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STORIE E RACCONTI EROTICI

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STORIE IGNOBILI

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PAGINA VIETATA AI MINORI DI 18 ANNI

Storie ignobili n. 3 – Il barbiere.

 

IL BARBIERE

(Una storia sbagliata)

 

NOTE:

“Essere donna è un dono della natura oppure, come nel mio caso, un regalo che mi ha fatto Agostino.”

Marina.

 

Come sono diventato una trans.

 

Questa è una storia accaduta molti anni fa.

Tutto iniziò quand’ero un ragazzino, in un quartiere alla periferia di una grande città del sud. Ero un giovane ragazzo molto bello, che studiava ai primi anni delle superiori e viveva con sua madre, che era una bella quarantenne separata o meglio lasciata dal marito da qualche anno. Mio padre era emigrato al nord per lavoro e lì aveva conosciuto un’altra donna e si era creato un’altra famiglia con lei.

Probabilmente mia madre non gli andava più bene o si era innamorato dell’altra donna e voleva cambiare vita.

Non ho mai capito perché l’abbia fatto, mamma a detta di tutti era una bella donna, mora, seria e ben fatta, la tipica donna del sud, fedele, al punto da non legarsi più a nessuno per molti anni, restando solo con me.

Io mio padre lo vidi solo pochissime volte all’inizio della separazione, so che con quella donna con cui si mise ebbe altri figli che però non ho mai conosciuto.

All’inizio ci passava qualcosa di alimenti, poco a dire il vero, ma poi smise al punto che mamma casalinga, si dovette trovare un lavoro per vivere e farmi studiare e con il tempo a lui io lo dimenticato, mammano, essendo stato il suo primo e unico uomo.

 

Io quando non ero a scuola passavo le giornate a giocare e girare per le strade con i miei amici, eravamo una compagnia ben affiatata e con noi c’erano anche delle ragazze ed una di queste, la più carina era la mia, con cui filavo da qualche mese. Ci volevamo molto bene, ci baciavamo già in bocca con la lingua, eravamo innamorati, e presto avremmo fatto anche l’amore, tutti e due per la prima volta, desiderandolo entrambi.  

Tra i nostri passatempi c’era anche quello di prendere in giro la gente, di fare scherzi e poi scappare via di corsa e il nostro preferito era un negozio di barbiere all’angolo di una via, dove lavorava solo senza aiutanti, un vecchio signore, magro, basso e pelato, con la corona di capelli sulla nuca fino alle tempie, che avrà avuto allora 50 -55 anni, si chiamava Agostino ed era vedovo da qualche anno.

Lavorava poco, da lui andavano più che altro persone anziane o gente che non era del paese, era più il tempo che stava sulla porta appoggiato a guardare la gente che transitava o seduto dentro a leggere, che quello che passava a tagliare i capelli a qualche cliente. Ma era un piccolo benestante e con il lavoro o senza viveva lo stesso.

 

Noi ci divertivamo a prenderlo in giro, sia perché era un barbiere pelato, sia perché era una figura divertente, con i baffetti da sparviero. Passavamo davanti alla vetrina e gli facevamo le boccacce e quando lui usciva arrabbiato, noi scappavamo ridendo, facendoci correre dietro inutilmente. Oppure sempre in compagnia per farci vedere dalle nostre ragazzine che eravamo coraggiosi, ci avvicinavamo al negozio e pisciavamo davanti all’entrata per poi fuggire subito. Insomma era diventato lo zimbello dei nostri scherzi e dei nostri dispetti.

Più o meno ci conosceva tutti e si era già lamentato anche con mia madre che gli facevo i dispetti e urinavo davanti al negozio. Mamma gli aveva chiesto scusa per me:

“Lo scusi Agostino, è un ragazzino.”

“Sì, un ragazzino! È un piccolo delinquente!” Protestava lui. “Viene qui davanti come i cani a urinare assieme ai suoi amici e a me tocca gettare secchiate di acqua per togliere il segno e l’odore.”

Mamma mi aveva sgridato più volte, dicendomi di non farlo più:

“Guarda che oggi mi ha fermato di nuovo il signor Agostino, era arrabbiato. Se vi prende... ve ne accorgerete!” Diceva muovendo la mano in aria: “Ve le dà di santa ragione! Ha detto che è stufo dei vostri scherzi.”

Alzavo le spalle, me ne fregavo, ero presuntuoso e sicuro di me, non mi importava cosa diceva mia madre e tanto meno lui, ero troppo veloce a correre, ero una lepre ed ero certo che non mi avrebbe mai preso.

 

Un pomeriggio appena aperta la barberia, come la chiamavamo noi del paese, andammo piano ai lati del negozio, dove lui aveva appena finito di pulire, scopando e lavando il marciapiede davanti.

Ci mettemmo di lato e mentre le nostre ragazze distanti ci guardavano, iniziammo a pisciare con lo zampillo verso la sua bottega, ridendo. Eravamo quattro, due per lato, io ero in quello sulla porta del negozio con un amico.

Facemmo chiasso che si girò e ci vide.

Lui uscì di corsa imprecando come le altre volte, noi ci girammo mettendo dentro l’apertura dei pantaloni i nostri cazzetti, cercando di scappare.

Fuggimmo tutti come sempre da ogni parte, sulla strada o di lato al marciapiede.

Sia io che il mio compagno scappammo sul marciapiede, lui davanti a me essendo più distante dall’entrata della barberia. Nel girarsi veloce però, scivolò sulle piastrelle bagnate e io nella foga inciampai su di lui e caddi a terra proprio a fianco dell’ingresso. Il mio compagno veloce si rialzò e fuggì, io tentai di fare altrettanto, ma scivolai ancora con le scarpe di gomma da ginnastica, tenendomi con le mani a terra e mentre mi rialzavo nuovamente, mi sentii afferrare per i capelli e dire:” Vieni qua! Finalmente ti ho preso, tu sei il capo…”

Quella caduta cambiò la mia vita per sempre.

Tirandomi per i capelli mi fece alzare e tenendomi per un braccio mi strattonò, portandomi dentro il negozio. Dicendo:

“Ora ti aggiusto io!... Ti do una bella lezione che ti passerà la voglia di venire qui a prendermi in giro e a farmi gli scherzi.”

Ero spaventato.

I miei compagni invece di aiutarmi erano fuggiti tutti, anche le ragazze che osservavano.

All’interno della barberia non c’era nessuno, il negozio era vuoto, mi diede due schiaffi forte uno sul viso e un altro in testa e mi portò nel retro dicendomi:

“Se non hai il papà e tua mamma non ti educa, te la do io una bella lezione di insegnamento ora.”

Io gridavo, ero allarmato dal suo parlare:

“No! Mi lasci stare!...  Io non c’entro, cosa mi vuole fare?... Non mi picchi o lo dirò a mia madre!”

Lui non rispose, mi spinse nel retro e chiuse la porta e mentre io lo guardavo spaventato si slacciò e tolse la cintura dei pantaloni iniziando a darmi cinghiate sulle gambe, facendomi saltare e spostare da un lato all’altro per non prenderle.

Ma visto che avevo i pantaloni lunghi e facevano poco effetto quelle cinghiate perché saltavo come un grillo, pretese e mi fece abbassare i calzoni, per colpirmi sulle gambe nude, se no me le avrebbe date sulla faccia.

Io ero molto spaventato da quella situazione e ubbidii spaventato.

Mi fece girare con il sedere e inizio a colpirmi, una due, tre volte, sulle gambe e sul sedere, ma non sentivo poi gran male e lui se ne accorse. All’improvviso come se avesse meditato qualcosa esclamò:

“Ora ti aggiusto io!... So che sei tu con quella ragazzina bionda i capi della combriccola. Ti faccio passare la voglia di venire qui a prendermi in giro.” Così dicendo mi legò le mani con la sua cintura, ordinandomi: “Girati e sdraiati sul tavolo a pancia in giù!”

Io lo feci con lui che mi accompagnava con la mano sulla schiena obbligandomi a piegarmi.

“Ora via queste!” Disse tirandomi giù le mutandine.

Non capivo cosa volesse fare: “Forse vuole battermi con una canna per farmi sentire più male.” Pensai. Ma non era così.

Ero con il sedere nudo piegato con il busto sul tavolo.

Probabilmente il darmi cinghiate sulle gambe e sui glutei e vedere il mio sedere nudo lo avevano eccitato.

“Stai fermò!” Esclamò determinato.

E così dicendo con la mano mi accarezzò l’ano dentro al solco intergluteo, mentre con il dito vi depositava sopra qualcosa di fresco; seppi poi che era della schiuma o del sapone da barba.

All’improvviso lo sentii allargarmi i glutei.

“No! Che fa Agostino!” Gridai.

Ma lui continuò senza darmi retta tenendomi con una mano giù con la schiena, schiacciandomi il torace sul tavolo.

Sentii puntare qualcosa sull’ano, capii che era il suo pene, ero terrorizzato, non volevo.

Gridai forte:

“No!... Non voglio... lasciami!... Lo dico a mia madre! Ti denuncio!” Capendo cosa volesse fare e mettendomi a piangere, supplicandolo: “Non lo faccio più… non ti prendo più in giro Agostino perdonami! Ti chiedo perdono e scusa.” Dicevo.

Ma non ci fu niente da fare lo sentii premere forte e spingere ed entrare dentro di me agevolato e aiutato dalla schiuma sapone che faceva da lubrificante, anche se sentii del male.

Era una sensazione terribile e strana quella che provavo di dolore forzato. Sapevo cosa volesse fare e avevo paura.

“Lo dico a tutti che sei un finocchio…” Urlai nel tentativo di farlo desistere.

Ma lui continuò e con poco sforzo mi penetrò. Lo sentii entrare e avvertii una sensazione di pienezza nel retto.

“No Agostino …” Dissi ancora.

Ma lui iniziò a muoversi, lentamente, mentre con l’altra mano, allungata davanti, si prese il mio cazzo in mano e iniziò a masturbarmi mentre mi inculava.

“Vedrai che ti piacerà! Che godrai dopo!” Ripeteva ansimante muovendosi dentro di me.

Furono attimi vuoti, vuoti perché sospesi, non pensavo e non reagivo, dove sentii quella pienezza rettale muoversi dentro.

E purtroppo fu vero, sotto i suoi colpi lenti e la sua masturbazione iniziai a sentire piacere e poi a godere.

Smisi di piangere e restai in silenzio, lo sentivo scorrere dentro di me facilitato dal sapone da barba, non era grosso, ma piacevole e lo avvertivo spingere senza più dolore, ma con vigore, sforzando e allargando il mio sfintere vergine, fino ad arrivare a sentire i suoi inguini e i suoi peli pubici sbattere contro i miei glutei.

Anche se non piangevo, avevo le lacrime agli occhi, capivo che mi stava inculando, che era un finocchio come chiamavamo noi gli omosessuali allora, ma non riuscivo a fuggire, perché lui mi teneva fermo e anche perché stavo iniziando a provare piacere. 

Lo sentivo muoversi dentro di me, mentre con una mano mi masturbava il cazzo facendomelo venire duro e con l’altra, dietro, tiratami su la maglia fino al collo, scoprendomela mi accarezzava la schiena e mi dava i bacetti sopra, leccandomela.

Oramai non piangevo più, restavo fermo passivo a sentirlo scorrere piacevolmente dentro me.

“Ti piace eh? Ti piace ora?” Mi chiedeva eccitato.

Continuando:

“Eri vergine!... Ora non lo sei più! Vedrai che lo rifarai. Hai un bel culetto sai? Come quello delle ragazze!” Esclamava inculandomi.

Oramai entrava e usciva da dentro il mio ano senza dolore, ma dandomi sensazioni di piacere e godimento. All’improvviso lo sentii irrigidirsi, stringermi di più a lui e darmi colpi profondi, fino a sborrare dentro di me il suo seme vecchio e caldo, mentre masturbandomi, faceva venire anche me sul pavimento.

Fu un doppio piacere per me, sorprendente, mai provato, davanti e dietro insieme e godetti molto. Fu per me quella una scoperta sessuale nuova, tragica e piacevole.

Lo tirò fuori e facendomi girare lo guardai, lui rideva trionfale:

“Hai visto? Ti ho inculato e ti è piaciuto!” Esclamò.

Non risposi, ero sconvolto, mi osservava sorridendo mentre lo puliva con un asciugamano umido e rimettendolo dentro i pantaloni, esclamò:

“Ora vai!... La lezione l’hai avuta. Vai pure da tua madre a dirle che ti ho inculato se vuoi, così se viene qua a dirmi qualcosa inculo pure lei, che mi piace il suo culo!” Si rispose da solo ridendo.

Tirandomi su le mutandine e i pantaloni, uscii di corsa dal retro con le lacrime agli occhi e il retto pieno del suo sperma.

Avrei potuto denunciarlo davvero, ma avevo paura, non tanto di lui, ma pensavo alla vergogna che avrei provato se si fosse venuto a sapere che ero stato inculato da un finocchio, a mia madre, alla mia ragazza e ai miei amici e avevo paura di quella sua minaccia, che inculasse anche mia madre, lo ritenevo capace di farlo davvero, anche perché per strada le fissava sempre con sguardo libidinoso il sedere.

 

Così uscito dal negozio corsi veloce quasi come un ladro, nascondendomi e rasando i muri delle vie andando alla fontana di un carruggio poco distante a lavarmi la faccia, ero scioccato di quello che mi era accaduto e soprattutto aver scoperto e provato che mi era piaciuto essere inculato da quel vecchio, avevo l’ano indolenzito.

Camminando per strada, mi sembrava che tutti i passanti guardandomi, capissero che ero stato inculato. Era una sensazione terribile quella che provavo in quel momento.

Me ne andai nei giardinetti e mi sedetti su una panchina a pensare, non sapevo cosa fare, certo non l’avrei denunciato, non volevo che nessuno sapesse quello che mi era successo.

Poco dopo vidi arrivare i miei compagni che mi cercavano, c’era anche la mia ragazza, si avvicinarono: “Allora!” Chiese uno di loro. “Che ti ha fatto il barbiere, ti ha picchiato? ...”

Annuii con la testa alzando le spalle, avevano visto che avevo gli occhi rossi dal pianto. La mia ragazza si sedette vicino a me accarezzandomi i capelli e mi baciò.

“Hai pianto?” Chiese un altro, ma non risposi.

“Io non ci vado più a fare scherzi e dispetti a quello là!... Quello non è normale... se ci prende ci picchia!” Disse.

“Anch’io!” Rispose un altro e un altro ancora.

“Ma che ti ha fatto?” Chiesero.

“Niente, mi ha portato dentro e mi ha dato due schiaffi forti in faccia, dicendomi di finirla di prenderlo in giro e di pisciare davanti alla barberia.”

“Ti ha dato solo due schiaffi?” Chiese il mio amico.

“Sì!” Risposi:” Ma me li ha dati forti e mi ha tirato anche i capelli, poi mi sono divincolato, gli ho tirato un calcio nella gamba e sono riuscito a scappare.”

“Bravo!... Bravoo!!” Dissero contenti i miei compagni e le ragazze.

“Comunque è meglio lasciarlo perdere…” Disse ancora qualcuno.

Restammo ancora un po’ nella panchina a chiacchierare, poi ci salutammo, baciai la mia ragazza sulle labbra e dissi che andavo a casa perché mi aspettava mia mamma.

Ci lasciammo con l’accordo di rivederci il mattino dopo a scuola e ci dividemmo tornando a casa. Naturalmente a mia madre non dissi niente, a nessuno dissi nulla, mi tenni tutto per me. Era un mio segreto.

Passai dei giorni chiuso dentro me stesso, soprattutto perché mi era piaciuto, poi anche su sollecitazione di mia madre, ma soprattutto della mia ragazza e dei miei amici, per timore che capissero qualcosa da quel mio comportamento... uscii e andammo a fare delle passeggiate.

Quasi tutti i giorni mi incontravo con la mia ragazza, passeggiavamo e ci baciavamo in bocca, la limonavo e stringevo a me, volevo dimostrare a me stesso che anche se ero stato inculato, mi piacevano le ragazze ed era un episodio a sé quello che era successo e non ero diventato un finocchio.

Anche quando mi masturbavo pensavo a lei, ma certe volte si soprapponeva l’idea di quello che era accaduto e spesse volte masturbandomi godevo pensando ad Agostino che mi inculava, arrivava all’improvviso quella fantasia e non riuscivo a cacciarla via dalla mente e la subivo e ne godevo a immaginarla.

Mi ero ripromesso che non l’avrei mai più incontrato.

 

Oramai non passavo più davanti al suo negozio, cambiavo strada e se dovevo farlo per forza, passavo dall’altro marciapiede.

Passò più di un mese, a volte passando in strada lo vedevo sull’uscio o dietro il vetro della barberia che mi fissava, ma io giravo subito lo sguardo, non volevo incontrare il suo.

Un giorno dovetti passare per forza con mia madre davanti al negozio, lui mi vide e mentre tagliava i capelli a un signore e mi fece l’occhiolino sorridendomi. Girai subito lo sguardo dall’altra parte per non incontrare il suo.

 

Lentamente e per forza, dettata dai più svariati motivi, ripresi a ripassare in quella strada, dove oltre al suo, c’erano i negozi di tutto quello che di utile ci serviva per vivere.

E ogni volta che mi vedeva passare sull’altro lato del marciapiede e lui era solo, mi sorrideva e con la mano mi faceva segno di andare da lui.

“Vieni! Vieni qui!” Leggevo sulle sue labbra mentre gesticolava con il braccio.

Non ci andai mai, finché un giorno, vedendomi passare sull’altro lato del marciapiede, in silenzio mi fece cenno ancora con la mano di andare verso di lui.

Non so cosa mi prese, forse inconsciamente desideravo andarci, mi sentivo strano, lo guardai e lui continuò: “Vieni! Vieni qui!” Diceva muovendo le labbra e il capo.

Mi guardai attorno, vidi che non c’era nessuno che mi conosceva e d’istinto attraversai la strada, come stregato da quel richiamo e andai.

Quando fui sul suo marciapiede, lui uscì fuori e sorridendomi mi salutò:

“Ciao!!... Vieni... Entra non avere paura, non ti faccio niente!” Disse radioso. “Oramai ho dimenticato tutto, voglio solo che restiamo amici.”

E con il batticuore dopo due mesi, mentre lui mi appoggiava il braccio sulle spalle rientrai in quella barberia, dove due mesi prima ero uscito di corsa piangendo. Ero turbato, agitato ad entrare nel suo negozio con lui, non parlavo.

Quando fui dentro, notai che non c’era nessuno, fu molto gentile, mi offrì l’aranciata.

“Ti vedo sempre passare qui davanti da solo, o con tua madre o con quella ragazzina abbracciato, ma non mi saluti mai. Sei arrabbiato con me?” Mi chiese.

“No!” Risposi sorseggiando la bibita “Non la vedo.” Risposi falsamente.

“Eh!... Non mi vedi! Non ci credo... promettimi che adesso quando passerai di qui verrai a salutarmi!”

“Va bene.” Risposi, in uno stato d’animo di turbamento come se mi aspettassi che facesse qualcosa.

“Vuoi che ti metto a posto i capelli? Che ti faccio uno shampoo?” Chiese, precisando. “È tutto gratis.” E prima che prendessi una decisione, mi esortò: “Dai siediti che ti lavo i capelli!”

Come un automa posai la bibita sulla sedia a fianco e mi andai a sedere sulla poltrona girevole.

Mi mise la mantella intorno al collo, girò la poltrona verso il lavandino e incastrandomi il capo sul lavatesta iniziò a bagnarmi e a insaponarmi i capelli massaggiandomeli.

Mi piaceva sentirmi frizionare il cuoio capelluto e mentre lo faceva, sentire le sue mani  maschili su  di me, mi dava un senso di stordimenti. E iniziò a parlare: “È la tua ragazza quella biondina con cui passi sempre a braccetto?” Annuii.

“È una bella ragazza, ma te la chiavi?” Domandò impertinente.

Mi imbarazzai di quella domanda, sorrisi e guardandoci negli occhi sfuggevolmente risposi: “No!... Non ancora! È la mia ragazza, ma non facciamo ancora queste cose.”

“E cosa fate?” Chiese morboso.

“Ci baciamo, ci accarezziamo.”

“Senza chiavare?” Domandò ancora lui.

“Sì!” Risposi.

Ma era curioso. “I ditalini glieli fai almeno?”

Sorrisi ancora ripetendo: “L’accarezzo.”

“Spero sulla figa.” Aggiunse lui.

“Sì!” Risposi.

“Bravo!... Ma quando sei solo con lei, le devi infilare le dita dentro la fighetta e le devi fare i ditalini. Ce ne ha tanti peli sulla figa?” Domandò ancora.

“Sì!... Un po’ ce l’ha!” Risposi.

“Come si chiama?” Domandò ancora.

“Francesca.” Dissi io.

Era eccitato a fare quei discorsi sulla mia ragazza e anch’io lo diventai.

“Se ti capita di chiavarla e non sai dove andare, portala qui in barberia, nel resto c’è una branda dove io mi riposo d’estate, la puoi chiavare lì. Io se vieni tu con lei non ci sono, vado via, ti lascio le chiavi!”

“Sorrisi ma non dissi nulla.

“Ti piace essere insaponato vero?” Chiese infilandomi le dita fra i capelli schiumosi e sfregando dolcemente il cuoio capelluto, mentre sentivo il suo cazzo duro sotto i pantaloni appoggiarsi e spingere sul mio braccio mentre era affianco a me.

Annui con il capo.

E mentre me li risciacquava, parlò ancora di quell’episodio successo quasi due mesi prima e disse:

“Mi è dispiaciuto sai averti dato le cinghiate, ma d’altronde te le sei cercate, ma a parte quello il resto mi è piaciuto, diciamo che mi è dispiaciuto-piaciuto quel pomeriggio.” Affermò ridendo mentre tirandomi su il capo dal lavatesta mi asciugava i capelli sfregandomeli dentro l'asciugamano, continuando intanto che girava la poltrona rimettendomi davanti allo specchio e guardandoci di nuovo da lì.

“E a te?... È piaciuto?” Mi domandò all’improvviso.

Diventai rosso in viso e abbassai lo sguardo, anche se tutto quello che diceva mi eccitava ero turbato e imbarazzato, annui solo con il capo.

“Lo sapevo che era piaciuto anche a te! Ti sentivo godere come una femminuccia!” Disse sorridendo. Facendomi arrossire ancora di più.” Non ti devi mica vergognare, piace a tanti ragazzi…”

E intanto non perdeva occasione di strusciarsi con il suo cazzo duro sulle mie braccia girando intorno alla sedia e di premerlo contro i deltoidi mentre mi asciugava e lisciava con il phon.

Quando finì di asciugarmi e di pettinarmi, prima che mi alzassi, si avvicinò alla porta d’entrata e girò in cartellino con scritto chiuso, dando un giro di chiave, si avvicinò e facendomi alzare mi disse:

“Vieni! ...Andiamo un po' di là! Vuoi?”  Facendomi segno la porta del retro.

Capii subito cosa aveva intenzione di fare, ma non scappai, ne disi di no, restai in piedi fermo vicino a lui, dentro di me desideravo che facesse quello che mi chiedeva di fare e mi batteva forte il cuore. 

“Vieni!” Ripeté ed entrando mi seguì nel retro. Quando fummo dentro accarezzandomi sul collo mi disse:

“Slaccia la cintura e tira giù i pantaloni.”

Aveva l’espressione del viso e lo sguardo eccitato di quello che si accingeva a fare e io in silenzio e passivo lasciai fare.

Mi spogliò completamente nudo, io assurdamente ero eccitato, mi piaceva sentire le sue mani sopra la mia pelle. Mi accarezzò tutto, baciandomi il corpo, leccandomi e succhiandomi i capezzoli, proprio come se fossi una ragazza. Era bellissimo, mi eccitai subito e mi divenne duro.

“Vedrai!... Ti farò godere più della tua ragazza!” Mormorava leccandomi il torace.

Poi, si abbassò leccando l’addome e arrivato davanti al mio cazzo, lo prese in bocca all’improvviso iniziando a succhiarmelo, era bellissimo... era la prima volta che qualcuno me lo pigliava in bocca e mi piaceva, lo leccava e succhiava, era un’esperienza nuova e piacevole per me.

Mi fece un pompino, mentre io dall’alto lo vedevo accucciato davanti a me, sentivo le sue labbra sul mio cazzo e osservavo il suo cranio calvo con intorno la corona di capelli grigi sulla nuca e le tempie. Mi fece venire mentre succhiandomelo mi infilava il dito nel culo come a farmi un ditalino.

Gli godetti in bocca, non era schifato, lo deglutì leccandomi la giovane cappella ancora vergine. Non me ne rendevo conto, ma mi stava iniziando ai piaceri sessuali e omosessuali.

Si tirò su dicendomi “Sei bello… bello come tua madre, le somigli molto.”

Quel giorno non facemmo sesso completo, aspettava dei clienti su appuntamento.

Mi misi a posto e rivestii, mentre lui sempre eccitato mi baciò sulle labbra e mi diede 10.000 lire dicendomi di non dire niente a nessuno, dandomi appuntamento per l’indomani, di andarlo a trovare che mi aspettava:

“Vieni alle 14.00 che la barberia è ancora chiusa al pubblico! Ti lascerò la porta aperta, quando arriverai gira la maniglia ed entra. Faremo tutto con più calma, sarà tutto più bello e ti piacerà.”

Andai via, quella seconda volta senza scappare, non ero scioccato, né pentito di quello che mi aveva fatto, ma in un certo senso dispiaciuto, soprattutto perché ero attratto da quell’uomo e mi piaceva quello che mi faceva.

Ma io avevo la ragazza e le volevo bene e lei era innamorata di me e mi sentivo a disagio quando la pensavo. Ero convinto di poter gestire tutti e due i miei aspetti sessuali, sia quello omo che avevo conosciuto da poco che quello etero che pensavo di essere: “In fin dei conti mi viene sempre duro.” Pensavo, ma mi sbagliavo.

 

Il giorno dopo ero concitato, preso dall’agitazione per l’incontro che avrei avuto dopo con lui. Uscito da scuola andai subito a casa, pranzai qualcosa veloce, con disappunto di mia madre.

“Mangia con calma! Dove devi andare così di corsa? ...” Mi chiese.

“Devo uscire.” Risposi

Sorrise: “Devi andare dalla tua ragazza?... Ti aspetta?”

Annui con il capo per far sì che si tranquillizzasse e smettesse di agitarsi, ma lei continuò:

“Ti ho visto in giro con lei, è una bella ragazza, quando me la presenti?” Esclamò sorridendo e felice.

“Poi! Poi!” Risposi io scocciato.

“Devo andare a studiare da un amico ora.” Esclamai.

Dopo aver pranzato salutai mamma e invece di andare dal mio amico a studiare come le avevo detto, andai in negozio, nella barberia.

Arrivato mi guardai attorno che nessuno mi vedesse, a quell’ora c’era poca gente, girai la maniglia, spinsi la porta, era aperta come d’accordo, ed entrai.

Mi aspettava, quando mi vide fu felice, anche lui aveva da poco finito di pranzare. Andammo nel retro, ci sedemmo a tavola ancora apparecchiata con i piatti sporchi dei suoi avanzi e bevemmo dell’aranciata.

Poi mi accarezzò e volle che ci spogliassimo nudi, tutti e due.

Eccitato acconsentii, quando fummo nudi, mi accarezzò e baciò dappertutto e all’improvviso mi baciò in bocca, con la lingua dentro, come facevo io con la mia ragazza. Ebbi una reazione di disgusto e repulsione a sentire la sua lingua grossa e ruvida in confronto a quella di Francesca cercare la mia e sentire il pungere della sua barba ricresciuta e dei suoi baffetti sulla mia guancia. Cercai di allontanarmi ma lui mi tenne fermo la testa con due mani, mentre mi limonava.

Ero confuso, non mi aspettavo che mi baciasse in bocca come se fossi una ragazza, sentivo la sua lingua cercare la mia, succhiarla, mentre mi prendeva in mano il cazzo e iniziava a masturbarmi. Sentivo la sua saliva mischiarsi alla mia, il suo profumo forte di dopo barba, era qualcosa di indecente, di disgustoso, ma mi eccitava, mi stordiva, mi piaceva.

Quando si staccò dal bacio, si abbassò subito, prendendomelo in bocca e succhiandolo. Sentivo le sue labbra come una ventosa sulla cappella, succhiarla e leccarla.

Mi fece un pompino, ma senza farmi venire, poi si tirò su baciandomi ancora dicendo:

“Adesso prendimelo un po' in bocca tu. Leccalo e succhialo come ho fatto io.” Spingendomi in giù per le spalle.

Come un automa lo eseguii. Mi chinai e inginocchiai davanti a lui e, pur non avendolo mai fatto, lo presi in bocca. Non era molto grosso, ma dritto e duro, girato leggermente in su.

Sentii la sua cappella calda e morbida sulla lingua, assieme all’odore acre del suo sesso.

“Bravo, così!” Esclamò accarezzandomi i capelli mentre mi accompagnava nei movimenti, dicendomi come fare:

“Non devi toccarlo con i denti, solo con le labbra e la lingua. Devi leccarlo come se fosse un gelato e succhiarlo come se fosse un ghiacciolo, aprendo tutta la bocca.”

Fu il mio primo pompino, lo ricordo ancora, fatto ad un vecchio e me lo fece succhiare parecchi minuti.

“Leccami anche i coglioni, come ho fatto io prima con te.” Disse, facendomi correre con la lingua sui suoi peli e quella pelle cadente e rugosa.

Oramai ero eccitato e preso da quella strana sensazione perversa che mi avvolgeva. Mi fece smettere senza che lui venisse, come aveva fatto con me:

“Ora alzati, vieni qua. Mettiti in ginocchio sul divano.”

In silenzio lo feci, mi inginocchiai e mi venne dietro, con il suo cazzo duro, dritto e oscillante, rimise il sapone da barba sull’ano e appoggiò il glande.

“Quando lo senti entrare, spingi come se dovessi fare la cacca, che entra meglio e senti meno fastidio, perché l’ano si apre” Mi disse.

Lo assecondai, ma quando spinse per entrare, sentii ancora male:

“Mi fa male! Sento male lo stesso!” Esclamai.

“Perché ce l’hai ancora stretto, vedrai che tra qualche giorno che lo faremo ancora non sentirai più male, ma ti piacerà sentirlo entrare.” Aggiunse Agostino, e mi penetrò lentamente e inesorabilmente, facendomi irrigidire, iniziando a incularmi; e allungando la mano da dietro, mi prese di nuovo il cazzo in mano per masturbarmi, come aveva fatto la prima volta.

Lo sentivo spingere e correre dentro me, provando una strana sensazione piacevole e lentamente mi lasciai andare rilassandomi, iniziando a godere.

Fu bello quella volta, più della prima, godetti molto, partecipai passivamente, lo sentivo dentro me spingere come uno stantuffo, avanti e indietro mentre con la mano mi masturbava facendomelo diventare sempre più duro.

Mi morsicava e mi leccava il collo e lo sentivo sdraiato sulla mia schiena darmi bacetti dietro le orecchie, avvertivo il suo torace peloso, sfregare sulla mia pelle chiara e mi piaceva tanto quella sensazione.

Godevo... intensamente emozioni sconosciute, nuove e meravigliose, iniziai a gemere e godere profondamente e a muovere il sedere verso di lui mentre ci dava più forte, finché arrivò l’orgasmo come una deflagrazione, con tutta la sua potenza e gridai con gioia, mentre lui mi inculava.

Venni ancora due volte, mentre mi masturbava e mi sodomizzava e fu bellissimo godere in quel modo. Sentii anche a lui irrigidirsi, ansimare e sborrarmi ancora in culo il suo sperma senile.

Quella fu la mia prima inculata consenziente.

“È da quando ero giovane che chiavavo mia moglie che non godevo così!” Farfugliò ansimando.

Lo tirò fuori ancora gocciolante e mentre io mi accasciavo sul divano, lui si sdraiò su di me:

“Ho dei progetti su di te!” Esclamò con il fiato corto.

“Che progetti?” Chiesi.

“Voglio che diventi la mia donna, sei contento?”

Sorpreso da quella richiesta risposi: “Ma io ho la ragazza! Non voglio diventare gay.”

“Ma no!... che non lo diventi. Tu sei bisex come me, ti piacerà fare tutte e due le cose. Vedrai che ti piacerà chiavare anche la tua Francesca e ti sposerai e farai dei figli con lei.” Disse mentendo, sapendo bene che mi stava portando in una via senza ritorno.

Non capii bene il senso di quello che diceva, diventare la sua donna ed era una delle prime volte che sentivo quella parola... bisex. Ci credetti.

 

Dopo quella volta, ci vedemmo ancora sempre con il solito sistema, andavo in negozio, stavo un po’ lì con lui, mi lavava e pettinava i capelli gratis e a volte mi inculava sempre nel retro. A me piaceva, convinto che avrei continuato a vivere con Francesca.

 

Un giorno, verso la fine della scuola passando con mia madre davanti al negozio ci fermò.

“Signora Rosa! ...Signora Rosa!!” La chiamò.

“Cos’ha combinato questa volta?” Chiese mia madre voltandosi e vedendo che era lui.

“Niente! Niente! ...” Disse avvicinandosi:” Non mi ha più fatto né scherzi, né dispetti, è diventato un bravo ragazzo.” Rispose.

“Meno male!” Sospirò mia madre “Era ora! Ha anche la ragazza adesso.”

“Lo so!” Disse Agostino: “L’ho vista!... Una bella ragazza bionda! Ma l’ho fermata per altri due motivi.” Disse “Il primo per dirle che lei è sempre più bella signora e ogni volta che passa di qui, non posso fare a meno di guardarla.”

“Ohhh! Agostino…” Si schermì mia madre imbarazzata, ma lusingata dal complimento.

” Grazie!”

“E il secondo per chiederle, visto che tra qualche giorno finiscono le scuole ed io ho bisogno di un garzone nella barberia, se mi manda Enzo ad aiutarmi e intanto impara un lavoro. Lo pago bene!” Esclamò.

Mia madre annuì con la testa: “Beh, non è male come idea. Ma tu ci vuoi andare?” Chiese a me.

Risposi scelleratamente di sì.

“Va bene!” Disse mia madre: “Allora fino a settembre verrai qui, così imparerai un mestiere e ti toglierai da mezzo la strada.”

Poi rivolgendosi a mia madre: “Lei quando vorrà venire, sarà sempre ben venuta signora Rosa.” Le disse facendo il cascamorto.

 

Così da metà giugno mentre i miei amici andavano al mare e a divertirsi io iniziavo a fare l’apprendista barbiere.

Quell’estate fui il suo amante, mi trattava molto bene, non mi faceva mancare mai i soldi, ero ben vestito e sempre pulito, ordinato e profumato.

L’unica cosa che non mi piaceva era che mi chiedeva sempre di mia madre, quando la vedeva la faceva entrare in barberia. Un giorno all’improvviso con lei che si vergognava, la fece sedere sulla poltrona girevole e le fece perfino lo shampoo.

Mia madre pensava che fosse un brav’uomo Agostino, non sapeva che porco era e cosa facevamo.

Un giorno glielo dissi che ero a disagio delle sue attenzioni per mamma.

“Non essere geloso:” Mi rispose lui: “Il nostro rapporto sarà sempre il primo.”

“Ma io non sono geloso!” Replicai: “È che mi dà fastidio vederla corteggiare da te, è mia madre!” Esclamai risentito.”

“È tua madre, ma è anche una bella donna sola, da quanto tempo vi ha lasciato vostro padre?” Domandò.

“Quattro anni!” Risposi io

“E non è mai andata con un uomo?”

“No!” Replicai deciso e risentito da quella domanda...

“E’ come se fosse vedova anche lei…. senza maschio…” Mormorò dicendomi:

“Pensa è quattro anni che non chiava, deve averne una voglia!... Non vedi che le fa piacere essere corteggiata da me. cerca un maschio. Vuoi negarle anche quello?”

“No!... Ma mi sento a disagio nel vederla al centro dell’attenzione e dei desideri di un altro uomo davanti a me.”

“Tranquillizzati, è una bella donna, mi è sempre piaciuta anche quando c’era ancora tuo padre e non ero vedovo, ma io mi diverto solo a corteggiarla, a farla sentire donna, a farle i complimenti e basta, anche se con te faccio le battute spinte e ti dico che ha un bel culo. Non è mica detto che glielo voglio fare davvero! Preferisco il tuo.” Disse ridendo, aggiungendo:

“Ma chissà che non me la prenda con me, lei è sola e io vedovo...  e ci mettiamo assieme... tu saresti contrario?” Domandò sorridendo.

Non risposi, comunque la mia indignazione e fastidio non servì a molto, continuò a fare battute su di lei, finché ci feci l’abitudine e a corteggiarla ogni volta che la incontrava o passava in negozio a salutarmi.

Lo stesso faceva con Francesca quando mi veniva a trovare in barberia, la faceva sedere, le offriva la bibita e le voleva lavare i capelli a tutti i costi, meno male che lei non ha mai accettato. Ma continuava a fare allusioni anche su di lei.

Da quando iniziai a lavorare lì, i miei rapporti con lui si intensificarono i rapporti sessuali diventarono bisettimanali e quando non mi inculava mi faceva dei pompini o io gliele facevo a lui.

 

Un pomeriggio quando arrivai per iniziare il turno, lo trovai sorridente:

“Vai di là! C’è un mio amico.” Mi disse.

Andai curioso nel retro e Agostino dietro di me e vidi seduto sul divanetto un signore sulla cinquantina.

“È un mio amico.” Ripeté, aggiungendo: “Questa volta lo fai anche con lui.”

Restai perplesso, ma lui si alzò venendomi incontro, presentandosi e iniziarono a spogliarmi e accarezzarmi...

Finì che mi prese e mi inculò anche lui, mentre succhiavo il cazzo di Agostino davanti a me in piedi e mi vennero tutte e due dentro, l’amico in culo e lui in bocca.

Ero cambiato profondamente, mi piaceva stare con gli uomini maturi, farmi prendere da loro.

Il barbiere e il suo amico si alternavano nelle giornate o lo facevano assieme.

 

Come dicevo ogni tanto passava mamma quando faceva la spesa o usciva da lavorare dove praticava le pulizie, e si fermava sull’uscio e chiedeva se andava tutto bene. E se non c’era nessun cliente, lui non perdeva occasione per corteggiarla e invitarla a entrare e sedersi sulla poltrona girevole per metterle apposto i capelli: “Darle una bella pettinata…” Come diceva lui, oppure farle lo shampoo o aggiustarle il taglio accorciandoli un poco, chiacchierando con lei incurante del mio fastidio che sapeva provavo a vedere mia madre seduta sulla poltrona girevole degli uomini. E della mia... gelosia... a vederla sorridere e scherzare con lui.

Lei era disponibile a lasciarsi pettinare, le piaceva, fino a farsi convincere un pomeriggio che non c’era nessuno quando per l’ennesima volta le chiese:

” Perché non li tagli un po' Rosa, fai un taglio moderno, più corto come si usa ora? “

Lei sorrideva schernendosi:” Non so se sto bene con i capelli corti, non li ho mai portati…”

“Ma sì che stai bene. Guarda!” E da dietro pigliandole nelle mani glieli alzava dai lati fino alle orecchie.

“Ecco vedi? Così! Moderni… Guarda come stai bene, con il collo libero che respira…”  Facendola osservarsi nel grande specchio di fronte a lei, per poi lasciarglieli cadere sulle spalle e dire tastandoli con le dita:

” Questa oramai è stoppa…non sono più capelli. Non si portano più lunghi così come Maria Maddalena…” Ridendo…

“Ma sei capace a tagliarli così?” Le chiese mia madre, mentre io in silenzio ascoltavo e guardavo seduto sulla sedia.

“Certo, ho fatto il corso e sai a quanti ragazzi con i capelli lunghi li accorcio?” Rispose:” Tanti…” Ma io sapevo che non era vero.

Alla fine si lasciò convincere e li tagliò, le fece un caschetto mosso, con il collo a vista e la persuase anche a farseli schiarire un pò.

“Così sei più bella Rosa, sembri più giovane…”  Le diceva.

“Lei si scherniva e chi vuoi che mi guardi oramai?”

“Io ti guardo, mi piaci!” Le rispondeva lui deciso, corteggiandola apertamente.  

Anche quel darsi del tu tra di loro mi dava fastidio.

Quella sera a casa con una forma di gelosia chiesi a mia madre:

“Perché ti fai pettinare e tagliare i capelli da Agostino che era un parrucchiere per maschi e non vai dalla parrucchiera Anna come tutte le altre donne?” E lei ingenua mi rispose:

“Cosa c’è di male se me li taglia Agostino? È una brava persona e lo fa anche bene e anche gratis, risparmio per spendere in altro, sai quanto costa la parrucchiera Anna?...  E poi ha ragione, adesso non si usano più lunghi come una volta, ma così a caschetto come me li ha tagliati lui. E poi tuo padre non c’è più e io devo piacere solo a me!”

” O a lui!” Pensavo. E mi chiedevo” È brutto e quasi calvo come fa a piacergli?”

Ma era la stessa domanda che avrei dovuto fare a me stesso:” Come poteva piacermi essere inculato da lui, brutto e calvo?” Ma la risposta era che aveva senz’altro un fascino, un qualcosa di suo attraente su di noi.

Durante le sue visite, mamma gli chiedeva:

“Va tutto bene? Impara.”

“Sì tutto bene!” Rispondeva lui: “È un ragazzo d’oro!” Aggiungendo sempre quando usciva:

“Ma sai che ha un bel culo tua madre... glielo farei anche a lei.” E rideva.

Oramai non ci facevo più caso, ero profondamente cambiato in quelle settimane e non mi tormentavo più a vederla corteggiare da lui e alle sue battute spinte su di lei.

 

Iniziò a dirmi: “Assomigli molto a tua madre. Hai un bel viso e un bel culo, come lei. Sai che se ti vestissi con i suoi abiti e ti truccassi sembreresti lei da giovane! Perché non provi quando sei a casa da solo e lei è al lavoro? Prova a metterti la sua biancheria intima, le sue calze e vedi che effetto ti fa.” Mi esortò in tono scherzoso ma consigliandomi a farlo.

E a me assurdamente piaceva ed eccitava l’idea di provare a travestirmi da donna.

 

Un lunedì pomeriggio, chiusura dei barbieri, ero a casa da solo, mamma era al lavoro, andai nella sua camera, aprii il cassetto e presi le sue mutandine e il suo reggiseno e dopo essermi spogliato nudo me li misi, mi erano grandi, ma facevano il loro effetto.

Ero turbato, sentivo una strana emozione ad avere addosso indumenti intimi femminili, mi pensavo donna, mi guardavo allo specchio e mi vedevo femmina, avvertivo strane sensazioni piacevoli, mi domandavo cosa si provasse ad essere donna davvero. Mi girai e rigirai anche sui fianchi, guardandomi le gambe e il sedere allo specchio.

Avevo pochissimi peli e chiari sul corpo e nella penombra sembravo davvero una ragazza.

Il giorno dopo in negozio glielo dissi:

“Ieri mi sono messo le mutandine e il reggiseno di mamma.”

“Bravo!” Esclamò, aggiungendo subito: “Ti sei truccato?”

“No!” Risposi: “Ho solo messo le mutandine e il reggiseno.”

“E ti è piaciuto farlo?” Chiese interessato.

“Sì!” Risposi.

“Bene!!... Ma devi anche truccarti. Lunedì prossimo, prendi gli abiti e la biancheria intima di tua madre, anche le scarpe e le calze, metti tutto in un borsone e vieni qui. Porta anche i suoi cosmetici, che ti trucco io.”

Così feci, il lunedì dopo di primo pomeriggio misi quello che mi aveva chiesto dentro il mio borsone da sport, poi andai in bagno e dalla consolle dello specchio presi il beauty dei suoi cosmetici e andai in negozio.

La barberia era chiusa e le tende delle vetrine abbassate, arrivato entrai, lui mi aspettava.

Mi fece spogliare nudo e indossare la biancheria intima di mia madre, ma prima la osservò, guardò che tipo di mutandine e reggiseno avesse mia madre ed era colorata e spezzata, slip di un colore e reggiseno di un altro. Li prese in mano dicendo:” Roba da bancarella di mercato.” E le sue mutandine, le annusò anche se erano pulite, dicendo:

“Se penso che qui c’è stata la sua bella figa pelosa...” E rise da solo.

Io, come dicevo, non ci facevo più caso oramai alle sue battute su mamma.

Quando l’ebbi addosso, con una spilla sul lato strinse le mutandine a farmele diventare su misura perché mi erano larghe e mi scendevano, lo stesso fece con il reggiseno.

Poi mi aiutò a mettere le calze autoreggenti trasparenti nere, il suo abito e le scarpe.

“Vieni, siediti qui ora, che ti trucco.” Mi esortò segnandomi con la mano la poltrona girevole del negozio.

Iniziò a truccarmi. “Sono bravo anche a truccare vedrai!” Esclamò aprendo l’astuccio di mia madre e guardando tra le sue cose.

Mi passò la matita sulle sopracciglia scurendole, mi mise del fard sul viso e il rossetto sulle labbra. Seppur fosse un trucco modesto, cambiai subito aspetto, sembrando davvero una ragazza e guardandomi allo specchio mi piacevo truccato. Provavo una strana emozione ad essere truccato e vestito da femmina come mia madre, che mi faceva battere forte il cuore.

Mi fece alzare e camminare nel negozio avanti e indietro sulle scarpe di mia madre con i tacchi.

“Ti piace?” Chiese.

“Sì.” Risposi.

“Quando cammini, sculetta un po’ che a noi uomini piace! Muovi il sedere un po’ a destra e a sinistra.

Ecco così!... Brava!!” Esclamò, mentre lo facevo.

“Sembri davvero una ragazza, assomigli molto a tua madre da giovane, devi farti crescere i capelli e non tagliarli più, hai un viso molto femminile. Vieni!” Disse prendendomi per mano e portandomi nel retro e dopo avermi guardato, palpato, mi baciò sulla bocca con la lingua.

Poi mi fece girare, mettermi in ginocchio sul divanetto, tirò su la gonna del vestito e giù le mutandine di mamma e mi accarezzo il culo esclamando: “Bello! Belloo!!”

Slacciandosi la cintura dei pantaloni e avvicinandosi, mi penetrò iniziando a incularmi lentamente, come se fossi una donna vera... come se fossi mia madre e a me piaceva di più, perché mi considerava donna e io mi ci sentivo in quel momento.

“Ah!!” Esclamò soddisfatto: “Sembri proprio tua madre da giovane. Non sai quante volte ho desiderato di chiavarla e incularla anche quando c’era ancora tuo padre e ora lo faccio tramite te come se inculassi tua madre!”. Sei contento? Chiese.

Eccitato risposi di sì, mentre lui mi sodomizzava travestito, con gli abiti di mia madre e in quel momento piaceva anche a me essere come lei, donna, femmina nell’aspetto e vestito con i suoi abiti.

Mi sodomizzò pensando di farlo a mia madre e mi eiaculò dentro come sempre. Tornato a casa, rimisi tutto a posto come era prima in modo che mamma non se ne accorgesse.

 

Quel gioco lo rifacemmo ancora in negozio e fu lui a portarmi indumenti femminili, sia intimi che abitini e altre volte lo rifeci a casa da solo, di nascosto provavo i vestiti e gli indumenti intimi di mamma, le sue collane, i bracciali, imparando a conoscere la biancheria femminile, i cosmetici e a truccarmi da solo.

Mi piaceva, lo facevo volentieri, mi faceva sentire donna.

 

A termine dell’estate tornai a studiare, andavo saltuariamente da Agostino ad avere rapporti sessuali.

Cambiai zona di frequentazione, mi allontanai dai miei compagni di sempre, perché mi sentivo diverso da loro, ma soprattutto avevo una crisi esistenziale dentro di me, di identità.

Volevo essere normale, essere un ragazzo, non essere un gay, ma sentivo che ero sempre più attratto da quel mondo, passavo più tempo da solo che con gli altri e pensavo al femminile.

Anche mamma se ne accorse, dicendomi:

“Ma perché non esci con la tua ragazza? Francesca è tanto carina e bella, ti sta dietro, ti cerca sempre. Vuole uscire con te, è innamorata di te, una mamma queste cose le capisce.” Mi diceva:” Almeno ti distrai, sei sempre solo e taciturno, portala al cinema o a ballare. Se no rischi di perderla... che qualcuno te la porti via.”

Era quello che volevo anch’io di vivere con Francesca.

L’accontentai uscii con lei parecchie volte, anche alla sera, ma mi accorsi che provavo disagio a toccarla e a farmi toccare da lei e nel baciarla, anche se lei era disponibile a farsi chiavare, non mi attraeva e non lo feci mai.

Mi sentivo bene nella sua vicinanza solo considerandomi alla pari con lei, cioè femmina. Con lei senza volerlo, affinai la femminilità che c’era in me, il desiderio di truccarmi, di essere donna, di vestirmi come lei, di essere come lei. La consideravo una amica e non più la mia ragazza, anche se lei più volte si offrì sessualmente a me.

 

Finché un giorno mamma scoprì che ero effemminato, come si diceva allora. Pianse.

Le dissi la verità, che mi sentivo femmina e stavo bene così, di fare conto che avesse una figlia e non un maschio, omettendo di dirle come ero arrivato a quello, non dicendole nulla di Agostino e feci male, perché lui approfittando di quel segreto, con la scusa di aiutarla e consolarla e ad accettarmi così, la circuì.

Mamma pur nel suo dolore, mi accettò subito com’ero diventata e siccome mi diceva spesso che se fosse nata una femmina lei l’avrebbe chiamata Marina, presi quel nome e divenni Marina per tutti.

Con la mia ragazza, Francesca avevo chiuso, le avevo confessato che ero un diverso, che le volevo tanto bene ma non mi interessava. Anche lei ne soffrì e pianse, mi voleva molto bene, mi amava davvero nonostante tra noi non ci fossero stati rapporti sessuali completi ma solo affettivi. Dopo tre anni di stare assieme, la lasciai ancora vergine.

 

Dopo qualche anno andai a militare ma venni esonerato subito dopo due mesi, appena scoprirono che ero un effemminato, una checca come si diceva allora e avevano scoperto che avevo avuto rapporti sessuali con qualche commilitone.

Quando fui congedato, tornato a casa scoprii che mia madre si era messa con Agostino. L’aveva corteggiata e lei sola, si era lasciata abbindolare dalle sue promesse e messa con lui, ne era diventata l’amante e lavorava nel suo negozio, lavava i capelli ai clienti, faceva shampoo, pettinava e preparava per le barbe. Lavava gli asciugamani e le scopava attorno alla poltrona quando tagliava i capelli. Le faceva la garzona e la clientela era aumentata, sapendo tutti quegli uomini che da Agostino si facevano lavare i capelli dalla bella Rosa…chiacchierando e facendo battute.

Restai un po' con mamma, qualche giorno, poi sentii il richiamo della mia femminilità, la salutai e andai a vivere da solo in un’altra città del nord. Iniziai a travestirmi, a prostituirmi e fare cure ormonali che mi fecero scomparire la peluria sul corpo e crescere il seno. Indossai delle parrucche insieme agli abiti femminili e con il tempo mi feci crescere i capelli lunghi e con un intervento chirurgico misi anche le protesi mammarie, che mi diedero un seno meraviglioso, una quarta fantastica, facendomi diventare donna nell’aspetto.

I rapporti con mia madre si diradarono sempre più, sentendoci solo per telefono, anche se capì e accettò la vita che facevo.

Non andai più a trovarla da quando seppi che era andata a vivere con lui.

Lei oramai era diventata la donna, la compagna di Agostino prendendo il posto di mio padre nella sua vita e nel suo letto, facendosi servire e lavare gli indumenti da lei e chiavandosela nel suo letto matrimoniale. Non mi andava più di incontralo, sapendo che quello che aveva fatto a me, probabilmente lo aveva fatto e lo faceva ancora anche a mia madre... il culo che tanto le decantava quando la vedeva.

Una delle poche volte che mi incontrai con mia madre, quando oramai ero Marina nell’aspetto, tra le altre cose le domandai:

” Perché mamma ti sei messa proprio con lui? Avevi altri pretendenti.”

Sapevo fin da quando ero ancora un ragazzo, che aveva altri aspiranti che la corteggiavano per vivere con lei.” Sei una bella donna quasi cinquantenne, ancora piacente… perché con lui?”  Ripetei.

Mi rispose:

“Mi sono accasata con Agostino, non perché mi piaccia fisicamente, tutt’altro, non è l’ideale di uomo dei miei sogni, piccolo e pelato. Ma perché ero sola e lui mi corteggiava assiduamente. Quando sei partito al militare prima e poi al nord, lui mi telefonava spesso a casa, invitandomi ad andare in negozio da lui, che mi avrebbe pettinata e così incominciai ad andare in barberia a chiacchierare e a non pensare a niente.

Sapendo delle mie difficoltà mi ha aiutata anche economicamente a pagare le bollette con la sua pensione, essendo benestante. Poi un giorno mi fece la proposta di andare a lavorare da lui, che mi avrebbe insegnato, a lavare e tagliare i capelli e di smettere di andare a fare le pulizie in giro.  Accettai e così mi ha assunta a fare il garzone a tuo posto.”  Sorrise e proseguì quasi vergognandosi.:” Ho accettato e verso mezzogiorno preparavo anche da mangiare nel retro e mi faceva pranzare con lui e poi un giorno, dopo mangiato e bevuto il vino, mi ha abbracciata… E poi ci siamo messi assieme.” Disse imbarazzata continuando:” Il tempo passava e avevo paura di restare sola senza nessuno. Tu non c’eri più, avevi la tua vita al nord e anche se lui era più vecchio di me, ci facevano compagnia e ho iniziato a vivere ufficialmente con lui a casa sua, oramai lo sanno tutti.”

Mi dispiacque che mia madre si fosse messa con Agostino, ignara che proprio lui mi aveva rovinato e oltre me si era presa anche lei sessualmente.

Tante volte ci ho pensato, se quel giorno non fossi scivolato, se mi avesse dato solo due schiaffi ora sarei stato sposato con Francesca e avremmo dei figli e mia madre avrebbe vissuto con noi. Invece… mi ha fatto diventare Marina.

 

Oggi mi sono accettata completamente, vivo a Milano con un rumeno conosciuto in una sala da ballo, che mi ha portato a vivere con lui a casa sua con altre ragazze. È diventato il mio uomo e protettore e mi porta a battere al parco Trotter, in via Padova, quello che oggi chiamano il parco dei trans… a dare il culo e a fare pompini a pagamento in strada o in auto.

Ora per tutti sono Marina, un bellissimo Trans e sono felice di esserlo e di questa condizione di vita.

 

Marina.

 

 

 

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