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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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STORIE IGNOBILI
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.
LA BARONESSA
Storia siciliana
Barone Rodolfo Vincenzo Nunzio di Rocca Annunziata.
Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi.
NOTE:
“La baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi, è la nobildonna più bella, amata e desiderata di tutta la Sicilia.”
Barone Rodolfo Vincenzo Nunzio di Rocca Annunziata.
2° PARTE.
Il giorno dopo il dottore mandò a chiamare quel Turi e con scusa di fare dei controlli lo visitò sul pene:” Vedo che ce l’hai bello lungo con i coglioni pieni e duri…" Disse palpandoglieli il dottore e gli fece tutti gli esami del sangue e delle urine e per ultimo gli fece la proposta: “Ditemi Turi, vi piacerebbe guadagnare Mille lire?”
“Mille lire? E che devo fare, ammazzare qualche persona? Io non sono adatto a queste cose dottore.” Si precisò a dire.
“Niente di tutto questo Turi…” Lo tranquillizzò il dottore:” Ti devi solo fottere una bella signora profumata e metterla incinta, ingravidarla, ma non devi fare domande e né parlare mai…”
“Fottere una bella signora? Ingravidarla?” Ribatté quel Turi incredulo sorridendo.
“Si, fotterla, chiavarla al buio e sborrarle dentro la figa e poi andartene, e ti sei guadagnato mille lire. Ma non ne devi parlare assolutissimamente con nessuno, a rischio della tua stessa vita.”
“Certo! Sono muto io dottore per quella cifra mi fotto anche mia madre che è vecchia e vedova…” Disse ridendo.
“Tua madre lasciala stare, lasciala tranquilla a fare la vedova e a farsi fottere in qualche masseria con qualche compare della sua età.” E riflettendo aggiunse il medico: “Bene, allora ascoltami Turi, un pomeriggio che ti dirò io verrai qua a prepararti, lavarti e rasarti, e alla sera bendato ti porterò da questa signora. Dirai a tua moglie che sei via, che vieni a caccia con me. Ma ricorda, mentre la fotti non dovrai mai parlare, mai aprire bocca… dovrai essere muto davvero, se vorrai potrai baciarla in bocca e anche metterci la lingua dentro sé lei vorrà, ma non dire parola, né prima né dopo.”
“Ma certo… dottore!” Pronunciò Turi…
E lui aprendo un cassetto prese dieci banconote da 10 lire dicendo:” Ecco, questo è un anticipo, sono cento lire gli altri novecento li avrai a fine prestazione… quando avrai fottuto e ingravidato la bella signora.”
Li prese e li guardò, non aveva mai visto cento lire tutte assieme…” Va bene dottore, farò come dite voi…” E sorrise contento.
Il giorno seguente intanto il barone fece un sopraluogo nella masseria con il dottore, gli fece vedere il percorso che avrebbe dovuto compiere per arrivare nell’anticamera dove l’avrebbe aspettato, lui avrebbe lasciato le porte aperte, e fece preparare dalle serve la stanza matrimoniale, dove la baronessa sarebbe stata fottuta e ingravidata dal contadino Turi.
Nel mentre la baronessa complice, agitata e inquieta iniziò il calcolo dei giorni fecondi, di quando quello sconosciuto avrebbe potuto ingravidarla. Quando fu tutto pronto era giugno, il dottore si rivolse al barone:” È tutto pronta voscenza, quando volete…”
“Giovedì! Facciamo giovedì…!” Esclamò il barone ancora oramai deciso:” Alle 21.00 alla masseria, è tutto pronto, voi preparate quell’uomo come avete detto e ci vedremo nella masseria.”
La sera di quel giovedì il barone e sua moglie la baronessa andarono alla masseria, lasciarono libera la servitù fino al mattino successivo ed erano soli. Erano entrambi inquieti, emozionati, soprattutto la baronessa che avrebbe dovuto giacere e copulare con un altro uomo che non era suo marito. Si prepararono con calma, lei si spogliò nuda completamente con il barone che la osservava, bella, perfetta nelle forme del suo corpo statuario, la desiderava il barone, oh se la desiderava, ma non poteva averla, quel previlegio di chiavare e di ingravidare sua moglie la signora baronessa, non sarebbe toccato a lui, ma ad un altro, un bracciante per giunta e davanti a lui e ne era geloso… La baronessa quando fu nuda si infilò sotto il lenzuolo nel letto, con la luce della stanza soffusa e quasi buia e si coprì pudicamente, quasi religiosamente per non mostrare nemmeno al consorte le sue nudità. Anche lui si spogliò, restò in mutandine e si sdraiò affianco a lei alla penombra passandole la mascherina e facendogliela mettere.
“Ho paura Rodolfo…!” Mormorò la baronessa.
“Rilassati amore che tra poco arriverà e tra mezz’ora sarà tutto finito.” Disse visibilmente contrariato con risentimento e invidia…:” Io sono qua con te per qualsiasi evenienza…”
Quello stesso tardi pomeriggio, inizio serata il dottore aveva fatto arrivare Turi nel suo ambulatorio, lo fece lavare completamente, rasare in volto, gli tagliò i capelli come li aveva il barone e gli fece mettere il suo dopo barba oltre al profumo esclusivo del barone e lo vestì con gli abiti puliti del barone. Nell’attesa gli disse:” Vi piacciono i sigari Turi?”
“Si, ma fumo poco per via del prezzo dottore…”
“Fumatevi uno di questi…sono di marca buona…” E glielo mise in bocca e glielo accese, era un sigaro del barone…
“Unhmmm che buono che è questo…” Pronunciò turi dopo qualche boccata.
“Per forza, questo è vero tabacco americano, tu sei abituato a fumare il trinciato forte mischiato con la cicoria secca…” E rise.
A sera il dottore bendò Turi, aveva affittato un’auto in una officina di Catania e si avviarono e lo portò bendato dal suo ambulatorio alla masseria del barone all’ora prestabilita. Quando sentì il rumore del motore dell’auto il barone in accappatoio si fece trovare nell’anticamera, e quando scesero e entrarono con Turi bendato e accompagnato come un cieco si avvicinò all’orecchio e sussurrò inquieto al dottore:” La mia signora è preparata, è pronta.”
“Bene, allora procediamo barone.” Sussurrò in modo che Turi non sentisse.
Bendato lo portò al centro dell’anticamera, prese ancora dal vassoio il profumo del barone e con la pompetta glielo spruzzo addosso, in modo da far annusare alla baronessa odori e profumi famigliari e intimi di suo marito.
“La baronessa è nuda?” Domandò sussurrando il dottore.
“Si!” Mormorò sotto voce il barone infastidito.
“E’ già pronto anche lui…” Pronunciò il dottore al barone:” … sbarbato e ben pulito, con doccia e insaponamento anche dei genitali, ora ha soltanto i vostri odori in corpo…” Aggiungendo:” … anche i denti gli ho fatto lavare bene, con risciacqui della bocca, così se dovesse baciarla… o succede che avvicina la sua bocca a quella della baronessa, che sia almeno piacevole l’alito. “Il barone sospirò inquieto.
“Bene e ora spogliati nudo Turi.” Disse il dottore, aiutandolo essendo sempre bendato, lasciando gli indumenti a terra. Quando fu completamente nudo, il barone vide il suo pene semirigido penzolante, quasi pronto, e notò che era di dimensioni riguardevoli, ma non disse nulla, fu invaso dall’invidia di quel contadino che ce l’aveva e lui no, e che poteva chiavare e fottergli la moglie rendendolo di fatto beccu (cornuto) e padre. Nudo, accompagnato per il braccio dal dottore con dietro il barone che osservava entrò nella stanza da letto dove giaceva la baronessa in attesa, agitata, ma anche eccitata dal dover fare sesso dopo due anni, anche se era un altro.
Si fermarono sull’uscio, un profumo di gelsomini che era nell’aria penetrò piacevolmente nelle loro narici. La penombra della luna e di una lampada soffusa, messa in un angolo in modo che oscurasse metà letto, soltanto la parte superiore, e non si vedessero i volti ma solo i corpi schiariva la stanza. Il dottore si avvicinò all’orecchio di Turi sussurrando:” Ci siamo Turi, ricordatevi quello che vi ho detto, non una parola, dovete soltanto fottervela e sborrarci dentro…. Ora vi tolgo la benda, la signora è nel letto davanti a voi già nuda, sapete cosa dovete fare… Alla fine dopo che l’avete fottuta e sborrata dentro lo sticchiu (figa) vi alzate e venite qui da me e quando ritorniamo in ambulatorio ci sono novecento lire che vi aspettano.”
Tolse la benda e si allontanò sull’uscio invitando il barone a fare altrettanto e dalla penombra dello stipite e dei drappi di tenda alla porta si misero ad assistere.
Videro la sagoma di quel Turi andare avanti a tentoni, toccare la parte inferiore del letto e girarci di lato. La baronessa a vedere la sua figura avvicinarsi si irrigidì e sussultò, era spaventata ma anche eccitata e per reazione all’eccitamento iniziò a respirare forte e brevemente, muovendo le bellissime mammelle sul torace. Turi allungando il braccio con una manata le tolse, si può dire che le strappò letteralmente il lenzuolo da sopra rendendola completamente nuda. E guardò alla penombra delle luci il suo corpo perfetto, altro che quello grasso, sformato e molle di sua moglie quello della baronessa gli appariva come una statua greca. Accarezzò con le sue mani grosse, grezze e callose la pelle vellutata della baronessa che si accorse dal contatto e dal tatto nonostante tutti gli accorgimenti presi che non era il suo consorte barone Rodolfo ad accarezzarla, ma dalla ruvidezza e callosità capì che era qualche contadino. Ma restò in silenzio perché doveva e le piaceva che la toccasse e Turi subito piegando le ginocchia salì sul letto continuando a toccarla, accarezzarla sull’addome e le cosce. Lei sospirava alle sue mani grezze sulla pelle, provava piacere e quindi secondo la falsa teoria del dottore che aveva detto al barone, si sarebbe dovuto rilasciare e dilatare la cervice uterina favorendo la risalita degli spermatozoi e quindi la fecondazione. Il barone ignaro che quella era una menzogna e in silenzio osservava in quella penombra da dietro il tendone della porta.
Il suo pene di Turi si irrigidì a quel contatto e si elevò dritto ed eretto verso l’alto, tanto vigoroso e virile che veniva disegnato sulla parete tappezzata insieme all’ombra del corpo.
“Gli è venuta la minchia dura…” Mormorò il dottore bisbigliando.
“Ho visto!” Ribatté con invidia, rabbia e dispiacere il barone sottovoce.
Turi in silenzio si avvicinò alla baronessa, non gli sembrava vero di avere una donna così bella e profumata da possedere, abituato a sua moglie grassa con quell’odore di sudorazione e stantio, e dopo averle accarezzato le cosce e il loro interno, energicamente prendendola per le caviglie le aprì le gambe.
Il barone era inquieto e sussurrò al dottore:” Ma quanto ci mette questo villano? Perché non si sbriga…? Perché non fa presto…?”
“Con calma signor barone, ci vuole il suo tempo a fottere le femmine…non vi ricordate più?” E dentro di sé rise della sua gelosia per la baronessa che gli si leggeva in faccia.
Vedemmo la sagoma di Turi mettersi tra le sue cosce allungare il braccio e accarezzargliela con lei che sospirava forte a sentire le sue dita grosse e callose sulla vulva. Turi strisciò le ginocchia sul lenzuolo di lino mettendosi davanti a lei. Tolse la mano dalla figa e le portò tutte e due sulle mammelle ad accarezzarle e massaggiargliele, stringendogliele e rilasciandogliele.
“Ma che fa sto fetuso!? Esclamò il barone inquieto:” La deve fottere e ingravidare e non accarezzarla e giocarci…”
“Calmatevi barone… lasciatelo fare. Più la baronessa prova piacere, più si dilata l’entrata dell’utero e meglio è!”
Al chiarore della luna e delle lampade, si vide Turi che si avvicinò di più e appoggiò il glande sulla fessura della vulva pelosa e blasonata delle baronesse, tra le grandi labbra gonfie e palpitanti di desiderio di riceverlo e premette, e lentamente la penetrò, entrò in lei, con il suo cazzo contadino nella sua nobile vagina. La baronessa all’introduzione sussultò e per reazione strinse Turi a sé abbracciandolo. Turi con un colpo di reni lo spinse di più dentro in vagina e muovendosi lentamente avanti e indietro iniziò a chiavarla come faceva con sua moglie, dando ogni tanto colpi vigorosi e profondi in vagina, facendola sobbalzare e sussultare nel letto e iniziare ad ansimare e respirare forte. La baronessa iniziò a gemere e ad ansare il respiro velocemente e per reazione al piacere che provava a quella introduzione asociale, istintivamente allargò ancora di più le gambe, facendosi penetrare, trafiggere bene fino in fondo dalla minchia di quel loro bracciante semianalfabeta.
Dal godere la baronessa stringendolo a sé e accarezzandogli il dorso le impiantò le unghie sulla schiena, sulla sua pelle dura e bruciata dal sole, graffiandola nel piacere che provava godendo. Era sconvolgente assistere per il barone, sentire la sua consorte baronessa gemere, mugolare e godere con un contadino. Nell’emotività e turbamento della sua impotenza e nell’esaltazione della virilità di quel bracciante, il barone intravvedeva l’asta di quel Turi tra le grandi e le piccole labbra vaginali, dilatare la fessura vulvare pelosa, quasi casta della baronessa, ormai chiusa dai due anni di astinenza sessuale forzata e penetrare a fondo in loro. E nel suo sconforto immaginava quel glande plebeo e campagnolo contro l’utero patrizio e raffinato della sua consorte e la sua asta nuda fasciata dalle pareti e mucose nobili della vagina della baronessa. Considerando che quell’asta e glande di bracciante più che vagine e uteri di donne grasse e prostitute a pagamento non aveva posseduto e urtato. E ora era lì, aveva la fortuna di essere dentro la figa aristocratica della baronessa, e la chiavava come se fosse in quella della sua grassa moglie o di qualche puttana … Era sconvolgente per il barone assistere a quel bracciante che gli possedeva sessualmente la moglie, la signora baronessa per ingravidarla e facendola godere.
“Ma quando ci vuole?! Quanto ci mette?!” Bisbigliava sudato, teso e nervoso:” Perché non viene? Cosa continua a fotterla? Gliela detto che deve venire subito e non trattenersi?”
Al punto che il dottore bisbigliò:” Forse è meglio signor barone che andate di là ad aspettare e non guardiate l’inseminazione della vostra consorte baronessa.” La gelosia si stava impadronendo del barone, lui, era geloso che quel Turi gli chiavasse la moglie e la inseminasse.
Ma lui stizzito mormorò:” No resto qui fino alla fine…Ma ci stanno mettendo troppo, troppo, avevate detto pochi minuti dottore e invece…. Ma perché non si sbriga quel fetuso spregevole!?”
Era impressionante osservarli, la baronessa come una serva nuda era avvinghiata a gambe larghe a lui e con le cosce divaricate gli stringeva i fianchi, muovendo ritmicamente il bacino contro il suo, staccandosi dal lenzuolo con il sedere per riceverlo meglio e dare i suoi colpi profondi, per ritornare a deporlo. E subito riprendere ancora a muovere la pelvi e il sedere ripetitivamente contro quella di Turi che sentiva le contrazioni vaginale della baronessa intorno alla sua minchia. Muovendosi era come se fosse la baronessa a possedere quel bracciante, quel servo contadino a voler sentire la sua asta di carne dura virile ed eretta dentro la sua vagina e contro l’utero. Quella vagina che per due anni era restata vuota e collabita con le pareti su sé stesse e non aveva più provato quella sensazione piacevole della penetrazione e sentire qualcosa di rigido all’interno.
Il piacere che provava la baronessa era intenso, grande, inaspettato tra baci e abbracci, e all’arrivo dell’orgasmo iniziò a sbattere la testa lateralmente sul cuscino e scuotersi tutta nel corpo sudato, abbracciandolo e baciandolo con ardore, passione e godimento in bocca, con la lingua, graffiandogli con le sue unghie lunghe, curate e laccate il dorso bronzeo, arido e schiantato dal lavoro e dal sole. Come gli aveva detto di fare il dottore, Turi le spinse il grosso glande contro l’utero, appoggiandoglielo sopra, iniziando facendola godere maggiormente e fermandosi e inarcandosi a sborrargli contro, uno, due, tre getti di sperma caldi, vischiosi e abbondanti che sbatterono violentemente contro la cervice uterina blasonata della baronessa imbrattandola e ricoprendola tutta di sperma plebeo e contadino.
“Sta eiaculando signor barone, sta venendo Turi...” Pronunciò con un mezzo sorriso il dottore. Il barone, scuro in volto, sudato e serio immaginava la portio dell’utero, della sua consorte oltraggiata, insultata e offesa dallo sperma plebeo di quell’uomo.
La baronessa oramai aveva nel ventre il seme di Turi. Era fecondata, ingravidata come si dice in Sicilia e si voltò verso il barone che era sempre più inquieto:” Oramai è fatta signor barone, vostra moglie la signora baronessa è fecondata, è incinta, diventerà madre e voi padre…”
Una volta finito e consumato il rapporto sessuale, dopo essere restato una ventina di secondi fermo sopra a sentire i testicoli contrarsi a svuotare completamente le vescichette seminali, Turi lo sfilò dalla vagina, con il pene ancora rigido, eretto e gocciolante di sperma nel meato uretrale, con la baronessa ormai fecondata. In silenzio Turi si alzò, e mentre lei voltava il viso di lato sul cuscino per non vederlo, si toglieva la mascherina e si copriva gli occhi e il naso con la mano. Nello stesso momento Turi si sentì preso per un braccio dal dottore che lo tirò a sé e subito bendò nuovamente i suoi occhi e non parlando lo portò in anticamera dove lo fece rivestire. Nello stesso tempo fece un cenno al barone. Che come avevano concordato in mutande si portò in camera, entrò e si sdraiò nel letto iniziando a baciare in bocca e ad abbracciare sua moglie la signora baronessa. L’accarezzava e coccolava dicendole che l’amava, che era felice, che sarebbero diventati genitori, restando abbracciata a lei fino al mattino dopo.
Intanto il dottore rifacendo la strada a ritroso riportò indietro Turi bendato e ritornato nel suo ambulatorio che ormai erano le ventitré passate, gli tolse prima i suoi abiti e poi la benda e gli diede i suoi vestiti da mezzadro e gli altri novecento euro.
“Sei contento?” Dichiarò il dottore:” Hai fottuto una bella femmina e ti sei guadagnato anche mille lire.”
Lui sorrise:” Se volete farlo ancora dottore chiamatemi pure. Sorrise anche il dottore e prima che si allontanasse gli raccomandò:” Ora passatevi del letame sulla pelle per togliere l’odore del profumo, che nel caso se ne accorgesse vostra moglie sono guai… E ricordate di non dire niente, di essere muto come un pesce, se no diventerete muto come un morto…”
“Si… sì …certo dottore … certo!” E se ne andò.
Il dottore aprì uno stipetto, prese una bottiglia un bicchiere si versò dell’amaro Florio e si sedette a pensare con un sorriso perfido:” È fatta, ora la signora baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi, di nobile casata è stata fecondata da un contadino...un servo…un mezzadro e presto se ne pentiranno.” E il e il dottore ne godeva.” Quella buttana fascista e razzista si era fatta fottere, aveva goduto ed ora era gravida di un servo…” Aveva architettato tutto il dottore, ma lui stesso quando l’aveva pensata non era sicuro di riuscirsi e invece era stato bravo…
Due mesi dopo, un pomeriggio dopo che da quella sera non si erano più visti, il barone passò nell’ambulatorio del dottore. Entrò sorridente con una bottiglia in mano e due bicchieri, lo guardò ed esclamò felice: “La baronessa mia moglie è incinta dottore… siamo stati a Catania dal suo ginecologo di fiducia, il professore Gregorio che ha confermato… Ora diventeremo genitori. “Bevvero e gli offrì un sigaro e lo fumarono felici passeggiando fuori, ma il piano del dottore non era ancora completo.
“Come la presa la baronessa questo rapporto sessuale e questa gravidanza…” Domandò il dottore.
“Mia moglie è felice, io sono felice ed è questo quello che conta… “
Il Barone e la baronessa erano veramente felici di quella gravidanza, non gli importava come l’avevano ottenuta, ora sarebbero stati una famiglia completa e non solo una coppia senza figli, avrebbero potuto guardare amici e conoscenti a testa alta. Ma il dottore era deluso della loro felicità, avrebbe voluto che si struggessero nella vergogna e disonore, invece…
Dopo qualche mese i baroni diedero un ricevimento alla loro villa, per festeggiare l’arrivo dell’erede, con invitati nobili, professionisti, podestà e gerarchi fascisti di Catania e provincia, e invitò anche il dottore che se ne stette in disparte a osservare tutta quella gente ricca e schifosa per lui, bere, ridere e ballare. Osservava anche la baronessa con un inizio di pancia gravida e come da cerimoniale si avvicinò per congratularsi e stringerle la mano:” Grazie dell’invito signora Baronessa…” Mormorò ossequioso porgendo la mano. Ma lei non le diede la sua, lo guardò con sufficienza e disprezzo dicendo con altezzosità e superiorità: “Non deve ringraziare a me… ma a mio marito, il signor barone e non so nemmeno perché l’abbia invitata. Io non l’avrei fatto… non invito pederasti antifascisti. “Esclamò e si voltò con delle amiche a chiacchierare e lo lasciò solo con la sua umiliazione e la sua rabbia. Il dottore si mise da parte con un bicchiere in mano e sorseggiando osservava tutta quella gente riverita, quel fasto dell’ambiente, si guardava intorno, e osservava la baronessa che sorridendo e felice mostrava superba e orgogliosa il pancione alle sue amiche, parenti che si complimentavano e glielo toccavano, accarezzavano. E vedendola così felice il dottore con rammarico penso:” Forse invece di punirla, senza volerlo l’ho premiata…”
Durante la gestazione fu seguita da un illustre ginecologo di Catania, un certo professor Gregori, primario dell’ospedale della città, nonché docente universitario, che la seguì tutta la gravidanza fino al parto, avvenuto nella loro villa.
A Febbraio del 1939 nacque un maschio, il baronetto Gastone Umberto Nunzio di Rocca Annunziata e Clementina di Monte dei Fuschi un bellissimo bambino che fu fotografato centinaia di volte in braccio alla madre, al padre e in mezzo a loro.
Proseguirono un anno di felicità, il barone ottenuto il suo scopo, non si faceva più vedere nell’ambulatorio del dottore, se non per qualche visita particolare legata al suo problema urologico… Oramai erano nel 1939 nel XVII° anno dell’era fascista, il tempo passava e si avviavano verso il 1940.
I baroni al contrario di quello che avrebbe voluto il dottore vivevano una vita benestante e felice e proseguivano la loro quotidianità da genitori.
Ma il dottore provava sempre maggior risentimento verso la baronessa, una forma di odio che gli faceva desiderare di punirla, castigarla, una forma di cattiveria che solo un omosessuale che odia una donna può avere, sentendosi sessualmente simile a lei.
E in una delle visite urologiche e segrete che compiva il barone ogni due, tre mesi gli disse:
“Perché voscenza signor barone, non fa ingravidare ancora la signora baronessa e farle partorire un altro figlio… una femminuccia magari...”
“Che dite? ...Perché dovrei farlo?” Rispose il barone stizzito.
“Perché avreste una famiglia completa, maschio e femmina, o due maschi. Lo farete allo stesso modo, con la stessa persona della prima volta quel Turi e tra i vostri figli, oltre che con la signora baronessa ci sarebbe anche un legame di sangue.”
Il barone restò pensoso, ma lui perfido proseguì:” Vi direi signor barone di non aspettare molto a farle fare un altro figlio alla signora baronessa, magari una femmina, lei senz’altro sarebbe felice si sta avvicinando ai trentadue-trentatré anni, è il momento buono. Ne parli con lei, vedrà che accetterà, intanto sapete già come si svolge tutto.”
Il barone ci rimuginò sopra e un giorno passeggiando nel giardino della grande villa, con la sua consorte la signora baronessa e l’erede del titolo nel passeggino, fece allontanare la nurse e le domandò:” Azzurra… tu lo vorresti un altro figlio? Magari una femmina se Dio ci aiuta come ha fatto finora.”
Allo stupore della baronessa la discussione proseguì ancora.
“Ma come Rodolfo un altro figlio?”
“Si tutto avverrebbe come un anno e mezzo fa, stesso luogo, stesso modo e stessa persona…Nessuno saprebbe niente.”
Discussero ancora qualche volta, ma poi senza fare resistenza la baronessa accettò a farsi ingravidare ancora da quello sconosciuto che gli aveva già dato un figlio e tanto, tanto piacere e godimento nel possederla. Il barone il giorno dopo tornò dal dottore e lo informò che la sua consorte aveva accettato di essere ingravidata nuovamente e lo invitò a predisporre tutto come la volta precedente e gli diede ancora mille lire da dare a Turi, dicendo:” Con voi dottore ci regoliamo dopo… vi farò un regalo.”
Il dottore era soddisfatto di far ingravidare ancora la baronessa dal bracciante, era l’unico modo purtroppo che aveva per potersi vendicare su di lei, umiliarla facendola accoppiare con un contadino. Ma purtroppo indirettamente quell’atto e quello scopo portavano ai baroni involontariamente maggior felicita e non vergogna e struggimento come voleva lui…. Aveva in mente che un giorno che sarebbe andato via dalla Sicilia, al nord, e prima di farlo di sputtanarla con i loro pari, con il circolo, toglierle l’onore, farla sprofondare nella vergogna con lettere anonime, con date di riferimento, luoghi e ora e nome e cognome di quel Turi che l’aveva fecondata… E quindi fu ben contento di farla fecondare ancora. Richiamò Turi, gli rifece la stessa proposta sempre con il guadagno delle mille lire, lui fu felice accetto subito.
Il rito si ripeté ugualmente al primo, stesso programma e modalità, Turi andò in ambulatorio dal dottore a lavarsi, sbarbarsi, tagliare i capelli e prepararsi. E loro lasciarono il bambino alla nurse in villa, dicendo che andavano a teatro a Catania, invece andarono alla masseria dopo avere lasciato la servitù libera quella sera. Il barone aveva già preparato e predisposto come l’incontro precedente.
Tutto si svolse come prima volta, la benda sugli occhi di Turi e i profumi del barone e alla baronessa la mascherina e tutto si svolse tra il godimento e orgasmo della baronessa che lo strinse ancora a sé e lo graffiò dal piacere durante il rapporto sessuale. Turi le eiaculò dentro la sua nobile vagina e la ingravidò ancora e poi tutto si svolse come la volta precedente.
Di nuovo furono informati i parenti e gli amici della nuova gravidanza della baronessa, fu anche fatto un nuovo rinfresco nella villa con i gerarchi fasciti e le loro consorti e per la felicita i baroni regalarono a ogni loro dipendente una lira. Ma il dottore non fu invitato, la baronessa non volle riavere in casa quel pederasta socialista che era il medico delle prostitute...
La maternità proseguì come la prima, con mille attenzioni verso la baronessa e nel 1940 nacque il secondo figlio, una femmina, la baronessina Maria Celeste, Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata per la felicità di tutti.
La figlia Maria celeste fu allevata come il primo tra la felicità dei genitori. Ma si stava per entrare nel 1940 anno funesto per l’Italia che portò morte e distruzione e non solo, che sconvolse la vita a milioni di persone uomini e donne.
L’Italia era appena entrata in guerra e visto che l’effetto di farle avere due figli da un bracciante, invece di procuragli problemi morali e timori sociali e umiliare la baronessa, aveva sortito un effetto contrario a quello che prospettava lui, portandoli ad unirsi e amarsi di più. In quel contesto il dottore aveva perso i favori del barone che si recava da lui solo una volta ogni due mesi per farsi visitare urologicamente, e quel comportamento aveva aumentato il suo odio verso di loro e la baronessa in particolare. E in un momento di rabbia e delusione mentre lo stava visitando decise di inferire su di lui facendogli altre proposte perfide ma sessuali, pensando erroneamente che il barone avrebbe accettato. Queste avrebbero avuto lo scopo di rovinare la loro vita sessuale e sociale e famigliare per sempre, deviare la loro moralità e sessualità, ma anche quelle ebbero un effetto contrario e i baroni reagirono male.
Il dottore ormai aveva preso un po' di confidenza in quegli anni, conoscendo ed essendo artefice dei suoi segreti ed era deciso a vendicarsi e a inferire pure sul barone per completare la sua vendetta verso quella altezzosa della baronessa. E visto che tante volte lo avevano umiliato e deriso lui, volle parlare con il barone e formulò:
“Voscenza… ora che vostra moglie la signora baronessa è a posto e impegnata con i figli, parliamo un po' di lei signor barone…”
“Di me?” Replicò il barone stupito.
“Si di lei sessualmente…” Ribatté il dottore.
“E che devo dire? Conoscete la mia situazione, io non ho sessualità.”
“Non ha mai pensato a uno sfogo sessuale?” Gli chiese.
“Quale sfogo sessuale? E che sfogo sessuale posso avere? O faccio il cane e le lecco u sticchi (figa)a mia moglie o la soddisfo con le dita come faccio a volte.”
“No, io non intendevo verso sua moglie, mi riferivo a voi signor barone. Per trovare e provare piacere voi!”
“E come potrei fare io? Come voi?” Chiese il barone.
“Perché no!” Esclamò pronto il dottore.
“Ma voi siete pazzo! Io il barone Rodolfo un pederasta…”
“Ma nessuno lo saprebbe mai signor barone, come le gravidanze di vostra moglie, poi vi piacerebbe, perché non provate? Se volete io un giorno vi posso portare con me in un bordello a Palermo … provate! Poi magari scoprite che vi piace…”
“No… non tocchiamo questo tasto dottore. Io non voglio diventare donna come voi.”
“Ma in un certo senso lo siete già signor barone…Io se fossi in voi proverei una volta, se poi vi piace potrete continuare, se no smetterete.”
“No, non mi piace prenderlo in culo.” Rispose volgarmente.
“Guardate che è più bello di quello che credete, ve lo dico io che lo pratico e non mento. Comunque avete provato con vostra moglie la baronessa a fare quello che vi ho detto e ne siete rimasto soddisfatto, ora avete due figli. Io proverei anche questo suggerimento che do per voi, se vi piace potreste avere una vita sessuale parallela e segreta.”
“Non m piace avere davanti un uomo…” Mormorò il barone.
“Ma no voscenza lei sarà a carponi e lui verrà dietro di voi, ci sono giovani e bravi ragazzi virili a disposizione.”
“Nei bordelli? Domandò il barone curioso.
“Anche… ma non solo. Il bordello che conosco io e a Palermo, ci sono tante prostitute che lavorano a fare marchette, la proprietaria è una mia cara amica e su richiesta mi procura anche giovani ragazzi attivi… posso prenotare per voi.
Voi all’interno della pelvi signor barone avete tutto l’apparato genitale completamente a posto e funzionante fisiologicamente, vi manca solo il pene e i testicoli. Per questo dico che potrete provare piacere a lasciarvi sodomizzare, potreste godere anche voi, come capita alle donne.”
Il barone replicò:” Non mi piacciono questi discorsi, non permettetevi dottore…” E restò in silenzio, ma il dottore vedendolo titubante aggiunse:” Provate almeno una volta signor barone! Vostra moglie non lo verrà mai a sapere e anche se lo sapesse, sarebbe comprensibile verso di voi a differenza di me che è una scelta, la vostra sarebbe una necessità sessuale. E poi di cosa avete paura? Che la signora baronessa in un momento di debolezza sessuale si incontri e si conceda a qualcun’altro? Qualche giovane nobile di Catania che la corteggia? Per questo vi darò un altro suggerimento e nuovo consiglio per aitarvi e che spero prendiate in considerazione, di trovarle un maschio, un amico alla signora baronessa…”
“Un maschio? Un amante?” Ribatte il barone.
“Si! Un maschio che ogni tanto se la fotta, la chiavi al vostro posto e la calmi sessualmente. Avete visto come godeva con quel Turi quando la fotteva? La signora baronessa è piena di voglia signor barone, è piena di desiderio e ha voglia di fottere di essere chiavata e voi dovete aiutarla… accontentarla, trovargli un maschio.”
“Ma che dite, siete pazzo? Io beccu (cornuto)? Come vi permettete? “
“Si mi permetto è per il vostro bene sessuale, ma non lo saprà mai nessuno signor barone che la baronessa avrebbe un amico che se la fotte, come sarebbe con voi se verreste con me a Palermo e a vostra moglie la baronessa, dovreste essere voi a trovarglielo un maschio. Uno che una volta alla settimana la soddisfi e l’appaghi sessualmente. Se volete come abbiamo fatto con lo stesso metodo della fecondazione sarete voi a cercare il maschio per vostra moglie che la sfoghi, come vi aggrada di più a voi. Potrebbe di nuovo essere un contadino o anche un servo o un autista, meglio se non è del vostro ambiente. La regina Vittoria nel secolo scorso in Inghilterra aveva come amante uno stalliere. Lasciatela fottere e godere alla signora baronessa…la renderete felice con i figli e l’amante, e la possibilità di fare sesso con il vostro permesso con chi vorrete voi. Vi amerà di più credetemi, non sarà un tradimento sentimentale, ma una vostra concessione fisica e sessuale che farete a lei. “
Il barone rifletté in silenzio e poi mormorò: “Volete a tutti i costi trovarci una sessualità a entrambi.”
“Si, perché credo che anche voi abbiate il diritto di vivere tutti gli aspetti della vita, l’amore, la maternità, i figli e perché no, anche la sessualità che il vostro incidente vi ha negato… a lei signor barone e alla sua consorte la signora baronessa soprattutto.” Aggiungendo:” Certamente non praticata nei canoni normali che oggi la società impone, ma ognuno con il proprio metodo. Anzi se vorrete signor barone, potreste avere entrambi lo stesso amante, ve lo dividete un po' a lei e un po' alla baronessa. Ho conoscenti bisessuali attivi che farebbero al vostro caso. E scusate se mi permetto nel linguaggio, lo faccio senza mancarvi di rispetto. Per loro infilarlo nel sedere di un uomo o di una donna o nella sua figa non cambia niente.”
“Ma voi siete pazzo dottore, come vi permette a farmi queste proposte per me e la mia signora?! Dire queste oscenità, porcate. Ha ragione mia moglie la baronessa quando dice che siete solo uno sporco pederasta socialista.”
“No, non sono pazzo barone, sono solo realista e voi lo sapete, oramai mi conoscete.” Ribatté il medico.
Il barone se ne andò via imprecando e arrabbiato di quella confidenza che nessuno gli aveva dato al dottore e che si era preso, come si permetteva di fargli quelle proposte e mancare di rispetto a lui e alla baronessa.
Il giorno dopo davanti all’ambulatorio arrivarono due auto balilla nere, scesero sei persone, alcuni fascisti in divisa nera e altri in doppio petto con il borsalino. Era stato denunciato.
Subito lo presero e picchiarono a sangue sfasciandogli l’ambulatorio, dicendogli:” Così voi sporco pederasta socialista e sovversivo avete mancato di rispetto alla baronessa e al barone…?”
“No, io non gli ho mancato di rispetto, gli ho dato dei consigli per star meglio lui e la signora baronessa.” Ma lo portarono via nell’ufficio della polizia fascista, dove seppe poi durante l’interrogatorio e una mezza tortura che era stata la baronessa a denunciarlo e a volere che gli dessero una punizione esemplare. Al barone visto i segreti che conosceva gli sarebbe bastato non frequentarlo più, ma avendo confessato con rabbia alla moglie solamente che aveva fatto proposte oscene a tutte due, prese il telefono e chiamò e informò il federale di Catania, che mandò due squadre a prelevarlo. Dopo denuncia per proposte oscene, pederastia, atti sovversivi e contro la morale fascista, fu arrestato e mandato al confine a Ustica…
Ma nel frattempo dopo il 10 giugno del 1940 arrivò la guerra alla Francia e l’Inghilterra e l’Africa del nord. Il barone visto il suo grado di maggiore nell’esercito avuto precedentemente, e la sua appartenenza all’aristocrazia siciliana e vicinanza al partito fascista, fu inviato nella campagna del Nordafrica, conosciuta anche come guerra nel deserto in Egitto, Libia, Tunisia, Algeria con il grado di colonnello del regio esercito. Dove per il caldo dopo aver preso un’infezione genitale perché con il caldo urinava poco, si ammalò di setticemia e nel girò di pochi giorni morì. Era il 1941, fu detto dal partito che era caduto eroicamente contrastando l’avanzata degli inglesi, ma invece morì per febbre setticemica. Fu riportato con tutti gli onori in Italia e seppellito nella tomba di famiglia dei baroni. Al funerale non c’era il dottore che era al confino a Ustica prigioniero, ma c’era il vescovo, il cardinale, il prefetto e il federale, oltre tutte le alte cariche civili e militare.
La baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi divenne vedova con due figli, i baronetti Gastone e Maria Celeste, ed ereditò anch’essa il titolo nobiliare del marito e divenne Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata. Ma con la guerra era iniziata il suo decadimento e il declino della nobiltà.
Passarono un anno tranquillo, pur con espropri e donazioni di auto e oggetti personali per la patria… fino al 1943, quando a luglio la Sicilia dopo l’invasione dei tedeschi, con lo sbarcò degli americani venne liberata. Anche Ustica venne liberata e il dottore conoscendo bene l’inglese, che per la sua cultura e utilità essendo un medico fu arruolato dagli americani come interprete e fu rimandato in Sicilia a loro seguito... Agli americani non importava se fosse omosessuale e socialista, in quel momento gli interessava vincere la guerra e lui gli serviva.
In quegli anni nacquero squadre per l'ordine interno, composte da rivoltosi antifascisti, contadini socialisti, separatisti, braccianti comunisti e indipendentisti. Spesso gli uni contro gli altri a caccia dei proprietari terrieri e dei nobili che si rifugiavano sia dagli americani che li cercavano che dai rivoltosi.
In quel periodo gli americani si allearono con i locali liberatori, sia mafiosi che antifascisti e crearono un sistema nuovo e la nobiltà cadde in disgrazia. La baronessa fascista credente fu fermata a Messina dagli americani mentre cercava di fuggire con i figli ed altri fascisti a nord, forse a Roma e fu rimandata a Catania nella sua villa in attesa che il comando americano decidesse cosa fare di lei. E ora aveva paura, non aveva più servitù, né potere e amici, ognuno pensava per sé e le campagne le avevano bruciate, e nella villa i rivoltosi cercandola le avevano rubato i soprammobili e le cose preziose. In periodo era nato il movimento agrario contadino composto di braccianti che volevano la terra e le cooperative e ce l’avevano a morte con i nobili, i latifondisti e proprietari terrieri e tutti sapevano che la baronessa vedova come la chiamavano loro, era fascista e per questo aveva paura. Divennero tempi duri anche per lei, era ricercata dai comunisti e dai socialisti per la sua attività fascista e si nascondeva nella sua villa o a casa della sua fedele serva vivendo nella paura.
Ma il dottore non aveva dimenticato quanto aveva patito per la baronessa, voleva vendicarsi di quella aristocratica fascista che lo aveva snobbato e trattato come un appestato. Senza volerlo la fortuna l’aveva aiutato e quella fortuna si chiamava guerra e americani e quello era il momento per mettere in atto la sua vendetta e lo fece con tutta la sua cattiveria e risentimento. Si informò e seppe dov’era.
Una mattina con una jeep e un autista militare passo a casa a prendere prese quel Turi che l’aveva ingravidata, e lo portò nella villa della baronessa. Fatta la scalinata suonò e venne ad aprire la domestica che dopo esserla andata a informata tornò e disse:” La baronessa non ha intenzione di riceverla dottore, né voi né il bracciante…”
A quelle parole con rabbia il dottore spinse la domestica ed entrò con forza nell’atrio gridando il suo nome:” Baronessa!... Baronessa Maria Azzurra…! Venite fuori o porto via i vostri figli…”
A quelle parole lei apparve sulla porta del salone con la sua altezzosità e la sua superbia:” Cosa gridate? Come vi permettete di venire a casa mia! Uscite subito!” Urlò indignata.
Il dottore la guardò, era sempre bella aristocratica, arrogante e molto affascinante.
Ma lui avvicinandosi le gridò:” Lo conoscete quest’uomo baronessa? Guardatelo bene…”
“Era un mio mezzadro…” Rispose e rivolgendosi a Turi esclamò:” Allontanatevi, uscite da casa mia…come vi siete permesso di entrarvi.”
E mentre lui ossequioso stringendo il cappello in mano chinando la testa si allontanava il dottore con un sorriso perfido dichiarò:” Non lo riconoscete più baronessa? Va bè che era buio, e voi avevate la mascherina, ma quest’uomo, il contadino è il padre dei vostri figli e ora lo dirò a tutti urlo…” Ridendo.
“Ma che dite? Siete pazzo?”
“No, non sono pazzo baronessa, so tutto di voi, io ho curato vostro marito che era evirato, io gli ho messo in testa di farvi ingravidare da Turi, con voi nella masseria, nel letto nuda ad aspettarlo e Turi con i profumi del barone vostro marito addosso. Io l’ho istigato a diventare un pederasta come me e sempre io gli ho proposto di trovare un amante per i voi baronessa. E ora lo dirò a tutti!”
La baronessa si rese conto che quello che diceva il dottore era vero, che sapeva e subito tentò una difesa:” Non è vero quello che dite, siete pazzo i figli sono di mio marito…”
Il dottore sorrise perfido:” Vedremo! Io ho le prove di quello che dico e le mostrerò a tutti, anche alle nuove autorità giudiziarie e ve li farò portare via. E voi le avete le prove per confutare quanto dico? Vi caccerò nel disonore a voi, la vostra casata e la vostra famiglia, i vostri figli cresceranno a casa del padre, di Turi, con i suoi, vi derideranno tutti, vi chiameranno <…la baronessa con figli dai contadini…> altro che baronetti, di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata. Sono bastardi figli di un bracciante, un contadino e come tali è giusto che vivano con loro.
Lei fu presa dal panico e che le provocò delle palpitazioni e dallo smarrimento, sorpresa e stordita farfugliò ancora qualcosa mentre il dottore voltatosi si allontanava. Ad aver udito quelle parole vederlo andare via sicuro di sé, urlo con le lacrime agli occhi:” Fermatevi…! Fermatevi dottore… vi darò dei soldi se non parlerete, con la guerra non ho molto ma vi darò anche dei miei gioielli, ma non dite niente… non portatemi via i figli, vi darò tutto quello che volete.”
Il dottore si voltò, girò e fece un passo verso la baronessa:” Non voglio soldi né gioielli da voi, non mi interessano. Voglio voi?” Esclamò forte.
“Me?” Domandò stupita la baronessa sapendolo un pederasta.
“Si voi baronessa! Ma non per me, io non vi toccherei nemmeno con un dito tanto mi fate schifo, ma per tutti quelle donne che voi avete offeso e biasimato…”
La baronessa lo osservava e non capiva:” Vi ricordate anni fa quando fui invitato a pranzo a casa vostra dal barone, cosa mi diceste ridendo? Se ero il medico di quelle donnine dei bordelli e vi domandavate e chiedevate a me come potessero fare quella vita di accoppiarsi ad altri uomini diversi a pagamento…” Lei lo guardava in silenzio. “Bene ora voglio che anche voi baronessa diventiate una donnina come quelle…” Affermò.
Il dottore avrebbe voluto schiaffeggiarla picchiarla, fu lì che ricordando il pranzo che aveva avuto con loro gli venne l’idea perfida. Non l’avrebbe denunciata ei socialisti e non le avrebbe portato via i figli se avesse per un mese la prostituta in un bordello, di Palermo, dove il dottore conosceva bene la proprietaria…
Alle parole del dottore la baronessa si avvicinò di più e offesa fece per dargli uno schiaffo sul volto esclamando:” Ma come vi permettete di propormi queste cose? Io sono una baronessa…” Ma il dottore la prese per il polso abbassandoglielo con forza e pronunciando:” Si siete una baronessa, ma voglio che per un mese diventiate una donnina, una prostituta in un bordello…. e poi vi lascerò in pace, non vi farò portare via i figli e nessuno saprà niente, non mi vedrete più, almeno saprete cosa significa prostituirsi. Vi toglierete lo sfizio alla vostra vecchia domanda…”
“Voi siete pazzo dottore! Non farò mai una cosa del genere, prostituirmi… vendermi io! … Ma chi vi credete di essere, vi denuncio!” Disse svincolando il polso dalla sua mano.
“Fate pure baronessa, andate in questura, ma ora non ci sono più i vostri amici fascisti a comandare e difendervi, ora ci sono i miei, i libertari socialisti come me, gli americani e vedremo a chi credono. Intanto sarò io a dire a loro quello che ho detto a voi e poi vedremo, ho date, luoghi e ore dove ogni cosa è avvenuta. Oltre al disonore vi farò togliere i figli.” Aggiungendo:” E poi siete ricercata, che fate vi andate a costituire? Vi do tempo fino a domani mezzogiorno, pensateci se è più disonorevole per voi vendervi per un mese in un bordello di Palermo dove non vi conosce nessuno oppure che tutta Catania, tutta la Sicilia e l’Italia sappia quello che avete fatto voi e vostro marito buonanima. “E voltandosi si allontanò ripetendo:” Vi aspetto fino a domani nel mio ex ambulatorio, poi procederò.”
Uscì, alla jeep c’era l’autista militare e Turi spaventato che gli disse:” Dottore non mettetemi in mezzo a queste cose, io sono un contadino…”
“Stai tranquillo, a te non ti succederà niente.” Salirono sul mezzo e se ne andarono.
Quel giorno fu nefasto per la baronessa, non smise di pensare a quello che gli aveva detto il dottore, a valutare i pro e i contro a quello che sarebbe successo, il disonore, la vergogna, la derisione delle amiche e conoscenti e i figli, Gastone e Maria Celeste affidati a Turi e sua moglie. La baronessa andò all’ambulatorio del dottore per cercare di persuaderlo offrendole ancora soldi e preziosi in oro o intenerirlo.
Fu accompagnata in auto, da un militare e quando entrò il dottore le disse:” Accomodatevi baronessa, voi non siete mai venuta qui… e qui su questo lettino che visito i vostri braccianti e pure vostro marito…”
Ma lei da donna altezzosa e pragmatica disse subito risoluta:” Sono venuto per darvi questo e aprì la borsetta estraendo soldi e preziosi, gettandoli sul lenzuolo bianco del lettino.
“Non voglio niente baronessa, non avete capito che non lo faccio per soldi, ma per giustizia verso tutte quelle povere disgraziate che avete deriso.”
Lei capendo che il dottore era sincero e risoluto e non avrebbe preso ne soldi né preziosi, cambiò tattica.
“Vi chiedo scusa dottore se l’ho fatto e lo derise, ero sciocca, sinceramente non era mia intenzione offenderle, perdonatemi…”
“Troppo tardi baronessa dovevate dirlo quel giorno invece di ridere e deridere, ora o fate quello che vi ho proposto o potete uscire e il nostro discorso finirà tutto qui...”
“Ma questo non posso compierlo dottore!... Cercate di capirmi! Datemi un'altra punizione ma non questa! Mi chiedete di fare la prostituta, io sono una nobildonna, vedova, ho due figli lo sapete…”
Ma il dottore fu irremovibile “Scegliete, ora, qui…” Rispose.
Restò in silenzio: “Un mese?” Chiese fredda con lo sguardo gelido che pareva volesse ucciderlo la baronessa.
“Si solo un mese e non qui a Palermo dove non vi conosce nessuno. Nessuno sa chi siete e tutto avverrà in un bordello che conosco io, alloggerete lì con le altre vostre nuove colleghe prostitute per un mese. Troverete una scusa per la vostra famiglia e lascerete i vostri figli a qualcuna di vostra fiducia e io vi prometto che quando tornerete non verrete più importunata e nessuno saprà niente.”
La baronessa lo guardò gelida con odio, le mancava soltanto la schiuma alla bocca ed esclamò:” Siete un porco, un depravato, un pederasta, ma me la pagherete… maledetto.”
Il dottore sorrise: “I vostri insulti non mi toccano baronessa. Vi aspetterò giovedì prossimo alle dieci in piazza Barberini, al caffè Angeli di Catania. Se non verrete la vostra vita da baronessa Maria Azzurra e tutti gli altri nomi sarà finita.”
“Maledetto… maledetto… spero che moriate presto sotto qualche bomba per tutto quello che mi fate e avete fatto alla mia famiglia.” E uscì e si fece riaccompagnare nella villa. Era il marzo del 1944 l’anno uno della Sicilia libera.
E alla fine impotente accettò di fare la prostituta per un mese. Istruì la sua serva fedele che le tenesse i figli, le diede dei soldi e le disse che per un mese non ci sarebbe stata.
Il giorno successivo si incontrarono a Catania, in quel bar in piazza Barberini, al caffè Angeli, il dottore arrivò con un’auto in buono stato, probabilmente requisita a qualcuno. La baronessa indignata e altezzosa salì a fianco a lui, lungo il viaggio non lo degnò di uno sguardo ma guardò sempre in avanti. E facendo strade interne e dissestate dai bombardamenti dopo quattro ore arrivarono a Palermo, alla pensione delle Rose nel vicolo Ventura vicino al teatro Politeama. Posteggiò e la fece scendere e l’accompagnò all’interno della pensione che era uno dei bordelli della città e la presentò alla maîtresse.
La baronessa si trovò davanti la donna che gestiva la pensione bordello e il dottore gliela presentò alla baronessa dicendo:” La signora Teresa è una mia cara amica è lei che gestisce la casa chiusa…è una donna dalla forte personalità, capace di mettere tutti in riga, era così anche i gerarchi fascisti che la frequentavano.”
“Ecco signora Teresa, come d’accordo vi ho portato questa mia amica a lavorare per un mese con voi… Come vi ho detto è siciliana e l’ho portata qui a Palermo lontano dal suo paese che è vicino Catania…” Disse ancora mentendo:” … Qui non la conosce nessuno e può lavorare tranquillamente. È vedova con due figli piccoli e ha bisogno di soldi…” Affermò mentendo ancora, aggiungendo: “Non è esperta, è sempre stata una donna seria e fedele al marito, sono certa che con voi imparerà e diventerà brava. “Pronunciò il dottore alla maîtresse e sorrise.
“Come si chiama?” Domandò Teresa.
“Baronessa, chiamatela pure baronessa che a lei piace. Era un soprannome che le avevano dato le amiche da ragazza perché era un po' altezzosa… e ora le starà benissimo.” La baronessa era in silenzio che ascoltava.
“Bene…” Ribatté Teresa la maitresse, Rosaria ti accompagnerà nella tua camera, io intanto ti istruisco un po', altre cose le imparerai pian piano:” Allora, qui la tariffa normale è cinque lire mezzora per la prestazione normale, dieci per la doppia, 15 lire per mezz'ora di sesso particolare e 30 lire per un'ora. Tutto il resto che guadagnerete fuori dalle tariffe metà e nostro e metà e vostro…”
“Come fuori dalle tariffe metà è il mio? “Domandò la baronessa...
“Si cara, rapporti sessuali normali è un conto, ma tutto il resto, bocchini, rapporti anali e altro, una parte è vostra e l’altra nostra… Qui ci sono uomini di tutti i tipi, militari, ufficiali, negri, partigiani, mariti, ragazzini alle prime esperienze. Dovrà fare almeno venti marchette al giorno e non dovrà fare storie. Ora ci sono gli americani e loro sono di tutti i colori, quindi niente storie se non sono bianchi, ma negri o marocchini… I preservativi li abbiamo noi, sono ancora quelli con il nome del duce, li facciamo finire, intanto ai clienti non importa come sono, a loro basta chiavarvi.” E prendendo a darle del tu la maîtresse continuò:” Come ti ho detto devi fare almeno venti marchette al giorno per farci guadagnare e guadagnarci anche tu, è il minimo.”
Quelle parole furono una pugnalata al cuore, entrarono in lei come una lama. La baronessa guardò in faccia il dottore e impallidì, ma non disse nulla, si avvicinò a lui toccandolo sul braccio e mormorò con gli occhi lucidi.” La prego dottore mi porti via, non mi lasci qui, farò tutto quello che vuole… tutto. Ma non li lascia qui!” Ma il dottore fece finta di non sentire e non le diede attenzione.
“Bene ora venga con me che le faccio vedere la sua camera, che è anche quella da lavoro.” Disse la maîtresse sorridendo.”
La baronessa silenziosa prendeva quello che le accadeva come una punizione divina per quello che aveva fatto e pensava ai suoi figli.
Salirono tutti e tre la grande scala che portava ai piani superiori dove nelle varie camere lavoravano le” signorine”, con il dottore dietro lei che portava la valigetta della baronessa e entrarono nella sua stanza.
Fare prostituire la baronessa in un bordello di Palermo...farle fare marchette da cinque lire era un pensiero esaltante per il dottore. Lo faceva delirare l’idea che una donna arrogante e superba come lei si prostituisse, che vendesse il suo bel corpo nobile e aristocratico a qualcuno della plebe, che fosse pagata per essere costretta a chiavare. Visto il tipo di donna che era, fascista, nobile e razzista, gli suscitava disprezzo, voleva umiliarla come lei aveva fatto con lui, voleva la rivincita.
“So che è la prima volta che inizi questo mestiere, il dottore mi ha spiegato tutto, ma stai tranquilla è già capitato che ho indotto anche signore mature a prostituirsi…” Pronunciò la maîtresse con un sorriso guardandola:” Come sai la guerra cambia tante cose e anche le più donne più pure e virtuose sono venute da me per vendersi il corpo e guadagnare dei soldi. Alcune avevano il marito al fronte a combattere, altre ce l’avevano in casa nascosto, altre ancora erano giovani vedove. All’inizio dicevano che non sarebbero mai riuscite a farlo, che non lo avrebbe mai fatto, piangevano …. qualcuna addirittura prima di iniziare voleva andarsene…” Fece una pausa e proseguì:” …ed invece dopo la prima marchetta sono restate, prendendolo come un gioco, un dovere o un lavoro oltre che una necessità si sono perfezionate e hanno imparato a fare tutto. Alcune di loro durante i rapporti sessuali all’inizio hanno provato anche piacere…Si cara, capita a voi novizie di godere chiavando e loro a volte godevano con i clienti…Ce ne di capaci sai e anche ben dotati che sanno praticare bene il sesso… Quindi tranquillizzati, non avere timore…” Pronunciò sorridendo:” Se anche a te capita di godere, fallo tranquillamente.”
A quelle parole il dottore fu preso da una strana eccitazione, non fisica, ma mentale nel vedere la baronessa, quella nobildonna fascista, altezzosa e superba che odiava i pederasti in quella casa chiusa pronta per prostituirsi con chi capitava.
La baronessa restò pietrificata da quelle parole e si guardò attorno come a cercare un aiuto, un intervento di qualcuno che non ci fu.
Era spaventata e smarrita. Si vedeva sul viso che era combattuta con sé stessa, non sapeva come reagire e cosa dire e cosa fare, e guardava il dottore e la maitresse e le altre sue future colleghe che con le vestaglie aperte davanti e mezze nude si muovevano per la Pensione. Aveva lo sguardo vuoto, con gli occhi fissi su qualcosa, certamente dentro di lei c’erano emozioni contrastanti, rigurgiti di dignità nobile per quello che era o era stata, impotenza e odio verso quelle donne mezze nude che le svolazzavano attorno, oltre che per la maitresse e il dottore che la costringevano a vendersi. Certamente nella sua mente guizzavano i pensieri:” No! ...Non voglio fare queste cose! ...Non voglio prostituirmi! Sono una nobildonna…una madre, una vedova…” Ma quella era la realtà, c’era la guerra.
La maîtresse la guardò con il suo falso sorriso dolce da amica, da sorella maggiore cogliendo sullo sguardo della baronessa solo timore e silenzio, un segno della sua debolezza e la osservò come se la studiasse.
Lei era obbligata, rassegnata, l’impotenza e l’arrendevolezza si erano impadroniti di lei.
La maîtresse lanciandole un’occhiata, le disse autoritaria:” Vieni che ti preparo e ti dico cosa devi dire e fare con i clienti.”
La baronessa esitante, come una bambina indecisa e intimorita si lasciava guidare. Si voltò e vide in quell’attimo lo sguardo trionfale del dottore che la osservava iniziare a scendere i gradini della degenerazione, cadere in quella vergogna, mentre i suoi occhi che sempre brillavano di superbia e superiorità erano spenti, tristi e bassi. Era il momento di rivalsa del dottore, di vendetta verso quella donna. Lo sguardo del medico aveva una luce di soddisfacimento e gioia. Stava per far prostituire la baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi in Rocca Annunziata, aristocratica e blasonata nobildonna siciliana. Una bella signora per bene della buona società catanese, che tante domande impertinenti le aveva fatto sicura di sé, su come facessero quelle donnine nei bordelli a prostituirsi. La baronessa era una signora vera, una madre e vedova di un ufficiale del regio esercito caduto con onore in Africa difendendo la patria, era una di quelle donne che in società, aveva sempre condannato, disprezzato e deriso quello che ora era costretta e si accingeva a fare anche lei.
Entrando nella camera assegnatole, esortandola, accarezzandola sul viso e sorridendo la maîtresse disse:” Sei bella sai per essere una quasi quarantenne, hai un bel portamento eretto, sono sicura che piacerai e avrai molti clienti …” E sempre dandole del tu e aggiunse: “Questa è la tua camera baronessa, là c’è il lavandino per lavarti e il bidet portatile dietro il paravento, nel cassetto del comodino ci sono i preservativi sono una quarantina, al mattino la cameriera lo rifornisce, dietro quella porta c’è il gabinetto con un altro lavandino. Nell’armadio alcune vestaglie. Ricordati che quando le indossi dovrai essere soltanto con calze e reggiseno, dovrai sempre tenerla aperta e mostrare la lingerie sotto, se sei nuda ancora meglio, mostrerai la figa… E ora fammi vedere come sei sotto. Spogliati nuda su! “Disse con un sorriso forzato e falso, ma persuasivo la maîtresse.
La baronessa la guardò imbarazzata e turbata da quella situazione, guardò anche il dottore e pronta la maitresse capendo la sua esitazione esclamò:” Su! Su!... Incominci già?! Non ti vergognerai mica a farti vedere nuda dal dottore?” Mentre le sue mani l’aiutavano a spogliarsi.
Lentamente e imbarazzata in quella stanza dove avrebbe avuto gli incontri sessuali con i clienti fu sollecitata e a testa bassa si spogliò aiutata dalla maîtresse mentre il dottore osservava silenzioso. Era uno spogliarsi passivo il suo, praticato più dalla maîtresse che da lei, che come se fosse una bambina l’aiutava a svestirsi. Le sbottonò l’abito dietro e lo lasciò cadere ai piedi e dicendole di alzare le braccia, le tolse la sottoveste aiutandola a farla passare dalla testa, spettinandola. La fece rimanere solo in mutandine e reggiseno, con reggicalze e calze e al collo come un collare, la sua collana di perle grosse.
“Però!... Sei benfatta, una falsa magra, ai un bel seno, un bel sedere e belle cosce…” Esclamò la maitresse scrutandola.
Una forma di vergogna con rossore in viso prese la baronessa; la sua pelle pallida, vellutata e inspiegabilmente turbata si increspò in quello stato di passività, di sottomissione e di essere messa in mostra e in vendita. Era dispiaciuta, inquieta, spaventata ma anche turbata a seguito all’assurdo e piacevole stordimento mentale che quella situazione le dava.
Poi girandole dietro la Maîtresse esclamò:” Vediamo un po' questo bel seno…” E le sganciò la chiusura del reggiseno dietro, spingendoglielo in avanti a far uscire le spalline dalle braccia mentre anche lei se lo sfilava anteriormente, staccando le coppe e restando con le mammelle fuori e libere a mostrarsi a lei, al dottore e a qualcuna delle colleghe che era entrata e la guardava. Con sapienza e capacità la maitresse da dietro le sganciò il reggicalze e subito passò davanti, si abbassò prendendolo e tirandolo giù assieme alle calze di seta ai piedi e si rialzò dicendo autoritaria:” Su ora fai tu…togli le mutandine da sola, ti ho aiutata abbastanza io.”
E lei inquieta prendendole sui fianchi, quasi all’altezza dell’ombelico le sue culotte francesi di seta piegandosi le tirò giù, facendole scivolare sulle gambe fino alle caviglie, togliendole e restando completamente nuda, con la sua figa pelosa e soffice, che mostrava il triangolo rovesciato di peli bruni ben curati e gonfi che lasciavano intravvedere sotto di essi, la linea di carne verticale dell’unione delle grandi labbra vaginali a formare la fessura vulvare. E pareva che alla luce della stanza che la colpiva, i suoi peli pubici brillassero e tremassero a quello che le sarebbe accaduto dopo, lo stesso le sue splendide mammelle appena pendenti per le gravidanze e l’allattamento, girate in su dai capezzoli che apparivano turgidi. Restò soltanto sulle scarpe con la collana di perle grosse al collo costretta a farsi osservare. Era bellissima ed erotica.
La maitresse l’ammirò attentamente:” Si non mi sbagliavo…” Pronunciò:” … sei ben fatta.” E la guardò intensamente sul folto dei suoi peli bruni e con un sorriso a mezzo labbro… si mise di fronte a lei.
La baronessa era turbata, forse assurdamente eccitata nel sentire le mani che quella maitresse metteva sul suo corpo, a spogliarla, scrutarla e preparala come una novizia in un rito erotico a che lei si votasse alla prostituzione, al disonore, all’immoralità e vergogna e diventasse una meretrice marchettara. Era smarrita, stordita, forse anche eccitata di vivere in modo coercitivo, psicologicamente arrendevole e piacevole quelle emozioni sottomissive che avvertiva ad essere in quel bordello con la maitresse, conquistata e subordinata dalla sua volontà autoritaria... fino a restarne completamente nuda davanti a lei.”
Era una scena veramente eccitante, anche se solo mentalmente per il dottore vedere la baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi, vedova del barone Rodolfo Vincenzo Nunzio di Rocca Annunziata, colonnello del regio esercito italiano, lasciarsi denudare da quella grassa puttana che la osservava con invidia mentre lo faceva.” Sei bella e attraente come un metallo prezioso.” Pronunciò Teresa la maitresse osservando i suoi capezzoli involontariamente turgidi e posando poco distante da lei, il suo reggiseno, il reggicalze e le sue mutandine a culotte bianche di seta ricamate e con pizzo che le pendevano dalla mano sullo schienale della sedia, come il simbolo della disfatta e rassegnazione della baronessa.
Lei era in piedi e nuda, bella, magnifica trentasettenne, gran signora, nel suo corpo adulto e sensuale che aveva vissuto già due gravidanze e per questo era più desiderabile. Mostrava, il seno gonfio e i capezzoli turgidi contro la sua volontà, che fino a qualche anno prima avevano allattato i suoi figli, i baronetti figli della baronessa e del bracciante Turi. Erano turgidi ed eccitati suo malgrado, mossi sulle mammelle dalle sue escursioni respiratorie agitate. Quei bei capezzoli rosa che probabilmente sarebbero stati accarezzati presto e forse leccati e succhiati da qualche cliente sconosciuto, qualcuno che avrebbe pagato la maitresse cinque lire per chiavarla e ciucciarle il seno; non sapendo nemmeno se il cliente fosse stato bello o brutto, alto o basso, grasso o magro, giovane o anziano.
La baronessa nuda davanti alla maitresse era turbata, forse eccitata e apprensiva, si vedeva dalle espressioni del viso, dai suoi muscoli mimici, che da tesi diventavano rilassati e viceversa e dal respiro affannoso che le muoveva il seno in lunghi sospiri inquieti che cercava mascherare. La maitresse come le altre prostitute non sapevano che la baronessa fosse realmente una nobile, una aristocratica, una baronessa vera, pensano fosse soltanto una signora bene bisognosa di denaro, con quel soprannome datole dal dottore.
All’improvviso la maîtresse prese dall’armadio una vestaglia rosa trasparente lunga fino ai piedi e le diede un paio di zoccoli a pantofola con il pon pon sopra, Dicendo:” Metti queste e questa vestaglia che è pulita.” Porgendogliela e aggiungendo:” Metterai solo il reggicalze e le calze che ti renderanno più seducente anche se non ne ha bisogno, e ti mostrerai ai clienti con quel vedo e non vedo coperto e scoperto dalla vestaglia.”
Poi aggiunse:
“Ora vieni che ti mostro alcune cose!”
La maitresse era affettuosamente infida con lei, il suo parlare era un sorriso unico ma falso, la guardava con soddisfazione mettendole a posto i capelli sulla fronte e la nuca. Certamente non era prima volta che induceva per necessità o ricatto, qualche sventurata capitata sotto la sua guida alla prostituzione. Si capiva in quel frangente da come si atteggiava e parlava che era esperta e capace ed era fiera che ora fosse una signora per bene come la baronessa, istruita da lei a prostituirsi, le si leggeva in viso.
“Un po' di rossetto!” Esclamò prendendolo da sopra il comò tra i trucchi della sua predecessora:” Che agli uomini piace! ...Piacciono le donne dolci in viso involgarite dal trucco e provocanti, specialmente in questi periodi di guerra.” Aggiunse, e glielo passo sulle labbra assieme a un po' di trucco sul viso. E intanto che il dottore in silenzio verso l’uscio ascoltava, lei continuò:
“Quando entrerai in camera con il cliente, gli chiederai se vuole bere qualcosa… un cordiale, come vedi sul comò c'è la bottiglia e i bicchieri.” Precisò.
Era tutto così assurdo, irreale per lei essere in quel bordello di Palermo, nella sua stanza con il suo letto che sarebbe stato anche il suo luogo di lavoro e di sesso e che quella vecchia donna grassa la istruisse a prostituirsi. Ma era la realtà e avvertiva anche una forma cerebrale di stordimento piacevole a quella sottomissione forzata, composta di adrenalina anche sottoforma di eccitazione a pensare a sé stessa, una nobile vendersi il corpo come una prostituta vera, una puttana da bordello. Erano strane sensazioni quelle che provava, di vertigine e paura, repulsione e attrazione turbamento e sensualità. Era qualcosa di impressionante e inquietante per lei provare quelle percezioni ed emozioni degenerative e perverse.
“I preservativi sono qui!” Disse la matrona aprendo il cassetto del comodino e mostrandoglieli.
“Prendi questi!” La consigliò segnandoli con il dito:” Che sono i migliori…Per fortuna dal 1920 ci sono questi in lattice che sono morbidi e comodi. Pensa che quando ho iniziato a prostituirmi io c’erano soltanto quelli in gomma, erano fastidiosi, rigidi sfregavano sulle pareti vaginali. Dovevi metterci la vaselina sopra per non sentire l’attrito e irritartela… Questi Sono più resistenti e sottili dei profilattici in gomma e hanno una durata di conservazione di cinque anni (rispetto ai tre mesi della gomma).” Esclamò aggiungendo dando una sbuffata di fumo alla sigaretta. “Sono quelli usati nelle colonie con le ragazze di colore che sono considerate di razza inferiore e nei postriboli come questi, sono in lattice trattati con vulcanizzazione a caldo molto resistente alla dilatazione. Ne hanno prodotti talmente tanti che hanno imposto di usarli nelle colonie e in tutti bordelli d’Italia, noi ne abbiamo ancora uno scatolone.” Poi sbuffando ancora fumo della sigaretta e sorridendo guardando la baronessa disse: “Hanno il profilo del duce stampato sul lattice, vista la sua risaputa frenesia e virilità sessuale.” E rise. Le bustine sul comodino che contenevano i profilatici avevano stampato sopra il marchio di fabbrica dell’aquila littoria e l’antico detto latino Habemus tutorem, abbiamo il tutore, cioè la protezione (abbreviato poi con le iniziali in Ha-Tu e HATU per esigenze commerciali che esistono ancora ora).
La baronessa ascoltava attonita e incredula quello che diceva, le stava tenendo una lezione sui preservativi, che erano banditi dalla sua educazione e cultura cattolica.
Aggiungendo subito sorridendo la maitresse:” Sei capace a metterlo?”
La baronessa frastornata non rispose e la maitresse aprendone uno mormorò:” Ho capito, guarda…!” E appoggiando l’anello di lattice bianco sopra il collo della bottiglia di cordiale sopra il comò come se fosse un fallo eretto disse:” Si fa così guarda:” Prendi l’anello di lattice e lo appoggi sulla cappella e spingendo l’anello lo srotoli giù, fino in fondo ed è pronto per chiavare. Ma ricorda, devi farlo quando il cliente ce l’ha bello duro, se no glielo prendi in mano e lo muovi un po' glielo meni finché non lo diventa. Su prova! “La esortò passandole un preservativo nuovo. Incredula ed esitante la baronessa guardò la maitresse e il dottore sull’uscio della camera e con le mani tremanti e impacciate, lo scartò con le sue dita lunghe con le unghie laccate di rosso. Non aveva mai preso in mano un preservativo, anche prima dell’incidente di suo marito il barone, da cattolica professante praticavano il coitus interrotus, ed eccitata e disagiata con calma e le mani scosse ci riuscì, lo appoggiò e mise al collo della bottiglia di cordiale srotolandolo tutto fino in fondo.
“Così brava! Vedi che impari in fretta. Ma devi essere un po' più sicura e sciolta!” La sollecitò sorridendo falsamente la maitresse appoggiandole la mano sulla spalla come se fosse davvero una sua collega.
“È normale che la prima volta sei impacciata, lo ero anch’io a quindici anni quando ho iniziato, ma quando romperai il ghiaccio vedrà che andrà tutto bene. E ora buon lavoro, all’una c’è pranzo con le altre ragazze e alle due incominci a fare marchette…”
Il dottore sorrise e uscirono lui e la matrona lasciandola sola.
Sola la baronessa si sedette nel letto a piangere, a pensare, era sconfortata, distrutta, ma non poteva fare nulla, era impotente e pensava ai suoi figli:” Speriamo che passi in fretta questo mese. Dio mio, ma con quanti uomini dovrò soggiacere? E fare di tutto con loro come ha detto quella maîtresse? Dio…Dio… dovrò accoppiarmi anche con uomini di razza inferiore… negri, marocchini…Oh mio Dio…” E quello forse la tormentava più di tutto. Il dottore prima di pranzo salutò la tenutaria Teresa ma non la baronessa e partì, non si sa dove, con l’accordo che dopo un mese l’avrebbero pagata e lasciata tornare a Catania.
Alle tredici pranzarono tutte assieme una grande tavolata da 15 signorine, sette per lato e la maitresse Teresa a capotavola e le presentò le altre sue nuove colleghe:” Questa signora da oggi lavorerà con noi, ha la sua stanza, ha preso il posto di Anna che è dovuta andare via da suo padre. La nuova si chiamerà baronessa… Inteso Lilly?” Disse rivolgendosi a una ragazza che distratta leggeva una rivista di moda mentre pranzava, ironia della sorte, per volontà del dottore il suo soprannome da prostituta sarebbe stato proprio baronessa, come il suo titolo nobiliare, non pensando chi lo pronunciava che lo era davvero una baronessa. Erano quattordici femmine in tutto, quasi tutte più giovane di lei, alcune formose e altre magre, ma lei era la più bella e attraente.
Al termine del pranzo dopo aver chiacchierato un po' tra di loro con la baronessa triste e in silenzio che ascoltava, le signorine con le loro vestaglie aperte sul davanti scesero nella sala e lei dovette seguirle.
Prima di farla sedere con le altre vedendola tesa, la maitresse la chiamò:
“Aspetta baronessa!! ...Vieni qui, ti faccio bere un liquorino che ti aiuta, ti tira su! “E glielo versò. “Su bevi!” La esortò porgendole il bicchiere che ti scalda e disinibisce, ti dà un po' di allegria e brio che hai una faccia da funerale...”
“Che cos’è?” Chiese educatamente la baronessa.
“Un cordiale della migliore marca me l’ha portato un cliente che viene qui spesso e li commercia, e ogni tanto quando sono depressa anch’io ne bevo un poco, mi tira su!” E rise.
La baronessa lo portò in bocca e diede una sorsata.
“Mmmhhhh è forte!! “Esclamò deglutendo l’assaggio e aprendo la bocca per lenire il bruciore in gola e sulla lingua, lei ne aveva sorseggiati di migliori.
Pi si sedette nel salone insieme alle altre a semicerchio contro le pareti, pareva che il tempo non passasse mai, quei pochi minuti sembravano lunghi come ore. Era inquieta, agitata, con la voglia di fuggire, ma sempre con gli occhi addosso della matrona e di altre prostitute adulte che la guardavano e controllavano, se avesse tentato di fuggire l’avrebbero presa e picchiata... E assurdamente era anche turbata dal disagio di essere tra quelle donne, fra timore dell’attesa e forse desiderio e curiosità che tutto iniziasse e finisse alla svelta...
In quei momenti rassegnata pensava che tutto si era svolto in breve tempo, che forse avrebbe dovuto dire di no al dottore, controbatterlo, resistergli, ma fu vittima della sua stessa superbia e altezzosità ad accettare come una sfida. Non aveva tempo e oramai non voleva in alcun modo ripensarci o reagire, in fin dei conti il suo onore, del casato e dei suoi figli valeva bene il suo sacrificio. Era indignata di sé stessa ma non poteva farci niente, il suo rifiuto sarebbe stato il disonore peggio che prostituirsi, le avrebbero portati via i figli. Doveva prendere quello che le accadeva come qualcosa di ineluttabile, come un gioco forse, una parentesi per non impazzire ma doveva accettarlo e viverlo.
Era seduta tra le altre con le cosce accavallate, di cui una scoperta come le aveva detto Teresa la maitresse. Sembrava fosse passato un secolo, invece erano solo una decina di minuti e aveva il cuore in gola ed era tesa, spaventata ed eccitata, dolce, esitante e silenziosa.
Era nuda sotto la vestaglietta di seta, soltanto con reggicalze e calze nere che lasciavano intravvedere le sue fattezze e le sue intimità sotto il tessuto trasparente, e aveva un falso sorriso tremolante ricoperto dal rossetto vistoso, come le vere puttane.
Iniziarono ad arrivare i clienti. Un soldato americano l’adocchiò subito e a fissarla, mostrando dei dollari, lei notandolo si agitò e girò dall’altra parte:” Dio speriamo di no… che scelga un’altra...” Pensò. Invece il militare si avvicinò e prendendola per mano disse:” Let's go…! (Andiamo…!)” Lei capiva un po' l’inglese avendolo studiato ed essendo laureata, guardò la maitresse che la teneva d’occhio e che le fece cenno affermativo con il capo. In silenzio si alzò contrariata di malavoglia, passarono davanti al bancone, il militare lasciò un dollaro e si avviarono verso la scala per andare in camera. Mentre salivano i gradini il cuore alla baronessa le batteva all’impazzata. Avrebbe potuto ancora fuggire, ma non ne aveva la forza… e il coraggio, pensava ai suoi figli e al disonore della verità che era peggiore del prostituirsi.
Salendo quella rampa stava diventando una prostituta vera. La vendetta del dottore si stava realizzando...
Nel sottofondo musicale di “se potessi avere mille lire al mese…” salivano le scale e si allontanavano dalla sala e dal vocio delle colleghe che chiacchierando tra di loro aspettavano i clienti e il loro vociare si faceva più tenue.
Entrarono nella sua camera.
Lui era un cinquantenne, più vecchio della baronessa di quasi vent’anni, grassoccio con la pancia e la corona di capelli corti intorno alle tempie e alla nuca e pelato sopra, che teneva coperta dal cappello militare. Era il tipo di uomo che la baronessa aveva sempre odiato e non gli piaceva, che esteticamente assomigliava a un salumiere o fruttivendolo. Dopo averlo osservato abbassò rassegnata il viso verso il pavimento forse attendeva qualcosa di meglio di quell’uomo ma come le aveva detto anche la maîtresse una volta scelta, non poteva più tirarsi indietro, quell’uomo la pagava per chiavarla e non si sapeva mai come avrebbero reagito al suo rifiuto. Mentre l’espressione del viso della maîtresse, vedendola salire, si contraeva in un sorriso. Era perverso vedere la baronessa molto bella, doversi accoppiare con cliente brutto, un americano, che forse nella vita era un operaio o uno spazzino e che la pagava per possederla.
Nell’entrare in camera il viso della baronessa era dispiaciuto e probabilmente pentita di quello che si accingeva a compiere con quel militare americano, uno di quelli che aveva combattuto suo marito il barone e loro glielo avevano ammazzato secondo la gloriosa versione fascista e li odiava, ma oramai non poteva più farci niente
La tensione era alta, ma anche l’adrenalina dell’eccitamento, sembrava incapace di reagire e passiva si lasciava trascinare per mano e dall’evento.”
Quando furono soli in camera lui in un italiano stentato le disse: “Sei bella…. Togli la vestaglietta! “E mentre lei fingeva di non sentire la sua richiesta, lui si tolse la giacca, la camicia e la maglietta restando a torso nudo con al collo soltanto la piastrina militare, e sedendosi nel letto continuando a parlare si tolse le scarpe e i pantaloni.
La baronessa nella vestaglia trasparente che le arrivava ai piedi e lasciava intravvedere sotto di essa la figa pelosa e scura e i capezzoli rosa era dall’altra parte del letto, che da dietro lo osservava sulla testa e sulla schiena, vedendo la sua corona di capelli rada e grigia, sopra le pliche del collo grasso e taurino. Il cranio mezzo calvo, sudato e lucido che rifletteva la luce della lampada e la sua schiena nuda e pelosa, e quella visione la disgustava. Aveva il volto schifato, ma anche accaldato, quell’uomo la ripugnava, ma doveva andarci assieme per forza, accoppiarsi con lui fare sesso, e vedendo la bottiglia di cordiale sul comò, allungò la mano con un viso di sfida a sé stessa, prese la bottiglia e ne versò mezzo bicchiere, bevendolo tutto d’un fiato, tossendo alla fine della deglutizione.
Lui si voltò e vedendola tossire con il bicchiere in mano rise, mentre lei lo osservava incredula forse rendendosi conto per la prima volta, che in quel momento, vendeva davvero il suo corpo a quell’uomo. Esitò.
Era agitata perché si avvicinava sempre più il momento sessuale e lui ripeteva:” Let's go…(andiamo!)”
La baronessa tremante prese il preservativo dal cassetto, mentre lui si gettava nudo a peso morto con la schiena sul materasso facendo traballare e cigolare il letto. Mentre ripeteva:” Come, undress…! (Vieni, spogliati!)”
Poi in italiano martoriato aggiunse:” Spogliare… levare quello…” Riferendosi alla vestaglia, e facendo segno con la mano affianco a lui le indicò dove avrebbe dovuto mettersi e sdraiarsi.
La baronessa esitò, prese ancora tempo, non avrebbe voluto farlo, guardava verso la porta con il desiderio di fuggire. Ma poi con gli occhi sbarrati dalla situazione e dall’alcol del cordiale si tolse la vestaglia trasparente, l’aprì davanti e la fece scivolare indietro sulle spalle lasciandola cadere a terra, restando in reggicalze, calze e pantofole. Tremante si sedette e allungando il braccio e chiudendo gli occhi, iniziò ad accarezzarlo con repulsione sul torace con le dita, mentre l’asta di quell’uomo divenne subito eretta e oscillante per poi a occhi chiusi prenderla, impugnarla tra le dita e stringerla. E il militare americano chiese:” Do you speak English? (Parli inglese?)”
“Yes I studied it! (Si lo studiato…)” La baronessa era laureata in lettere moderne all’università di Catania…
“Come on then! ... (Dai su!)” Ripeteva quell’uomo esortandola a muoversi e lei, smarrita e forse eccitata e anche timorosa dal suo tono di voce e dal suo modo di fare sbrigativo ritenendola una puttana vera, prese sul comodino e aprì la confezione, tirando fuori il preservativo e inginocchiandosi nel letto, sprofondando nel materasso si mise vicino a lui.
E mentre si avvicinava per mettergli il preservativo, lui annusandola sul collo le mormorò: “Good scent…! (Hai un buon profumo!)” La baronessa fece una smorfia con le labbra.
Piena di vergogna con la mano tremante, riprese in mano la sua asta di carne calda e dura, e con le dita dell'altra appoggiò l’anello del preservativo sopra il glande, tirandolo giù per quella carne eretta che la disgustava e le faceva schifo e lo srotolò fino in fondo alla radice e ai peli. Non era dotato, ma aveva un cazzo di dimensioni evidenti quello sconosciuto, niente di eccezionale ma vistoso e di bella estetica.
“Quando gli ebbe messo il preservativo, lui se lo guardò, duro e dritto dentro il lattice bianco e la esortò ancora a spogliarsi che la voleva nuda completamente:” undress, take everything off… (Spogliati! Leva tutto…!)” Ripeté con un tono di voce severo, vedendola tesa e impacciata. Fu allora che risedendosi sganciò le bretelline del reggicalze e si tolse le calze e poi portando le mani dietro, sui lombi, sganciò il reggicalze e lo tolse e restò nuda interamente. Era bellissima nel suo corpo adulto da trentenne la baronessa.
Quell’americano la guardò quasi incredulo di avere davanti una donna così bella e fine nei modi, e con desiderio lascivo la prese per una mano e la tirò nel letto verso lui facendola cadere e sdraiare al suo fianco, mentre gli occhi della baronessa sbarrati osservandolo chiedevano aiuto.
“Sei impacciata! …. Sei rigida! Sono le prime volte?” Chiese quel militare in un italiano misto.
Ma la baronessa non rispose, rimase in silenzio. Ma lui ripeté deciso: “Sei nuova di questo lavoro?”
E lei imbarazzata ed esitante rispose con un filo di voce in inglese:” Yes…(Si!)”
“Non ti chiedo perché lo fai, ma avrai la tua motivazione. Sei una bella donna italiana, vedrai che farai molti soldi e avrai molti clienti.” Le disse il soldato americano, iniziandola ad accarezzarla sul seno, involontariamente eccitato e gonfio, con i capelli turgidi.
Portò la mano sulle cosce fino al sesso peloso che guardò con desiderio. Con la baronessa con gli occhi increduli di quello che stava avvenendo.
Poi tutto avvenne con una sequenza rapida, che non le diede più il tempo di pensare, quell’uomo le allargò le gambe accarezzandole la figa esclamando al suo contatto con le dita:
“But it's humid… (Ma è umida!)”
Lei non rispose, in silenzio arrossì vergognandosene, poi come rassegnata, eccitata e consenziente di quello che stava avvenendo, girò il volto dall’altra parte per non guardare quell’uomo in faccia, arrendendosi alla situazione.
Lui sorrise, e come un orso allargandole di più le gambe della baronessa si mise sopra lei con il suo pancione contro il suo addome, e prendendoselo in mano duro sfregò la cappella ricoperta di lattice bianco sulla sua fessura vulvare pelosa. Lo puntò tra le sue grandi labbra vaginali pelose e spinse il sedere in avanti. La baronessa chiuse gli occhi e socchiuse le labbra di piacere, inarcandosi e trattenendo il respiro nel sentirsi penetrata. Il militare americano con una spinta decisa e profonda, facendola sobbalzare sul letto glielo introdusse tutto dentro, iniziando a chiavarla e a farla dondolare nel letto avanti e indietro. L’aveva penetrata quel militare americano e ora la stava chiavando, rilasciando lei la contrazione vaginale. Era fatta, la baronessa si stava prostituendo. Il militare americano portò la mano sul seno della baronessa, iniziando a muovere avanti e indietro il suo bacino tondo e a sfregare il suo pancione peloso sul ventre nudo della baronessa. La stava chiavando ...la stava chiavando davvero e lei non diceva nulla. Si stava prostituendo per un dollaro guardando il soffitto disegnato e dipinto della camera di quella pensione delle Rose o casa di tolleranza, non poteva credere che fosse tutto vero che un uomo pagando la stava possedendo.
La grossa testa semicalva dal collo taurino si portò sulle mammelle della baronessa incominciando a leccarle e succhiarle sui capezzoli e lei pur provando disgusto, di riflesso portò le braccia sulla sua schiena grassa e stringerlo, godere di lui dentro lei… Inverosimilmente come aveva detto la tenutaria Teresa, la baronessa godeva alle sue spinte profonde, allargando le gambe e gemendo gioiosa. Lo sentiva tutto dentro lei, come quando la chiavava Turi e aveva la vagina colma di quella carne dura, ora ricoperta di lattice. Lui era mostruoso come persona, ma la stava facendo godere contro la sua intenzione. La baronessa prese a godere e ansimare, sentiva la vagina dilatarsi piena di carne eretta e poi restringersi e contrarsi, il suo respiro era ansante, il suo alito caldo e di tabacco, ma non le interessava, in quel momento godeva. Si stava prostituendo e inaspettatamente e involontariamente dopo anni di astinenza forzata, provava piacere nel farlo anche con alcuni clienti. L’odore di quell’uomo e il suo sudore le davano fastidio, ma continuava a stringerlo, facendo uscire un filo di voce carico di piacere e partecipazione inconscia verso l’americano e quello che stava facendo lei prostituendosi.
Con gemiti carichi di soddisfazione lo abbracciava, mentre quella bestia pelosa nord americana con le sue labbra carnose le succhiava i capezzoli turgidi.
Ormai era abbracciata a lui inconsciamente, che la chiavava dandole colpi profondi, facendola sobbalzare sul letto. La grossa schiena di quell'uomo iniziò a sudare, mentre le mani curate con le dita e le unghie smaltate della baronessa correvano sulla sua pelle, i peli e il sudore.
Il suo volto era sopra e davanti a quello della baronessa e Iniziò a baciarla in viso, con lei che lo spostava cercando di sfuggirgli. Le leccava il collo, fino ad arrivare sulle labbra, le infilò la lingua dentro la bocca, lei non voleva ma la subì…in quei momenti provava piacere ad avere la sua lingua calda e insalivata in bocca, contro la sua, ricambiandone e ricevendone nei movimenti oltre che piacere, anche il suo sapore.”
Anche quell’americano era molto che non aveva rapporti sessuali, dalla campagna d’Africa e come un animale si sfogava sulla baronessa, ci dava fortissimo, quasi a sfondarle la figa e il letto, facendolo cigolare la rete. A un certo punto si fermò con l’asta dentro la sua vagina, si inarcò rigido emanando un grugnito animalesco, iniziando ad eiaculare nel preservativo dentro la sua vagina, mentre lei stordita e godente dal quel piacere inaspettato, non programmato e desiderato, lo abbracciava godendo ancora, avendo anche lei il suo orgasmo.
In quell’amplesso passarono pochi minuti, ma alla baronessa sembrarono una eternità. Lo vide tirarsi su da lei e sfilare il suo fallo da dentro la sua vagina, rigirarsi sulla schiena e gettarsi a peso morto di fianco a lei, con il preservativo pendente davanti al pene ancora eretto pieno di sperma all’apice; restando lei nuda a gambe divaricate con ancora il foro della
della vulva dilatato e circolare. Era una visione tremenda…sconvolgente quella che vedeva riflessa nello specchio dell’armadio, più che a vedersi prostituirsi e più che a vedersi chiavare da lui, lo era osservare la sua figa dilatata, allargata come non l’aveva mai vista, dal rapporto sessuale con quell’uomo.
Era stata chiavata e per la prima volta e si era prostituita.
Al termine il suo cliente le dichiarò mezzo in inglese e mezzo in italiano storpiato:” You good…tu buona… Si vede che sei nuova di questo mestiere, hai anche goduto e non fingevi, me ne sarei accorto…” Disse:” … Sei alle prime armi, eri rigida e impacciata all’inizio, ma poi ti sei sciolta … Ti manderò dei clienti, dei miei commilitoni, parlerò bene di te stai tranquilla ... ti farò lavorare molto!”
Il cliente militare si alzò dal letto togliendosi il preservativo, dirigendosi nel bagno a lavarsi, mentre lei osservando il soffitto realizzava quello che aveva compiuto. Richiuse le cosce, e a fatica si alzò cercando di coprirsi. Uscito il militare mentre si vestiva andò lei nel bagno a lavarsela in quel bidet di plastica portatile, quando tornò in camera, prima di uscire mise apposto capelli e ripassò il rossetto sulle labbra. Rimise la vestaglietta per coprirsi ma senza più reggicalze e calze che lasciò sul comò, l’americano si sedette nel letto, rimettendosi le mutandine e i pantaloni intanto che lei con la testa bassa si metteva a posto la vestaglia.”
Passarono ancora 10 minuti buoni prima che uscissero dalla camera, e la baronessa bevve ancora un cordiale tutto di un fiato, voleva stordirsi per quello che aveva fatto e che ancora doveva compiere e poi uscirono.
Giunti al bancone lui si complimentò con la maitresse dicendole:” Okay good…” Mentre lei capendo, guardando la baronessa le sorrideva compiaciuta. E lui un po' in siciliano e un po' in inglese le diceva che era bella e naturale e che le piaceva molto e sarebbe ritornato senz’altro. In seguito se ne andò, ma prima di aprire la porta per uscire, si avvicinò ancora alla baronessa e la baciò sulla guancia quasi sulle labbra, appoggiando e stringendole forte con una mano il sedere…mentre lei passiva lo lasciava fare.
“Su mettiti con le altre…” Le disse la maitresse:” …visto lo hai fatto! Hai rotto il ghiaccio, è soltanto la prima volta pesante, vedrai che ora andrai meglio…” E lei tornò a sedersi insieme alle altre accavallando le gambe, aprendo la vestaglia e lasciando una gamba completamente scosciata a vista fino all’inguine. Aveva iniziato. Ora capiva direttamente cosa si provava a prostituirsi, le emozioni che si avvertivano, la sconsolazione e il disagio di come ci si sente dopo.
Seduta con le altre restò in silenzio e rossa in viso, quella marchetta le aveva lasciato l’amaro in bocca, ma durò poco, nemmeno il tempo di pensare a quello che aveva fatto che subito le si parò davanti un uomo che le disse:” Andiamo?”
Questo era siciliano, un liberatore che insieme agli americani combatteva i tedeschi e i fascisti… anch’egli un suo nemico. Si sentiva sporca, indegna come donna per quello che aveva fatto e quello che avrebbe rifatto a breve, lei che era una nobile, una donna di cultura superiore, essendo laureata in lettere.
Ma vedendola pensosa le si avvicinò la maitresse dicendole: “Vedrai, ancora un paio di marchette e non ti farai più tante domande ...” E proseguì:” ...ora sai cosa vuol dire prostituirsi, farsi pagare, cosa si prova e come si ci sente dopo.”
E così fu con un altro… e poi un altro ancora e passò il pomeriggio al numero di dodici marchette e passarono altri giorni in cui si era accettata, e si sentiva ed era diventata una prostituta. Ma un giorno gli capitò quello che mai avrebbe voluto… quello che prima o dopo doveva accadere, le se parò davanti un negro americano, un militare alto e robusto.
La prima volta con un negro fu terribile, se lo vide davanti mentre fumava, gli sorrideva con quelle labbra grosse carnose, il naso largo e gli occhi e i denti bianchi su quel voto scuro, la fissava e ammiccava, poi tirò fuori dalla tasca alcuni dollari e le mostrò a tutte. Alcune non avevano problemi ad accoppiarsi con un negro, ma non la baronessa che era di razza latina e ariana e li considerava una razza inferiore, come gli aveva sempre insegnato il partito.
Ma lui si avvicinò a lei dicendo:” come let's go… (vieni andiamo!)”
La baronessa esitò, non voleva accoppiarsi con quella gente, guardò la maitresse che con uno sguardo severo le fece cenno con la testa leggendole sulle labbra:” Su vai…”
Lui le porse la sua mano grossa che lei a malincuore e controvoglia come un automa sotto lo sguardo severo della maitresse prese e lui la tirò su e tenendola per mano la guardò, con la vestaglia aperta. Le osservò le cosce, la figa e la lingerie e poi sorridendo la portò al bancone con sé.
Ridendo pagò due dollari.
Ma lei non poteva accettarlo, era un negro! ...Un negro alto e robusto e calvo, con la pelle nerissima.
La baronessa era allibita, lo guardava con stupore e timore come si guarda un animale, per come l’avevano educata era di razza inferiore e osservandolo agitata e spaventata pensava che avrebbe dovuto accoppiarsi con lui, con quell’uomo…. un negro!
A lei non piaceva quella gente, era sempre stata diffidente nei loro confronti. Il solo pensare di essere toccata da un negro e peggio dover avere un rapporto sessuale con lui la metteva in condizione di disagio e alterazione emotiva la faceva stare male.
La baronessa si trovava in una strana situazione, non era preparata a questo, non lo accettava anche se sapeva che in quel bordello prima o poi sarebbe arrivato quel momento.
Lui le porse la mano la mano e lei controvoglia la strinse nella sua molto grande, era una mano nera, con dita molto lunghe e chiara sul palmo e si lasciò tirare su e trasportare al bancone della maitresse alla cassa. La baronessa aveva uno stato d’animo di repulsione verso lui. Lei era molto bella con il suo corpo pallido appena nascosto dalla vestaglia rosa aperta sul davanti, che risaltava sensuale sotto di essa il suo corpo diafano vicino alla sua pelle nera. Le sue forme adulte, tracimavano fuori dalla vestaglia rendendola morbosamente seducente.
I loro corpi nella penombra delle lampade erano in contrasto tra loro. Rimase tormentata a vedere la sua pelle chiara e lui nero come la notte lasciarsi che le stringeva la mano. Si capiva il suo disagio e certamente pensava: “Con un negro no! Mai!” Lo si leggeva anche nel suo sguardo. Non voleva. Se ne accorse anche la tenutaria che le chiese con voce autoritaria:
" Cosa c’è? "
La baronessa restò in silenzio davanti a tutti e poi rispose:" Nulla madame!" Aveva timore di lei.
" Ah! ...Bene!! " Esclamò la tenutaria seria e severa.
Lui dopo aver pagato le porse ancora la mano le sorrise, mostrando tutti i suoi denti bianchi e perfetti, che risaltavano ancora di più con il colore della sua pelle nera.
La baronessa contrariata chiese se gentilmente poteva conferire un attimo in privato e in disparte con maitresse, mentre il militare nero americano sorrideva e aspettava. Si appartarono e la baronessa disse:” Madame… non mi faccia accoppiare con lui, con i negri, sono contraria culturalmente, la mia formazione ed educazione me lo impedisce, lo considero inaccettabile per il mio modo di pensare di vivere, di essere donna…” Balbettò seria e aggiunse:” … è come se mi contaminasse, mi inquinasse!” Affermò.
Subito la maîtresse capendo le sue intenzioni di non andare rispose:” Non fare la stupida baronessa… è uno come tutti gli altri e paga in dollari… qui il colore della pelle non conta, conta soltanto il colore dei soldi. E poi hanno detto delle tue colleghe che li hanno già provati che sono anche dotati e bravi a chiavare, vedrai che ti piacerà e ti farà godere.”
“Ma io non voglio!” Esclamò come una bambina capricciosa la baronessa:
" Non dire cazzate!! “Replicò irritata la maîtresse:” E vergognati! ... Non c’è più il fascismo almeno qui in Sicilia, siamo nel 1944, le leggi razziali sono state abolite. Ora ci sono gli americani e la democrazia e questa gente e composta anche da negri, cinesi e tanti altri, sono un popolo multirazziale e i negri sono persone come tutte le altre e poi pagano bene, questi hanno i dollari…”
Lei abbozzò solo un: “Ma!!"
" Silenzio!!... Niente ma !!” ...Gridò alterata e severa. “Vergognati! Questo è un lavoro per te, non un passatempo. Ora prendilo per mano e vai su a farti chiavare cammina e vedrai che piacerà anche a te fare la marchetta con lui, chiavare e godere tra le sue braccia… E ora basta! Non voglio sentire altro di queste cose, torna a lavorare!" Esclamò irata e severa.
La baronessa ritornò da lui e lo osservava senza farsi notare dalle altre sue colleghe che con risolini la schernivano della sua preoccupazione, lei con la pelle chiara come il latte fare una marchetta con quel negro la deprimeva. Lo scrutava con sguardi sfuggenti e nascosti, era proprio nero e non lasciandosi più tenere per mano fecero la scala.
Giunti in camera, la baronessa si bevve un altro cordiale per farsi coraggio, lui si spogliò nudo completamente e fece presto, era alto e muscoloso con un fallo che in quella settimana di lavoro marchettaro non aveva mai visto di quelle dimensioni e tutto nero, già quasi in erezione. La baronessa lo osservava vergognandosi lei stessa a scrutarlo. Lui si avvicino a lei, prese la vestaglia rosa l’aprì completamente sulle spalle e la tolse spingendola indietro facendola rimanere soltanto con reggicalze e calze. Lei rimase sconvolta a osservare la sua pelle nera come la notte in raffronto alla sua bianchissima e diafana come la luna, riflessi nello specchio nudi e vicino.
Lo guardò spaventata mentre lui rideva del suo stupore e meraviglia capendo che la baronessa come altre prima di lei non era mai stata con un afroamericano.
Il militare nero le fece segno con il capo il letto, e con le lunghe dita di togliere il reggicalze e le calze che la voleva nuda, lei per prendere tempo prese il preservativo e glielo passò.
Lui la osservò e fissò negli occhi e guardandola la circondò con le braccia al collo e la
baciò in bocca, lo fece apposta, capiva l’italiano e aveva ascoltato il discorso con la maitresse, sapeva che non voleva accoppiarsi con lui perché era nero, e anche lui come il dottore voleva punirla, umiliarla di quella sua forma di razzismo.
Sentì la sua grossa lingua in bocca, calda e viscosa e cercò di allontanarlo con il braccio, ma nello stesso tempo avvertì per reazione una scarica di adrenalina per tutto il corpo, sentendo il pene contro l’addome diventargli più duro del ferro. E in quel momento con timore pensava a come sarebbe stato sentirlo in vagina se era già grosso e duro a strisciargli sopra e contro il ventre.
Si rese conto che stava baciando un negro in bocca e con la lingua per giunta! Una persona di razza inferiore ...Lei!! che era fascista e aveva aderito con piacere alle leggi razziali del 1938, che era sempre stata contraria ai rapporti e matrimoni misti, ed ora stava per accadere a lei quello che aveva sempre condannato. Quello che stava per fare era considerato un disonore nella sua famiglia e nelle nobili amicizie... Lei, aristocratica siciliana, nobildonna, ora era in una casa chiusa abbracciata lasciandosi limonare da un negro e da lì a poco si sarebbe dovuta concedere sessualmente a lui, a quel selvaggio.
Il militare continuando a baciarla e tenendola ferma le mise una mano sul sedere, sulle sue natiche bianche, piene e mature. Era qualcosa di sacrilego, di impressionante vedere la sua grossa mano nera appoggiata sulla natica bianca della baronessa che la palpava e stringeva, creando un contrasto lussurioso, erotico, perverso tra di loro. Con l’altra presa ad accarezzarle una mammella, la strinse e chinando il capo, con le sue labbra grosse e carnose iniziò a baciarle il capezzolo rosa già duro e turgido nonostante l’ostilità, sintomo purtroppo della sua eccitazione involontaria e del suo desiderio inconscio di essere posseduta da lui, da quel negro.
Il soldato americano le appoggiò le grosse mani sulle spalle e con forza la spinse giù, fino a farla inginocchiare davanti a lui:” No…no…no!” Ripeteva dentro di sé la baronessa, costretta a genuflettersi davanti a quel negro, ma non riusciva ad opporsi a quella forza che la piegava in basso fino in pochi secondi a farla inginocchiare davanti a lui. Capiva cosa desiderava e lei non voleva, la sua grossa asta d’ebano con la capella colore rosa si era eretta e oscillava davanti a lei, a il suo volto. Aveva un pene enorme e possente, virile. Era sorpresa, sconcertata, spaventata non sapeva che fare…Non avevamo mai visto niente di simile. Lui prendendole il braccio, ridendo glielo mise in mano e a sentire quella candida mano bianca sopra, il suo cazzo nero, iniziò a ingrossarsi e a indurirsi di più.
“Take it in your mouth, suck it … (prendilo in bocca, succhialo)” Le diceva. Lei capiva l’inglese e preoccupata e allarmata esclamò: “No! ...No! ...” Era impressionata e perplessa, sapeva nei discorsi di salotto con le amiche del circolo e della canasta che si diceva che i negri l’avessero molto grosso e poi ridevano tra loro, ma così no!! …Non se l’aspettava!
Lui voleva che glielo leccasse, che avesse un rapporto orale con lui! La prese per i capelli e le tirò su il capo e vide i suoi grossi occhi con la sclera bianca che la guardavano dall’alto in basso, come se lui fosse un dio nero che la osservava. E sorridendo appoggiò la grossa mano sulla nuca, accompagnandola con il volto sul pene e le labbra contro il glande. Probabilmente pensò sbagliando la baronessa:” Se lo soddisfo con la bocca, non avremo il rapporto sessuale e con quel pensiero, esitante, vincendo il disgusto e la repulsione che provava all’odore denso di sesso e sudore genitale che aveva, baciò il suo glande grosso e chiaro. Non era pratica, era il primo pompino che faceva in vita sua e leccava a casaccio, mentre i suoi coglioni grossi, rugosi e virili si mostravano dietro l’asta.
Vincendo la repulsione continuò a leccare, ma non era capace, non ne aveva mai fatti e il primo toccava proprio a un grande negro. Proseguì con la punta della lingua a leccargli i testicoli, risalendo lungo l'asta, che si era riempita di sangue, pronta per esplodere sperma e arrivò sotto il glande. Lo baciava e leccava stordita anche dal cordiale bevuto. Lo avvolgeva con le labbra tirandolo il glande a sé, succhiandolo. Continuò a leccare e succhiare, sempre in ginocchio sul pavimento davanti a lui… lei una baronessa, una nobildonna inginocchiata davanti a un negro a succhiargli il cazzo.
Quel leccare non durò molto il militare si stancò della sua inesperienza e si sedette nel letto battendo la mano di fianco a lui come a dirle di sedersi e sdraiarsi…
La baronessa era agitata la bocca e le labbra sfatte dal rossetto erano piene di saliva, non capiva niente, in quel momento si manifestò e fu presa da quel raptus di eccitazione comune a tutte le donne, da quel desiderio inconscio di essere posseduta da un negro con un pene enorme, però ora che si avverava era timorosa e smarrita.
La baronessa preoccupata prese un preservativo da sopra il comodino, di quelli che le aveva raccomandato la maitresse perché resistenti anche per fare la doppia chiavata... Le mani le tremavano, ma il militare nero parlando in inglese lo prese togliendolo dalle sue mani, lo scartò e si mise a gonfiarci dentro. Lo gonfiò come se fosse un palloncino senza che si rompesse e poi esclamo:” All right…” E iniziò mettendo della vaselina a metterselo lui, srotolandolo tutti e arrivando oltre la metà ma non fino in fondo. Quando fu pronto,
La baronessa da seduta a guardarlo si sdraiò sul letto a pancia in su, con lui che si mise sopra a lei, con quell'asta nera, enorme, lunga e dritta che la ricopriva per tre quarti il lattice bianco dandole un colore grigiastro e si appoggiò al suo ventre.
Tenendole ferma il volto con le dita sulle guance, la baciò ancora sulla bocca e l'accarezzò con la sua grossa mano sul collo. La baronessa sudata, fradicia, tra la tensione e la rassegnazione sentì il grosso glande appoggiarsi sulla sua nobile vulva, tra le grandi labbra vaginali pronta alla penetrazione dall'eccitamento e del piacere che pur non volendo provava. Non lo guardava più il volto, gli faceva paura, non gli interessava chi fosse, in quel frangente voleva solo godere.
Il militare americano nero le allargò bene le cosce, mettendosi in mezzo a loro, con le sue grosse dita nere lubrificò di gel di vaselina la vulva e la vagina internamente, già calda e dilatata. Appoggiò il glande tra le sue grandi e piccole labbra vaginali oramai spalancate dal desiderio e piacere di essere penetrata, ma pur tutti i peni degli uomini che aveva già preso in quella settimana, non erano abbastanza dilatata da riceverlo senza resistenza vaginale visto le dimensioni. E il militare americano spinse con forza, allargandole ancora di più il suo antro blasonato entrando in lei.
La penetrò, lo introdusse lentamente. All’inizio la prima parte, poi la metà, in seguito tre quarti, quanto gliene occorreva per arrivare ad accarezzarle il collo dell'utero, questo massaggiandole i seni con le grosse mani e guardandola negli occhi.
Lei per reazione roteava lentamente con piacere il bacino, si sentiva piena di carne dura afroamericana e non le interessava più che fosse nera, era godente, si inarcava agitando in alto le braccia ansimante, e i suoi gemiti diventarono più intensi fino a quando un urlo bestiale uscì dalle labbra della baronessa e poi ancora un altro e un altro ancora. Stava godendo e avendo un orgasmo eccezionale, mai avuto prima, meraviglioso, gridava e godeva …. godeva in continuazione. I capezzoli le vennero dritti come chiodi, grandi e maggiormente rosa dallo strizzare le mammelle da quella grossa mano nera del militare. come se le mungesse. Lui piegando appena il capo, tenendoli tra le dita si mise a succhiarli con le sue grandi labbra carnose, come se la sua bocca fosse un tira latte, facendo morire di piacere la baronessa. Di seguito con un sorriso strano il militare americano nero si staccò dai suoi capezzoli, smise di allattarsi e iniziò a bacile il collo e il seno.
Nel frattempo il pene nero, le stava dilatando la vulva e la vagina all’inverosimile, le allargava le labbra vaginali al limite dell'estensione fisiologica dell’apertura e della lacerazione.
Comunque alla baronessa piaceva sentire in lei un pene eretto di quelle dimensioni, sentiva fastidio, ma le piaceva! ...Spasimo vaginale e piacere insieme!!".
Lui riprese a succhiare il capezzolo, era terribile! ...Lo stava allattando come se fosse un bambino. Quel gigantesco negro che la chiavava le succhiava anche il latte dalle mammelle, se ce ne fosse stato, lo avrebbe fatto… Era mostruoso, era un incubo e continuava con la mano a stringere e rilasciare le sue mammelle come a mungerle e a succhiare, alternandole. Era una scena perversa, depravante, nel frattempo le labbra del suo sesso si tendevano sempre di più all’invero simile, si allargavano, si slabbravano, si sformavano... provocando una contrazione spasmodica che per reazione a ritornare alla posizione originale stringevano il pene.
A un certo punto il militare smise di spingere, restò un attimo fermo, guardò la baronessa, si chino sul suo viso e con la lingua la leccò sulle labbra. Lei provava schifo, repulsione, ribrezzo, ma sentiva il suo grosso glande battere sul suo utero provocandole ondate di piacere nella pelvi e per un riflesso involontario rispose, ancora incrociò la sua lingua con quella di quel grosso negro, mentre lui continuava a muoversi lentamente. Il militare mettendosi con il suo sopra il volto della baronessa, dalla bocca a piombo perversamente fece colare della saliva tra le sue labbra, come a sputarci dentro, eccitando maggiormente lei che la riceveva calda e abbondante. Nel mentre le sue mani nere accarezzavano il corpo nobile e latteo della baronessa, donando brividi e fremiti alla sua pelle.
In preda all’inconscio incominciò a dimenarsi dal godimento, con lui sopra di lei che la copriva completamente, si mostravano soltanto le braccia bianche ed esili a stringergli la schiena e due gambe altrettanto pallide avvinghiarlo ai fianchi, appoggiandosi con i talloni sui suoi retro coscia muscolosi.
Il negro prese a chiavarla lentamente, sua volontà era di farla godere più che poteva e ci riuscì, il suo cazzo si mise a entrare e uscire da dentro la vagina dilatando all’inverosimile le labbra della vulva, poi si fermò appoggiando il glande all’utero e premendo piano lo spingeva lentamente indietro. Glielo toccava, lo massaggia e accarezza con il glande scuro ricoperto di lattice. E malgrado lo considerasse un essere di razza inferiore era piacevolissimo lasciarsi chiavare da lui. Il viso della baronessa si estasiò reclinando il capo indietro a bocca aperta. Quel negro la stava facendo impazzire dal piacere, come mai aveva provato in vita sua nemmeno in quella settimana iniziale nel bordello. Le premeva dolcemente il glande sulla cervice uterina dandole sensazioni incredibili, mai provate.
Lei per reazione al piacere muoveva le sue mani dappertutto, le portava sulla testa calva e sudata, l’accarezzava, facendole scorrere sul collo, la schiena e le natiche, per poi stringerlo forte, abbracciarlo a gambe incrociate sui fianchi e godere all'impazzita dal piacere a occhi chiusi, fino a graffiarlo sulla schiena e a baciarlo in bocca o meglio ricambiare i suoi baci.
Ansimava e sudava la baronessa, i suoi respiri nel piacere erano diventati brevi e intensi, fino a far uscire dalle labbra gemiti di gioia, frasi sconnesse, che niente avevano a che fare con le sue facoltà mentali. Probabilmente in quel momento nel piacere non era capace di intendere e volere, ma era soltanto in preda a un raptus di lussuria e libidine al piacere sessuale.
Poi un urlo animalesco e incontrollato le uscì dalle labbra, mentre impiantava di più quelle unghie laccate rosso fuoco sulla schiena di quel negro, con gemiti, respiri brevi, affannosi e grida avendo un orgasmo violento e indefinito. Godeva, a bocca aperta con grida continue e piene, che uscivano dalla sua gola a formare un suono continuo di un piacere lamentoso. Si scuoteva con il bacino e con tutto il corpo, Sembrava tutto irreale. Ai suoi movimenti, le urla della baronessa salivano di intensità, di goduria, ma anche di dolore, lo sentiva tutto dentro, lo sentiva contro l’utero; mentre, ruotando leggermente il busto con la mano appoggiata al suo addome, cercava di contenere l’entrata di quel pene in lei, tenendolo a distanza.
Lo avvertiva percuotere sull'utero in modo ritmato e le dava fastidio, ma anche tanto, tanto piacere. Lei gridava ansimava esclamando:” Niii! …Si!!” ...Quando provava godimento oppure:” Un nohh!!!” Quando le dava sofferenza.
Povero utero della baronessa che l’aveva resa madre due volte con Turi il bracciante, con quelle sollecitazioni glielo faceva ballare, la penetrava, la profanava con i suoi movimenti, di piacere e di sofferenza.
Anche il militare eiaculo mentre la baronessa lo stringeva forte a sé e lo sperma di quell’uomo diviso solo dal foglio di lattice bianco era contro il suo utero che poteva ingravidarla, darle un figlio nero. Fu terribile quel pensiero. In quel momento il militare estrasse l’asta scura fasciata di lattice con il preservativo pieno all’inverosimile.
Anche la baronessa venne con un orgasmo animalesco che sembrava quasi il raglio di un’asina, urlare e muoversi tutta in preda a spasmi di piacere.
Al termine quel militare si alzò con la sua mostruosa asta semirigida, penzolante tra le gambe, disse che andava in bagno, lei si toccò la vulva e la sentì larga…. E sentì entrare aria fresca. Dopo una decina di minuti scesero, la maitresse vide la baronessa seria con lo sguardo basso davanti che scandiva i passi sugli scalini, e lui sorridente dietro, capì che l’avevano fatto, che la baronessa era stata chiavata da quel negro… e guardandola negli occhi con il gesto del dito la fece ritornare a sedere con le altre in attesa di un nuovo cliente.
La baronessa seduta con lo sguardo vuoto rifletteva, era stata posseduta da un negro e ne aveva goduto… era terribile per lei… Ma mentre rifletteva arrivò un altro cliente, un siciliano di Palermo che la prese per mano e la portò al bancone dalla maitresse, le diede dieci lire dicendo una doppia e salirono.
Quella Palermo liberata nel 1944 era nel caos oltre che gli americani che la facevano da padroni, c’erano anche i separatisti, i liberali e i socialisti e comunisti e uno di questi si faceva chiamare Boris. Era un mezzo squilibrato che frequentava la casa di tolleranza dove lavorava la baronessa. Si diceva che fosse un comunista cacciatore di fascisti, nazisti e collaborazionisti e che quando li prendeva li torturava prima di ucciderli, uomini o donne che fossero. Era un epuratore del vecchio regime e un cliente assiduo della pensione delle Rose, dove ogni due tre giorni si recava per sfogare i suoi istinti sessuali. Ma non le interessava avere rapporti sessuali normali, lui era un porco, un depravato perverso. voleva fare altre cose con le donne, gli piaceva l’anale e si era invaghito della baronessa e del suo sedere. E fu con lui che fu iniziata alla sodomia. Si presentava sempre armato, con un grosso cappello in testa a cobalto, una pistola e un pugnale a vista alla cintola, incuteva timore anche alla maîtresse che lo assecondava sempre. La prima volta che la scelse, disse subito chiaro seppur in dialetto siciliano:” Voglio con lei un rapporto anale, voglio farci il culo e sburrarci dentro. “La baronessa trasalì non l’aveva mai avuti rapporti anali fino a quel momento e non voleva quel tipo di rapporti sessuali e alle sue supplici quella volta la maîtresse le venne incontro e offri a quel Boris un’altra ragazza più giovane ed esperta della baronessa, che lo sapeva già prendere in culo:” Prenda questa…Boris!” Gli disse sorridendo timorosa:” È più giovane e ha più esperienza. Questa non è pratica, non l’ha mai fatto!”
Ma non ci fu nulla da fare, a sentire che non l’aveva mai fatto si intestardì, volle la baronessa voleva fare il culo a lei e sverginarla analmente. La maitresse la guardò e aprì le mani dicendo: “Io ci ho provato! Ora vai con lui e non farlo arrabbiare, fai quello che ti dice che è meglio per te e per tutti noi… E mi raccomando, quello se lo fai arrabbiare è capace di tagliarti la gola in camera… Lei spaventata si sentì impotente e su consiglio della tenutaria per evitare ritorsioni acconsentì.
Salirono su in camera con lui che mentre si spogliava si vantava di quante uccisioni avesse fatto quei giorni in città e nelle campagne, commercianti professionisti e nobili con le loro consorte, e i suoi compari avevano anche violentato le donne prima di ucciderle. La baronessa lo temeva, aveva paura che capisse chi era realmente e la uccidesse, per lui lei era soltanto una prostituta in quel momento, una povera disgraziata come tante.
La baronessa lo superava in altezza, ma si accorse che questa non era la sua sola anomalia, oltre ad essere crudele era anche ben fornito. Lei bevve ancora il cordiale per stordirsi, oramai aveva preso quella abitudine di bere prima di ogni rapporto sessuale, come ad esorcizzare quello che faceva, rischiando di diventare una alcolizzata…
La baronessa era una donna di poche parole, ma anche quel Boris lo era, voleva andare subito al sodo, e dopo esserselo fatto succhiare o masturbare a seconda dei momenti, procedeva con la sodomia. Quel periodo prese a inculare sempre la baronessa, con lei che per timore si lasciava sodomizzare, al punto che poi le bruciava quando faceva aria…
La prima volta che Boris la sodomizzò, dopo quei preliminari perversi, lui nudo si sedette sulla sedia e fece mettere la baronessa a cavalcioni su di lui, con il volto verso sé. Come la ebbe sopra prese a baciarla sul viso e in bocca con la sua bava disgustosa, tenendole le sue lunghe e scarne dita sopra le natiche, talmente lunghe che riusciva a toccarle il sesso penetrandola da dietro con il dito. Inizialmente Boris mentre lei era seduta su di lui, la masturbava sulla vulva con le dita della mano sinistra, mentre la sua asta lunga e dura, batteva ritmicamente sotto gli impulsi dell’eccitazione sul ventre della baronessa, superandone in altezza l'ombelico. E con le dita della mano destra le sfiorava l’ano, passandole dell’olio di vaselina che ungeva anche su tutta la sua lunga asta e sul glande, il tutto senza preservativo, non voleva mettere quelli del duce di cui si servivano ancora i bordelli, e la maitresse si guardava bene dal darglieli e quindi lo lasciava sodomizzare le sue “signorine” senza.
Boris quella prima volta prese la sua asta in mano che indirizzò facendola sollevare, verso l’ano unto di olio della baronessa, lo appoggiò sulla rosa anale e premette iniziando a tirarla giù e a penetrarla facendola scendere lentamente. Era la prima volta che lo prendeva nel culo, la baronessa sentiva male e cercava puntandosi sulle gambe di frenare quella penetrazione anale perversa, ma lui prendendola per i fianchi la trascinò giù e tra il tirare di Boris e il peso del suo corpo praticamente si auto penetrò quasi.
Il suo ano vergine nascosto tra le sue natiche formose, piene e tenere, che aveva assistito soltanto al passaggio di feci e scorregge silenziose, tra sofferenza e timore iniziò a cedere, gli sfinteri si lacerarono e Il glande cosparso di olio di vaselina entrò in lei scomparendo nel suo retto, penetra dondola fino in fondo, distribuendo alla baronessa sussulti, fremiti di sofferenza e in seguito piacere lungo il corpo e soprattutto nell’ano. Penetrando nell’ano, la parte superiore dell'asta sessuale di quel separatista comunista di Boris scomparve per metà dentro di lei, lungo il suo solco intergluteo e tra le natiche pallide, tenere e carnose del suo magnifico e nobile culo.
Quella era la prima volta che aveva un rapporto anale e che veniva sodomizzata e capitava proprio con quell’essere ignobile di Boris, quel cacciatore di teste fasciste, nobili e proprietari terrieri.
Il suo ano era dilatato al massimo, con gli sfinteri ormai lacerati dalla penetrazione, ampliato, ma che pareva stringere come un laccio di carne, con forza e violenza il pene eretto e virile di quel Boris che inesorabilmente entrava in lei.
La baronessa era in uno stato di sofferenza perpetuo alla penetrazione, che quando lo ebbe tutto dentro fu una liberazione per lei e si trasformò presto in sovreccitazione spasmodica e smania. Alle sue spinte e colpi profondi rivolse indietro la testa quando lo sentì dentro lei, per poi subito cacciarsi in avanti e mettergli istintivamente le braccia al collo e cercare di tirarsi su di scatto con il capo e il seno, ma lui la teneva, la bloccava sui fianchi sopra di sé. E con esse sui fianchi come la prostituta vera che era diventata, inizio a muoverle il bacino su e giù con lei a gambe larghe a cavalcioni su di lui con i piedi a terra che l’aiutavano con una leggera spinta a frenare la penetrazione completa e a staccarsi da lui per salire e poi riscendere e riprenderlo dentro… Quell’assassino di Boris la stava sodomizzando… quel separatista o comunista la stava inculando, non poteva credere a se stessa la Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata… lo stava prendendo dietro, nel culo. Il ricordo della buonanima di suo marito il barone e del dottore ormai era lontano, si sentiva ed era una prostituta ormai, E sentiva la sua asta pulsante dentro di lei che scorreva aiutata dall’olio di vaselina non più con dolore, ma solo con fastidio, che presto si trasformò in piacere. Alle spinte profonde di quel Boris lo sentiva fino in pancia in quella posizione. La sodomizzava, la penetrazione era profonda, la profanava con i suoi movimenti di su e giù, staccandola dalle sue gambe con lui seduto sulla sedia e facendola gridare a ogni colpo che scendeva, di piacere e di sofferenza. Le mani criminali di Boris erano appoggiate sulle natiche pallide e morbide della baronessa che gliele allargavano, per poi sempre inculandola portarle sui fianchi a tenerla ferma, a farla saltare sulla sua asta di carne. La dilatazione dell’ano aumentò con la sodomia e lo sfregamento del cazzo sulla rosa anale egli sfinteri e si attenuò e poi scomparve e con esso anche il dolore scemò completamente. Lo stesso le capitava per i rapporti sessuali vaginali con clienti dotati, sentiva il loro glande contro l'utero, sprofondare completamente dentro la sua aristocratica figa e battere sulla cervice uterina in modo ritmato; e le dava fastidio, ma anche tanto piacere. Mentre Boris avendola seduta sopra sé la sodomizzava le leccava il seno e succhiava i capezzoli, era tremendo quello che subiva, soprattutto perché in quella coercizione e perversione del vendersi e donarsi a sconosciuti a volte in base la situazione provava piacere. Era sudata, il seno fuori, gonfio e sodo, che le dava sensazione angosciose ed eccitanti, aveva i brividi e sudava e mentre seduta sopra lui si lasciava sodomizzare a cavalcioni, lui le ciucciava i capezzoli. Era scioccante!
Intanto Boris continuava a sodomizzarla aiutandola a sollevare il sedere spingendola sui glutei con le mani e a ogni passaggio quell'asta rigida entrava e usciva. Avrebbe preferito non sentire nulla, odiare quell’uomo e quegli uomini in quei momenti, ma non sempre ci riusciva era più forte di lei, a volte veniva presa dai sensi, dall’adrenalina del piacere che la pervadeva, facendole provare godimento anche nella sottomissione e prostituzione. In quei rapporti a pagamento all’inizio vista la sua lunga astinenza coniugale provava piacere, ma poi lentamente prevalse la perdita di sensibilità e del piacere. A volte godeva e aveva sensazioni contrastanti in lei, era perversamente eccitata e disperata di quello che faceva. Provava rabbia, odio verso quelle persone e il dottore ma anche piacere in quella condizione.
Quello che le faceva più rabbia era il fatto che inconsciamente accettava tutto e partecipava.
Al termine della sodomizzazione, Boris le mordicchiava ridendo il seno e non dicendo nulla gli eiaculò dentro nel retto tenendola bene ferma con le mani sui fianchi impiantata su di lui, facendo godere anche lei, in un assurdo e scellerato mai avuto prima orgasmo anale.
Al termine alzandosi da sopra di lui, vide la sua asta eretta ancora come un obelisco, pulsare con il glande sporco delle sue feci…. Sapeva che aveva il suo seme nelle viscere, lo sperma di un assassino o giustiziere come si intendeva lui. Boris rideva trionfale, lei corse in bagno a svuotarsi dal rimischio che aveva in pancia e dai residui fecali e spermatici.
Boris si rivestì prendendo le sue armi e il cappello… Lei una volta scesa corse e andò a dire tutto alla maitresse che chiamò Gilda la serva e le fece fare subito un clistere evacuativo, per togliere tutti i residui di sperma che aveva dentro l’ano. Altre furono le sodomie della baronessa subite da lui e non soltanto lui purtroppo. Un giorno che aveva fretta quel Boris la fece mettere in ginocchio sul letto a carponi, alla pecorina come si diceva a Palermo... senza nemmeno farle togliere la vestaglia, ma tirandogliela su oltre i lombi, lasciandole il suo bel culo pallido, carnoso e tenero scoperto e sodomizzandola così da dietro in quella posizione animale senza nemmeno svestirsi ma tirandolo soltanto fuori dai pantaloni.
Il dottore restando a Palermo, ogni tanto passava e si informava dalla maîtresse dei progressi che faceva la baronessa nel campo della prostituzione, aveva saputo della quantità di rapporti sessuali che aveva avuto, del tipo di clienti, anche del colore della pelle.
In quel mese la baronessa cambiò ogni sorta di uomo e posizione, fece di tutto, tutto quello che facevano le baldracche nei bordelli. Si accoppiò con più di venti uomini diversi al giorno, in quel mese ne ebbe più di 500 ognuno differente dall’altro, anche se alcuni erano fissi come clienti, come quel maledetto assassino di Boris.
Palermo era nel caos, c’erano rivolte antiitaliane e nello stesso periodo si era formato il Comitato di Liberazione Nazionale in Sicilia.
Il CLN isolano si era costituito tra la fine del 1943 e l’inizio del 1944 grazie all’unione delle forze partitiche antifasciste, e si batté per la riconquista delle libertà democratiche azzerate dal fascismo, dedicando ogni sforzo per la ripresa della vita civile. Ma proprio in quell’anno il separatismo, aveva trovato terreno fertile per diffondersi e mettere radici. Sui muri delle strade comparivano scritte pro-Inghilterra, e si stampavano spille in metallo della Trinacria e dell'isola affiancate alla bandiera degli Stati Uniti d'America.
Quel mese fu terribile, diventò una vera prostituta del bordello e provò tutte le nefandezze sessuali che un uomo pagando desidera e pretende. Passato finalmente quel mese fece la sua valigia per partire, la maîtresse le disse che il dottore non sarebbe venuta a prenderla, ma che aveva seguito gli americani su, verso Roma. Cercò di convincerla a restare, visto che nemmeno lei sapeva chi fosse realmente la baronessa:” Restate qui baronessa, vi darò una percentuale più alta, siete richiesta, farete molti soldi.” E insistette:” Perché non restate qui a lavorare con noi? Oramai siete completa, sapete fare di tutto…Sei richiesta, e avete un posto fisso e protetto qui…farete le visite ginecologiche ogni settimana…” Ma lei rifiutò. Così la maitresse le diede la metà di quello che aveva guadagnato in quel mese, circa duemila e ottocento lire, che prese e mise nella borsa senza nemmeno guardarli e se ne andò senza salutare nessuna. Prese un taxi e si fece portare alla stazione di Palermo. Fece il biglietto per Catania, … e con la sua valigetta, sfatta e spettinata, con il volto triste e invecchiato sali su quel treno di terza classe stracolmo di gente di tutti i tipi, siciliani in fuga, militari americani e di gente che scappava verso il nord, Roma era la meta.
La vendetta del dottore era compiuta, si era vendicato punendola nel peggiore dei modi, facendole compiere quello che dalla sua nobiltà aveva sempre biasimato. Ora sapeva come facevano quelle donnine a lavorare nei bordelli, perché e cosa facevano, dopo quasi otto anni quella sua curiosità perfida era stata appagata ma a caro prezzo. Ma il dottore era stato un vigliacco dal suo punto di vista a non venirle a prendere e a fuggire a nord.
“Meglio così!” Si diceva, non voleva più vederlo. Tutto era precipitato in quegli anni, la guerra aveva rovinato famiglie, coppie e mogli che prima vivevano felici.
Quando ritornò a Catania era un'altra donna da quella che era partita. Per prima cosa andò a casa della sua serva e abbracciò i figli e li baciò piangendo restando con loro. Molto era cambiato, non era più come prima, la sua villa era stata sequestrata e saccheggiata dai mezzadri, e la gente del posto le mancava di rispetto. Era triste e avvilita, sola con i suoi figli e sbeffeggiata.
Il dottore non c’era più, il suo ambulatorio era chiuso e lui era Roma o su di lì e non lo rivide più. A guerra finita visse con i suoi figli piccoli e i pochi contadini che non riusciva a pagare non avendo quasi più nulla. Licenziò Turi, sua moglie e i suoi figli fratelli e sorelle dei suoi che emigrarono al nord e si votò a non avere più rapporti sessuali con alcuno. Si avvicinò alla chiesa e si vestì sempre di nero per il lutto di suo marito il barone e fece la vedova. Divenne una Dama di San Vincenzo che aiutava i poveri e avvicinandosi alla chiesa si avvicinò alle alte gerarchie cardinalizie prima e poi al nuovo partito cattolico appena nato, la Democrazia Cristiana.
Ma negli anni seguenti i giorni passarono, i tempi cambiarono, i fronti caddero, e la piazza e le rivolte si calmarono e ci fu una sorta di restaurazione.
Come dicevo sopra in quegli anni oltre al separatismo e al comunismo un'altra grande forza spiegava le sue ali in Sicilia ed era lo scudo crociato della democrazia cristiana. La baronessa nonostante quello che aveva fatto a Palermo era una fervente cattolica ed era sempre vicina alla chiesa, vescovi e ai cardinali. Inoltre era una vedova troppo bella per non essere notata e per restare vedova, era ancora una giovane quarantenne piacente e affascinante. E così fu corteggiata da molti, ma fu uno, un uomo d’onore, un potente notabile siciliano, non nobile ma ricco e potente che si innamorò perdutamente di lei, tanto da chiederle di sposarlo e di donarle un figlio suo, il terzo, Michele Vittorio.... Lei con il benestare dell’alto clero catanese si risposò e ritornò ad essere la signora Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata… e ritornò ad essere di nuovo una donna ricca, possente e rispettata da tutti, ma soprattutto temuta…
Ci fu il separatismo e iniziarono i primi delitti di mafia... e la ruota della storia e della sua vita continuò a girare.
Arrivarono gli anni 50 e lei oramai era una quarantenne compiuta, bella e seducente, i baronetti suoi figli erano cresciuti, frequentavano il ginnasio a Catania. Le case chiuse, i bordelli o case di tolleranze come erano chiamate allora e dove lei aveva lavorato per un mese a Palermo erano contestate e si apprestavano negli anni futuri ad essere chiuse definitivamente con una legge dello stato, La legge Merlin. Ma quel ricordo di essere stata prostituta le restò sempre, anche se era ritornata ad essere la signora Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata, una nobile quarantenne, affascinante e desiderata da tutti, che non disdegnava gli sguardi dei suoi pari e no… Ma questa è un'altra storia che forse racconterò….
FINE.
Baronessa Maria Azzurra Clementina di Monte dei Fuschi e di Rocca Annunziata.
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