esso mi sventolai un po' la faccia accaldata per poi gettarlo nel sedile dietro insieme al golfino e la borsa. Restai con il top senza maniche nero, leggermente scollato davanti che lasciava intravvedere la catenina d’oro con la croce e la medaglietta della madonna sul collo, che scendeva verso l’insenatura del seno e le mie mammelle procaci sotto il tessuto. Avevo una gonna di cotone leggero che mi arrivava sopra le ginocchia, nera con molti pois bianchi di un centimetro circa ognuno, i capelli sciolti e mossi girati sul davanti a sinistra e un filo di rossetto vermiglio sulle labbra.  

Guidavo tranquilla e senza rendermene conto mi fece dirigere dall’altra parte della città a fare manovre sul retro di un supermercato a quell’ora chiuso.

“Fai un posteggio in retromarcia lì!” Mi disse indicandomi le strisce del posteggio. 

Quel giorno ero allegra e scherzavamo:

“Se proprio non riuscirai a superare l’esame di guida la prima volta, c’è sempre il turno seguente dopo un mese.” Pronunciò ridendo.

“Spero proprio di no!!” Esclamai seria, capendo che mi punzecchiava. 

“No.… scherzo! Stai imparando a guidare bene Francesca…” Precisò:” … devi solo imparare ad essere calma e rispettare le precedenze, per il resto vai bene.”

Ero contenta delle sue parole, ed era vero quello che diceva, negli stop faticavo a regolamentarmi e guardare i segnali dando la precedenza alle altre auto o pedoni. 

Era un posteggio difficile e ricordo che stavo eseguendo la retromarcia guardando gli specchietti retrovisori come mi aveva insegnato lui e mi esortò ancora ma in modo contrario:
“In questo caso gira la testa Francesca e adopera quegli occhioni fantastici che hai per guardare direttamente dietro invece di usarli solo per guardare tuo marito.” Ripeté, facendo ancora quella battuta sorridendo.

“Ma l’altra volta hai detto di guardare gli specchietti…” Mormorai io.

“L’altra volta era una situazione diversa, ora girati con il tronco, il braccio e con la testa, e guarda dietro.” Rispose interrompendomi.

Ridendo inserii la retromarcia e girandomi con il tronco e la testa verso lui lo guardai in viso e negli occhi, restando un attimo fermi a osservarci. Dalla tensione della guida avvertiva il mio profumo evaporare dal collo e andare su di lui, poi girai di più il capo e lentamente feci manovra e la posteggiai. Ci riuscii.

“Brava!!” Mi disse seriamente:” Stai imparando a farli bene!” In quel mentre rimettevo il cambio in folle e lui spiegandomi alcuni particolari appoggiò la mano sopra la mia. 

Fu un momento, ero contenta per il posteggio e pensai quasi inconsciamente sentendo la sua mano sulla mia:” Ora ti provoco io …” 

E per la prima volta da quando facevamo le guide sfilai la mano da sotto e fui io a metterla sulla sua, guardandolo negli occhi. Non so nemmeno perché mi comportai in quel modo… non so… ci ho pensato mille volte e non c’era una ragione per quell’atteggiamento se non la voglia di scherzare e manifestare la mia contentezza in quella maniera e null’altro.

Lui restò sorpreso e incredulo, ci fu un silenzio che sembrava che li tempo si fosse fermato assieme ai nostri respiri e ai battiti dei nostri cuori. Anche lui mi fissava. 

Rendendomi conto e capendo lo sbaglio di quello che avevo fatto e che poteva essere interpretato in modo errato al di là delle mie intenzioni solamente allegre, tolsi subito 

velocemente la mano diventando seria. Mi ero pentita di quel gesto, mi resi conto che come una stupida, una ragazzina qualunque l’avevo provocato. E prima che realizzassi e mi voltassi a non guardarlo più, lui si avvicinò, mi prese il viso tra le mani e mi baciò rapidamente sulle labbra e poi spinse la lingua dentro forzandole, introducendola in bocca con me disorientata e passiva, e iniziò a baciarmi. Io immobile e incredula dalla sorpresa non mi opposi, non feci nulla per fermarlo e allontanarlo. Sentivo la sua lingua calda e insalivata contro la mia duellarci, poi prendere le mie labbra tra le sue e leccarmele e succhiarmele come mio marito non aveva mai fatto. E avvertii un gran calore nella pelvi e il cuore che mi batteva sempre più forte e inconsciamente d’istinto lo abbracciai e ricambiai il suo bacio e gli infilai la lingua in bocca unendo la mia alla sua. Gianni mi strinse forte a sé e me la succhiò con passione… e cominciai a fremere e tremare.  

Sentivo dalla sua partecipazione che aveva desiderio di me e anch’io assurdamente e inspiegabilmente avevo voglia di lui, lo desideravo sentendo improvvisamente un gran calore in vagina, inaspettato, forte e bello che mi piaceva e dava piacere, ma sentivo anche che dovevo allontanarlo, che non potevo concedermi a lui: “Io sono una signora sposata... ho un marito... lo amo…” Pensai, ma mi sentii bloccata, incapace di esternare le mie intenzioni e ci baciammo ancora lungamente e appassionatamente, con quel calore dentro me e soprattutto in vagina che aumentava, come se diventasse liquido.

Ci ho ripensato parecchie volte perché accadde visto che lui sì, mi era simpatico, ma non mi piaceva esteticamente come tipo di persona, che se non fosse stato in quel frangente delle lezioni di guida mai avrei fatto amicizia con un tipo simile. Non so cosa mi prese, forse quella amicizia così diversa dalle mie solite o forse inconsciamente aspettavo quel momento, non lo so! … E poi il fatto che era da molto che non provavo una sensazione del genere, di avvertire quel calore dentro di me come un fuoco che mi attanagliava e bagnava la vagina.

Sta di fatto che durante quel lunghissimo bacio clandestino i nostri corpi si avvicinarono pericolosamente uno contro l’altro e avvertii le sue mani sul mio collo e sulla schiena, per poi accarezzarmi il braccio nudo dandomi dei fremiti e non le allontanai. Fino a quando in quel piacevole torpore non pensai a mio marito, a Lele, che amavo, stavamo mettendo su casa e io lo stavo tradendo baciando un’altra persona. E come risvegliandomi improvvisamente mi vennero subito i sensi di colpa e all’improvviso in quella sorta di abbraccio peccaminoso, mettendo il mio braccio tra noi lo spinsi via da me e con la mano lo allontanai e mi allontanai indietro dicendo:

“No! ...Ma che fai? Come ti permetti...io sono sposata! “

Ero confusa, incredula di quello accaduto e che avevo fatto lasciandomi trasportare dai sensi con lui, e mi sentivo smarrita ma anche sporca moralmente, senza intenzione l’avevo baciato in bocca, avevo baciato un altro uomo che non era mio marito.

Aprii la portiera e scesi arrabbiatissima, ero rabbiosa con lui che aveva approfittato di me, ma soprattutto lo ero con me stessa, perché in quei momenti l’avevo desiderato e avevo i sensi di colpa. E mi prese il rimorso e camminando mi allontanai di qualche metro a riflettere a braccia conserte, pensando a me e al mio Lele. Ero adirata con lui ma soprattutto con me stessa e mi dicevo:

” Ma che sto facendo…che ho fatto?  Come è potuto accadere? Io sono sposata, ho un marito che mi aspetta a casa ...e mi metto a fare queste cose a pomiciare con lui come una ragazzina?”

Era un qualcosa che non doveva succedere, io ero una donna seria, di buoni principi e amavo mio marito nonostante le nostre divergenze e distanze momentanee. Per noi donne del sud e delle nostre famiglie in particolare, la fedeltà era sacra, mi avevano educata come molte mie coetanee, che nemmeno con il pensiero bisognava tradire il proprio marito. 

Lui era fermo seduto in auto che mi guardava stupito e sconsolato ma non diceva nulla.

Risalii, accesi il motore e in silenzio ritornammo davanti all’autoscuola. 

“Scusami!” Mi disse durante il tragitto:” Non volevo mancarti di rispetto, ma sai…ti ho desiderata molto in questo periodo e mi sembrava che anche tu...”

Non risposi, arrabbiatissima con me stessa arrivati scesi e con una espressione seria senza salutarlo me ne tornai a casa, avevo il rimorso e l’afflizione, ero pentita di aver ricambiato il suo bacio con passione. Non dovevo fare quello a mio marito, non era giusto, lui era a lavorare per noi, per me, per la nostra casa e nostro futuro, e io baciavo un altro uomo.

 

Quella sera decisi di passarla con Lele, dopo quello che era successo volevo stare con lui e lasciarmi alle spalle quell’episodio spiacevole, dettato dalla troppa confidenza che avevo dato all’istruttore. Volevo dimenticare quel bacio così passionale che avevamo avuto e che tanto mi aveva turbato, ma che non mi apparteneva e avevo pensato anche di non andare più all’autoscuola per non rivederlo, di lasciare perdere le lezioni e di iscrivermi in un altro scuolaguida.  Ma avrei dovuto spiegare a mio marito perché lo facevo, inventargli qualche bugia, non certo dirgli la verità che mi aveva baciata, sarebbe stato capace di andare e prenderlo a pugni. E così lasciai perdere, non vedevo l’ora di finire e dare l’esame per non rivederlo più e dimenticare tutto. E intanto mi gettai con nuovo entusiasmo nell’organizzazione della casa. Quel tardo pomeriggio andai a controllare i lavori e pensai subito a una modifica e feci un piccolo progettino, e alla sera ne avrei parlato con mio marito, volevo conoscere la sua opinione, stare e discutere con lui.

Erano scelte da fare insieme, non potevo decidere solo io.

Giunta a casa mi cambiai, misi un maglioncino turchese e i jeans e preparai cena, una cenetta buona come piaceva a lui e intima come volevo io con del vino rosso delle nostre terre. Mi sentivo in colpa, sporca per l’accaduto di quello che non avrei voluto fare e volevo rimediare stando con lui.

Raffaele arrivò a casa stanco, lo abbracciai, lo strinsi forte a me e lo baciai, desideravo stare con lui, dirgli che lo amavo, volevo che mi coccolasse, condividere i miei desideri, le decisioni le scelte per il nostro futuro.

Quella sera mi sentivo strana, avevo in mente Gianni, ma volevo baciare mio marito, per esorcizzare tutto quanto era avvenuto. Soprattutto quel bacio non voluto. E quando saremmo andati a letto avremmo fatto l’amore.

Cenammo ridendo e scherzando, tanto che per un attimo dimenticai tutto, Terminato si alzò da tavola e si sedette sul divano davanti alla tv. Io sparecchiai, lavai i piatti, poi presi il pc portatile e lo misi sulla tavola e lo invitai a venire a vedere cosa avevo scaricato per la casa. Alla mia sollecitazione di raggiungermi a vedere le mie idee che gliene avrei parlato, mi rispose che era troppo stanco per alzarsi, e scherzando che in quel momento per il vino bevuto vedeva due Francesca… 

Non mi scoraggiai, presi il pc portatile e mi andai a sedere vicino a lui sul divano, lo misi sulle ginocchia e mi rannicchiai adesa, a lui iniziando a fare scorrere metodi di arredamento che mi piacevano e volevo il suo parere, fargli vedere quello che più mi piaceva. 

La stanza era illuminata solo dal televisore acceso e noi dal portatile e mentre parlavo e facevo scorrere le immagini guardando lo schermo, parlandogli mi voltai e lo vedi addormentato, riverso di lato con la testa reclinata sullo schienale.

Mi si strinse il cuore, fu tanta la delusione che provai in quel momento che mi sarei messa a piangere. 

“Ma come!? ... Io ti parlo di noi, del nostro futuro e a te non interessa niente?... E che fai?! Ti addormenti mentre io spiego?” Pensavo delusa osservandolo assopito tra i lampi dello schermo del televisore. Mi faceva tanta rabbia che avrei voluto tirargli una gomitata e svegliarlo, naturalmente non l’aveva fatto apposta, certo era stanco davvero e comunque parlare di quelle cose lo annoiava. Ma avrebbe potuto assecondarmi un quarto d’ora, dico… solo un quarto d’ora? In fondo ero sua moglie.

E comunque quel suo addormentarsi mentre gli parlavo di noi e dei nostri progetti futuri, stupidamente l’avevo preso come un’offesa. Lo interpretavo come indifferenza a me come moglie e come donna, un modo silenzioso di dirmi che non gli interessava niente di me e delle mie scelte. Interiormente lo vivevo come se mi dicesse:” Non mi interessa niente di noi.” E mi risentii, sola trascurata, ignorata.

Chiusi il pc portatile e mi alzai, lo posai sul tavolo e andai in bagno e dopo aver fatto le mie cose me ne andai a letto lasciandolo dormire davanti al televisore acceso.

Lo sentii dopo un’oretta arrivare stanco, spogliarsi a fatica alla luce dell’abatjour, cacciarsi nel letto affianco a me e spegnerla. Mi sentivo davvero offesa e delusa e dentro di me soffrivo del suo comportamento.

 

Il pomeriggio dopo mio marito era al lavoro, facevamo turni diversi dai miei. Io invece avevo finito alle 14.00 il turno del mattino e fatta una doccia veloce mi presentai come programmato alle 15.00 per la lezione di guida, con i capelli gonfi e vaporosi, ed ero tutta profumata di bagnoschiuma. Avevo messo un orecchino “ear cuff “, uno di quelli che in quel periodo andavano di moda, che, agganciandosi al foro del lobo, corre lungo tutto il margine del padiglione auricolare fino al margine superiore, la cosiddetta elice dell’orecchio, dando l’impressione di avere moltissimi orecchini in sequenza uno dietro l’altro. In realtà era un orecchino unico molto lungo, era un filo dorato impreziosito da tanti piccoli fiori di brillanti in misura a scalare dal basso verso l’alto e come voleva la tendenza lo portavo in un orecchio solo, il destro; mentre tutti i capelli li giravano sulla spalla sinistra portandoli in davanti sul seno lasciando volutamente a vista l’orecchio e quello strano orecchino e lui lo avrebbe notato senz’altro. Non mi capivo neanch’io perché ci tenessi inconsciamente che lui lo vedesse emi vedesse bella e alla moda, non lo so. Oggi posso dirlo, era qualcosa di istintivo, di inconscio.

Avevo una camicia bianca a pallini blu e una gonna leggera bianca, con passanti e una cintura blu di pelle, come il cinturino dell’orologio e un cardigan beige, che poi tolsi per la guida e misi nel sedile posteriore. Era una bella giornata, tiepida e si stava bene.

Quando mi vide capii dubito che era felice di rivedermi, mi sorrise dicendomi: “Ciao …”

“Ciao!” Replicai seria. E guardandomi nell’insieme mi fece i complimenti.

“Sei molto bella oggi, anche il vestito che porti si intona con la tua bellezza, non che le altre volte non lo eri, ma oggi sei un incanto.” Poi notandolo subito mi guardò l’orecchio dichiarando:” Molto bello l’orecchino con tutti i brillanti, ma non ne hai bisogno, luccichi e splendi di luce tua, non hai bisogno di niente per splendere! Sei tanto bella che sembri la primavera.”

“Grazie!!”  Risposi sempre seria del suo complimento, che interiormente mi faceva piacere ricevere. Si avvicinò dicendo:

“Sai pensavo che non venissi … che non venissi più e sinceramente mi dispiaceva davvero molto …”

Lo guardai abbozzando un sorriso:” E invece eccomi qua!” Risposi.

Mi osservò ancora:

“Sei davvero bellissima! Sei un raggio di sole… davvero!” Aggiunse.

Sorrisi e lo ringraziai ancora dei complimenti ma le dissi:

“Ora però basta complimenti se no poi ci credo davvero!”

Stupidamente nonostante quello che era accaduto il giorno prima dentro di me mi faceva piacere riceverli, che me li facesse, che dicesse quelle parole, che ero bella, che le piacevo, che si interessasse a me ed in un certo modo pur non dandolo a vedere nemmeno a me stessa, ne ero felice. 

Quando salii in macchina, dopo aver posato la borsa e il golfino nel sedile dietro e mi sedetti, aggiustai la posizione del sedile e dello schienale e subito mi sentii i suoi occhi addosso a scrutarmi. 

Durante la guida in città, mi informò che si sarebbe dedicato di più a me:

“Oggi pomeriggio faremo una lezione più lunga, ti voglio preparare bene ed essere certo che passerai l’esame. “Dichiarò incrociando il mio sguardo.

Abbozzai un sorriso, ero molto agitata e ansiosa per la lezione e scelleratamente del suo corteggiamento velato, discreto, ma anche molto felice di guidare e che ci fosse lui e non un altro a darmi lezione. Come dicevo, mi dava sicurezza e fra di noi oramai si era instaurata una sorta di conoscenza confidenziale, quasi amicizia. Comunque ero pensierosa e l’atteggiamento disinteressato di mio marito nei miei confronti aveva raggiunto il limite.

Mi invitò a partire, e guidando seguendo le sue indicazioni girovagando, mi fece dirigere ancora verso il parcheggio del vecchio supermercato chiuso e dismesso, dove c’eravamo baciati. Non dissi nulla, ma presumevo che intenzioni avesse, di baciarmi ancora, ma quella volta se ci avrebbe riprovato, lo avrei fermato e gli avrei detto di no e probabilmente gli avrei tirato uno schiaffo sul volto.

Mentre eravamo in quel piazzale, mi fece fare varie partenze in avanti e in retromarcia e posteggiare dentro le strisce. Mi capitò senza volerlo di fare alcune sfrizionate (così le chiamava lui) ed erano le cose che temevo di più, perché il motore saliva di giri e l‘auto non si muoveva, oppure se rilasciavo partiva di colpo saltellando. 

A un certo punto presa dall’emozione non riuscivo nemmeno più a coordinarmi a premere la frizione e inserire le marce, ma intervenne lui dicendomi:

“Calma!... Stai calma!... Tranquillizzati Francesca.” Appoggiò ancora la su amano sulla mia e stringendola da sopra mosse la leva delle marce in avanti dicendo:

“Ora premi la frizione fino in fondo.” E una volta che con il suo aiuto la ebbi inserita, mi sollecitò: “Ora rilascia lentamente il pedale della frizione e accelera piano... e guida!” 

Sempre tenendomi la sua mano sulla mia. Era chiaro che lo facesse apposta, sapeva che ero timida e insicura e che non gliel’avrei tolta.

La sua coinvolgente simpatia rese tutto molto più semplice e naturale, anche quella sua mano che continuava a restare come se fosse casualmente sulla mia, senza che io dicessi nulla e la togliessi, che sopra l’accompagnava e che non staccò nemmeno quando mi avviai. 

Percepivo il calore e la forza del suo palmo sul dorso della mia mano, le sue dita sopra le mie e ai miei anelli e il contatto della sua pelle contro la mia e mi turbava. Era evidente che ci provava di nuovo, stava ancora corteggiandomi e anche il luogo dove mi aveva fatto ritornare era eloquente.

Mentre agitata per la guida e turbata dalla sua presenza, mi muovevo su quel piazzale smarrita, a un certo punto mi voltai veloce a guardarlo e gli chiesi:

“Vado bene così?!” 

Mi guardò sorridendomi: 
“ Vai benissimo Francesca ...continua.” Disse. E le sue affermazioni mi facevano sentire bene e sicura con lui vicino.

Notavo che per caso, muovendole gambe per cambiare tra acceleratore freno e frizione la gonna mi saliva un po' arrivando a mezza coscia e lui me le osservava. E maliziosamente e stupidamente, e forse inconsciamente di fare un dispetto a mio marito che oramai le guardava poco, divertita lasciavo che le scrutasse senza ritirarla giù come facevo le prime lezioni di guida.
“Ti provoco io!!”  Mi dicevo ridendo mentalmente, leggendo l’imbarazzo sul suo volto con la coda dell’occhio.

Vedevo che con lo sguardo spiava continuamente le gambe ed anche il seno. 

Mi parlava sia rivolto a me che alla strada e guardava mentre io fintamente seria ma realmente tesa guidavo o facevo manovra.

E mentre ero concentrata a guidare, sempre con il margine laterale dell’occhio furtivamente scorgevo il suo viso rivolto a me e i suoi occhi scrutare e sondare il mio corpo, soffermandosi non solo sulle cosce, ma anche sul volto, la bocca, il collo, le braccia o le mani sul volante. Mi rendevo conto che non stava tralasciando nulla dall’osservare e tutto quello anche se mi dava compiacimento, mi turbava e mi imbarazzava. 

“Non dimenticare che sei maritata Francesca… che hai un marito a casa…” Mi dicevo mentalmente pensando nel mio dialetto. 

All’improvviso il rumore dell’auto fu interrotto dalla sua voce: “Sei molto bella Francesca!” Esclamò lui all’improvviso.” Tuo marito è davvero un uomo fortunato.”

Sorrisi e imbarazzata non risposi ero troppo impegnata e concentrata a guidare, a girare e parcheggiare in quel piazzale. Ma lui continuò:

“Hai una bella collanina d’oro bianco, ma ancora di più un collo magnifico, elegante...” E io sempre in silenzio non rispondevo ai suoi complimenti, ma muovevo le labbra sorridendo compiaciuta, non osservandolo ma guardando avanti.

Sentirmi così corteggiata e desiderata da lui, dico la verità, mi inebriava, mi piaceva, non ero insensibile alle sue parole e ai suoi sguardi, anche se con quel codino e i capelli rasati intorno non era la persona che piaceva a me.

A un certo punto mi indicò di andare in fondo, in un angolo trascurato dell’enorme parcheggio vuoto, dove c’era una rampa che si immetteva in un altro parcheggio rialzato più piccolo ma isolato e nascosto, facendomi fare manovre in salita, partenze e fermate, e nel farle sfortunatamente acceleravo troppo, non riuscendo a coordinare acceleratore e frizione, facendo delle partenze disastrose. 

“Mi spiace!!” Esclamai rammaricata e demoralizzata. Ma lui sorrise rispondendo:

“Non ti preoccupare, devi imparare a coordinare ancora un poco la pressione sull’acceleratore e il rilascio della frizione, già vai meglio di prima e dicendo così, appoggiò nuovamente la mano sulla coscia destra verso il ginocchio, per aiutarmi a regolare l’intensità di forza su frizione ed acceleratore. Mi fece cenno di andare in fondo in un angolo oltre la salita, cosa che feci e ci trovammo in una zona nascosta da una parte del verde boschivo abbandonato e dall’altra il piazzale vuoto. 

Non so perché, forse un presentimento ma Il cuore prese a pulsarmi fortissimo ed ero come un automa, facevo quello che diceva lui e quella sua mano poco sopra il ginocchio che premeva o allentava, mi turbava immensamente.

Agitata com’ero, nel fermarmi e posteggiare sul margine del piazzale, tutto insieme in un attimo premetti il freno bruscamente per arrestarmi e rilasciai andare rapidamente la frizione senza che lui la controllasse volutamente con i suoi pedali come faceva di solito, e la macchina saltellò e si bloccò di colpo e si spense. 

Ebbi un sussulto, ci guardammo, negli occhi e mi scusai:

“Scusami, oggi sono agitata!” Mormorai.

“Stai tranquilla!... Rilassati!” Rispose calmo.

 E subito tolsi la marcia e rigirai la chiavetta nel cruscotto facendola ripartire. Stavo cercando di innestare la prima, quando lui togliendo la mano dalla mia gamba tirò il freno a mano, e portandola dietro e sotto il volante rigirò la chiavetta dell’accensione spegnendo il motore. 

Ansiosa e agitata mi ventilai il collo con la mano per scemare il caldo e la tensione che mi era salita al massimo, mentre lui rivoltato verso di me mi scrutava, con la sua testa molto vicina al mio corpo.

Non so cosa mi successe in quei momenti, irrazionalmente rimasi ferma immobile come ad aspettarlo, con la gonna a mezze cosce, un po' sollevata sulle gambe per il balzo nel frenare.

Mi guardava fisso negli occhi e senza proferire parola, rimise la sua mano destra sulla mia coscia e con la sinistra mi prese dietro la nuca e vidi il suo viso avvicinarsi inevitabilmente al mio, sempre più senza che io reagissi e facessi nulla per fermarlo, allontanarlo. L’unico atto che feci in quello smarrimento chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare. Si avvicinò molto lentamente da avvertire il profumo, buono ed aspro come piace a me sul suo collo, sentii slacciare sul lato sinistro la mia cintura di sicurezza e all’improvviso arrivare prima il suo respiro caldo sul viso e poi le sue labbra contro le mie a baciarle come la prima volta. 

E mentre in me avvertivo le pulsazioni cardiache in gola, mi prese una forma di stordimento e calore misto a una sensazione di vertigine. Mi emozionai e lasciai il volante appoggiandomi contro lo schienale del sedile.    

Ero senza fiato, dentro di me vivevo una situazione assurda, incredibile, non volevo che mi toccasse e baciasse, ma lo lasciavo fare perché mi piaceva che lo facesse.

Mi tirò a sé spingendo ancora la sua lingua dentro le mie labbra, ma quella volta non più forzatamente, lo lasciai entrare e iniziò a baciarmi in bocca, lingua a lingua ricambiato da me. Avvertivo la sua lingua scivolosa e calda toccare la mia, i denti, l’interno delle guance e il palato, come un’anguilla girava dappertutto all’interno della mia cavità orale. E nel frattempo mentre mi baciava avvertii la sua mano spingere e risalire con forza l'interno delle cosce, infilarsi sotto la gonna e giungere alle mutandine ad accarezzarmi e premere sul sesso. A quel contatto provai una scossa elettrica piacevole per tutto il corpo e una esplosione di intenso calore umido in vagina irradiarsi nella pelvi come un incendio, sembrando che avessi il fuoco dentro. I capezzoli mi si rizzarono (come si dice da noi), da soli, mi vennero duri e dritti che li sentivo spingere sul tessuto all’interno del reggiseno.

Io come quasi tutte le donne del sud ero e sono una ragazza calda, e al contatto del suo bacio, della sua lingua nella mia bocca e delle sue mani a toccarmi il sesso, mi sentii incendiare di desiderio per cui, non capivo più niente. 

Le sue labbra erano contro alle mie e le nostre lingue duellavano tra loro all’interno delle bocche. Baciava diversamente da mio marito, lo avvertii subito, con più foga, passione e desiderio, e se devo essere sincera mi piaceva di più, mi infervorava maggiormente come baciava lui.

Ero eccitata e accaldata da quel bacio passionale, sentivo il cuore battermi fortissimo, il viso infuocato e bruciante e probabilmente arrossato, e la vagina l’avvertii contrarsi ripetutamente insieme alla vulva dandomi eccitazione e piacere. Si staccò dalla bocca e iniziò a baciarmi e leccarmi sul collo, mentre sentivo la sua mano allargarmi le cosce e le dita spostare leggermente il bordo inguinale dello slip e farsi largo al disotto di esse toccandomi i peli, e fu un’esplosione di fuoco in mezzo alle gambe e non glielo impedii.

La gonna tirando su la mano accarezzandomi tra le cosce era salita alta, sopra il pube scoprendo completamente le mutandine nere di pizzo ricamato.

Avvertivo le sue dita roteare sul mio sesso, giocare con i peli lungo la fessura ... e percepivo la pressione dei suoi polpastrelli sul clitoride e sulle grandi labbra che si aprivano da sole dischiudendosi al piacere, e gli umori vaginali aumentare facendomi sentire umida. Mi piaceva...mi piaceva quella sensazione, mi vergognavo di me stessa ma mi piaceva. Non avevo mai provato emozione e gioia così intensa con mio marito. Il piacere mi aveva completamente sconvolta e coinvolta con lui, finché a un certo punto in un momento di lucidità realizzando quanto stavo compiendo esclamai:

“No… basta Gianni!... Fermiamoci! Io sono sposata, non dobbiamo. Ci potrebbero vedere… non voglio. “

Ma lui non rispose, continuò a toccarmi e con vergogna e imbarazzo sentii un suo dito farsi largo tra i peli e le piccole labbra vaginali constatando che ero umida di piacere. Inconcepibilmente mi sentivo accaldata e vogliosa, con il timore di non riuscire a controllarmi e in quell’istante capii che indipendentemente dalla mia volontà ero pronta per lui.  E per un attimo pensai: “No…non è possibile quello che sta accadendo, io sono sposata ho mio marito e non posso lasciarmi baciare e accarezzare da lui… Sto vivendo un’allucinazione…” 

Ma in quel preciso momento che consideravo quanto avveniva, sentii penetrarmi il sesso dal suo dito medio, e sussultando mi persi in quella intrusione fino a sentire le nocchie delle altre sue dita piegate arrivare contro le grandi labbra. E d’istinto e involontariamente a sentirlo dentro di me, per reazione iniziai ad accarezzargli il volto, il pizzo rado e leggermente ruvido e la parte di pelle del viso morbida e liscia. 

Salendo con le dita dal collo le spinsi alle tempie rasate e strisciandole posteriormente portai la mano dietro la nuca ad accarezzargliela e sentirla anch’essa ruvida, rasata, vuota di capelli, e poco più alto avvertii e presi tra le dita il suo codino gonfio e legato stretto con un nastrino e glielo strinsi forte eccitandomi molto di più a quell’atto di comprimerlo. 

Anche lui era accaldato ed eccitato e staccandosi un poco da me togliendo le dita dal mio sesso lo sentii slacciarsi la cintura dei pantaloni, aprirli tirare giù la cerniera abbassandoli un poco insieme allo slip e lasciare uscire fuori la sua asta di carne dura e oscillante dall’erezione. Quando mi ci cadde l’occhio sopra trasalii alla sua virilità, la osservai vergognosa e a disagio, era bella, potente e dritta come un obelisco, con il glande rosa che pareva guardarmi. Non era eccessivamente lunga, ma nella media, ma l’eccitazione e il desiderio che lui aveva suscitato in me, la facevano apparire più bella e vigorosa di quella di mio marito. E a vedere il suo sesso eretto, intuii subito cosa volesse fare ed esclamai decisa:

“No! ...Questo no Gianni! Non voglio.”

“Solo toccarlo, accarezzarlo, io l’ho fatto a te, ti ho accarezzata la figa e tu fallo a me!” Disse:” Dai!... Solo due carezze!”  E mi baciò sul volto.

Nonostante la resistenza che ponevo mi prese la mano e come faceva quando mi aiutava a inserire le marce, con mia passività la portò sopra alla sua asta dura.
Non riuscii a trattenere un moto di desiderio e un fremito di eccitazione vedendola così esteticamente bella e virile nella sua erezione, e toccandola e premendola con le dita con la sua mano sopra la mia, la sentii dura come il ferro. Ero confusa ed eccitata e facendo scorrere i polpastrelli su di essa la toccai per la sua lunghezza sfiorando con le dita il glande.

All’improvviso smise di baciarmi e staccandosi da me e tenendomi per le braccia mi esclamò sussurrando:

“Vieni! …Siediti sopra di me!”

“No questo no!” Esclamai con la voce rotta dalla tensione.

“Dai su! ...Stai tranquilla non c’è nessuno qui… io ti desidero e tu mi desideri, dai!... Nessuno saprà niente, solo noi due, su vieni amore!”

Mi aveva chiamata amore… e mi smarriva e perdeva quella sua dolcezza nei miei confronti. Era una pazzia essere lì in quel modo con lui ...ma non riuscivo a controllarmi.

Presa dalla passione, agitata come non mai e con il cuore che mi batteva fortissimo tirai di più su la gonna, ma non mi tolsi le mutandine, tenendole come una sorta di protezione. 

Lui mi tirò a sé dicendo:” Alza la gamba! … Stai attenta alla leva del cambio!” 

E mi lasciai andare, trascinare da lui e prima una e dopo l’altra oltrepassando anche le sue cosce unite, tirandomi ancora a sé, mi ritrovai non senza difficoltà su di lui a gambe piegate e divaricate, con le ginocchia flesse e larghe vicino ai suoi fianchi, seduta a cavalcioni come se montassi una moto, e con la testa che toccava il tettuccio dell’auto e dovevo tenerla leggermente piegata in basso.

Con la leva laterale, senza nemmeno guardare abbassò lo schienale del suo sedile al massimo e lo vidi andare indietro e io per forza di gravità seguirlo sopra di lui. Quando si fermò era semisdraiato e io seduta e accovacciata sopra che ci guardavamo in faccia.

Riprese a baciarmi sulle labbra e in bocca, dal basso verso l’alto, non avevo mai fatto sesso così in auto con mio marito e in quella posizione e tutto sommato mi eccitava farlo e respiravo forte, ansiosa, con desiderio.

Gianni con le dita mi accarezzava la vulva sopra al tessuto delle mutandine, la premeva e impastava con i polpastrelli, ed era bello, avvertivo il caldo in vagina e dappertutto sul corpo e la sentivo bagnata d’umori dentro e fuori. 

Iniziando entrambi a sudare, abbassò i finestrini...per fare circolare l’aria. E toccandomela e impastandomela lo sentii spostare nuovamente il tessuto delle mutandine sul lato inguinale, scoprendomi completamente la vulva. 

“Questo no… non voglio Gianni! Dentro no…!” Esclamai risoluta capendo cosa avesse intenzione di fare, non volevo fare sesso con lui.” Torniamo indietro…” Mormorai.

“Ma come indietro? Io ti amo, ti voglio!” Esclamò forte.

“Ma io sono sposata Gianni!” Ripetei e lui replicò:

“Non mi interessa se sei sposata io ti amo Francesca ti voglio…”

Quelle parole così profonde e intime mi scombussolavano. “Non è vero che mi ami!” Esclamai provocatoria:” Tu mi vuoi solo per fare sesso con me, come probabilmente fai con le altre...”

“No te lo giurò… Francesca “Affermo guardandomi e accarezzandomi con dolcezza la fronte sudata.” …Mi sei piaciuta subito dalla prima volta che ti ho vista… mi sono innamorato di te! … Credimi! … Ti amo con tutto me stesso e se mi comporto così con te è perché ti amo davvero. Non ho mai fatto con nessun’altra queste cose, te lo giuro!”

Sembrava sincero, e quelle parole mi agitavano ed eccitavano, soprattutto il fatto che diceva d’amarmi.”

“Non ci credo!” Ripetevo io come se volessi una conferma da lui prima di cedergli. Mi batteva forte il cuore, ero accaldata, eccitata e inaspettatamente disse:

“Ora ti faccio vedere io che ti amo!” E tirandomi con il capo giù verso di lui mi infilò ancora la lingua in bocca e riprese a baciarmi, a limonarmi con foga e passione.

In quei momenti non pensavo a niente, né a me, né a mio marito.

Mentre mi baciava lo sentii ancora con le dita spostare le mutandine di lato con forza, all’inguine e scoprirmi tutta la vulva pelosa accarezzandola con le dita, eccitandomi maggiormente e facendomi fremere.

All’improvviso lo sentii dire:” Alza un po' il sedere…” Cosa che come un automa, senza ragione e pensare feci e avvertii immediatamente il suo glande appoggiarsi contro e tra le mie grandi labbra vaginali e non feci nulla per impedirlo, per fermarlo. Lo sentii sfregare sulla fessura, su e giù e avvertii la cappella fermarsi al centro, puntare e premere forte tra le grandi labbra e contemporaneamente succhiandomi la lingua con le mani sui fianchi tirami giù lentamente sopra di lui, penetrandomi… Sussultai e mi mancò l’aria. Fu bellissimo… meraviglioso sentirlo entrare dentro la vagina ormai calda, umida di umori e desiderosa di riceverlo. 

Mi fece sedere sopra lui, con il sedere quasi sulle sue cosce, infilandomelo tutto fino in fondo, ad avere i miei inguini sopra i suoi e ad avvertire l’asta arrivarmi in alto, forse a toccarmi l’utero in quella posizione da sentirla in pancia; provocandomi una smorfia di piacere e godimento facendomi inarcare la schiena e battere la testa sul tettuccio sussurrando un tardivo:” Noooooohhhhhh!!!!!”

Quando mi sedetti sopra lui e lo sentii in vagina nel piacere per un attimo realizzai e pensai: “...Diooo miooo!!... Che ho fatto!!... Mi ha penetrata! ... Mi sono lasciata penetrare…Che sto facendo!?” 

Ero incredula di me stessa, di quello che per impulso al piacere e al desiderio compivo.

Ma nel sentirlo in me oltre il no emisi un gemito di piacere, fu bellissimo sentirlo riempirmi la vagina e iniziò a muoversi dando colpetti verso l’alto e contemporaneamente iniziò a sbottonarmi la camicia, fino ad aprirla tutta, alzare il reggiseno e tirarmi fuori le mammelle dalle coppe, prendendole in mano baciandole e leccandole, afferrando in bocca il capezzolo succhiandolo.

A sentirlo tra le sue labbra avvertii come una scossa elettrica, un fremito improvviso attraversarmi il corpo e corrermi sulla pelle. Ero in silenzio non dicevo niente...godevo e gemevo con il capo reclinato verso in basso su di lui, al suo volto e la sua bocca e tutti i capelli giù a coprire entrambi e parte dei nostri volti.

Godevo e ansimavo e dai colpi sempre più forti che mi dava facendomi sussultare il mio capo continuava a battere sul tettuccio dell’auto, ero praticamente accovacciata su di lui e lui completamente dentro di me.

Passai le braccia sulle sue spalle e con la mano gli accarezzai la nuca rasata e il codino e mi eccitai maggiormente e muovendomi da sola alzando e abbassando di mia volontà il sedere praticamente ero io a possederlo e lui insieme continuò a chiavarmi… 

Con due dita teneva lo slip spostato sull’inguine lasciandomi fuori la vulva pelosa con la sua asta eretta dentro.

Non capivo più niente, godevo e gemevo:” Aaahhh!! Aaaaahhh!!! Mmmmmmmhhhhh!!!”

Ricordo ancora i suoi occhi sotto di me che mi fissavano, erano dominanti... mi guardavano godere come se mi avesse sottomessa.

A un certo punto mi prese per le spalle e mi tirò su di sé, facendomi andare con le mammelle sul suo volto e iniziò a baciarle e succhiarle per poi risalire con la bocca sul collo e fare lo stesso con le mie labbra, e appoggiando le mani sui lombi mi spingeva di più e in basso, verso lui, penetrandomi tutta in profondità.

Tirai un urlo di piacere che si spanse per l’abitacolo e fuori:” Aaaahhhhhhhh…. Aaahhh! ...Aaaaaaaaahhhhhhhhhh!!“ 

Ripetevo forte come una cantilena sentendolo arrivare e battermi il suo glande sull’utero, era bellissimo e impressionante e lo baciavo in viso, in fronte sui capelli, le accarezzavo il codino… Non avevo mai provato un piacere così intenso con mio marito.

Gianni mi accompagnava nei movimenti con le mani sui fianchi o appoggiate ai glutei, allargandomeli e accarezzandomi con il dito l’ano, subito non volevo, mi imbarazzava, ma lui insistette a farlo e fu bello, era meraviglioso sentirselo titillare con il dito mentre ero posseduta da lui.

All’improvviso con le labbra vicine all’orecchio mormorò:” Ti amo…ti amo Francesca…” Per poi ansimare e riprendere:” Ti amo tanto, dillo anche tu che mi ami, dillo che mi ami…” 

Non volevo dire quelle parole così intime e impegnative, non sapevo quanto c’era di vero in quello che diceva, se era una sua tattica verso tutte quelle signore e ragazze che con la guida si chiavava oppure era davvero sincero. Ma sta di fatto che sentivo realmente qualcosa per lui, forse una forma di amicizia intima e profonda o simpatia o altro, che in quel momento che stavo provando piacere, lo baciavo e desideravo scambiavo davvero per amore, e senza pensare esplosi dicendo:” Si…si Gianni ... ti amo anch’io, ti amo…” Stringendoci forte.

Nell’abitacolo c’era solo il mio ansimare godente di giovane moglie adultera posseduta da un altro uomo che fendeva l’aria.

Non so quanto tempo passò, cinque, dieci forse quindici minuti, non lo so, so solo che ebbi più di un orgasmo e in quello finale urlai esplodendo di gioia: 

“Aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!” 

Stringendolo forte a me e baciandolo ripetutamente sul volto, nelle labbra, sugli occhi e in fronte. 

“Togliti di sopra… togliti di sopra!” Mi sussurrò all’improvviso ancora godente dopo che ebbi l’orgasmo e restavo a gioire della sua asta dentro di me:” Voglio venire anch’io!”

E aiutata da lui che con le mani mi alzò il sedere, tirai su la gamba sinistra e lo sfilai dalla vagina, dove lui lasciò subito lo slip dall’inguine, e la parte vulvare delle mutandine non tenute più lateralmente dal suo cazzo e dalle sue dita ritornarono a coprirmi completamente la figa dilatata e bagnata, bagnandosi anch’esse del mio piacere.

Aiutata sempre da lui ruotai con il tronco, scavalcai la leva del cambio fino a cadere con il sedere sopra il mio sedile di guida E in quel momento lo vidi che toccandoselo venne copiosamente su un fazzolettino di carta preso dal cruscotto.

Sembrava un vulcano che eruttava in aria lava bianca tanta gliene usciva.

Poi tutto era terminato il mio tradimento con lui e l’aver fatto cornuto mio marito. Seduta e sudata mi lasciai andare indietro sullo schienale, con il capo reclinato indietro, iniziando lentamente a prendere un respiro regolare. Ci guardammo, lui si avvicinò e mi baciò ancora sulla bocca con la lingua dentro in un lungo bacio passionale sussurrando nuovamente:” Ti amo davvero Francesca.” 

Io non dissi nulla, sapevo solo che mi aveva scombussolato la vita, perché anch’io sentivo veramente qualcosa per lui. Non dicemmo più nulla, scendemmo dall’auto e ci rimettemmo a posto gli abiti e una volta salita io i capelli cercando di osservarmi nello specchietto retrovisore e dopo alcuni minuti, ma sempre agitata mi fece riaccendere il motore e ripartire, ritornando come se niente fosse accaduto davanti all’autoscuola. Giunti posteggiai, mentre un’altra ragazza attendeva di salire e fare la guida con lui, presi la mia borsa e il mio cardigan che erano nel sedile dietro e prima di andare via, preoccupata le dissi:

” Non pensare male di me Gianni, l’ho fatto perché mi sono sentito attratto a te.”

“E allora se ti senti attratta da me, dimmi che mi ami come io amo te!” Ripeté.

Erano parole grosse, che significavano una vita e in quel frangente a mente fredda non sarebbero state dettate dall’amplesso e dal piacere.

“Non mi ami?” Chiese.

“Si ma… non voglio che pensi male di me!” Sorrise:” Stai tranquilla, non penserò mai male di te. Ecco vedi… ora vorrei baciarti, stringerti ancora ma qui non posso farlo perché la gente ci guarda e mi tocca salutarti freddamente.”

Sorrisi.

“Se non vuoi dire che mi ami, dimmi almeno che non sei pentita di quello che abbiamo fatto!”

Lo guardai ed esclamai:” No! Non sono pentita!” E lui sorrise.

Scendemmo dall’auto e ci salutammo con una stretta di mano guardandoci complici negli occhi, sussurrandomi lui:

“Stai tranquilla nessuno saprà niente, l’ho fatto perché sento qualcosa per te e non solo per scoparti e sono certo che anche tu senti qualcosa per me e per questo ci siamo amati.” Gli sorrisi. 

Era stato bello, bellissimo, non lo avevo mai fatto in auto e in quel modo sopra l’uomo e mi piacque moltissimo… ma avevo i ripensamenti, per la prima volta avevo tradito mio marito solo dopo quattro anni di matrimonio, e come diciamo noi lo avevo reso uno scurnacchiato, ovvero cornuto, Avevo praticato sesso per la prima volta con un altro uomo che non era lui e proprio con Gianni l’istruttore che non era nemmeno bello, però mi attraeva e piaceva e mi scombussolava quando diceva di amarmi… In quel periodo ci credevo davvero, ma per lui dire che mi amava era soltanto un modo per tenermi con sé.

Com’era prevedibile strada facendo e quando giunsi a casa continuavo a pensare che avevo fatto cornuto mio marito Raffaele e mi dicevo che non cera erto per amore. Non sapevo cosa sentivo per Gianni, forse una forma di infatuazione, senz’altro un’attrazione fisica e mentale e ora anche sessuale, dipendente da lui che mi dava sicurezza. Capivo che avevo sbagliato, ma non volevo passare per una ragazza facile che tradisce il marito, era stato un momento di debolezza il mio. Lui conosceva bene la psicologia femminile, perché quel sentirmi dire che mi amava, mi turbava e disorientava. E pensavo: “Chissà quante donne e ragazze sono passate in quell’auto prima di me.

Sapeva che non ero una donna d’avventura, ma una meridionale di sentimento e sapeva come fare prendendomi per le emozioni, dicendomi che mi amava, che era innamorato di me e io stupidamente ci credevo e mi piaceva che lo dicesse...  Ero confusa, smarrita, impaurita che si venisse a conoscenza di quello accaduto.

 

Quel tardi pomeriggio tornai a casa sconvolta e mi misi a preparare cena con il pensiero che avevo tradito mio marito per la prima volta, mi dispiaceva per lui che in fondo amavo, però mi accorsi che non ne provavo rimorso, non ero pentita.

Prima mi feci una doccia insaponandomi tutta, era la prima volta che ero stata di un altro uomo e non volevo che mi restasse addosso il profumo di Gianni e mi cambiai anche biancheria intima e abito.

Mi discolpavo accusandolo, dicendomi: “In fondo se la cercata lui! Mi trascura, mi lascia sempre sola! ...Se mi avesse dato attenzione non sarebbe successo.” E mi giustificavo pensando:” … E poi intanto è solo una scappatella, un’avventura che una volta presa la patente finirà!” E mi scagionavo dal tormento che avevo.

Uscita dalla doccia mi asciugai e misi ai fornelli e mentre preparavo non potevo non pensare a quello che avevo fatto, che però anche con tutte le motivazioni e giustificazioni a mio favore che cercavo, sapevo che non era giusto quello che avevo fatto, ero una signora sposata. 

“Ma ormai è accaduto…! “Mi scusavo freddamente da sola. Devo dire che ero giovane e incosciente, non mi rendevo conto appieno di quello che avevo fatto e che rischiavo.

La sera a casa con lui ero diversa, quel rapporto sessuale mi aveva cambiata dentro, inutile nascondermelo, non ero più la Francesca di prima, la moglie premurosa e piena di attenzioni che pensava solo al marito. Mi capitava spesso di pensare a quel momento d’amore con Gianni, in auto in quella posizione, a come mi baciava e al fatto che diceva che mi amava ed era innamorato di me. E intanto guardavo mio marito ma lo vedevo con una luce diversa e pensavo a Gianni… al suo codino buffo, a dove fosse in quel momento e cosa stesse facendo e se mi pensava come io pensavo lui.

Finché dopo cena, con Lele perso a guardarsi la tv, non resistetti, fu più forte di me e seduta nel divano fingendo di guardare anch’io la tv, non vista gli mandai un messaggio con lo smartphone:

“Ti sto pensando…” Scrissi soltanto.

Poco dopo arrivò la risposta:

“Anch’io amore mio!!” E quel messaggio mi riempì di gioia. 

Non so cosa mi stesse succedendo, stavo prendendo una sbandata per lui, mi stavo infatuando?  Che fosse davvero amore il mio, quello che provavo? Ero spaventata dei miei sentimenti ed emozioni, ma felice di averle. Da quel giorno nacque una storia intima tra me e lui. 

Come donna e moglie non mi credevo capace di tanto, di avere una relazione adultera, ma evidentemente anch’io non mi conoscevo abbastanza. 

Poi mio marito si spostò e venne a sedersi vicino a me sorridendomi e baciandomi in fronte e passandomi il braccio dietro la testa sulle spalle, mi tirò a lui e restammo a vedere la tv così, abbracciati.

 

Il giorno dopo ero sola in casa i turni con mio marito per esigenze di servizio non combaciavano con i miei e quel giorno io avevo fatto il mattino, dalle 06.00 alle 14.00 e lui faceva il pomeriggio dalle 14.00 alle 22.00, ci eravamo visti solo al cambio pochi minuti e dati i soliti bacini.

Non avevo lezione quel giorno e il pomeriggio lo passai mettendo un po' a posto in casa, poi andai a vedere le ristrutturazioni e poi uscii a passeggiare e a fare la spesa.

E pensavo sempre a lui a Gianni e a quello che avevamo fatto, e che non mi era dispiaciuto, anzi mi era piaciuto e come dicevo inconsciamente non avevo rimorsi verso mio marito. Scoprii in me che mi ero invaghita davvero di Gianni. E come dicevo in quei momenti per dare una giustificazione ai miei sentimenti verso di lui e a continuare a frequentarlo diventavo cattiva e colpevolizzavo mio marito e non me dell’accaduto, e mi dicevo:” Eh chissà cosa fa lui quando io non ci sono! Mica lo vedo… forse mi fa cornuta anche lui a me con qualche collega genovese…” Era un modo per dividere la responsabilità, la colpa. Pensare che forse anche lui mi tradiva e consideravo:” Lele se la cercata...” 

Ma mi dispiaceva, sapevo che lui non mi tradiva e non mi avrebbe mai tradita e allora mi ripetevo:” … intanto è solo una scappatella che terminerà quando finirò le lezioni, quando prenderò la patente finirà tutto e lui non saprà mai niente… tutto tornerà come prima.” Assurdamente ero combattuta dentro di me tra mio marito e Gianni.

Verso le 18.00 ero sola a casa e avevo già preparato cena per Raffaele che sarebbe rientrato a fine turno, alle 22.30, e mi venne voglia di rivedere Gianni, chiacchierare un po' con lui e così incoscientemente decisi fargli una sorpresa e all’improvviso mi presentai all’autoscuola alla lezione serale di teoria pur non dovendone seguire altre, avendo già passato gli esami. 

Erano tutti ragazzi di un nuovo corso e nessuno mi conosceva.

Mi sedetti nell’ultimo banco e segui la lezione.

Lui mi vide e sorrise e non disse nulla, mi guardava sempre e sorrideva con gli occhi e lo stesso facevo io, percepivo le sue occhiate come lui le mie, non se l’aspettava che mi presentassi di nuovo in autoscuola e quello mi divertiva ed eccitava.

Al termine lentamente salutando uscirono tutti dall’aula e restammo solo io e lui, che chiuse la porta dando un giro di chiave dicendomi.

Come mai qui? Sei venuta per me?”

No!” Risposi mentendo:” Passavo per caso e mi sono detta perché non salutarlo.” E ridevo mentre lo dicevo. Sapeva che non era vero.

Allora non sei venuta per me?” Ripeté.

No! Sono qui per caso, così … anzi ora me ne devo andare!” Gli dissi.

Ma prima che mi allontanassi mi senti prendere per il braccio dalla sua mano, ruotarmi con un dolce strattone, guardarmi negli occhi, avvicinarsi e baciarmi in bocca dentro l’autoscuola vuota. Io non opposi resistenza, anzi ricambiai il bacio passandogli le braccia al collo. Un bacio lungo e passionale, mettendo la mia mano sulla sua nuca rasata, sotto il suo codino.

Non so perché ero ritornata da lui, ma mi sentivo trascurata da mio marito o meglio volevo pensarlo io che mi trascurasse, per cui avevo bisogno di qualcuno che mi desse la giusta importanza. La situazione con Gianni era anche molto eccitante e quindi non mi tirai indietro e lo lasciai fare.

Vieni!” Mi disse eccitato prendendomi per mano e spegnendo la luce della sala che dava sulla strada, aprì una porta e mi portò sul retro dell’aula dell’autoscuola, dove c’era un divano, due sedie, una scrivania, uno scaffale lungo pieno di documenti e un televisore.

Mi sbottonò i primi bottoni della camicetta e infilò la mano all'interno del reggiseno e tirando fuori una mammella dalla coppa iniziò a stringerla e accarezzarla, prendendomi anche dolcemente tra le dita i capezzoli e sfregandoli.

D'improvviso sentii un forte calore al ventre, che con mio marito non provavo così intenso, non avrei voluto, ma mi stava piacendo. Iniziavo a godere dei suoi gesti e lui se ne accorse.

Sapeva toccarmi e guardarmi con quell’interesse che io cercavo, ed era passionale, molto passionale. Alche staccandomi da lui gli dissi:” Voglio mettere in chiaro una cosa, io non sono una facilona che va con tutti, sono una signora sposata e quindi se vuoi frequentare me e mi ami come dici, non voglio che vai con nessun’altra all’infuori di me…”

“Ma io non ho nessun’altra, amo te, te l’ho detto…” Rispose.

“E tutte quelle stupide che ti sorridono…” Dissi.

“Oh ma quelle sono clienti, solo allieve, tu invece sei il mio amore…” E sorridendo aggiunse:” Sei gelosa?” 

Volevo dire di no, ma pronunciai: “Può essere… comunque ti voglio solo per me…”

“E io sono solo per te.” Ribatté, mi tirò a sé e continuammo a baciarci ardentemente di là sul retro, iniziando lui a spogliare me e io lui, con la voglia di fare l’amore.

Tirandomela indietro sulle spalle mi tolse la giacca, facendo sfilare le maniche dalle braccia mentre io desiderosa gli sbottonavo la camicia e lui iniziò subito a fare lo stesso con la mia. 

Poi come presi improvvisamente dal desiderio carnale di possederci, per fare più in fretta iniziammo a spogliarci da soli, restando completamente nudi…. Era la prima volta che ero nuda davanti a un uomo che non era mio marito.

Quando si voltò verso me, aveva la sua asta eretta che oscillava davanti a lui fendendo l’aria di fronte a essa, un glande rivolto in su…. Mi abbracciò e mi accarezzo sui peli del sesso, baciandomi in bocca e introducendomi contemporaneamente un dito in vagina masturbandomi, iniziando a farmi godere.  Ero eccitatissima, avevo i capezzoli turgidi e dritti.

Allora sei venuta per me?” Chiese all’improvviso.

Restai in silenzio piena di desiderio con le escursioni respiratorie profonde che aumentavano per l’eccitazione. Avrei voluto dire di no e invece restai in silenzio.

Ma lui sapeva come prendermi, aveva scoperto il mio punto erogeno che era il collo e baciandolo e leccandolo, mi ripeté ancora:

Sei venuta per me?”

Siiiii!!!” Esclamai d’impeto a quel punto quasi gridando, abbracciandolo. E lui seguitò:

Perché sei venuta?” Domandò accarezzandomi.

Perché ti voglio. Ti desidero.” Risposi. E ci baciammo stringendoci sui nostri corpi nudi. Poi prima di proseguire vedendo che ci preparavamo ad avere un rapporto sessuale gli chiesi:

Non adoperi il preservativo?” 

No perché?” Ribatté.

Perché così non mi sento sicura…”

Che paura hai?” Mi domandò aggiungendo:” Di restare incinta??”

Si! “Gli risposi:” Ho questo timore …”

Ma con tuo marito lo fai con il preservativo?” Mi chiese sorridendo….

Che centra lui è mio marito? ...Se resto incinta è nostro figlio e comunque lo facciamo senza, interrompe il coito.” Dissi.

Anch’io! ...Stai tranquilla che non ti metterò incinta se non voglio, so autocontrollarmi e ti verrò fuori, hai visto ieri in auto?”

Mi rassicurò e mi fidai, stese un lenzuolo pulito sul divano e ci sdraiammo sopra, io sotto di lui completamente nudi.

Con le labbra baciandomi la pelle iniziò dal seno e scivolò giù, fino ad arrivare con la bocca sul sesso, iniziando a baciarlo e leccarlo. Dapprima delicatamente, alternando baci a leccate sulla fessura e i miei peli neri.  Mi piaceva da morire sentirmela leccata e gli misi una mano sul capo invitandolo a continuare, divaricando di più le cosce per permettergli di farlo meglio. Aveva una lingua calda, soffice ma ruvida.

Hai un sapore dolcissimo!” Esclamò riferendosi ai miei umori vaginali staccandosi e tirando sul capo, per poi abbassarlo e iniziare ancora a leccarla, infilando la lingua nella vagina e solleticandomi il clitoride. 

“Tuo marito te la lecca?” Domandò.

Dissi la verità:” No, a lui non piace farlo…”

Seguitò restando alcuni minuti inginocchiato tra le mie gambe con la mia mano sul suo capo ad accarezzarlo, a prendergli il codino, stringerglielo o accarezzarglielo mentre me la leccava facendomi gemere.

Poi si tirò su, mi divaricò di più le gambe piegandole e mettendosi bene tra loro, lo appoggiò il glande sulla fessura e prima lentamente e poi con un colpo deciso mi penetrò facendomi sussultare. Lo sentii entrare in me inarcandomi e iniziò a possedermi e farmi gemere sul suo divano nel retro dell’autoscuola. 

Ti ho sempre desiderata dal primo momento che ti ho vista.” Mi sussurrava, agitandomi di più:” Ti amo…” Ripeteva e il mio respiro mutò da affannato divenne eccitato.

Lo sentivo dentro me che si muoveva e mi piaceva, e lo abbracciai, baciai e strinsi a me.

Le sue braccia tirarono su le mie in alto e le sue mani si misero sopra le mie intrecciando le dita dandomi colpi profondi in vagina facendomi godere.

” Dio mioooo!!…. Godooooo! …Godooooo!!.... Sto godendo con lui!” Pensavo felice.

Dal piacere stringevo forte le sue dita tra le mie iniziando a gemere in modo incontrollato: ”Mmmmmhhhhhhhhhh!!!!!!!!! Siiiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!! Aaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!” Con lui che in quei momenti mi chiedeva:” Mi ami? Mi ami Francesca?”

“Si…sì! Ti amo Gianni. Esclamavo nel godimento. Ed ebbi un primo orgasmo, intenso e profondo, scuotendomi tutta e abbracciandolo. 

Lasciò le mie mani e fece scorrere le sue lentamente sulle mie braccia, fino ad arrivare alle ascelle e di lì al seno pallido, gonfio, palpitante sotto il respiro ansioso, stringerlo e baciarlo, mentre io abbassavo le mie abbracciandolo sulla sua schiena ad accarezzarlo.

Nuda, con le mani mi esplorava tutto il corpo, i fianchi e i glutei, soffermandosi in particolare sul seno prosperoso baciandolo e succhiandolo avidamente. Avevo una eccitazione tremenda, provavo sensazioni diverse che con mio marito e spinsi il bacino verso di lui facendomi penetrare di più, a fondo e sentirlo bene dentro me. 

Lui spingeva, spingeva forte e lo sentivo toccarmi l’utero, ed era bellissimo, meraviglioso.

La mia mano gli accarezzava il torace sudato e la sua il mio seno … insistendo sul capezzolo, che si inturgidì di più; riabbassò il capo e prendendolo tra le labbra iniziò a succhiarlo come se si allattasse.

” Mmmmmmmmmmhhhhhhhhh!!!” Mormorai ed emisi un sospiro di gioia più forte.

Ero talmente eccitata che bastarono pochi colpi della sua asta per farmi venire… avere un altro orgasmo sconvolgente e gemere scuotendomi tutta, stringendolo a me baciandolo, mentre lui lo tirava fuori veloce dalla vagina schizzandomi il suo sperma bianco e caldo con getti violenti sull’addome…

Avevamo terminato il nostro amplesso, restammo abbracciati, lui sopra di me ansimanti mi guardava e accarezzava il viso e i capelli dandomi semplici baci sulle labbra, la fronte, gli occhi, mi coccolava e io mi sentivo bene tra le sue braccia e non pensavo a Raffaele mio marito.

Mai avrei pensato di fare sesso con un tipo come lui che ritenevo bizzarro, inadatto a me anche come caratteristiche fisiche. Eravamo diventati amanti. Avevo un’amante e mi sembrava impossibile, io una ragazza seria, sposata, e di buoni principi, ma ero cambiata, non ero più la Francesca di prima.

Restammo lì abbracciati nel nostro sudore e tra i nostri odori corporali e sessuali e accarezzandomi sul viso esclamò:

“Ti conoscevo completamente diversa, insicura, impacciata e imbranata, ma nell’intimo sei davvero un’altra donna, calda, molto passionale.” Mi fecero piacere quelle parole e gli sorrisi.

Poi ci alzammo, mi lavai lo sperma sull’addome nel bagnetto privato che aveva nel retro e mi rivestii e lui fece lo stesso. Come una adultera mi fece attraversare l’aula delle lezioni al buio, aprì lentamente la porta che dava sulla strada, guardò fuori e dandomi l’ultimo bacino mentre ci lasciavamo come facevo con mio marito, come una ladra uscii e furtiva tornai a casa ad aspettare mio marito. Mi sentivo strana, diversa, il cuore mi batteva forte e provavo sensazioni da ragazzina, lui era il mio secondo uomo, non ero innamorata, ma certamente ero invaghita di lui, infatuata e lo sentivo tanto da considerarlo il mio amante e spesso lo pensavo anche quando ero con mio marito.

A casa mi rifeci la doccia e mi rimisi in ordine e quando entrò Lele, non so perché ma distinto lo abbracciai. “Ti amo!” Gli dissi.

“Anch’io!” Rispose contraccambiando felice l’abbraccio.

“Vieni a cenare!” Lo feci sedere e come una brava moglie lo servii a tavola, non so…  mi sentivo strana... amavo mio marito, ma avvertivo anche forte l’attrazione per Gianni e non capivo perché mi comportavo così.

 

Nei giorni seguenti ripensai, quello che vivevo era qualcosa di speciale, era come se avessi due uomini; mio marito che lo amavo più che altro sentimentalmente e Gianni sessualmente, e li vivevo come se fossero una persona unica.

Mi sentivo in crisi. Ero confusa e anche un po’ depressa della situazione che si era creata. Mi ero ritrovata all’improvviso nella mia routine quotidiana e coniugale, innamorata di mio marito, quasi sempre assente per lavoro e invaghita di Gianni che mi corteggiava e diceva di amarmi, che era l’opposto di lui, fisicamente e caratterialmente, istintivo, un po’ rude, ed era nata la passione, l’infatuazione, l’intesa tra noi.

Ragionando sola mi accorsi che tutto era avvenuto in fretta, troppo… senza nemmeno il tempo di riflettere e lo stavo facendo dopo, che ormai era troppo tardi. 

Non mi aspettavo che mi succedesse quello che mi era accaduto e proprio con un tipo come Gianni, lontano dal il mio tipo d’uomo, ma d’altronde mio marito in quel momento non mi dava l’attenzione di cui avevo bisogno. 

Sapevo che il mio posto nella vita era accanto a lui essendo una coppia sposata e molto presto una famiglia, ma non c’era più il rapporto e l’affiatamento di prima o almeno io vedevo le cose così in quei momenti. Senza la tensione dei corpi tra noi era sparita la complicità e si era bloccata la comunicazione.  

L’abitudine che vivevo nel nostro rapporto coniugale era diventata trascuratezza, e inconsciamente e scelleratamente mi aveva spinto ad accettare le attenzioni di Gianni. Probabilmente inconsapevolmente ero alla ricerca di una passione che sembrava essere venuta meno con mio marito e ritrovavo in Gianni il fuoco inarrestabile dell’emozione, e come un incendio mi aveva travolta bruciandomi, anche se cercavo di essere fredda e distaccata da lui. 

Egoisticamente pensavo che sia Gianni che mio marito facessero parte di me, fossero perfetti nell’insieme pur essendo divisi e diversi, uno sessuale Gianni e l’altro sentimentale, mio marito. Ma non potevo avere due uomini anche per un rispetto morale a me stessa e a mio marito, e farli convivere entrambi in una stessa relazione. Ma ero giunta a un momento della vita in cui i desideri prevalevano persino sui bisogni. 

Non avevo rimpianti a incontrarmi con Gianni, mi ero sposata giovane e non avevo avuto altri uomini né sentimenti per alcuno oltre mio marito e con Gianni si era instaurata una intimità fisica, una complicità trasgressiva e passionale. Sapeva farmi emozionare e fremere, sapeva farmi godere... era rassicurante e mi regalava un senso di tranquillità e completezza. Aveva l’energia rivoluzionaria dell’eros senza la quale il rapporto intimo perde significato. Provavo forti emozioni con lui e continui sensi di colpa verso mio marito, ma che non soffocavano i miei nuovi desideri. 

Con Gianni condividevo qualche ora, momenti clandestini e di adulterio rubati al mio matrimonio prima di tornare a casa per trascorrere con mio marito la serata di coppia coniugale.

Raffaele invece era un uomo all’antica, un marito roccia, affidabile e protettivo ma distratto dal lavoro. L’amore con mio marito era basato sulla fiducia reciproca e il rispetto, valori che anch’io prima di conoscere Gianni seguivo e mi appartenevano, ora invece li trasgredivo con l’infedeltà...il tradimento.

Ero conscia che quella che vivevo era un’insana follia, una leggerezza, ma ne ero travolta sessualmente, anche se in seguito non fu solo una cosa superficiale, ma profonda, avendo difficoltà a dissociare con Gianni l’amore dal sesso, si erano mischiati e fusi insieme e non riuscivo a godere del carnale con Gianni senza esserne coinvolta emotivamente con lui e amarlo. Non fu più solo una questione di sesso, forse non lo era mai stata e io non lo sapevo.

Quando si riusciva con lui facevamo l’amore e lo praticavamo quasi sempre nel retro della scuola guida, essendo un luogo tranquillo e sicuro. 

Io pur piacendomi e sentendomi attratta da lui fui realista e gli dissi:

” Guarda Gianni, io amo mio marito e in un certo modo anche te, ma il nostro è un rapporto più di sesso e passione che di affettuosità, e che una volta finita la scuola guida, finirà tutto. Io non ho intenzione di lasciarlo, voglio vivere con lui. “ 

Lui accettò, fu d’accordo, veniva da un divorzio e non aveva intenzione di impegnarsi sentimentalmente in relazioni e gli andava benissimo la mia proposta, anche se sentiva una forte attrazione verso me e rispose:” È un’avventura l’unione dei nostri corpi e ne tuo marito ne nessuno saprà mai nulla …”

È vero lo amavo a Gianni, come amavo mio marito Raffaele, amavo due uomini contemporaneamente: Si possono amare due uomini insieme? Oggi la mia risposta è sì. Ma per ognuno di loro era un amore diverso seppur unico. A Gianni lo amavo non come amavo mio marito, ma come amante, ed era peggio, perché a lui lo desideravo sessualmente e mi piaceva farlo in quel modo, lasciarmi baciare, leccare, succhiare e io fare lo stesso con lui e il suo sesso. In quei momenti che eravamo insieme mi faceva sentire appagata, realizzata, ascoltata, desiderata… donna. O come diciamo noi “femmina”.  Mio marito Raffaele lo amavo per la sua dolcezza, affettuosità e rispetto che aveva per me sia come donna che come moglie, lo amavo come marito e non come amante. Fare l’amore con Raffaele quando mi cercava, perché io in quei mesi non lo facevo più con lui, non era come farlo con Gianni, era tutto diverso, non c’era fuoco, passione, ma tenerezza, delicatezza e non mi piaceva più, ma non gli dicevo niente, fingevo che mi piacesse.

In quel mese, mio marito vedendomi assente e distratta, per colmare la distanza che si era creata tra noi, decise di aiutarmi a farmi fare pratica di guida con lui, visto che avevo il foglio rosa. Provammo, i pomeriggi che eravamo liberi insieme e le domeniche andammo in zone poche frequentate e seppur timoroso si affidò a me per la guida della nostra auto. Ma con tutta la sua buona volontà fu una frana che mi spinse ancora di più verso Gianni. Innanzitutto la nostra auto e quindi lui non aveva i doppi pedali dalla sua parte, frizione e freno per controllarmi e tutto era affidato a me con doppia mia agitazione e responsabilità se urtavo qualcosa, e poi mi stava di fianco con la mano poggiata sempre sul freno a mano pronto a tirarlo.

Mi dava insicurezza:

” Stai attenta all’incrocio!” Rallenta lì... frena… Guarda che laggiù sta arrivando un’auto… Non stare in mezzo alla strada…” E tutto così. 

“Stai zitto che mi distrai, mi innervosisci! “Gli dicevo, ma lui insisteva non fidandosi della mia guida.

Facevo come mi diceva, ma era una tensione continua, più che avere a cuore che io imparassi a guidare, aveva paura che bocciassi qualche altra auto o toccassi qualche muretto o paletto, oppure la ingolfassi o gli imballassi il motore. Lo accontentavo per non destare sospetti, ma non piaceva guidare con lui, imparavo ben poco, mi spaventava e mi confondeva soltanto, preferivo e pensavo a Gianni, in quei momenti non avrei voluto essere con mio marito ma con lui. Per fortuna furono ben poche le volte che fece l’istruttore.

 

Con Gianni, nei nostri incontri fedifraghi non tutti i rapporti sessuali avvenivano alla sera

nel retro dell’autoscuola e spogliandoci nudi, a volte non c’era tempo o perché lui aveva altri impegni o perché li avevo io e arrivava mio marito a casa e così li consumavamo nel pomeriggio, senza spogliarci completamente e per me erano molto erotici ed eccitanti.

La prima volta che avvenne un pomeriggio mi portò nel retro con la scusa di mostrami dei documenti, c’erano due ragazzi in fondo all’aula che studiavano, quando fummo dentro si mise a baciarmi in bocca, sul collo e sul viso.

Sei pazzo!” Esclamai a bassa voce:” C’è gente di là, ci sono i ragazzi.”

Stai tranquilla che non vengono di qua! E non sentiranno niente. Lasciati andare!”

“No!... Non voglio con la gente fuori!” Ribattei.

“Lasciati andare, vedrai che così ti piacerà di più.”

Ero rigida, lui mi baciava e le sue mani mi frugavano in tutto il corpo. All’improvviso mi fece ruotare, spostò la mia folta chioma sulla spalla e dietro di me iniziò a baciarmi sul collo e la spalla.

Mi sentivo eccitata dalla situazione e dal luogo, piegavo il capo di lato e glielo lasciavo baciare e leccare perché mi piaceva, e mentre lui mi infilava le mani sotto la maglietta e toglieva le mammelle da dentro le coppe del reggiseno spingendolo su e me le stringeva…i miei lunghi capelli cadevano tutti su un lato.

A un certo punto mi spinse verso la scrivania dicendomi:Qui!... Metti qui le mai! “ 

E prendendole sopra le mie, guidando le braccia mi fece segno di appoggiarle sopra la scrivania, e baciandomi sussurrò: Piegati!... Piegati in avanti con il busto!” 

Spingendomi con una mano sulla schiena a farmela chinare, mentre con l'altra mi teneva sul ventre facendomi spostare solo il tronco in avanti.

Mi piegai sotto la spinta e la sua forza, mentre lui togliendo la mano dal ventre mi tirava su la gonna da dietro, scoprendomi il sedere e tirandomi giù le mutandine alle ginocchia, lasciando il sedere nudo, accarezzandolo.

Ero sconvolta, incapace di reagire ma eccitata, mi ritrovai in quella posizione assurda e umiliante a novanta gradi con il sedere nudo e scoperto verso di lui.

Tenendomi sempre giù per la schiena iniziò ad accarezzarmi i glutei e a dargli degli schiaffetti facendomi scuotere. Nonostante tutto era esaltante, sentivo la vagina umida dal piacere e le sue mani toccare delicatamente o brutalmente le natiche. 

“È bello, meraviglioso, hai un culo fantastico Francesca.” Mi sussurrò:” ... E com’è morbido e pallido. Hai proprio un bel culo!” Esclamò, facendomi inorgoglire. Frasi che mio marito non mi diceva mai. 

Girando la testa per reazione al tatto della sua mano ruvida e irriguardosa della mia intimità, lo vidi inumidire le dita con la saliva e li sentii passare sui peli del sesso lubrificandomi e inumidendomi l’apertura vaginale e il suo dito medio penetrarmi e farsi strada facendomi sussultare mentre continuava a baciarmi sul collo.

Sapeva che mi piaceva quello che stava facendo e al suo invito divaricai di più le gambe lasciandomela accarezzare da dietro.

Hai una bella figa pelosa! ...Come piace a me! “Bisbigliò spingendo il dito dentro e facendomi inarcare.

Ferma in quella posizione animalesca, con le braccia tese appoggiate sulla scrivania, sentii il suo glande appoggiarsi e spingere tra labbra vaginali, mentre una mano mi teneva per un fianco e con l'altra si aiutava per infilarlo.

Lo avvertii entrare lentamente ma inesorabilmente dentro me, lungo e duro e sussultai ancora di più. Lui essendo basso, era dell’altezza giusta e non doveva piegare le ginocchia per arrivare a penetrarmi, come invece avrebbe dovuto fare mio marito essendo alto.

E sempre tenendomi per un fianco, iniziò a muoversi avanti e indietro e a chiavarmi, mentre io mi tenevo in equilibrio in quella posizione a me sconosciuta con le mani appoggiate alla scrivania.

Lo sentivo dentro spingere tutto fino in fondo a toccarmi l'utero e pronunciare frasi indecenti su di me e sulle mie parti anatomiche e chiavarmi velocemente con vigore, mentre con le mani mi stringeva le mammelle.

Furono minuti vigorosi, interminabili, anche se brevi sentivo la sua pancia battere forte sulle mie natiche, prendermi per i fianchi e spingere di più, e immobile in quella posizione con tutti i capelli che nei movimenti mi cadevano davanti a coprirmi il viso, iniziai a provare un piacere folle, concentrato, preludio di un orgasmo in arrivo. E subito dopo iniziarono a tremarmi e a cedermi le gambe e incominciai a scuotere il corpo e le natiche spingendole di più indietro verso lui, ed ebbi un orgasmo intenso che non riuscii a trattenere e gemetti, coprendomi lui la bocca con la mano per non farmi sentire oltre la parete. Un lungo:

Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Mi uscì soffocato dalle labbra attutito dalle sue dita sulla bocca. Continuando a penetrarmi in profondità facendomi godere e dal piacere stringere con le dita il bordo intarsiato della scrivania in cui ero appoggiata o stropicciare i fogli che vi erano sopra.

Poi anche lui ansimante, lo tirò fuori veloce riversando sulle mie natiche tutto il suo sperma abbondante, caldo bianco e filamentoso, battendoci sopra il cazzo duro, come a scrollarlo dai residui di sperma che rimanevano e in segno di dominio su di me.

Non sempre facevamo sesso quando ci incontravamo. A volte ero mestruata o le condizioni non lo permettevano.

Un’altra volta che non avevamo tempo, andammo sul retro dell’autoscuola e mi baciò appassionatamente, mentre da sopra gli abiti accarezzava il mio corpo e giocava con i miei capelli che gli piacevano moltissimo. Eravamo tutte e due eccitati, ma era rischioso fare sesso, c’erano delle ragazze nell’aula.

Allora mi chiese di baciarglielo, ma io non volevo.

“Dai su! ...Bacialo un po', io te lo baciata e leccata la figa…” Pronunciò.

Ma a me dava fastidio, non mi piaceva fare quelle cose con la bocca, non lo facevo nemmeno quasi più con mio marito. Ripetei di no...ma lui si mise davanti a me, posò le mani sulle mie spalle e guardandomi negli occhi mi spinse giù con forza:

“No.… dai no!! Gianni… no!... Questo no! Non voglio!” Esclamai infastidita, ma lui inesorabile e con energia mi fece piegare mettendomi in ginocchio, lo tirò fuori e me lo mise davanti al volto eretto.

“Dai bacialo! Leccalo!” Esclamò.  

Non so nemmeno io perché lo feci, forse per accontentarlo, mi avvicinai con le labbra e lo baciai.

“Brava ancora!” Ripeté mettendomi le mani sul capo accarezzandomi i capelli:” Bacialo, leccalo un po' dai che mi piace!”

Lo baciai ancora e dopo come facevo con mio marito tirai fuori la punta della lingua e lo leccai brevemente. Ma la sua mano sui capelli mi teneva abbassata e ferma, ed era una posizione umiliante essere inginocchiata davanti a lui.

“Ancora dai! Succhiamelo un po'!  “Mi sollecitò ormai eccitato.” Fammi un pompino…” Alche io, la giovane sposina, la signora Francesca glielo prendessi in bocca e lo succhiassi.

Sapevo che fare un pompino era un atto di sottomissione e soprattutto d’umiliazione per una donna, ma in quel momento più che una donna ed un uomo eravamo solo una femmina ed un maschio e iniziai a leccarlo sulla cappella e non contento Gianni volle ancora di più:
“ Succhialo!”

“No succhiare in bocca no!” Esclamai staccandomi, ma lui con dolcezza mi riportò la testa sulla sua asta.

“Succhialo solo un po’ Francesca… dai!” Ripeteva per invogliarmi.

Non so perché lo assecondai, forse presa anche dalla lussuria di avere la sua asta eretta in mano, e lo feci, misi in bocca il glande e lo ciucciai come si dice da noi, e lui con la sua mano aiutava la mia testa a tenere la posizione e il ritmo giusto di quel succhiare.

Sentivo dentro di me la tensione aumentare, e lui che continua a tirarmi e contorcermi i capelli con le dita …  E d’istinto come avevo fatto a volte con mio marito, presi tutta la cappella in bocca e iniziai ad aspirare e muovere la testa in avanti.

Per qualche secondo mi infilai la cappella in bocca, ma solo quella e la succhiai, mentre lui con la mano sinistra, con due dita mi accarezzava dolcissimo il collo. 

In bocca lo sentii indurirsi di più e pulsare forte, e all’improvviso e inaspettatamente un fiotto improvviso e violentissimo caldo mi arrivò nella bocca. Mi retrassi schifata togliendo la cappella dalla bocca mentre lui eiaculava, ma reagendo in quel modo, involontariamente feci in modo che gli altri schizzi guidati dalla sua mano sul cazzo mi arrivassero in viso e sui capelli.

Mi aveva colpito l’occhio sinistro accecandolo con il suo seme e sentivo il suo sperma caldo sulla pelle del viso, mentre altri schizzi caldi e potenti continuarono a colpire ritmicamente il mio volto e i miei capelli.

“No… no… nooo! Questo no!” Gridai sconcertata sentendomi colpire in viso dallo sperma di Gianni, ma oramai il mio volto era stato oltraggiato dal suo liquido seminale bianco e filamentoso.

Sputai lo sperma che avevo in bocca, sentendone per la prima volta il sapore che aveva e facendo così, senza volerlo iniziò a colarmi in lunghissimi densi rivoli che mi pendevano dal mento o scendevano dalle labbra. 

Lui rideva, ma io mi arrabbiai molto, mi mancava di rispetto in quel modo eiaculandomi sul viso.

“Sei un porco! Non dovevi!” Esclamai irata.

“Ma dai è solo un po' di sperma. Dai pulisciti!” Mi esortò passandomi i fazzolettini di carta.

Non osavo immaginare com’era il mio volto. Mi sentivo turbata, umiliata e oltraggiata dal suo sperma.

Mi pulii con i fazzolettini, poi in bagno mi lavai la bocca e la faccia, portandomi via anche quel poco trucco che avevo e lui una volta che mi rimisi in ordine, prima che uscissi mi baciò in bocca per dimostrarmi che non aveva schifo, prendendosi da me uno spintone e uno:” Stronzo!!”

In un certo senso mi aveva oltraggiata il volto con il suo sperma, ma non riuscivo a odiarlo.

Con l’intimità sessuale era aumentata anche la confidenza tra noi e quindi l’affiatamento e l’irriverenza, oltre l’ardire da parte sua, che scherzando sfiorava la mancanza di rispetto.

Non so nemmeno io perché continuavo ad andare da lui oltre le lezioni, ma provavo una forte attrazione e mi eccitavano quelle differenze sessuali che scoprivo non avere con mio marito, sia di carattere che fisiche. Il fatto che per baciarlo non dovessi alzarmi in punta di piedi e tirare su la testa arrivandogli alla pari, mi divertivano.

A volte con Gianni scherzavamo, oramai c’era confidenza tra noi e sapendo che a lui dava fastidio lo paragonavo in altezza a mio marito, e scherzando gli dicevo:” Sei piccolotto tu! Mio marito è bello alto!” E lui mi rispondeva ridendo prendendomi per il braccio: 
“Vieni qua signora!” Diceva:” Ti faccio vedere io cosa ti fa il piccolotto adesso…” E ridendo e scherzando finivamo a fare sesso. Forse era quel suo modo di fare menefreghista, sfacciato e irriverente che sessualmente mi faceva godere più che con mio marito.

Sarà stata la clandestinità, l’adulterio, ma era così. Gianni faceva sesso in modo completamente diverso da mio marito, meno dolce e più vigoroso, da dominatore e non alla pari con me come Lele. Eppure mi piaceva di più. Non che fosse particolarmente dotato, anzi forse mio marito visto le proporzioni fisiche lo era di più, anche se lui si difendeva bene emi diceva in genovese:” Omo piccin…tutto belin…” Il belin in genovese era il cazzo… ma era tutto il contorno, la situazione che vivevo, l’adulterio e la clandestinità, il modo di trattarmi, di spogliarmi, di considerarmi donna, di impormi le cose, di fare sesso e di trasgredire che mi piaceva di lui e faceva godere. Anche il girarmi, il cambiare spesso posizione sessuale, il volere farselo baciare, il schiaffeggiarmi la natica o la mammella… il sussurrarmi scherzosamente oscenità all’orecchio mentre lo facevamo come “porca o bagascetta…” mi piaceva e … in quei momenti mi sottomettevo piacevolmente a lui e ne godevo. 

E mi resi conto che mi piaceva proprio per quello per il suo modo di fare e come mi trattava.

Non lo amavo come mio marito, di quello ne ero certa, ma lui mi piaceva come tipo, mi ero infatuata, invaghita. Mi attraeva ecco!”

E mentre proseguiva e si intensificava la relazione tra me e Gianni, il distacco con mio marito aumentava. Nella distanza che si era creata tra noi, nei nostri silenzi, nell’essere spesso uno da una parte e l’altro dall’altra alla sera a fare cose differenti, o vicini ma spesso assenti, Raffaele non poté non notare in me un cambiamento. In un mese e mezzo di quella relazione con Gianni ero cambiata profondamente dentro e fuori. Io non me ne resi conto, ma lui si accorse di alcune variazioni nel mio comportamento. Alla sera ero tranquilla non più agitata, non lo cercavo più per farmi coccolare e mi dedicavo alle mie cose tra cui il messaggiare di nascosta con Gianni dove poi cancellavo tutto e subito. Ed era lui a venirmi a cercare per fare l’amore e una sera non so nemmeno perché lo respinsi anche, concedendomi però quella dopo... ma non era come farlo con Gianni, con mio marito mancava la passione, la carnalità e il vigore che avevo con Gianni. Raffaele era dolce, scontato abitudinario e poi sempre nel letto e nella posizione classica missionaria e alla sera prima di dormire, e soprattutto quando il giorno dopo si era di riposo, ed era un po' come farlo solo il sabato sera … 

Il matrimonio c’era e anche l’amore, la dolcezza e il rispetto, però anche se eravamo sposati solo da pochi anni non era più quello di un tempo, mancava l’emozione e l’esaltazione, la sensualità e la lussuria che provavo con Gianni.

In quei mesi presi l’abitudine che ogni sera che mio marito era di turno al pomeriggio o faceva gli straordinari con turni extra, uscivo e con la scusa di ripassare l’orale andavo all’autoscuola, mi sedevo nell’ultimo banco e quando uscivano tutti io restavo seduta in disparte fingendo di fare qualcosa, o prendere appunti, o leggere o dover parlare con l’istruttore. Gianni mi vedeva e non diceva nulla, andava a chiudere la porta dando un giro di chiave, spegneva la luce dell’aula e andavamo nel retro a fare sesso, eravamo due amanti ormai, anche se il nostro rapporto si limitava prevalentemente agli incontri sessuali e non altro. Quei due mesi feci più sesso con lui che con mio marito, quasi tutti i giorni e orale quando avevo le mestruazioni.

Le lezioni di scuola guida si erano trasformate in altro, in adulterio e tradimento di mio marito, dovevano essere un diversivo per liberarmi delle mie ansie e non pensare più ai problemi e invece ironia della sorte me ne avevano creati altri, indotta ad essere fedifraga e messo in crisi il mio matrimonio e i rapporti con mio marito. E pensare che fu proprio lui, mio marito a propormi e a insistere che io andassi a scuola guida…

 

Un tardo pomeriggio ero più agitata del solito perché saremmo andati a fare pratica di guida in autostrada. Da Albaro prendemmo la sopraelevata e sempre guidando io dopo circa 20 minuti arrivammo a Sampierdarena, da lì entrammo nel casello autostradale dell’uscita dell’aeroporto, mi fece immettere nella corsia e andai verso Rivarolo e Genova est. Facemmo parecchi chilometri nella circonvallazione autostradale di Genova, facendomi segno all’improvviso di mettere la freccia e di entrare in una piazzuola separata dalla sede autostradale da una grande siepe. Mi fece mettere in fondo in modo riparato e non c’era nessuno e si sentivano solo lo sfrecciare veloce dell’auto passare nelle corsie.

Sei stata brava! “Mi disse:” Hai visto che guidi anche in autostrada... e hai fatto anche un sorpasso di un’auto e di un camion. Devi solo stare attenta ai tempi di immissione nella corsia di sorpasso previa freccia e guardare nello specchietto retrovisore di sinistra prima di immetterti che non arrivi nessuno dietro te, sorpassare e finché non rivedi il mezzo che hai superato nuovamente nello specchietto laterale e retrovisore destro non rientrare.” Aggiunse. 

Gli sorrisi, ero davvero contenta di me stessa, di quello che avevo fatto che lo abbracciai. Avevo guidato parecchi chilometri in autostrada e sorpassato anche un camion e seppur piena di tensione lo avevo fatto in estrema sicurezza. Lui mi tranquillizzava.

Il problema si porrà quando sarò da sola!” Pronunciai mentre eravamo fermi.

Ti fai accompagnare da tuo marito.” Mi disse sorridendo.

Tse... se c’è lui faccio errori e incidenti, mi agita la guida e mi angoscia...” Esternai.

Lui rise e risi anch’io e spense il motore.

Mi prese con la mano sui capelli dietro la nuca e mi tirò a sé e ci baciammo, bocca a bocca, lingua a lingua in un bacio passionale e lungo. 

Quando si staccò si guardò in giro e visto che non c’era nessuno mi bisbigliò: 

Dai vieni sopra che facciamo l’amore.”

“Ma non è pericoloso qui!” Mormorai.

“No, è più sicuro che in autoscuola…” Rispose.

Quella posizione a cavallo su di lui mi piaceva, la trovavo trasgressiva e mi eccitava, lo sentivo bene dentro fino in fondo e mi faceva godere. Anche l’essere in macchina in quel luogo seppur riparato, ambiguo e pubblico mi stimolarono sessualmente.

Togliti le mutandine!” Mi sussurrò baciandomi le labbra per poi baciare il collo.

In un attimo tirai su la gonna, presi lo slip nero e traforato per l’elastico e alzando il sedere dal sedile, lo tirai giù a mezza coscia, poi alle ginocchia, alle caviglie e un piede per volta lo tolsi, mettendolo dentro la borsetta. 

Vieni sopra. “Mi esortò accompagnandomi con una mano sul fianco.

Oramai sapevo come fare. Tirai su la gonna all’ombelico, gettai tutti i capelli dietro la schiena, alzai la gamba sinistra e allungandola al massimo andai a cavalcioni su di lui che già pronto. Mi puntò la cappella tra le grandi labbra prendendomi per i fianchi e io sedendomi su di esso lo sentii entrare lentamente dentro me e mi penetrò tutta, completamente fino in fondo... gettandogli le braccia al collo a quella sensazione bellissima di sentirmi penetrata e iniziando a baciarlo. E intanto che lui mi tirava su la maglietta infilando la mano sotto, come la volta precedente alzò le coppe del reggiseno e le tirò su facendomele uscire e si mise a frugare le mammelle, a stringerle e accarezzarle, iniziando a chiavarmi, dondolandomi sopra di lui, su e giù. 

Con la testa toccavo il tettuccio dell’auto ed ero come incastrata su di lui e i capelli per la posizione che ero mi tornarono cadenti tutti davanti sul mio seno e il suo volto. 

Iniziò a chiavarmi dandomi degli schiaffi ritmati ai glutei mentre mi alzavo e abbassavo con il sedere. Lo schiaffo era anche forte e dava la cadenza al movimento del mio fondoschiena nel momento che dovevo alzarlo, ed era eccitante, mi piaceva sentirmi battere mentre mi penetrava. 

Seduta sopra di lui, inginocchiata a gambe larghe e accovacciata nella posizione detta dello smorza candela o come si dice a cavallo o della Walkiria, ai movimenti battevo con la testa il tettuccio e dovevo tenerla bassa verso lui per non prendere colpi; sentendomi penetrare a fondo con la sua asta di carne dura. E godevo nel sentire la cappella battere contro l’utero. 

Era molto erotica e lussuriosa quella posizione, anche se volgare e oscena.

Chiavammo ancora in quel modo lì, con io chinata su di lui con il viso sul suo, le sue labbra contro le mie baciandoci o la sua bocca sulle mie mammelle dondolanti, teso a stringerle con le mani e a succhiarne i capezzoli eccitati e turgidi. Stringendomi mi chiudeva verso lui con le braccia attorno alla schiena, e con le mani mi accarezzava sul sedere o lo sculacciava, oppure mi teneva ferma e stretta sui fianchi, aiutandomi nei movimenti su e giù nella mia adultera cavalcata con lui.

E mi piaceva anche sentirmi allargare le natiche e il solco gluteo, toccare l’ano, accarezzarlo, titillarlo, sentire il suo dito fare pressione su di esso. 

Con mio marito non avevamo mai fatto nulla del genere. Come dicevo con Raffaele non c’era più passione o lussuria, ma dolcezza, affettuosità risaputa, scontata, coniugale, senza peccato e carnalità, era solo quasi un dovere che ci dava un piacere stanco, svogliato, smorzo e scontato, tutto prevedibile. 

Tra la passione, il piacere, il dondolio su di lui a fare su e giù con il sedere e il guardare attorno, non facevo caso a cosa facesse con le mani. Lo baciavo e gli succhiavo le labbra e ne godevo. E mentre ero in quella posizione, sentivo che mi accarezzava e titillava l’ano, mi piaceva quando lo faceva e lo lasciavo fare.

Quando mi abbassavo, era la posizione che mi spingeva giù con il peso del corpo, con l'utero contro la sua cappella, ed era incredibilmente meraviglioso sentire toccarlo.

Avvertivo trafficare sul cruscotto dietro me, ma non vedevo, muoveva la mano posteriormente come se cercasse qualcosa. D’improvviso staccò anche l’altra dal mio fianco e capii solo dopo che senza essere visto da me si mise del lubrificante sul dito continuando a possedermi, giocando e fingendo di titillarlo me lo passò sull’ano. E mentre mi baciava e chiavava e lo praticavamo come la prima volta che ci amammo in quel piazzale, io a cavallo su di lui con la testa piegata in giù e i capelli cadenti su di me sul suo viso e torace, Gianni con le mani mi accarezzava il culo, allargava il solco gluteo continuando a titillarmi l'ano. E come intuii in seguito, fingendo di giocarci me lo lubrificò a mia insaputa, senza che presa dal piacere e dall’esaltazione me ne accorgessi.

Nell’andare su e giù in quell’amplesso stretto e accovacciata a cavalcioni, quando fui in alto con il sedere, all’improvviso con una mano mi spinse il culo più in su facendo scivolare il cazzo fuori dalla vagina, come se avvenisse per caso, dovuto alla mia dilatazione e lubrificazione naturale dell'eccitazione e del piacere vaginale che provavo. E nel rimetterlo dentro, sbagliò volutamente strada e mi puntò la cappella sull’ano e tenendomi ferma per le braccia iniziò a tirarmi giù.

Fu veloce, quando sentii la sua cappella contro l’ano subito non capii, pensavo che non vedendo sbagliasse:” Non è quello il buco…” Le dissi volgarmente ridendo. Ma lui invece di spostarlo in avanti insistette a spingere e avvertii che l’ano, favorito da quella posizione si stava aprendo.

” Che fai? No lì!” Esclamai sorpresa quando sentii la cappella sull’ano, affrettandomi a tirare su il sedere per allontanarlo. Ma mi sentii bloccata dalle sue mani sui fianchi che mi tiravano giù e dal tettuccio che urtavo che mi impediva di alzarmi oltre.

Stai tranquilla, proviamo dietro!” Mormorò con voce suadente ma decisa.

Cosaaa dietrooo?... No… nooo!... Non voglio assolutamente Gianni. Dietro noooo!! Non l’ho mai fatto nemmeno con mio marito! “Esclamai forte e categorica con i capelli sempre cadenti sul suo volto rivolto verso il mio che mi guardava sorridente. 

Ma lui continuò, nonostante la mia contrarietà spingeva tirandomi giù con forza, facendomici sedere sopra come avevo fatto con la vagina, quasi effettuando un’auto penetrazione da sola. E avvertivo l’ano già lubrificato con l’inganno alla pressione del suo glande dischiudersi e la cappella entrare lentamente, e tra la spinta del suo bacino in su, e il tirami giù per i fianchi con vigore insieme al peso del mio corpo tendente a venire giù, non potevo fuggire da quella penetrazione e posizione. Ero come incastrata e la cappella lubrificata di Gianni premeva sempre più forte e malgrado il mio stringere l’ano entrava sempre più dentro facilmente divaricandolo.

No!!! Questo no Gianni!... Non farlo! Fermati!” Esclamai colpendolo a pugni chiusi sulle spalle dalla rabbia e dall’impotenza che avvertivo nel sentire inesorabilmente dilatare l’ano ed entrare il glande.

Ma lui sorrideva con la sua faccia da canaglia e io proseguivo:Nooo!... Non vogliooo! Non voglio lì dai!!  Non ho mai fatto queste cose! “Ripetevo:” Non l’ho mai fatto nemmeno con mio marito…!!” 

Ma lui tirandomi giù e baciandomi con un colpo di reni spinse di più in alto il bacino e avvertii la cappella divaricare l’ano ed entrare facendomi male, lacerandomi gli sfinteri dentro.

Tirai un urlo di dolore con gli occhi umidi: 

“Aaaah!!... Nooooooo!!!... No! No! Noooo!... Non voglio lì...!” Gridai ancora fino a farmi morire le parole in gola deglutendo la saliva. 

E nel sentirmi tirarmi giù inevitabilmente e penetrare gridai forte:” Noooo!... Liiii nooo!!! Non voglio… Ti pregooooo… per favoreee Gianniiii!!!!”

Ma oramai la cappella era dentro, non c’era più niente per impedirlo e mi faceva male.  Inaspettatamente per i fianchi mi tirò giù di colpo il bacino penetrandomi e rompendomi del tutto gli sfinteri anali introducendo anche mezza asta.

Lui mi tirò a sé con il tronco e il volto sul suo e iniziò a baciarmi e leccarmi il viso, accarezzandomi i capelli e la schiena. Ero riversa su di lui che mi abbracciava e accarezzava e avevo una parte del suo fallo dentro, ferma che pulsava. 

Non potevo alzarmi, né fuggire bloccata e inginocchiata a cavallo sopra di lui, prigioniera di me stessa, della posizione accovacciata e dal peso del mio corpo; e con l'aiuto delle sue mani, scendevo sempre più sedendomi su di lui e sopra il suo cazzo eretto come un obelisco, quasi autoinculandomi da sola, facendo entrare tutta l’asta di carne dura fino in fondo. Era terribile, piangevo e tra le mie grida e i miei nooo!!!... continuò e mi sverginò analmente. Piangendo la sentii entrare nel retto e arrivarmi quasi in pancia e gridai ancora dal dolore.

Toglilo!... Toglilooo! Ti prego Gianni che mi fa male!!” Lo supplicai.

Ma quando in quella posizione ebbi tutta la sua asta eretta dentro il retto, mi sussurrò:

Calmati e tranquillizzati Francesca, rilassati, oramai è dentro... Stai ferma un attimo che il retto si abitui all’intrusione e non sentirai sofferenza. Non ti muovere o è peggio, sentirai più dolore.”

Mi fermai con le lacrime agli occhi e presi fiato, comportandomi come diceva lui, abituare l’ano ad essere dilatato e il retto a contenerlo, avvertendo i suoi spasmi forti e le contrazioni per espellerlo da dentro, come fossero feci ma senza riuscirci, spasmi che si riflettevano anche intorno in vagina.

Mi sentivo piena dietro, come se dovessi andare di corpo. 

Ero scioccata, mi aveva sverginata analmente con l’inganno e ora abbracciandomi mi accarezzava i capelli e baciava le lacrime che solcavano le mie guance cadendo su di lui, dicendomi paroline dolci, che il peggio era passato, che oramai l’avevo dentro e che mi amava.

Mi guardava sentendomi tremare sopra lui:
“Dai!!... È fatta amore, oramai è dentro... vedrai che ora ti piacerà. L’ho fatto soltanto perché volevo qualcosa di tuo che non avevi mai dato a nessuno, nemmeno a tuo marito. Una tua verginità a suggellare il nostro amore.” Mormorò.

Avevo le lacrime agli occhi e con quel suo ragionamento si era presa la mia verginità anale, e in quel frangente per un attimo pensai a mio marito che era al lavoro.

Lascia fare a me…” Disse interrompendo il mio pensiero e spingendolo ancora un poco per tranquillizzarmi:” ...lasciare fare a me, lo muovo solo un pochino e lo tolgo subito, stai tranquilla.” 

E invece appoggiando le mani sui fianchi, mi tirò ancora più giù lentamente, sentendo ancora la cappella arrivarmi in pancia e iniziò a muoversi.

E mentre mi lamentavo agitandomi e dimenandomi dal dolore, lui iniziando a spingere si mise a incularmi dolcemente in quella posizione a cavallo, aiutandomi e accompagnandomi con le sue mani sui glutei ad andare su e giù, e dopo averlo sentito scorrere all’interno del retto parecchie volte, il dolore si attenuò…. L’ano si era dilatato e iniziava a farmi meno male.

In quel su e giù anale era come se lo sentissi davvero in pancia e avvertivo la voglia di fare aria intestinale ma non riuscivo perché era chiuso da lui… 

Continuò con quel dondolio a incularmi dolcemente e piano tenendomi con le natiche allargate, per poi togliere le mani e velocizzare il ritmo succhiandomi o stringendomi con una mano le mammelle e i capezzoli davanti al suo volto. Mentre l’altra la portò in basso tra me e lui sul mio sesso e con il polpastrello del dito medio incominciò a solleticare e titillare il clitoride. E iniziai mio malgrado in quella sodomia a provare piacere e a godere di quel movimento e cedere a lui, alla sua brutalità, abbandonandomi e lasciandomi passivamente inculare e masturbare seduta sopra di lui. Provando per la prima volta in vita mia e in quella posizione sconcia, quell'ebbrezza peccaminosa e perversa della sodomia, rompendo un tabù della mia educazione morale, della mia sessualità convenzionale oltre che gli sfinteri del mio ano.

Mi sodomizzava. 

Si muoveva e iniziava a piacermi, anche il fastidio svanì, finché non gemetti, prima una esclamazione piccola e sommessa, poi sempre più grande e voluminosa, fino ad ansimare e gemere liberamente di piacere in quell’abitacolo caldo, afoso e pieno di odori. 

Godevo, all’improvviso mi piaceva sentirlo dentro il retto scorrere mentre lui mi titillava il clitoride. E accompagnavo anch’io con il bacino quella sodomia non voluta ma oramai accettata, e il piacere lento aumentava sempre più di intensità, fino a che presa dall’eccitazione e dagli spasmi anali e vaginali che provocava la masturbazione del clitoride che avvertivo, gridai:

Aaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!” Liberandomi insieme al dolore del piacere e della vergogna per la sodomia che compivo.

Ed ebbi un orgasmo, il primo della mia vita in un orgasmo anale. E lui lo stesso:

” Aaaaahhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!” 

Gemette, ma invece di farmi togliere da sopra, con mio stupore e terrore mi venne dentro tranquillamente e volutamente, tenendomi ferma su di lui abbracciata sulla vita, facendomi godere di più ed e inquinandomi l’intestino con il suo seme.

“Stai tranquilla che da dietro non resti incinta…” Pronunciò sorridendo:” Mettiti solo un fazzolettino che se scende un po' di sperma lo assorbe e non va davanti verso la vagina.”

A quelle parole mi abbassai su di lui e misi la mia fronte contro la sua, entrambe sudate e tutti e due ansimanti, non so quanto tempo restammo così a gettarci in faccia i nostri aliti caldi e sbuffanti in quell’aria viziata.

Poi su sua sollecitazione tirando su una gamba e spostandomi di lato da quella posizione scomoda, lo sfilai con attenzione da dentro l’ano, sentendo uscire all’improvviso assieme al fallo dell’aria rumorosa in modo incontrollabile, tanto da vergognarmi. Ma lui fece finta di nulla, di non sentire per non imbarazzarmi. E subito avvertii una sensazione fresca nell’ano e a peso morto mi risedetti con il sedere sudato e l’ano aperto sul sedile del guidatore, non senza disagio per alcuni rumori che nello spostarmi comprimendo l’intestino mi uscivano e non riuscivo a trattenere. Quella volta sorrise, ma non disse nulla, capiva che mi vergognavo.

Tirati su! ...Metti questo sotto il sedere, se no sporchi il sedile di fece e di sperma e poi ci si deve sedere la ragazza che ha lezione dopo di te!” Mi esortò passandomi un panno. Alzai il sedere e lo infilai sotto. 

“Non dovevi farmi questo!” Esclamai sdegnata:” Mio marito mi ha sempre rispettata…” 

“Ma io non sono tuo marito, sono il tuo amante ...” Replicò sorridendo:” E queste cose si concedono agli amanti e non ai mariti!” 

“Stupido!!” Esclamai. “Comunque non dovevi!” Ripetei risentita e offesa:” Sono arrabbiata con te!”

“Ma dai amore… “Disse:” …almeno ora sei una donna completa e se vuoi più avanti lo rifacciamo e meglio!”

Non dissi nulla, non risposi, mi sentivo oltraggiata.

Notai che preso un fazzolettino di carta se lo puliva sul glande, era sporco delle mie feci, sentendone anche l’odore in quel piccolo abitacolo ormai caldo, vergognandomi a guardarlo. Avrei voluto sprofondare, morire dalla vergogna. 

Lui lesse sul mio volto l’imbarazzo e cercò di mettermi a mio agio.

Non ti preoccupare, è normale che si sporchi le prime volte, capita a tutte…” Disse accarezzandomi i capelli anche se ero immusita.

“Quando si hanno rapporti anali, soprattutto in questa posizione si sporca un po’! La cappella arrivava in alto ed è inevitabile e poi non eri preparata, né pulita con un clisterino. Ma non è nulla.” 

Mi giustificava com’era nel suo carattere e mi toglieva in parte dal disagio.

Dell’odore fu educato e non disse nulla, ma c’era lo avvertivo anch’io e mi disagiava perché era il mio. Abbassò i finestrini dicendo:

Fa caldo, prendiamo un po' di aria fresca!” E nient’altro, facendo uscire fuori l’aria viziata del mio intestino.

Mi asciugai con dei fazzolettini davanti e dietro che gettai fuori. Me ne misi uno sull’ano come se fosse un pannolino, un tampone e presi dalla borsa e mi infilai lo slip, in modo da trattenerlo in sede per non sporcare la mutandina se fosse colato il suo sperma, e soprattutto per non farlo venire a contatto con la vagina. 

Ci mettemmo a posto.

“sei ancora arrabbiata?” Domandò.

Lo guardai:” Non dovrei?” Risposi. Ma lui si avvicinò, mi tirò a sé e mi baciò in bocca lingua a lingua e istintivamente lo abbracciai. Si lo avevo perdonato di avermi sodomizzata. Restammo avvinghiati ea baciarci e dopo qualche minuto staccandoci mi invitò: 

Su ora accendi il motore che torniamo in autoscuola…” 

Accesi il motore e inserii la marcia e iniziai a guidare.

Tranquilla Francesca, stai attenta quando ti immetti in corsia autostradale, ricordati la freccia a sinistra e guarda con lo specchietto retrovisore laterale che non arrivi nessuno.”

E Così sotto la sua protezione ripresi l’autostrada, sorpassai ancora un camion e un’auto e uscii a Genova est, praticamente avevamo fatto il giro intorno alla città, ed erano passate due ore, tornammo in agenzia.  Posteggia e lo salutai, visto che c’era già l’altra ragazza che lo attendeva e mi avviai verso la mia abitazione. 

Giunta a casa andai in bagno e di corpo e probabilmente insieme alle feci mi uscì anche il suo sperma. Mi sentivo l’ano indolenzito, mi lavai bene e misi un pannolino vero per precauzione, caso mai fosse colato qualche residuo di sperma. 

Mi sentivo in colpa verso Raffaele… non solo lo tradivo ma a Gianni avevo donato una parte di me che a lui non avevo mai dato, anche se inconsciamente mi giustificavo dicendomi:

Infondo lui non me lo ha mai chiesto di farlo…”

 

Passarono vari giorni di preparazione alla guida, dove le lezioni si svolgevano al pomeriggio e raramente facevamo sesso in auto, preferivo anche se non avevo lezione farlo alla sera dopo la chiusura in autoscuola, era più comodo, tranquillo e sicuro. Alla sera alle 19.00 andavo in agenzia e aspettavo la fine della lezione e la chiusura, per poi consumare la mia infedeltà dietro il retro con Gianni. 

Le due lezioni di guida serali forse furono le più belle e intime, mio marito era al lavoro e noi ci fermammo anche in pizzeria dall’altra parte della città a cenare insieme. Vivevo una vita e una sessualità parallela con lui. Ma nonostante le mie attenzioni e accorgimenti, non potevo fare a meno di essere preoccupata per mio marito, lui era un tipo buono e mite, non sospettava niente e in fondo mi dispiaceva farlo cornuto e ingannarlo così, ma era più forte di me, stavo vivendo in quel momento un periodo di lussuria che sarebbe durato fino agli esami.

Io e Gianni eravamo come ipnotizzati a vicenda dai nostri sguardi. 

A volte rientravo in casa che mio marito mi stava aspettando, altre che sarebbe arrivato oltre le 22,00 finito il lavoro e con Gianni ci salutavamo sempre non visti con un lunghissimo bacio in privato.

 

In quelle settimane continuammo quella relazione sessuale come due amanti libidinosi e durò fino al giorno degli esami. 

Mai mi sarei creduta capace di fare quello che ho fatto, di tradire mio marito, lo amavo e anche se stavo vivendo qualcosa che moralmente non mi apparteneva né come donna né soprattutto come moglie. Gianni sapeva e gli avevo sempre detto che una volta che prendevo la patente sarebbe finita ogni cosa tra noi. Ma lui non ci credeva, diceva di amarmi, che ero l’unica donna per lui e che era invaghito di me… Parole che mi facevano piacere e a cui credevo.

Un pomeriggio, mentre si avvicinava il giorno dell’esame e stavamo facendo guida, Gianni alla fine della lezione prima di ritornare in autoscuola, mi fece posteggiare e appartare in retromarcia in un parcheggio poco distante dall’autoscuola, con la parte anteriore dell’auto verso una strada un po' isolata per cercare un po' di intimità con me e darmi qualche bacio. Sapeva e gli avevo detto mille volte di non toccarmi e soprattutto baciarmi in luoghi pubblici dove qualcuno avrebbe potuto vederci. Non volevo assolutamente.

Combinazione, sfortunatamente o disgraziatamente mio marito in quel momento stava facendo quella strada con una sorpresa. E visto i progressi che avevo fatto nella guida e per superare la nostra piccola crisi coniugale aveva pensato di farmi un regalo, una sorpresa, un anello in segno d’amore e una cena al ristorante. E il destino… la sorte, volle che venendo all’autoscuola per prendermi, passasse proprio per quella strada un po' isolata e vide l’auto dell’autoscuola parcheggiata, e guardando noi due dentro fermi nel posteggio che discutevamo. E Gianni proprio in quel momento avvicinandosi si girò verso me e mi diede un bacio sfiorato e di sfuggita sulle labbra, come faceva spesso, ma lo allontanai subito da me spingendolo indietro arrabbiata.

“No qui no!! Ti ho detto mille volte di non baciarmi e toccarmi nei luoghi pubblici! Sai che ho paura che possa vedermi qualcuno che conosco…”

Non finii la frase che guardando davanti oltre il parabrezza sbiancai improvvisamente in volto e con gli occhi sbarrati osservavo incredula davanti a me, e c’era l’auto di mio marito che si era fermata a una decina di metri davanti a noi e vidi che si aprì la portiera e scese e venendo verso noi.

Ricordo che in quel momento ho pensato:” Dio miooo… Dio miooo… mi ha vista ora che gli dico???“E poi ancora ormai sconfortata e impaurita:” È tutto finito, ora mi ammazzerà…”

Ero praticamente di ghiaccio e non riuscivo a parlare. In quel momento vedendolo all’improvviso e in quella circostanza l’ho odiato perché era venuto lì. So solo che borbottai tremante:

“Gianni!!...C’è mio marito davanti a noi...ho paura che abbia visto che mi baciavi e possa pensare a qualcosa di brutto... fai qualcosa… aiutami!!” Esclamai. Ero in preda al panico e mi tremavano le mani appoggiate sul volante. 

“Stai tranquilla, calmati!... Cerca di non tradirti tu!” Disse e con sicurezza scese dalla macchina e aprì il cofano fingendo di guardare dentro.

Mio marito intanto si avvicinò, scese anche lui dall’auto, attraversò la strada e percorse quei dieci metri che a me sembravano infiniti, e anch’io vedendolo avvicinarsi, con il batticuore scesi dall’auto e pallida lo guardai. Vidi che mi sorrideva.

Raffaele non si era accorto del bacio di sfuggita che ci eravamo dati io e Gianni, se fosse arrivato una manciata di secondi prima, ci avrebbe senz’altro visto baciarci, ma lassù qualcuno mi aveva aiutata. 

“Dio miooo grazie! Grazie!!” Esclamai dentro di me vedendolo sorridente. 

Mi avvicinai, lo presi per il braccio, lui abbassò un po' il capo, io mi alzai in punta di piedi e ci demmo un bacino sulle labbra e mi misi tesa e gelata al suo fianco, vicino a lui a braccetto.

Avevo una tensione indescrivibile, mi si era bloccato lo stomaco.

“Come mai siete fermi qui!” Mi chiese.

Non sapevo che rispondere avevo il sangue gelido nelle vene, fu Gianni che alzando il capo dal cofano gli andò incontro e mi tolse dal pasticcio. Quando furono uno di fronte all’altro si guardano e io glielo presentai:” Lui è il signor Gianni, il mio istruttore di guida.” Dichiarai, e rivolgendoli a lui dissi:” Questo è mio marito Raffaele!”

Si sorrisero e si presentarono dandosi la mano e Gianni esclamò:” Ah sei Raffaele?”

“Si! “Rispose mio marito sempre sorridendo, con me a braccetto a lui. 

“Mi puoi aiutare che ho la macchina in panne?” 

“Certo!!” Rispose disponibile mio marito ignaro di tutto. E così lasciai il suo braccio e loro insieme e io dietro di loro di pochi metri con il cuore in gola e il sangue gelato osservavo, mio marito e il mio amante assieme per la prima volta.

Guardarono nel vano motore della macchina e Gianni fece finta di guardare all’interno per vedere un eventuale guasto.

“La macchina della scuola guida che si ferma!” Mi sembra strano, da barzelletta! “Esclamò sorridente mio marito guardandomi scherzoso. Io abbozzai un sorriso forzato dietro la mia ansia guardandolo sempre sorridendo con falsità.

 “Sarà qualcosa di elettronico!” Esclamò Gianni tirandosi su dal vano motore e chiudendo il cofano. “Non tocco niente perché l’auto è nuova e in garanzia, se mi accompagna in agenzia chiamo l’assistenza. “Gli chiese.

“Certamente!” Rispose mio marito e salimmo sulla nostra auto io e mio marito davanti e Gianni dietro. 

Mio marito non sospettava nulla e quindi si lasciò convincere a credere a quello che gli dicevamo e alla nostra spiegazione, e finì per dare un passaggio oltre me a Gianni che per rendere tutto più credibile lasciò l’auto nel posteggio per poi ritornare a prendersela.

Era tutto assurdo una situazione irreale, ero in auto con mio marito e il mio amante che parlavano tra loro e durante il tragitto chiacchierarono. Mio marito gli chiese come andavo:

“Bene, va bene la signora…” Rispose con rispetto:” … è molto brava, ha imparato a posteggiare e a fare le partenze anche in salita, deve imparare a rispettare le precedenze e il rosso dei semafori. “Aggiunse divertito:” Soprattutto ad essere più calma e sicura, si lascia prendere facilmente dall’impulso e sbaglia.”

“Sono contento, anch’io le faccio fare qualche guida ogni tanto!” Ribatté mio marito intanto che guidava.

“Lo so! Mi ha parlato di lei…” Rispose sorridente Gianni.

In quel momento parevo una studentessa che il papà chiedeva all’istruttore come andasse la figlia a scuola. Mi sentivo ridicola.

Gianni dietro era divertito della situazione, di avere seduto davanti a lui quel cornuto bello e alto a cui chiavava la moglie che lo accompagnava all’autoscuola e della situazione di essere tutte e tre in auto io lui e mio marito.

Io invece stavo male, stavo male davvero fisicamente, ero pallida, avevo le mani sudate e il cuore mi batteva fortissimo, ero in preda all’angoscia di quella situazione di avere mio marito e Gianni vicini che parlavano amichevolmente tra di loro e mi dispiaceva per mio marito, ignaro di tutto... davvero mi dispiaceva…

E mentre loro discutevano io ero praticamente di ghiaccio e silenziosa cercavo di non darlo a vedere sorridendo controvoglia, mi toccavo i capelli e me li mettevo a posto continuamente come la catenina e il colletto della camicia e mio marito ogni tanto si voltava verso me e mi guardava silenziosamente imbarazzandomi immensamente.

Io proprio per non farmi notare troppo silenziosa, a disagio, impacciata e tesa a quella situazione da mio marito che mi osservava, cercavo di esser più spontanea possibile, facendogli dei falsi sorrisi. In quel momento invidiavo Gianni e mi dicevo:

“Ma come fa a essere così freddo?... Così tranquillo mentre io invece non riesco a muovermi dalla tensione?... Senza quasi riuscire a respirare tanto sono tesa... “

Finalmente arrivammo davanti all’autoscuola, Gianni ci lasciò salutandoci, ringraziando e stringendo la mano a mio marito, dicendogli:” Stia tranquillo, penserò io alla sua signora nei prossimi giorni per la guida.”

Mi sentii morire, sprofondare. Mio marito mi guardò a quella battuta.

Una volta sceso Gianni mi salutò:” Be allora buonasera signora ci vediamo domani!” E andò verso l’entrata dell’autoscuola.  E mentre mio marito ripartiva pensai:

“L’ho scampata bella… Non si è accorto di nulla.” Anche se pareva perplesso della situazione che si era creata. Nel tragitto di ritorno a casa nostra, mi informò che aveva una sorpresa.

“Ho una sorpresa per te amore!”

“Che sorpresa? “Domandai curiosa.

“Una sorpresa d’amore!” Esclamò sorridendomi, spiegandomi:” Ho un regalino per te…” E tirò fuori un pacchettino dalla tasca dicendomi:” Scartalo, che dopo andiamo a cena al ristorante…” 

Lo aprii e c’era un bellissimo anellino con un brillante, mi emozionai, mi avvicinai, lui si voltò verso me e gli diedi un bacio sulle labbra.

“Te lo meriti!” Disse: “In questo periodo ti ho trascurata, ma l’ho fatto perché lavoro, voglio guadagnare e darti una bella casa, non certo perché non ti amo. Sei tutto per me Francy!” Esclamò proseguendo:

“Spero che attraverso questo regalo, tu possa mettere una pietra sopra a tutte le nostre incomprensioni, alla mia superficialità e al distacco nei tuoi confronti.” 

Mi commossi delle sue parole d’amore e stima nei miei confronti e mi sentii ancora peggio, i miei sensi di colpa aumentarono più di prima e ora sapevo che quell’anello segno d’amore e quella cena erano proprio l’oggetto del mio senso di colpa. Quella sera dopo il ristorante tornati a casa facemmo l’amore, non voglio ripetermi dicendo che era un amplesso affettivo più che passionale, ma mi resi conto che lui era una persona buona e mi amava davvero per come ero.

Ma nonostante tutto, ci vedemmo ancora...io e Gianni. 

Solo qualche giorno dopo, sarebbe arrivato il momento di liberarmi di tutta quella storia e dei miei sensi di colpa, era arrivato il giorno dell’esame di guida e con la patente sarebbe finita anche la nostra storia e avevo già scelto, sarei tornata definitivamente da mio marito.

 

Dopo due mesi e mezzo dall’iscrizione e circa un mese e mezzo della nostra storia, giunse il giorno dell’esame di guida. Quella mattina andai alla prova tesissima nonostante vicino a me ci fosse Gianni, ma non andò come volevo e il pomeriggio telefonai dispiaciuta a mio marito:

“Che voce hai! …Come è andato l’esame!?” Mi chiese probabilmente capendolo già dal mio tono di voce.

” Guarda sono stata bocciata, perché purtroppo sono passata con il rosso. Era andato tutto bene, partenze, posteggi anche in retromarcia, immissione in carreggiata e uscita... ma poi non so cosa mi è successo, in centro mi ha preso il panico e sono passata con il rosso. L’istruttore ha frenato con i suoi pedali se no un’auto mi dava dentro, mi urtava.”

Ci fu una pausa silenziosa e poi mio marito mi incoraggiò:

“Va bè non prendertela dai amore, riproverai tra un mese e la prossima volte ce la farai senz’altro ...”

Mi veniva da piangere e stavo male, stavo male perché avevo deluso le aspettative di mio marito, le mie e probabilmente anche quelle di Gianni. Ma che ci potevo fare?

A nulla valse l’interferenza di Gianni con l’esaminatore dicendogli che ero bravissima, che era stata l’emozione, che con le guide non era mai capitato… cercò di intercedere per me, aiutarmi ... ma non ci fu nulla da fare.

“Mi spiace...” Rispose l’esaminatore:” ...passare con il rosso è gravissimo, fosse stato qualcos’altro avrei chiuso un occhio, ma questo proprio non posso...” E così fui bocciata.

Avevo una rabbia dentro con me stessa che per una stupidata dovevo rifare tutto.

Il pomeriggio andai in autoscuola a parlare con Gianni, volevo sfogarmi, ero arrabbiatissima davvero iratissima e me la presi anche con lui e vedendomi agitata per non discutere davanti agli allievi mi portò nel retro.

“Non potevi come fai sempre regolare tu con i pedali la frenata?” Gli dissi irata.

“Se ne sarebbero accorti cosa credi che sono stupidi? C’era il rischio che mi ritirassero l’abilitazione all’insegnamento se, se ne accorgevano, ed essendo soli nell’aula iniziammo una discussione agitata, finché lui non disse:
“ Guarda secondo me è inutile che ti dispiaccia così tanto perché in fondo in fondo, inconsciamente tu non lo volevi superare questo esame...” E mi passò un bicchiere d’acqua per calmarmi dicendomi con un sorriso da faccia da schiaffi:” ...perché tu in effetti vuoi rimanere qui con me e a parer mio ti sei fatta bocciare apposta! “ 

“Tu sei scemo!” Risposi furiosa:” Come ti permetti di fare queste considerazioni su di me?!... Anche il solo pensare che io lo abbia fatto a posta per stare con te è offensivo? Per chi mi hai preso? Ma chi ti credi di essere… non sei niente per me!” Gli gridai arrabbiata e offesa di quello che aveva detto.

“Dai! ...” Esclamò cercando di calmarmi:” ... farai ancora qualche guida con me e tra un mese ridarai l’esame e sono certo che la prenderai la patente, faremo attenzione a non ripetere l’errore.” 

Ma ero arrabbiata e litigammo seriamente e mi voltai per andarmene via, ero infuriata. Ma lui in maniera repentina, mi afferrò per i fianchi e sempre tenendomi stretta da dietro mi baciò sul collo, che ormai sapeva essere una mia zona erogena il mio punto debole ed erotico. 

E io in quel momento lo odiato ancora di più, odiavo il suo carattere così spavaldo, prepotente, menefreghista, però era anche quello che mi piaceva di lui. Mi voltò e ci baciammo lungamente.

La sera a casa confermai a mio marito che avrei potuto di nuovo dare l’esame tra un mese se lui era d’accordo e in quel periodo avrei continuato a prendere lezioni di giuda. Lui fu d’accordo e acconsentì.

“Non sei la prima che viene bocciata amore, sono sicuro che passerai al secondo turno e qualche lezione te la darò anch’io!” Mi disse.

Oramai era la fine di maggio, e così con la scusa delle lezioni di guida continuai la relazione clandestina con Gianni.

Mio marito aveva piena fiducia in me, era convinto che l’amavo e non l’avrei mai tradito, mi credeva incapace di fare una cosa simile e anch’io fino a quando non accadde lo pensavo. Tra noi c’era un rapporto particolare un legame che andava oltre il sesso, lui per me nei periodi che contavano della vita c’era sempre, sostenendomi nei momenti difficili. 

Come già ho detto lo amavo e ritenevo quella relazione con Gianni passeggera, seppur carnalmente eravamo attratti l’uno dell’altro e lui era infatuato di me come io di lui.

Nei giorni seguenti mio marito sembrava aver preso a cuore la mia bocciatura e si era proposto di aiutarmi davvero e farmi qualche guida anche lui; dovevo farne più possibile, facendole anche con la nostra auto visto che avevo il foglio rosa e lui si sarebbe seduto vicino a me, al posto di Giani.  Mise la famosa P (Principiante) ben in vista dietro alla nostra auto e iniziammo a girare nelle strade vicino all’autoscuola, dove io poi avrei dovuto sostenere l’esame di prova pratica.

Accettai di fare le guide con lui per non insospettirlo, ma non mi andava mio marito, era diverso il suo modo di insegnare e spiegare le cose e come già detto mi agitava, ma feci finta di niente e accettai con un falso sorriso.

Un giorno mentre stavo facendo una guida con mio marito ed ero concentrata al volante, passando negli stessi percorsi vicino all’autoscuola dove avrei rifatto gli esami, mio marito mi disse:” Toh!... Guarda chi c’è!... Il tuo insegnante di guida.”

Mi voltai a guardarlo ed era con una ragazza molto più giovane di lui e di me che faceva lo stupido, aveva le mani tra le sue e le portava in bocca baciandole e ridendo.

Mi venne spontaneo di esclamare risentita:” Ma guarda che stronzo!” 

La mia reazione e il mio tono di voce molto stizzito e il modo in cui lo dissi che pareva da donna gelosa, fu percepito da mio marito che rimase un attimo perplesso a guardarmi sorpreso.

“Non ho capito la tua esclamazione. A che proposito l’hai fatta? Perché sarebbe stronzo?” Domandò.

Non ero riuscita a trattenere la mia gelosia e alla sua domanda dopo lo stupore per la mia reazione, dovevo trovare una scusa per giustificarmi. Facendo finta di nulla mi portai una mano sui capelli accarezzandoli e mettendoli a posto e fingendo un sorriso gli dissi:

“Perché invece di insegnare fa lo stupido con allieve!”

“Be più che lo stupido quasi si baciavano, ma deve essere un tipo così quello lì, che ci prova con tutte!” Dichiarò mio marito. E per togliergli ogni dubbio o sospetto su di me aggiunsi.

“Con me non ci prova di certo stai tranquillo, se solo si azzardasse a fare lo stupido o a prendersi confidenza gli tirerei un calcio sai dove?... “E vidi che sorrise. E poi ancora risentita dentro di me esclamai:

“Voi uomini siete tutti uguali...basta che vedete una bella ragazza che vi sculetta davanti non capite più niente.” 

“Perché dici così? A me basti tu!” Replicò.

“Probabilmente non sono tutti come te!” Ribattei.

E la cosa sembrava essere finita così, sembrava il tipico battibecco tra marito e moglie sul ruolo dell’uomo e della donna in una coppia.  Per cui anche quella volta mi ero salvata in extremis o almeno credevo… 

Si, lo credevo, ma lui nella mia reazione, dal tono di voce e dalla mia espressione aveva percepito la gelosia e il mio disagio nell’osservarli, e nel giustificarmi probabilmente non ero stata convincente, ma non disse nulla...

Il giorno dopo non avendo assolutamente digerito quello che avevo visto, arrivai a scuola come una furia, con l’intenzione di troncare subito la nostra relazione, andammo nel retro e quando fummo soli gli dissi:

” Ti ho visto ieri in auto con quella ragazza a cui davi lezioni che facevi lo stupido, le baciavi le mani e accarezzavi il viso.” Feci una pausa e irata continuai:” A me che ti ho dato tutto stai prendendo in giro…. sei un bastardo!! Dicevi di amarmi, di amare solo me, che quando eri solo ti mancavo e invece… sei un bastardo!!” Ripetei e comincia a inveire in maniera molto concitata incurante di offenderlo.

“Sei gelosa?!” Mi Rispose lui ridendo.

“No! Non sono gelosa, solo non mi piacciono le persone false come te ed essere presa in giro da loro.” Ribattei.

“In giro?... E di che cosa ti prenderei in giro? Non c’è nessun legame ne accordo tra noi. Tu fai sesso con tuo marito, perché io non posso farlo con un’altra? Sei sempre stata tu che hai detto che era una cosa solo momentanea senza obblighi, che appena prendevi la patente finiva tutto. “

Quelle parole erano vere, ma a me fecero montare di più la rabbia che dissi incontrollata:

“Non mi interessa, se tu frequenti me, non devi andare con nessun’altra donna, devo esserci solo io per te!”

Lui in silenzio mi osservava fare quella piazzata che aveva soltanto un nome, gelosia, si, ero gelosa di lui che frequentasse le altre allieve, e continuò dicendomi:

” Sembri proprio la mia ex moglie e queste sceneggiate di gelosia me le ha sempre fatte lei e questo motivo per cui abbiano divorziato. “

Non ci vedevo più dalla rabbia, dentro di me ribollivo anche del paragone. Ma era vero, senza rendermene conto le stavo facendo una scenata di gelosia, cercando di mascherarla dietro il non volermi sentire presa in giro. Avevo dimenticato che lui voleva essere un uomo libero, che non voleva impegni, così come lo volevo io che ero sposata e sarebbe stato giusto così.

Si avvicinò, come aveva fatto con quella ragazza mi prese le mani me le unì e le strinse tra le sue guardandomi negli occhi.

“Goditi questi momenti e prendili come un’avventura…” Mi disse. “É quello che cercavi e ora e oggi ce l’hai.”

Dentro di me ero furiosa, gelosa, ma non volevo rompere, sentivo qualcosa per lui. 

“Si! ….” Esclamai possessiva:” …ma io non voglio che tu abbaia rapporti con altre almeno fino a quando sei con me…”

“Lo farei se tu fossi gelosa di me!” Disse guardandomi negli occhi:” Se dicessi che mi ami. Ma non lo sei e non mi ami! “Esclamò. Fece una pausa e riprese:” Oppure lo sei??... Ma se lo sei allora dimmelo, metti da parte il tuo orgoglio, dimmi che sei gelosa di me perché mi ami!” osservandomi in silenzio.

Sapevo che dire di sì era un sottomettersi a lui, ma era la verità:
“ Si sono gelosa!” Esclamai con rabbia:” E non voglio che frequenti altre donne all’infuori di me! “Sorrise.

“Oh brava, finalmente hai detto la verità… che sei gelosa, ma dimmi anche l’altra parola che non mi hai detto, del perché sei gelosa.”

“Restai in silenzio e poi esclamai a bassa voce:” Lo sai Gianni che ti amo, te l’ho anche detto possibile che non mi credi? … Se non fosse stato così non ti avrei dato tutta me stessa, tutto di me!”  Mormorai cercando di calmarmi.

“Se è così lo farò, non scherzerò più con nessuna, perché se sei gelosa di me vuol dire che mi ami davvero! Ma non dirmi più che quando prenderai la patente troncherai tutto con me e non ci vedremo più. L’autoscuola e io saremo sempre qui ad aspettarti…”

Lasciò le mie mani abbassando la sua, appoggiandola sulla coscia e iniziando ad accarezzarmi su fino al gluteo, stringendolo e baciandomi improvvisamente in bocca…  E presa da lui, ancora una volta mi abbandonai e facemmo l’amore su quel divano e ricominciai il rapporto con lui, c’eravamo chiariti, mi ero abbassata e umiliata a dirgli che ero gelosa perché lo amavo… e forse i quei momenti era davvero così, non so!

Sinceramente Gianni fisicamente non mi piaceva come tipo di uomo era l’antitesi del mio ideale, era basso e molto diverso da mio marito che amavo davvero, ma mi piaceva, mi dava sicurezza, mi ascoltava e mi piaceva come mi chiavava, mi faceva godere più di Raffaele. I nostri incontri erano sempre pieni di passione, esaltazione e lussuria, mentre con mio marito erano tiepidi e pensai ancora che avrei vissuto quella storia finché non avrei preso la patente e poi non sarei più andata da lui…ma per ora non glielo avrei più detto.

 

Eravamo ai primi di giugno, e tutto proseguì normalmente come prima per una settimana, con i nostri rapporti adulteri quasi giornalieri consumati per sicurezza dietro il retro dell’autoscuola, dove gli allievi non avevano accesso, ma solo noi.

Negli ultimi tempi avevo notato delle diversità di comportamento in mio marito, pur essendo staccato e distante, sembrava che volesse riaccendere e rinfocolare il nostro rapporto d’amore, ma non ci feci caso: “Quello che capita nel nostri rapporto coniugale, sono momenti che vanno e vengono, alti e bassi di una coppia.” Pensai:” Si risolveranno da soli!”

Ma non c’è niente più pericoloso di quando è tutto tranquillo e normale, e lo imparai a mie spese, E così arrivò l’imprevisto ... 

Una sera mio marito era di i turno pomeridiano e lavorava fino alle 22.00 e io gli avevo detto che quella sera avrei avuto una lezione di guida e avrei finito alle 19.45, ma non era vero.

Quel pomeriggio andai a controllare i lavori nel nostro futuro appartamento che erano quasi al termine, al ritorno feci la spesa, preparai cena per lui per quando sarebbe rincasato. Alle 18.45, normalmente dopo aver messo a posto alcune cose in casa, uscii e andai all’autoscuola mentre Gianni teneva lezione di teoria. Come al solito mi sedetti all’ultimo banco aprendo il libro delle lezioni ripassando e aspettai che finisse.

Mio marito invece a mia insaputa era uscito alle 19,00 dal lavoro adducendo che non stava bene, ma il motivo era che voleva farmi una sorpresa, restare con me, portarmi fuori a cena e risaldare il nostro rapporto e dopo aver cenato, avere un po' di intimità sessuale tra di noi. 

Io ignara, non sapevo che volesse farmi la sorpresa di venirmi a prendere all’autoscuola per portarmi al ristorante e mi comportai come tutte le altre volte precedenti.

 

Come seppi nei giorni seguenti da lui personalmente nei miei tentativi di richiesta di perdono, dove gridando e offendendomi, nella rabbia mi spiegò cosa accadde quella sera e come scoprì tutto, e io lo racconto a voi con le stesse parole con cui lui lo disse a me:

“Quella sera arrivai in auto davanti all’autoscuola, posteggiai poco distante, scesi e passeggiai un poco attendendo la chiusura, da fuori attraverso la grande vetrata dell’aula illuminata che dava sulla strada, ti notai all’interno, seduta di spalle, con la tua testata di capelli neri e mossi all’ultimo banco. Attesi il termine della passeggiando e quando finì la lezione, mentre tutti gli altri partecipanti uscivano, dall’esterno ti rividi ancora all’interno alzarti in piedi, andare da quel Gianni, l’istruttore e parlare con lui. Ti osservai pensando che fosse per motivi di insegnamento che discutevate e restai sempre fuori sull’altro lato della strada sul marciapiede ad attendere che uscissi anche tu, per comparirmi davanti all’improvviso e farti la sorpresa. Invece la sorpresa l’ebbi io…” Esclamò furioso continuando. 

“Quando andarono via tutti aspettai ancora un po' ma tu non uscisti, e vidi che all’interno c’eravate solo voi, tu e l’istruttore che vi parlavate sorridendo, eravate sempre lì a conversare. Attesi ancora, poi notai che al termine della vostra chiacchierata tu stranamente invece di venire verso la porta a vetri dell’uscita, ti avviasti in fondo all’aula verso quella che dava nel retro. E lui Gianni, il tuo istruttore avvicinarsi alla porta d’entrata a vetri e chiuderla dall’interno dando un giro di chiave. Lo vidi poi rigirarsi di spalle, spegnere dal quadro elettrico le luci dell’aula e dell’insegne esterne, mentre in quel buio improvviso tu accendevi la luce della stanza sul retro dove entravi. E con mio stupore osservai e vidi che lui ti seguì all’interno chiudendo la porta dietro di voi, che nell’oscurità lasciò filtrare da sotto su il pavimento nell’aula buia la luce del retro illuminato. “

“Ero attonito. Non sapevo cosa pensare e in quel momento, mi chiedevo:< …ma che ci va a fare mia moglie da sola con l’istruttore nel retro ad autoscuola chiusa?> 

Conoscendoti non riuscivo a immaginarmelo. Ma vedendo che non uscivi fui preso prima dallo sconcerto e poi dal timore, chiedendomi e ripetendomi:< cosa ci fa mia moglie, nel retro con quel Gianni a quest’ora ad autoscuola chiusa. E perché? >

All’improvviso fui preso dai dubbi e iniziai a interrogarmi su di voi, su il tuo comportamento verso me, sull’autoscuola e su quel Gianni il tuo istruttore e come capita a tutti gli uomini e le donne innamorate, mi balenò il sospetto che tu mi tradissi con lui… anche se non volevo crederci.

Ero colpito e incredulo che tu e lui vi appartaste così a lungo nel retro ad autoscuola chiusa e nella mia testa assemblai tutti i fatti che erano accaduti nei mesi e settimane precedenti, dall’episodio di trovarti con lui in auto fermi in un posteggio a chiacchierare, al suo dire che si era guastata l’auto nuova e il tuo imbarazzo per essere stata sorpresa in quella situazione. Ripensai anche alla tua esclamazione di gelosa che non riuscisti a trattenere quando lo vedemmo con un’altra ragazza…. e il fatto che spesso andassi a guidare sola con lui e non in tre in auto come spesso accade. E soprattutto che da quando avevi conosciuto lui, eri diventata distante da me, indifferente e non mi cercavi più sessualmente. Tutte quelle cose in quel momento alimentarono i miei sospetti e quella situazione di essere sola con lui in quel momento nel retro me li confermava.

Quel pensare e il timore che ne seguiva dentro di me mi sconvolsero, non potevo credere che tu, mia moglie, la donna della mia vita, che amavo mi tradisse…” Fece una pausa nella sua rabbia e proseguì:” …che mi prendessi in giro e mi rendessi cornuto con quello sgorbio con il codino. Mia moglie, la stessa donna che dormiva e mangiava con me e da cui volevo avere dei figli e così bussai più volte.”

 

Intanto io e Gianni nel retro ignari di tutto quanto succedeva fuori e che ci fosse mio marito, come le altre volte restammo soli, in piedi e ci baciammo in bocca intrecciando le lingue lungamente. Lui mi accarezzava i fianchi e la schiena e io gli passavo le mie mani sul collo e sulla nuca rasata.

Eravamo tra la scrivania e il divano, luogo attivo dei miei tradimenti. 

Tra le pause dei nostri baci, le carezze e gli sguardi lussuriosi a uno a uno caddero i nostri indumenti fino lui a restare con lo slip e io in reggiseno e mutandine. Mi fece sdraiare sul divano e prendendole sui fianchi per l’elastico, tirandole giù me le sfilò, scoprendo il mio sesso peloso; guardandolo e accarezzandolo con le dita, per poi alzare e infilare le sue mani sotto le coppe e tirarmi su il reggiseno scoprendomi il seno con i capezzoli turgidi. Iniziando a leccarlo e baciarlo. 

Ero eccitata e umida in vagina.

Eravamo nel momento più bello della passione, ed ero a gambe larghe con le braccia sulla sua schiena che mi donavo a lui. Mi aveva appena penetrata facendomi sussultare, iniziandosi a muoversi avanti e indietro dentro di me chiavandomi, quando sentimmo bussare alla porta d’entrata.

“Chi è?” Mormorai a Gianni tirando su la testa, mentre lui restava fermo con il suo cazzo duro dentro il mio sesso a pulsare. 

“Non so!!” Rispose.

Ma ancora sentimmo bussare forte sui vetri e sfilandolo il pene fuori dalla vagina scosse il capo dicendo:
“ Sarà senz’altro qualche ragazzo o ragazza della lezione precedente che avrà dimenticato il cellulare o qualcosa nel banco, è già successo altre volte. Pensa che mi hanno anche chiamato a casa per recuperare gli oggetti. Aspettami qui!”

Mise lo slip, i pantaloni e la camicia e uscì, andando senza accendere le luci dell’aula ad aprire la porta e io restai tranquilla sdraiata sul divano ad attenderlo così com’ero, senza coprirmi, senza mutandine, solo con il reggiseno tirato su e con le mammelle e i capezzoli turgidi piene di saliva di fuori. E lì successe il dramma.

Andando alla porta, uscendo dalla luce ed entrando nel buio dell’aula, dall’interno all’esterno Gianni non riconobbe chi era davanti alla porta a vetri che bussava o mio marito non si fece riconoscere, quello non me lo disse. Gianni aprì leggermente la porta quanto bastava per chiedere chi fosse e cosa volesse, ma appena lo fece quella figura scura inaspettatamente spingendola forte assieme a lui di lato la spalancò e si infilò, ed entrò nell’aula e corse subito verso la porta del retro, l’aprì come una furia e Dio…me lo trovai davanti, lo vidi, lui, mio marito, che furioso e incredulo mi guardava nuda sdraiata sul divano di Gianni ad attenderlo.

Mi venne un colpo, mi crollò tutto addosso:

“No! Nooo! Noooo!” Pensai subito:” Dio che vergogna… che vergogna…  Mi ha scoperto e ora?” Ero incredula, timorosa e spaventata con lui che mi guardava serio, avrei voluto fermare il tempo a dieci minuti prima e far tornare tutto come prima. Al suo sguardo su di me provai una sensazione di disonore mai avvertita in vita mia, mi sentii sporca, colpevole, traditrice… 

Mio marito capì tutto, mi vide in quella situazione che mai avrei voluto che vedesse, sdraiata nuda a gambe larghe nel divano di Gianni in attesa di lui.

Furono attimi eterni, senza tempo, lunghissimi.

Eravamo uno d fronte all’altro, lui in piedi con il viso tirato che mi guardava con incredulità e disprezzo, con Gianni arrivato e poco dietro lui che dopo aver borbottato:” È colpa mia!” in un estremo tentativo di mia difesa restava silenzioso e io sul divano che lo guardavo dal basso all’alto vergognandomi. 

In quegli attimi interminabili mi osservò con dolore, come a chiedermi:

” Come hai potuto tradirmi Francesca? Noi che stavamo progettando il futuro, la casa, i figli.”

Non capii più niente, l’unica cosa che feci fu quella di scoppiare a piangere dalla vergogna e dalla paura, misi le mani in faccia e iniziai a singhiozzare forte dicendo:

“Perdonami Raffaele.”

Sapevo di averlo ferito e che ora mi disprezzava come io da quel momento disprezzavo me stessa. Avevo rovinato la mia vita e la sua, il nostro matrimonio, il nostro futuro e solo allora in quel momento sembrava che me ne rendessi conto, che capissi cosa avevo distrutto con il mio comportamento. 

“Come hai potuto farmi questo!?” Urlò mentre piangevo prendendomi il braccio e togliendomi la mano dal viso. Ma io restavo a testa bassa, non riuscivo a guardarlo dalla vergogna. 

Pensavo che avrebbe avuto una reazione violenta verso me e Gianni, invece l’unica parola che disse guardandomi con gli occhi umidi in faccia fu:” Mi fai schifo!!” 

Si voltò e se ne andò lasciandomi lì mezza nuda sul divano a piangere con Gianni vicino.

Realizzando in quei pochi attimi che se ne era andato e lo stavo perdendo per sempre, come una furia mi alzai, cercai le mutandine e le infilai, rimisi a posto il reggiseno e mi rivestii di corsa mentre uscivo e lo insegui per fermarlo, non so nemmeno io perché lo facessi, probabilmente l’istinto di non perdere la persona che amavo….

Ma uscita fuori non lo vidi, lo chiamai, gridai forte il suo nome: “Raffaeleee!!...Leleee!!!” Nell’inscurire della strada tra alcuni passanti che mi osservavano, ma niente, non c’era più. Lo cercai anche con lo smartphone ma non rispose. 

Mi avviai a casa a piedi, camminando e correndo piangendo, senza più guardare Gianni, quando arrivai, sul pianerottolo trovai due valige con tutti i miei indumenti fuori dalla porta e a nulla valse suonare, piangere e sedermi fuori a supplicare di farmi entrare. Non mi parlava più, non voleva più vedermi né sapere nulla di me.

Dopo alcune ore dietro la porta, stanca e infreddolita, presi le valigie e andai a casa di una mia collega che viveva sola e piangendo la informai che avevamo litigato io e Raffaele, ma non le spiegai la verità le motivazioni, e mi ospitò lei….

Inutile dire che da quel giorno non rividi mai più per mia scelta Gianni, lui mi cercò ancora inviandomi messaggi e chiamate a cui non risposi, proponendomi anche di andare a vivere con lui che mi avrebbe accettata volentieri… che mi amava, ma non volli e troncai tutto. Smisi di andare a lezione e non presi la patente... non mi interessava più.

Così io e mio marito vivemmo separati, ognuno per proprio conto, lui da solo in casa e io dalla mia collega a cui pagavo metà spese di affitto e condominio, avrei dovuto restarci solo qualche giorno. Invece….

Ero piena di vergogna per quello fatto, pensavo al paese, ai miei genitori, ai suoi, che ci volevano bene e ci credevano felici, ci avevano aiutato economicamente per la casa e ora si aspettavano il nipotino. Nelle chiamate che facevo settimanalmente a mia madre o a mia suocera o mi chiamavano loro, dicevo che andava tutto bene e se chiedevano di Lele le dicevo che era uscito o era al lavoro. Anche nelle chiamate che facevano a Lele, lui probabilmente non disse mai niente della nostra situazione, che eravamo separati, se no lo avrei saputo, me lo avrebbero detto.

Passarono le settimane, ma io non perdevo mai la speranza di incontralo, parlargli e soprattutto poterlo riconquistare, anche se sapevo che quello che avevo fatto per un uomo, un marito, renderlo cornuto era un fatto gravissimo.

Cercai in tutti i modi di incontrarlo, parlargli nei corridoi dell’ospedale, nei fine turno, spiegarmi, ripetergli che ero pentita e lo amavo sempre, ma non ci fu modo di farlo, mi sfuggiva, non voleva vedermi… 

Mi ritrovai senza marito e soltanto all’ora che non c’è l’avevo più, scoprii quanto l’amavo, quanto mi mancasse e quanto ero stata stolta ad avere avuto quella relazione. Con quel Gianni, avevo perso tutto... il mio amore e il mio futuro.

Ma io continuavo cercarlo, non mi davo per vinta, anche se lui non voleva assolutamente più vedermi, incontrarmi, ascoltarmi e quando mi vedeva cambiava strada. Ero diventata gelosa di lui, a vederlo parlare con le colleghe avevo paura che qualcuna me lo portasse via, si mettesse con lui.

Non c’è rimedio a un tradimento, perché si sgretola tutta la fiducia creata per anni e Raffaele in quel momento faceva bene a girarmi la faccia. Ma io non demordevo, ero un ‘ capa tosta’ come si dice da noi, tanto che nelle telefonate che facevo al paese a mia madre o alla sua, non dissi mai che eravamo separati, lo rifiutavo psicologicamente, fingevo che tutto fosse come prima, tranquillo e lui lo sapeva, perché parlava anche lui per conto suo in paese con i genitori e i suoceri...

 

Passarono tre mesi e anche se ero diventata una zombi, l’ombra di me stessa, ero sempre alla ricerca di riconquistarlo e farmi perdonare. Da buona meridionale non mi davo per vinta e rivolevo il mio uomo… mio marito, ed ero pronta a combattere fino alla fine.

Dopo tre mesi un giorno riuscii a fermarlo nel piazzale dell’ospedale e parlammo nel nostro dialetto. Mi disse quello che pensava di me … che ero una zoccola (una puttana) … nu cessu (una latrina), na chiavica (una schifezza) e altro ancora che evito di scrivere. Mi chiese di quando ci sorprese nel posteggio la prima volta e non mentii più e gli dissi la verità, che quella dell’auto in panne era stata una falsità e che eravamo i fermi in auto a baciarci...Anche quando lo vedemmo con la ragazza, gli dissi che la mia reazione era stata inappropriata, aggiungendo che a lui (a mio marito Raffaele), mai lo cambierei con nessun altro uomo al mondo. 

Scusami, perdonami...mi inginocchio davanti a te e davanti a tutti e ti chiedo perdono...” Gli dissi facendolo e inginocchiandomi:” … ho sbagliato, non so nemmeno io perché l’ho fatto, sono pentita credimi... perdonami” Ma lui mi alzò per un braccio dicendomi:” Vai via schifosa…”

Piangevo e tremavo tutta, feci una pausa e continuai:

” Io ti amo Raffaè... amo solo te e so... sento che anche tu mi ami ancora, mi vuoi bene e non puoi scacciarmi così, lasciarmi in questo modo... preferisco che mi punisci, che mi picchi… ma non lasciarmi.”

Lui si guardò attorno e non c’era nessuno e poi mi esclamò:

È vero anch’io ti amo ancora, ma a nulla varrebbe il mio perdono, oramai non mi fido più di te. E avrei sempre, sempre il timore che tu mi facissi e curna ancora!”

“No! No! No! Te lo giuro Raffaele, non lo farò mai più, credimi...” Ripetei piangendo:” Perdonami!” 

Ma lui mi rispose solo:

“Spero solo Dio che mi aiuti a dimenticarti presto, non voglio avere più nulla a che fare con te e ho chiesto anche il trasferimento in un altro ospedale e presto chiederò il divorzio.”

A quelle parole mi sentii morire, significava che davvero era tutto finito e mormorai piangente: 

“No! Non farlo Lele! Ti prego non andare via… non chiedere il divorzio, resta con me, perdonami ...” Prendendolo e tenendolo per un braccio, ma lui con un gesto veloce e deciso si divincolò e staccò dalle mie mani e se ne andò lasciandomi attonita e piangente nel piazzale.

Non volevo che si trasferisse, né che divorziasse da me, io lo amavo, lo amavo davvero e anche lui mi amava, me lo aveva anche detto… 

Non potevo restare così passiva e impotente ad assistere allo sfaldarsi della mia vita, del mio matrimonio e del mio futuro per uno sbaglio, e così una sera che pioveva forte, alle 22.30 finito entrambi il turno di lavoro, mi cambiai in fretta e furia, uscii con un ombrellino e andai ad aspettarlo vicino alla sua auto.

Quando arrivò, mi vide lì in piedi sotto la pioggia vicino alla sua auto, bagnata con un ombrellino che mi riparava appena.

Pioveva fortissimo, veniva giù che Dio la mandava.
Mi guardò senza dire nulla.

“Mi dai un passaggio?” Gli chiese con voce timorosa e tremante. Non rispose, ma si voltò ancora a guardarmi ero bagnata e anche infreddolita.

Aprì le portiere con lo scatto del telecomando, chiuse il suo ombrello e lo mise dentro e pensavo che ancora mi avesse lasciata lì, invece mentre entrava mi disse:

“Sali!!” E veloce e tutta bagnata feci il giro dell’auto e mi affrettai ad entrare e partimmo. Approfittando della situazione lo feci fermare di lato:
“Vuoi scendere?” Mi disse ironico.

“No! Voglio parlarti!” Risposi.

“Non abbiamo più niente da dirci io e te.” Ribatté lui.

“E invece si!!” Replicai io con le lacrime agli occhi. E ci fermammo a discutere in auto sotto la pioggia, iniziando a parlare senza riuscire a trattenere le lacrime e gli ridissi le stesse cose del piazzale piangendo, tenendolo ancora per un braccio:

“Ti amo Raffaele… io sto male senza te!... Sto male mentalmente ma anche fisicamente, non posso vivere senza di te… non mangio, sono dimagrita! Ti voglio, ho sbagliato, perdonami ti prego.... Prendimi a mazziate (picchiami) me lo merito, ma non lasciarmi... lo so che sono una femmina che non merita o tuo rispetto, ma perdonami.”

Di li iniziò una discussione che durò oltre un’ora, dove mi rinfacciò ancora tutto e io gli dissi che era vero, che aveva ragione che meritavo quello che mi diceva e che se avesse voluto punirmi in qualunque modo di farlo, anche di picchiarmi, ma che lo amavo, di perdonarmi, di darmi un’altra possibilità che non l’avrei mai più tradito… che quello che era successo io non lo volevo ma è accaduto.

Lo accarezzai sul viso ...” Sei come l’aria per me Raffaele! Sei il mio respiro, se non ci sei tu io mene muoro.” Dissi nel nostro dialetto piangendo mentre lui restava in silenzio e guardava in avanti oltre il tergicristallo che si muoveva a tempo con quel tac sordo dello scorrimento.

Poi si voltò e mi guardò.

 

Sapete come è finita? 

Oggi sono passati tre anni e siamo di nuovo insieme e abitiamo nella casa nuova che ci siamo acquistati, il nostro nido d’amore. Gli ho giurato che non lo tradirò mai più...Che lo amo.

Lui ha provato in tutti i modi ad allontanarmi e dimenticarmi, ma non c’è riuscito, il suo cuore è stato più forte della sua mente e alla fine mi ha perdonata perché mi ama sempre.

 

Ripensandoci sinceramente non so nemmeno io perché lo avevo tradito con Gianni, forse il fuoco della passione, Gianni era simpatico, mi metteva a mio agio e dava sicurezza, ma non lo amavo, ero presa da lui sessualmente, era passione e mi sono concessa…

Mio marito ha dimostrato di essere il grand’uomo che è, e mi ha dato la più grande prova d’amore che potesse dare un uomo, mi ha perdonata… mi ha ripreso a casa con lui, mettendo da parte l'orgoglio, chiarendo tutto con me che un secondo errore sarebbe la fine di tutto. 

Nel periodo che siamo ritornati insieme, non mi ha mai (nemmeno una volta) rinfacciato il mio errore. 

Tutto è più o meno tornato alla normalità, ho sofferto moltissimo, e anche mio marito lo so senz’altro più di me. Soltanto all’inizio al momento della rabbia nel vedermi nuda in quel divano mi esternò il suo disprezzo per me. Ma mai una volta ha ceduto alla perdita del suo autocontrollo e mai mi ha messo le mani addosso ne toccata con un dito anche se me lo meritavo.

Ora abbiamo una figlia di due anni, ho preso qualche chilo e presto un’altra ne arriverà, è in viaggio, sono di nuovo gravida di cinque mesi e anche se tra noi non c'è passione, e poco sesso, c’è tanta tenerezza e una grande intesa e affetto. Mi sento innamorata di mio marito. 

A volte è evasivo, scostante, non comunica con me. Ma gli voglio molto bene. Poi adesso è tutto per nostra figlia e per l’altro che arriverà.

Naturalmente non gli dissi mai cosa avevo fatto sessualmente con Gianni e di quello che lui aveva fatto a me. Come tutti gli uomini alla sua richiesta di sapere fin dove mi ero spinta sessualmente mentiigli feci credere che ci furono solo tre incontri nel retro dell’autoscuola in cui mi aveva avuta completamente e nient’altro, ne rapporti sessuali in auto ne orali e anali... niente, non capirebbe e lo ferirei di più.

Gianni a volte lo vedo passare con l’auto dell’autoscuola che da lezione di guida a qualche ragazza o signora, quando mi vede la fa rallentare e mi guarda, mi scruta e mi fissa sorridendo con il suo codino ridicolo. Sa che mio marito mi ha perdonata e siamo ritornati insieme e abbiamo un figlio e mi ha vista anche ancora gravida e nonostante ciò quando mi vede mi osserva in un modo desideroso, imbarazzandomi e mettendomi a disagio con me stessa dopo quello che c’è stato tra noi. E visto che ho sempre lo stesso numero di smartphone e non l’ho cambiato, ogni tanto mi manda messaggini dicendo che non mi ha dimenticata, che mi vuole incontrare e parlare, ma io so di cosa vuole parlare e leggo e cancello subito, non ho mai risposto ...ma ci prova sempre e mi rinvita a prendere la patente B. Non so se la prenderò mai, certo se lo farò sarà in un'altra autoscuola.

A mio marito non ho mai detto nulla che lo vedo passare né soprattutto del suo nuovo atteggiamento nei miei confronti, delle sue avances visive e virtuali, dei suoi sorrisi maliziosi. Non ho il coraggio di farlo, succederebbe un pandemonio, sarebbe capace di andarlo a prendere a pugni nell’autoscuola. Eppure, nonostante tutto quello che ho passato e rischiato, purtroppo a volte ci penso a lui, è come se tra noi ci fosse sempre un filo sottile che ci lega e non si vuole spezzare. Spero solo Dio se mai un domani capitasse obbligatoriamente per un qualsiasi motivo o casualmente senza volerlo di incontrarci, di essere forte e distaccata come lo sono ora.

 

Francesca.

 

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