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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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STORIE IGNOBILI

la vendetta del cornuto.jpeg

VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI

LA VENDETTA DEL CORNUTO

 

NOTE:

 

“Vendicarsi delle corna della propria moglie, è indurla a continuare a praticarle davanti a te ma con chi vuoi tu!”

Anonimo.

 

IL CORNUTO

Salve.

Questa è una storia accaduta anni fa e che oggi ho deciso di narrare, preso anche dal desiderio di ricordare.

Mi chiamo Mario e ho 43 anni, sono un bell’uomo, ancora affascinante e all'epoca del fatto ero un bel ragazzo, alto, magro e molto desiderato da altre ragazze. Mia moglie Miriam ne ha 39 di anni, è una bella signora quasi quarantenne ora, molto piacente, mora, con i capelli mossi sul collo con un fisico attraente e gli occhi scuri.

Ci siamo conosciuti da giovani, frequentati, amati e sposati giovani.

Tutto iniziò qualche anno fa, in una cittadina sul mare, io avevo 28 anni e lei 24 in quel periodo, eravamo coniugati da pochi anni e si può dire ancora sposini ed avevamo avuto da poco più un anno una splendida figlia.

Ma moglie come tutte le donne, durante la gravidanza era ingrassata di qualche chilo che aveva tenuto anche dopo il parto e che avrebbe riperso lentamente in seguito.

In quel periodo con sacrificio praticava una dieta, ma non riusciva a dimagrire ed era sempre in equilibrio tra l’astensione dal cibo e il desiderio di mangiare. Nei tempi liberi dalla bambina, quando l’accudiva mia suocera, a casa sul tappetino blu apposito praticava ginnastica, oppure lunghe pedalate sulla cyclette, come vedeva nei programmi appositi in tv, ma con scarsi risultati. E non vedendo l’effetto alle sue fatiche, si affliggeva e presa dalla delusione si demoralizzava, pensava di essere più formosa di quello che era, anche se non era vero, addirittura si vedeva grassa e anche brutta, pur essendo sempre attraente e di non piacere più, essendo sempre stata magra e corteggiata e proprio non si vedeva in quel corpo lievemente arrotondata. Come molti di voi sapranno, non c’è niente di più terribile e deprimente per una donna di quando ingrassa, oppure dirglielo in faccia che è ingrassata e arrotondata e qualche amica glielo diceva per dispetto con invidia…” Sei ingrassata Miriam?”

Io mi divertivo della sua rabbia, la sfottevo, era sempre molto bella e attraente anche se leggermente formosa, ma mi piaceva fargli notare quei chiletti di più, incurante che lei ne soffrisse davvero molto, maggiormente di quello che io immaginassi.

Anche se il suo cambiamento fisico era modesto, lei si sentiva diversa, non bella, non

desiderabile e io ingenuamente e crudelmente giocavo con questi suoi sentimenti, fino avvolte a farla arrabbiare e mi allontanavo ridendo, dicendole:

 “Bisteccona!” ... Parola che la faceva soffrire molto e incazzare quando glielo dicevo.

Vivevamo in un appartamento al primo piano, in un palazzo attiguo a un hotel e il piano rialzato sotto di noi era composto dalle cucine e da alcune camere dell'albergo, diviso dall'hotel vero e proprio dalla scala del nostro palazzo, cui il pianerottolo fungeva da passaggio dei due settori.

Il nostro appartamento era un trilocale che correva per la lunghezza del palazzo.

C'era un’entrata quadrata di tre metri per tre, con sul lato destro due porte con vetro centrale zigrinato, una di una futura camera di nostra figlia, ma ora adoperata un po' come studio o stanza per ascoltare la musica o degli ospiti. L'altra vicina alla prima, dava in un ampio soggiorno, in cui come si entrava seminascosto alla sinistra, c'era il cucinino non abitabile.

Cucina e soggiorno erano direttamente comunicanti da un’ampia apertura senza porta, divisa solo da due tende; zona pranzo e soggiorno erano adiacenti con continuità visiva.

Le pareti laterali della sala da pranzo erano dipinte in un colore che riprendeva la tonalità del

pavimento. Nella sala da pranzo a sinistra, un lungo mobile a credenza, di ciliegio, ad angolo con vetrine e ripiani copriva due pareti e su di essi vi erano soprammobili, piatti e bicchieri. Nell'angolo di questo mobile c'era un grosso televisore. Subito dopo una porta finestra, dava su un terrazzo ampio, che aveva accesso anche dalla stanza attigua degli ospiti.

Di lato sulla destra e seminascosto dall'apertura della porta d'accesso al soggiorno, al centro della grande parete c'era il divano tre posti, quasi di fronte al televisore, bello, grande e morbido, dove ci sedevamo alla sera dopo cena a guardare la televisione o a leggere, con la bimba in braccio o sdraiata vicino a mia moglie.  

Sulla sinistra dell'ingresso altre due porte, la prima dava sul bagno lungo e stretto con la vasca, lavabo, bidet e wc tutti su un lato, quella dopo era la nostra camera, arredata con gusto e vicino al letto matrimoniale dal lato in cui dormiva mia moglie, c'era provvisoriamente il lettino di

nostra figlia.

Di fronte all’ingresso, un’altra porta che dava in un piccolo sgabuzzino, che fungeva da

spogliatoio, appendiabiti e porta scarpe.

Mia moglie in quel periodo non lavorava, la bambina era ancora piccola, aveva quasi due anni,

faceva a tempo pieno la casalinga ma soprattutto la mamma. Eravamo molto felici.

Io ero infermiere in un grande ospedale, guadagnavo discretamente da poter permettere una vita dignitosa a entrambi e qualcosa avevamo da parte.

Nella mia professione in corsia, facevo i turni, al mattino dalle 06 alle14, il pomeriggio dalle 14 alle 22 e la notte dalle 22 alle 06 del mattino e queste turnazioni mi permettevano di guadagnare bene.

Una notte che ero di turno, come al solito prima di andare via abbracciai e baciai mia moglie e la bambina, ci saremmo rivisti al mattino successivo alle sei e mezzo, sarei passato dal forno e le avrei portato la focaccia o le brioches ancora calde che le piacevano tanto.

Uscii che erano circa le 21.30 circa, dopo i saluti, lei mi accompagno alla porta baciandomi ancora e augurandomi una notte tranquilla e senza problemi.

La strada per arrivare sul lavoro era breve, pochi chilometri, una decina di minuti e altrettanto per cambiarmi, mettere la divisa bianca e salire nel reparto.

Alle 21.50 ero già su in corsia con le mie colleghe pronto a prendere le consegne del cambio

turno sui pazienti. Ci sedemmo intorno alla grossa scrivania del posto infermieri e ridendo e

scherzando, iniziammo.

I turni di lavoro erano composti da tre infermieri, ma quella sera ci ritrovammo in quattro a dare il cambio, tre colleghe e io, c'era stato un errore della caposala nel comporre il quadro di servizio e nessuno di noi se ne era accorto prima.

Tra i soliti battibecchi e parole del tipo: “Io non torno indietro oramai!” Oppure:” Questo è il mio solito turno! “Ed altre espressioni dello stesso tenore, si decise, visto che la settimana prima io avevo fatto il turno doppio coprendo anche quello di una collega in malattia, che sarei stato io a tornare a casa.

Ne fui ben felice, stetti ancora qualche minuto a chiacchierare e scherzare con loro, poi le salutai e tornai giù nello spogliatoio a ricambiarmi. Oramai erano le 22 e 20 quando uscii dall’ospedale e lentamente senza fretta guidai verso casa, posteggiai al solito posto e mi avviai verso il mio alloggio e salii su.

Nella scala pensai che probabilmente erano già a dormire e che se avessi fatto anche il minimo

rumore le avrei svegliate, soprattutto mia figlia, la bambina, che se perdeva il primo sonno non dormiva più e ci teneva svegli tutta la notte.

Cosi silenziosamente decisi di aprire la porta piano e se Miriam era a letto ed era chiusa oltre che con la chiave anche con la strange, le avrei telefonato per non suonare il campanello e farmi  aprire, se invece c'era solo la chiusura normale a due giri, sarei entrato.

Introdussi e girai lentamente la chiave nella serratura come se fossi un ladro, fino ad aprirla e

spingerla.

Diedi due giri lentamente per non fare rumore e per ultimo sempre con il mezzo giro della chiave aprii la serratura, pensai che forse era ancora sveglia o forse si era dimenticata di metterla, o come a volte capitava per non dover essere svegliata al mattino alle sei e trenta quando rientravo, non la metteva.

Spinsi lentamente la porta con la mano e ne buio dell'entrata vidi dei lampi bianchi sul muro che schiarivano l'entrata e provenivano dal soggiorno, capii che era il televisore acceso.

“Forse l’ha dimenticato acceso…” Pensai:” …o forse si è addormentata con la Tv accesa.”

Quando fui dentro, sempre silenziosamente con la mano riavvicinai la porta allo stipite tirando nuovamente la cricca, chiudendola lentamente, accompagnandola.

Mi voltai, feci pochi passi e guardai in camera aprendo leggermente la porta socchiusa, vidi la bambina che dormiva nel lettino con la piccola abatjour fioca accesa come luce notturna di riferimento, non la lasciavamo mai completamente al buio.

Mi rivoltai verso il soggiorno e assieme ai lampi della tv che attraversavano i vetri illuminando le pareti e il soffitto dell’entrata, arrivavano anche strani rumori soffusi.

Mi avvicinai piano, curioso e teso, la porta era già socchiusa, con la mano lentamente la spostai ancora un poco verso l'interno e i brusii aumentarono e vidi riflesso nelle vetrine del mobile di ciliegio a credenza, assieme ai bagliori della tv dei movimenti sul divano.

Allungai la testa e guardai direttamente all’interno e mi venne un colpo, vidi una donna sdraiata sul divano a gambe larghe e un ragazzo sopra di essa che stavano chiavando, cercando di soffocare i gemiti di piacere.

Ero sbalordito.” Ma che sta accadendo?” Pensai, non potevo crederci, ero a casa mia.” Chi erano quelle persone?”  Un dubbio mi prese la mente, guardai con attenzione e il sangue mi si gelò nelle vene. Non potevo crederci, era mia moglie Miriam quella donna sotto il ragazzo che si faceva chiavare.

Ero sconvolto, mi sembrava impossibile, non poteva essere vero, era un incubo.

Guardando meglio, riconobbi anche il ragazzo che sopra di lei la stava chiavando, era Giovanni, il garzone dell'albergo che lavorava nelle cucine al piano inferiore al nostro e che spesso vedevo sotto il nostro terrazzo trafficare con qualcosa guardando in alto su da noi.

Non sapevo cosa fare, ero bloccato dalla sorpresa e dalla paura.

Avrei voluto entrare e prendere tutte e due a sberle, soprattutto mia moglie, a lui sbatterlo fuori di casa a pugni e calci, ma la paura mi bloccava, la paura che lui reagisse e picchiasse me invece, era un meridionale, inoltre avevo il timore che il palazzo sentisse il trambusto, che si venisse a sapere e che si svegliasse la bambina. Non riuscivo a pensare in quel momento.

Furono momenti frenetici, non sapevo cosa fare, come reagire, intanto loro continuavano a

chiavare e io a sentire i mugolii soffocati di mia moglie sotto di lui che godeva, l'abbracciava e

baciava.

In quel momento di incapacità e impotenza mentale, stetti fermo nascosto dalla porta socchiusa a guardare, vedevo quel sedere peloso muoversi in mezzo alle cosce larghe di mia moglie e le sue gambe alzarsi e stringergli i fianchi, mentre le sue mani gli accarezzavano le spalle. Momenti concitati, fatti di confusione e tra il lampeggiare della tv, osservando passivo fui preso da una vampata di calore che mi salì dal ventre al cuore aumentandone fortemente la frequenza cardiaca e poi al viso, fino quasi a farmelo bruciare dalla tensione. Sentivo il cuore battere all'impazzata e iniziavo a sudare, ma il peggio stava arrivando.

All'improvviso senza che me ne rendessi conto e lo desiderassi ebbi l’erezione, mi venne il cazzo duro dentro i pantaloni contro la mia volontà, non avrei voluto, ma probabilmente inconsciamente mi eccitava guardarli, sentirli e vedere mia moglie godere con lui, le sue gambe allargarsi e stringersi alla sua vita. Era un amplesso focoso, lui gli mormorava parole sconce all'orecchio.

Incapace di reagire, ma anche di fuggire restai a osservare e pian piano la mia mano

indipendentemente dalla mia volontà si portò dal lato esterno della coscia, verso l'alto e al centro appoggiandosi sulla cerniera dei pantaloni, costatando la durezza del cazzo.

Nel silenzio, tra il sudore e il caldo, come un automa, iniziai a tirare giù la cerniera dei jeans,

spostare a fatica lo slip tanto era diventato duro e difficoltoso muoverlo, e a fatica lo tirai fuori

iniziando a masturbarmi guardandoli chiavare.

Mi sembrava d'impazzire a vedere mia moglie godere così, come mai lo aveva fatto con me, tra le braccia di quel tipo, vederla muovere e godere sotto di lui e vedere il culo di quel ragazzo alzarsi ed abbassarsi sopra di lei, tra le sue cosce larghe.

A un certo momento si fermarono, vidi che lui le bisbigliava qualcosa all'orecchio e lei che

ansimava piano, lo tirò fuori e si alzò, c'è l'aveva lungo e grosso, più del mio, per un attimo vidi mia moglie sdraiata completamente nuda sul divano, a gambe larghe con il foro della vagina aperto, che lentamente si stava richiudendo.  Osservavo le sue grandi labbra luccicare tra i peli, scuri, erano gli umori del suo godimento.

Fui colto dal panico quando vidi lui che si alzò in piedi, avrei voluto fuggire, ma avevo le gambe bloccate.

“E se viene qua e mi vede?” Pensai impaurito, mentre il cuore mi batteva fortissimo.

Per fortuna si sedette sul divano, invitando mia moglie, prendendola per il braccio ad andare a sedersi sopra di lui, nella posizione detta dell’Amazzone. 

Miriam lo fece, si alzò e si sedette sopra di lui con le gambe larghe e piegate come se lo cavalcasse.

Era sudata e spettinata. Vidi lui che glielo puntava sulla figa tra i peli e mettendogli le mani sui fianchi lentamente la tirò giù penetrandola di nuovo completamente.

Lei era inginocchiata sul divano a gambe divaricate sopra di lui che aveva il viso e la bocca sul suo seno che leccava e succhiava; mentre lei facendo su e giù con il sedere su di lui accompagnata dalle sue mani, gli abbracciava il capo poggiando la testa in un momento di nuova estasi sopra i suoi capelli.

Godeva ...godeva ...la vedevo godere con un altro e anch'io ero eccitato al massimo e mi stavo

masturbando.

Era incredibile, non potevo crederci, mia moglie Miran sembrava un’altra donna, ero nascosto dietro la porta e mi masturbavo guardando e sentendo mia moglie godere chiavata da un altro. 

Tra i bagliori della tv e la penombra della lampada quella scena sembrava un film porno in bianco e nero. Li vedevo di fianco, quando lei chiavando si staccava da lui allontanando il sedere da sopra sue cosce, vedevo il suo giovane seno prosperoso e maturato dalla gravidanza e dall’allattamento ballare su e giù ai movimenti, quelle mammelle che

avevano nutrito da poco nostra figlia.

Piena di piacere, chiavando seduta su di lui, cavalcandolo con il busto eretto e il seno in avanti come a offrirglielo, sudata e accaldata, si tirava i capelli indietro alzandoli dal collo sulla nuca, per poi lasciarli e lasciarsi andare sopra di lui abbracciandolo e baciandolo sul capo.

Senza dire nulla lui tenendola forte per i fianchi ruotò leggermente e si gettò giù di lato mentre la possedeva, trascinando giù anche lei, continuando a chiavarla in quella nuova posizione, sdraiati di fianco sul divano.

Poi tra gemiti e sospiri, la girò nuovamente sotto di lui, lei allargò di più le gambe e continuarono a chiavare con foga nella posizione del missionario, finché ansimante assieme ai lampi della tv la sentii tirare un urlo di piacere, stava avendo l'orgasmo come

non ricordo lo avesse mai avuto con me. Era tutto terribile ed eccitante.

Con due colpi secchi e incontrollati della mano, tremante e con il batticuore venni anch'io schizzando il muro buio, il pavimento e la mano stessa.

Ansimante e silenzioso di riflesso la stetti a guardare ancora, lei che godeva gemendo... finché lui con colpi veloci, secchi e profondi ...disse a voce alta: “Vengo anch'io!!...Vengo!!...” Tirandolo

fuori grosso e duro dalla figa di mia moglie che restando ferma, si fece riversare lo sperma caldo sull'addome...

Avevano finito.

Dioo mio!!! Non potevo credere a quello che avevo visto e fatto...vissuto a casa mia.

Sudato e con calma ragionai.

“Che faccio ora? ...Devo andare via!” Mi ripetei mentalmente.

Lentamente al buio, mentre li sentivo parlare, a passi felpati andai indietro come i gamberi, mi

avvicinai alla porta d’entrata, mi girai e tirai la cricca lentamente e silenziosamente tenendola con due mani per non fare rumore. Aprii la porta quel tanto da poter passare per poi riportarla alla chiusura. Inserii nuovamente la chiave quando fui fuori e diedi il mezzo giro di apertura per non fare sentire la cricca di chiusura quando l'avrei tirato a me la porta, l'appoggiai leggermente allo stipite, lasciai il mezzo giro della chiave e poi con terrore e silenzio ridai i due giri di chiusura.

Ero sconvolto, sudato e agitato, scesi le tre rampe dalla mia porta d'entrata al portone con le scale al buio, tenendomi con una mano sul muro e una sul corrimano della ringhiera.

Giunsi al portone d'entrata e uscii furtivo, guardando il balcone della mia camera in alto a destra, nel timore che mia moglie avesse sentito qualcosa e fosse venuta a vedere fuori.

E mi allontanai veloce.

Non sapevo cosa fare, dove andare, ero sconvolto, mi asciugai il sudore e camminando pensavo, riflettevo, ragionavo.

“Che faccio ora? ...Ho visto mia moglie chiavare in casa nostra con un altro, sul nostro divano e ho goduto nel vederla. Sono un pazzo…” Mi dicevo.

Andai in un bar poco distante, tra la gente e mi sedetti a un tavolino e pensai mentre mi fumavo più di una sigaretta e bevevo una birra.

“Che faccio? “Mi ripetevo.” Quando rientro che lui non c’è, le dico che l’ho vista chiavare con quello sguattero?” E se lei mi chiede:” Cosa ci facevi dietro la porta tu? ...Perché non sei intervenuto invece di guardare?  Cosa le dico? Oppure se nega devo ammettere la verità e che figura ci faccio? Cosa posso fare? ...Dirle che è una puttana, urlarle che è una troia?

Picchiarla e lasciarla. E poi? ... In fondo gli voglio ancora bene ... E la bambina? … I parenti? ...Gli amici? ... I miei genitori, mia sorella?... faccio la figura del guardone cornuto? ...Cosa dirà la

gente quando si saprà? ... < È rientrato in casa all'improvviso e ha trovato la moglie che lo faceva cornuto con un calabrese e lui è restato a guardare che chiavavano senza dire e fare niente? >”

Mille pensieri mi passavano per la testa. 

“E se faccio finta di niente? ...Come se non fosse successo nulla? E continuare a vivere normalmente da cornuto con lei e con la bambina, in fondo le voglio bene a Miriam, l’amo anche se mi ha tradito e a casa nostra per giunta.

Potrei fare finta di niente, tornare in ospedale e andare a dormire in qualche ambulatorio o stanza vuota e poi domattina come se niente fosse rientrare a casa. Oppure avvisarla che rientro, telefonargli in modo che lui se ne vada e fare finta di niente?”

Continuai a pensare e alla fine prevalse il sentimento, l’amore, la famiglia, il far finta di nulla, il

tornare a casa telefonandole e parlandole dell'errore del lavoro. Ma dentro di me ero furioso, mi aveva fatto cornuto e non gliela avrei lasciata passare liscia. Volevo punirla, ma non sapevo ancora come, ma volevo e dovevo farlo.

Ormai era quasi mezzanotte, decisi di telefonare a casa, era ancora sveglia e invece mi disse

mentendo che dormiva. Mi scusai di averla svegliata, dicendogli la verità, che c'era stato un errore e io ero in più nel turno di lavoro e quindi sarei tornato a casa, che mi ero fermato a chiacchierare con le colleghe e di non spaventarsi se sentiva aprire la porta che ero io.

Le dissi che di lì a poco sarei arrivato, difatti dopo mezz'oretta rientrai, questa volta feci rumore, mi feci sentire.

Aprii, c'era tutto buio nell’entrata, come facevo di solito posai la giacca e le chiavi sul mobiletto a lato con la specchiera e mi avviai in soggiorno e accesi la luce.

Era tutto in ordine, anche il divano, feci finta di trafficare in cucina, poi andai in bagno, mi guardai allo specchio, sembrava che non era successo niente, che era tutto come le altre volte e quello che avevo visto fosse stato un sogno o peggio un incubo, solo il profumo del bagno-schiuma nell’aria, dimostrava che si era lavata da poco.

Mi soffermai sulla porta del soggiorno dov'ero quando li osservavo, il muro e il pavimento erano ancora macchiati dal mio sperma, con il buio e la fretta non se ne era accorta, ma al mattino con calma poteva notarlo, così presi una spugnetta in cucina e pulii il muro e il pavimento. Spensi la luce e andai in camera con la lampada di cortesia della bambina sempre accesa, vidi mia moglie nel letto, era girata di fianco verso il lettino della bimba rannicchiata fingendo di dormire e mi dava la schiena, mi spogliai e in silenzio mi infilai sotto le lenzuola.

Ero ancora eccitato, sentirla e vederla tranquilla vicino a me dopo che aveva appena chiavato con un altro mi faceva impazzire, le accarezzai il sedere e sussurrai: “Dormi?”

“Si dai!” Rispose infastidita, sapendo cosa significava quella domanda, che per noi era un segnale. Iniziai ad accarezzarla sulla schiena: “No dai ...stai fermo! ...Ho sonno e sono stanca! “Mi disse.

Facendo finta di nulla insistetti:

“Dai amore che ho voglia. Sai che non mi piace lasciarti sola … ti desidero e anche tu ne avrai

voglia, sono tre giorni che non lo facciamo.”

Probabilmente per paura che mi insospettissi, si lasciò accarezzare e quando la tirai verso me,

dandomi le spalle, allungai il braccio tra le sue gambe e gli misi la mano sotto le mutandine, e

sentire con le dita la sua figa ancora bagnata di umori, me lo fece venire duro come la pietra. La sua pelle era ancora profumata dal bagnoschiuma.

Facendo finta di nulla gli sussurrai:

” Vedi che sei bagnata anche tu amore e mi desideri!”

La feci girare a pancia in su e gli feci scendere le mutandine giù, aiutato da lei che staccò il sedere dal lenzuolo e quando furono alle ginocchia, le piegò alzandole sfilando le mutandine dai piedi, gli allargai le gambe e mi misi tra le sue cosce accarezzandogli ancora la figa, pronto per penetrarla.

Mi distesi sopra di lei che fingeva di essere ancora nel dormiveglia e mormorava:” Sono stanca Mario! ...”

Ma intanto lasciava fare, non impediva che la toccassi e penetrassi con le dita, più per paura che capissi qualcosa da un suo rifiuto, che dal desiderio che aveva di me.

La penetrai, sentii entrando la sua figa già dilatata, allargata dal precedente amplesso, bagnata

d'umori e ancora calda dall'eccitazione e piacere avuto, ma feci finta di nulla, iniziando a chiavarla come al solito.

Le bacia il seno e i capezzoli come aveva fatto il suo amante un'ora prima, li aveva ancora dritti e duri e succhiai dove poche ore prima lo aveva fatto lui. Lei si lasciò andare e godette ancora anche con me, eccitata forse dal fatto di essere appena stata chiavata da un altro e di avermi fatto cornuto.

Fu un rapporto, breve ma intenso, il pensiero che era stata appena chiavata da quel ragazzo, e che aveva goduto con lui, mi esaltava e eccitava di più e anche a lei, e godemmo tutte e due abbracciati appassionatamente.

Sentivo che nonostante tutto mi amava e come lui anch'io le venni sulla pancia. Poi mi rigirai sfinito a guardare il soffitto in penombra, mentre lei silenziosa senza dire nulla si alzò per andare nuovamente a lavarsi.

Tornò pochi minuti dopo profumata ancora di più di bagnoschiuma, ci demmo il bacino della

buonanotte e si girò dall'altra parte mettendosi a dormire.

Dopo pochi minuti mi alzai anch'io e andai a lavarmi, passando mi guardai allo specchio, mi

facevo schifo, avevo chiavato mia moglie godendo e pensando che lo aveva appena fatto con un altro. 

Tornai a letto e mi sdraia al suo fianco, forse in quel momento dormiva davvero, mi misi a pensare in che situazione mi trovavo. Ero cornuto, amavo mia moglie e soprattutto avevo goduto a vederla chiavata da un altro e per paura di una sua reazione non intervenni.

Mi addormentai a fatica, con quel pensiero e rimorso, mi sentivo umiliato.

I giorni che seguirono, non dissi niente, pensavo e la guardavo nei suoi atteggiamenti di mamma e di moglie, erano impeccabili, bella, fresca, piena di desiderio, mi sembrava impossibile che fosse successo quello che avevo visto, forse avevo sognato mi dicevo: “E’ stato un incubo. Ma come era possibile mi chiedevo?”

Era una moglie modello, affettuosa e premurosa, sentivo che nonostante tutto mi amava davvero e io lo stesso. 

“Forse è stato un momento di debolezza.” Mi dicevo cercando di giustificarla accecato dalla gelosia. “Ma perché farlo in casa nostra, nei miei affetti tra le mie cose?”

Aveva sbagliato è vero, ma io l'amavo ancora e così pure lei, ed era la madre di mia figlia e io mi reputavo una persona moderna. Così decisi di soprassedere a tutto, ma!!...Ma! ...Non volevo

fargliela passare liscia, volevo punirla per avermi ingannato e tradito, per avermi fatto cornuto a casa nostra, poi l’avrei tenuta sottoc0ntrillo e avrei dimenticato tutto.

Lui, quel calabrese che avevo visto chiavare mia moglie, ogni tanto lo vedevo che da sotto guardava sul mio terrazzo facendo finta di niente e per paura che la chiavasse ancora quando io lavoravo e turnavo di notte, mi presi venti giorni di ferie, visto che ne avevo molte da fare.

Quando eravamo assieme io e Miriam e ci incrociavamo fuori con lui nella scala o giù nel portone, notai particolari a cui prima non facevo caso, lei incrociandolo quando era con me, diventava rossa in viso e cercava di fuggire dalla sua presenza, di allontanarsi dalla sua vista, aveva disagio quando era con me a vederlo e paura che intuissi qualcosa.

Nelle mie riflessioni e pensieri, per prima cosa decisi che non doveva più vedere quel terrone, quel calabrese di m....a, che l'aveva chiavata. Ma per esserne certo avrei dovuto dirgli la verità, che sapevo che si erano incontrati e chiavato e io non volevo questo e mi chiesi anche:

” Chissà quante volte l'avranno fatto prima che li scoprissi?”

A forza di riflettere mi venne un'idea.

Di fronte a noi abitava una vecchia, una signora anziana sui 60-65 anni, ma ancora arzilla con il cane, vedova da molti anni, con cui lei aveva litigato per via del cane che aveva fatto la pipì sul tappetino davanti alla nostra porta.

Questa, alla sua segnalazione aveva inveito contro mia moglie dicendole che non era vero e che era una giovane sconsiderata che non amava gli animali, rispondendole male difendendo il cane. So che una mattina mia moglie disse a questa vicina anziana.

“Scusi signora! Quando esce di casa, non lasci il cane senza guinzaglio che viene a fare la pipì sul mio zerbino, l’ho già dovuto lavare più volte!” Dichiarò, ma l’anziana rispose offesa e risentita:

“Non è il mio cane che fa la pipì sul suo zerbino! ...Sarà qualcun altro e non il mio cane! Lei ce l'ha sempre con lui o perché abbaia e dice che sveglia sua figlia o perché dice che le fa la pipì sullo zerbino.”

“Oh sì! Che è il suo cane invece…!” Proseguì irritata mia moglie Mirian, che seppur giovane, di carattere sapeva farsi valere:” Lo zerbino puzza di pipì!” Replicò:” E poi è vero abbaia quando non deve e mi sveglia la bambina ...”

La vicina dirimpettaia continuò a ripetere che non era il suo cane e litigarono nella scala al punto che intervenni io e misi tutte le cose a posto.

Ma non si potevano vedere, si guardavano in cagnesco e non si parlavano più.

“Guarda un po' se il mi devo tenere le pisciate del suo cane sulla porta ... che puzzano anche!” Esclamò mia moglie agitata dal litigio.

“Lascia perdere.” La esortai io:” È vecchia, sola con il cane e per lei è tutto.”

“Già ma devo essere sempre io a subire.” Mi rispose infastidita. 

Erano beghe condominiale che ci sono in tutti i condomini e portano spesso i vicini a litigare.

Ma io per non restare litigato inizia a essere gentile verso quella vecchia che un po' mi faceva pena, elogiando il cane e fermandomi a parlare con lei nel pianerottolo e capitò che mi vide più anche mia moglie che chiacchieravo con lei.

“Cosa vuole quella strega ...” Mi domandava contrariata che dialogassi con lei.

“Niente! Mi parla dei pettegolezzi del palazzo e del cane, le solite stupidaggini. Tutte sciocchezze di una povera vecchia” Risposi facendo finta di nulla.

 

Passarono un paio di settimane da quell’accadimento che sconvolse la mia vita, era quasi estate, giugno, e mi ero preparato un piano per scoprire quante volte mia moglie si incontrava con lui e anche per punirla, ma avevo timore di metterlo in atto, mi vergognavo di me stesso.

Ma decisi di accelerare tutto, vedendoli un giorno al mio rientro vicini dentro al portone d’entrata del palazzo, nell’atrio che chiacchieravano e ridevano. Probabilmente lui gli chiedeva quando sarei tornato a lavorare, quando avrei finito le ferie e avrei rifatto i turni di notte, per potersi incontrare ancora tranquillamente. Appena mi videro, facendo finta di niente, come se non si conoscessero, si allontanarono l'umo dall’altro, Miriam fece finta di curiosare nella cassetta della posta e lui di pulire il pianerottolo al piano rialzato davanti alla porta della cucina dell’albergo.

Così preparai un piano molto scenografico, sia per punirla che per farmi dire da lei la verità, e le dissi che volevo passare una domenica solo con lei.

“Ma la bambina?” Chiese subito.

“La bambina la lasceremo da mia madre. Andiamo a fare una gita io e te soli come due

innamorati, come quando eravamo fidanzati, ricordi?!” Lei sorrise.

“Partiamo domani mattina alle 10”. “La informai.

Era titubante, ma la convinsi a lasciare la bambina da mia madre.

Quella domenica, dopo le raccomandazioni di Miriam a mia madre, sui pasti e il sonno della bimba, in auto andammo verso l’entroterra. Dopo un lungo giro in auto per le colline, tra il verde rigoglioso della vegetazione ci fermammo in una trattoria a pranzare, ridendo e scherzando tra noi. E guardandola mi chiedevo come potesse essere così con me, amarmi e farmi cornuto contemporaneamente.

 Usciti dalla trattoria, passammo ancora un'ora a passeggiare tra il verde, poi lei decise di ritornare a casa dalla bambina.

“Torniamo giù Mario! Voglio andare dalla bambina! Sai che se non la vedo mi agito e mi preoccupo.” Esclamò.

Mi piaceva quel suo istinto materno, mi affascinava, era sincero. Abbracciandola acconsentii e

tornammo all’auto.

Nel tornare indietro, dalla statale imboccai una stradina laterale sterrata.

“Dove andiamo da qui?” Chiese subito stupita dalla mia deviazione.

“E' una scorciatoia che conosco io, ci fa risparmiare parecchi chilometri e arriveremo prima.” Le dissi.

Si tranquillizzò e per una ventina di minuti guidai tra la vegetazione di un bosco mentre lei

guardava gli alberi e la natura e dopo qualche chilometro ci fermammo in uno spiazzo nascosto dalla vegetazione di un boschetto.

“Perché ci fermiamo qui!” Mi chiese.

“Facciamo due passi!” Risposi io.

“Dai che è tardi Mario! ...” Esclamò seccata:” Andiamo dalla bambina...che non ho voglia di

passeggiare”.

“Solo due passi ...” Ripetei io.

Scese per accontentarmi e camminammo un po' sull'erba, una decina di metri, poi ci fermammo. Ero di spalle senza guardarla in viso quando le dissi:” Dobbiamo parlare seriamente Miriam.”

“Di cosa?” Rispose lei infastidita, non possiamo farlo dopo a casa o in auto intanto che torniamo?”

“No!” Risposi e dopo una pausa continuai: “Hai un amante!” Esclamai serio...

Stette un attimo in silenzio, poi esclamò falsamente: “Cosaaa! ... ! Ma scherzi? “E si mise a ridere della mia esclamazione. 

“No dico sul serio.” Ribadii:” Lo so!” E mi voltai verso di lei.

“Ma dico Mario!!...Cosa ti salta in mente, vuoi rovinarmi la giornata!” Pronunciò irritata continuando seccata e arrogante:” Portami a casa dalla bambina per favore.” E si avviò verso la macchina.

Mi parai davanti a lei fermandola a braccia larghe come se fosse un gioco.

“Fermati!” ...Le dissi:” Se mi dici la verità ti perdono.”

“Tu sei matto Mario, ma cosa dici!? “Rispose alterata proseguendo a camminare dichiarando:” Piantala!... Che non mi piacciono queste cose, questi discorsi e i tuoi atteggiamenti.”

Visto il suo tono di voce sprezzante e i suoi modi di comportarsi verso la mia apertura di chiarimento e perdono, mi avvicinai e la presi per un polso stringendoglielo forte e facendole male.

“Mi fai male!... Lasciami ... lasciami!! Gridò piegandosi di lato con il busto sotto la mia forza.

Non so nemmeno come feci e perché lo feci., forse per la sua superbia, all'improvviso mi partì un ceffone forte sul viso che la fece girare dall'altra parte. Era la prima volta che lo facevo, non l'avevo mai toccata in modo violento.

Si voltò piangendo, guardandomi intimorita, era sorpresa dalla mia reazione, era la prima volta che le mettevo le mani addosso, nemmeno i suoi genitori l'avevano mai picchiata da bambina.

Ma capì che non scherzavo. Ero in uno stato di agitazione, di trance e proseguii.

“Dimmi la verità Miriam e ti perdono!”

“Ma che verità Mario? “Rispose piangendo con la mano sulla guancia a lenire il bruciore.

“Guarda che ti picchio se non me la dici!!” Ribadii deciso e autoritario.

Notai che era diventata timorosa, aveva perso la sua spavalderia verso di me.

“Ma non è vero! Perché dici queste cose Mario?” Ripeté preoccupata.

“Me l'ha detto una persona.” Ribadii ...

“Ma chi ...? Chi…?” Chiese agitata:” Se non è vero!”

“La signora che abita di fronte a noi.” Gridai tirandogli un altro schiaffo più forte del primo,

rendendola impaurita.

“Non è vero... si è inventata tutto perché mi odia. C'è la con me e lo sai ...e tu credi a lei invece di credere a me, tua moglie?”

“Si.” Risposi dandole un altro ceffone da fargli girare nuovamente la testa e scompigliare i capelli sul viso.

Mi sentivo sicuro, forte, esaltato in quel momento e mi piaceva anche schiaffeggiarla, vedevo la sua inferiorità e la sua paura nei miei confronti.

“Dimmi la verità Mirian e ti perdono.” Ripetevo:” So già tutto da molti giorni, ma voglio che me lo dici tu. Se me lo dici tu ti perdono e mi devi promettere che non lo farai mai più e tutto tornerà come prima.”

“Ma non è verooo!!” Gridò ancora agitata in un tentativo di difesa che non reggeva più.

“So anche con chi! ...Vuoi che ti faccia il nome?” Gli dissi prendendola per i capelli.

Mi guardava fissa, con lo sguardo interrogativo, aveva perso tutta la sua sicurezza e baldanza.

“E' Giovanni!” Gli dissi:” Lo sguattero calabrese che lavora nella cucina dell'albergo sotto casa

nostra...”

A quelle parole restò in silenzio impietrita e diventò rossa come un peperone.

Non sapeva più cosa dire.

“Dimmi la verità Miriam!” Ripetei per l'ennesima volta. Mentre lei agitata cercava di ragionare, non potendo più negare l'evidenza. Mi dispiaceva comportarmi con lei in quella maniera, l’amavo, ma era l’unico modo per farle ammettere la verità.

“Non mi ...picchi? “Mi chiese balbettando.

“No!” Risposi. Tutte le sue difese e sicurezze stavano cedendo.

“Ci sono andata solo una volta. Io non volevo ...fu lui a insistere.”  Farfugliò scossa.

“Com’è successo?” Domandai.

“Io... io… passavo con il passeggino e lui mi guardava sempre, mi sorrideva, lo incontravo dappertutto, nella scala, per strada, una volta è venuto perfino in spiaggia quando ero con la bambina.”

Presa dalla paura stava dicendo tutta la verità.

“Poi non so!... Mi corteggiava …”

“Ma come hai fatto ad andarci assieme?” Gli dissi tirandole i capelli per la rabbia di quella sua ammissione.

“Non lo so...te lo giuro, è successo tutto per caso, lui mi corteggiava, tu eri a lavorare e poi tu mi dicevi bisteccona, che ero ingrassata e io mi vedevo brutta...non lo so perché ci sono andata!” Ripeté mettendosi a piangere.

“Ma io scherzavo quando volevo dirti quelle cose.” Gli dissi felice di apprendere che il motivo non era l’amore, ma dispiaciuto che era una rivalsa su sé stessa, per dimostrassi che piaceva ancora agli uomini.

“Lo so! ...Ma a me faceva male sentirtelo dire e lui invece diceva che ero bella, che avevo un bel

corpo e le piacevo e poi non so … non so cosa mi p successo!”

“Ti piaceva? È un bel ragazzo!” Gli chiesi. Restò in silenzio, poi sbottò:” Si! ...”

“Lo ami?!” Domandai.

“No… no… mi piaceva solo perché mi corteggiava, non lo amo, io amo solo te Mario, te lo giuro”.

“E ti ha chiavato però?”  Esclami. Lei restò in silenzio...

“Rispondi pure tranquillamente, lo so che ti ha chiavato e se non me lo dici tu lo vado a chiedere direttamente a lui.”

“No.… no!” Esclamò:” Non fare scandali Mario!” Aggiunse a testa bassa, proseguendo.

“Si l’ho fatto ...ma io amo te! Voglio te ...ti voglio bene, è stato un momento di debolezza...non ero io. Io ti amo!” Ripeté.

“Quante volte lo hai fatto?” Domandai deciso.

“Cosa quante volte? “Chiese lei affannata facendo finta di non aver capito.

Fui più esplicito:” Quante volte ti ha chiavata?” Ribadii.

Fece una pausa poi esclamò:” Tre!!...Tre volte e basta!”

“Tre? E sempre a casa nostra?” Domandai ancora. 

Lei fece un’altra pausa poi esitante rispose:” Si!” 

“E sempre di notte? Quando io ero di turno la notte?”

...Annuì con la testa.

“E come faceva a sapere quando io non c'ero che poteva venire su in casa? Ti telefonava?”

Lei fece ancora una pausa silenziosa poi mormorò:” No! Non mi telefonava, stendevo l'asciugamano rosso dalla ringhiera.”

“L’asciugamano rosso? ...Era il vostro segnale?” Domandai.

Non rispose, annui di nuovo solo con la testa a confermare la mia domanda.

Quell'interrogatorio era finito.

La guardai, era bella, spettinata e impaurita e le lacrime le avevano disfatto il poco trucco che aveva agli occhi, ma ora anche se mi dispiaceva era giunto il momento di punirladi far valere la mia autorità di marito e maschio. Come detto mi dispiaceva, ma qualcosa dovevo fare prima di perdonarla.

E all’improvviso esclamai autoritario: “Spogliati nuda!!...”

“Cosa? ...” domandò guardandomi sorpresa e intimorita dalla mia richiesta.

“Spogliati nudaaa!” Gli ripetei alzando la voce fingendomi arrabbiato

“Ma come!... Perché? ...” Chiese.

“Perché si! ...Perché te lo dico io! ...Ubbidiscimi!!” Gli dissi tirandole appena i capelli aggiungendo:” E ‘meglio per te!”

“Ma qualcuno potrebbe vedermi.” Rispose con voce scossa.

“Qualcuno potrebbe vederti? ...Forse Giovanni? “Aggiungendo sarcastico:” Ah già...! Ma lui ti ha già vista nuda ... ti ha anche chiavata!” Esclamai.

“Spogliati nudaa!!” Ripetei ancora.

Intimorita ed esitante si spogliò lentamente, facendo cadere gli indumenti a uno a uno

sull’erba, ripetendomi: “Però non mi fai niente vero? ...Non picchiarmi!

“Tu spogliati nuda!” Ripetei freddo e distaccato.

Quando fu nuda la guardai, era bella con quel suo corpo pallido, appariscente, pieno e ben fatto, con le mammelle gonfie e sode e il suo triangolo di peli neri curato.

La feci mettere a carponi sull'erba, come un animale, una cagna e gli guardai il suo splendido culo, era mia intenzione tirarle un calcio nel sedere e finirla li , invece all'improvviso mi eccitai a guardarla in quella posizione sull'erba e mi balenò un'idea.

Slacciai la cintura di cuoio e la sfilai dai pantaloni e tenendola per la fibbia in mano inizia a

Colpirla leggermente, a frustarla su quel suo bellissimo culo bianco, pieno e sodo, una, due, tre, quattro volte, fino a cinque. Si sentiva lo schiocco del cuoio sulla pelle che essendo molto pallida era diventata subito striata e rossa, mentre lei piangeva e gridava:” Basta! ...Basta Mario! ...Ti prego. Non ti tradisco più.”

La stavo umiliando, ed eccitato dalla situazione smisi all'improvviso di colpirla dicendo:” Ora inginocchiati e chiedimi perdono.”

“Si ...Si!” Ripeté girandosi verso di me e inginocchiata dichiarò:” Perdono! Perdono! Perdono...ti chiedo perdono Mario, non lo faccio più, non ti tradisco più, farò quello che vuoi e che mi dici.” Esclamò con il culo segnato dalle cinghiate.

Eccitato dalla sua sottomissione la tirai su per un braccio e iniziai a baciarla sul viso, sentivo il

sapore salato delle sue lacrime sulla lingua, poi mentre singhiozzava, la bacia in bocca e la

limonai. Ero eccitato al massimo, avevo il cazzo durissimo, la spinsi dolcemente giù assieme a me e ci sdraiammo sull'erba, sbottonai i pantaloni tirandoli giù a metà coscia, gli strofinai la cappella dura sopra la fessura e scoprii con sorpresa che era eccitata anche lei, aveva la figa bagnata.

Era un modo nuovo di fare l’amore, di sentirmi eccitato, con le dita sentii la sua umidità vaginale, non piangeva più, aveva il singulto che scemava mentre gli baciavo il viso.

La baciai e penetrai, allargandole le gambe iniziai a chiavarla con foga sull'erba ripetendole: “Da oggi ubbidirai sempre a me! ...”

“Si! Si Mario!” Mi rispondeva in una eccitazione mista a paura e godimento.

“Sei mia e da ora ti farai chiavare oltre che da me ...e solo da chi vorrò io!!!...Capitoo!!”

“Sii!!... Sii!!” Rispondeva agitata.

Quello strano dialogo sussurrato eccitava tutte e due.

“Ti faceva godere Giovanni?” ...Chiesi accaldato:” Rispondi e dimmi la verità!!” Gli dissi.

Esitante emise un:” Siii !!” Che gli morì in gola.

“Ripeti!” Sussurrai.

“Si mi faceva godere!” Bisbigliò.

“Più di me? “Domandai... e il suo silenzio godendo fu eloquente più di un sì e sentivo vampate di umori, che era piacere, emessi dalla vagina intorno al mio cazzo.

Finita la chiavata ci rialzammo, si rivestì e mettemmo a posto...aveva il sedere rosso e gli occhi

Segnati dal pianto, faceva fatica a sedersi sul sedile dell'auto dal bruciore.

Partii con l’auto e tornammo a casa in silenzio. 

Solo due mie frasi ruppero la tensione: “Ti ho perdonata Miriam! ...E da oggi a lui non dovrai più vederlo ...capito! Ti farai chiavare solo da me e da chi vorrò io!” Dissi fermo e deciso.

Annui con la testa.

Passai da mia madre e scesi io a prendere la bambina, lei non si fece vedere con gli occhi arrossati dal pianto e tornammo a casa.

Ora sapeva chi comandava. Ritornammo a vivere come prima con amore, ma in modo diverso,

avevano scoperto tutte e due un nuovo modo d’amarci. Non vide mai più Giovanni il calabrese e dopo due anni avemmo un altro figlio.

Oramai eravamo tutte e due schiavi di quel nuovo modo perverso di amarci, inserendo Giovanni o un altro tra noi, tra la nostra fantasia, pensando sempre per godere, per avere l’orgasmo, lei di essere chiavata da un altro e io, di essere un altro che la chiavava, finché un giorno accadde davvero, provammo quella nuova esperienza realmente, prima con una coppia in vacanza, il maritò chiavò mia moglie e io la sua e successivamente un triangolo con un altro uomo e da allora non smettemmo più...diventando lei una sweet soumise e io un cuckold.

Ma questa è un’altra storia che ti invierò prossimamente, ciao a tutti.

Mario.

 

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