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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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IX° NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI.

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PAGINA VIETATA AI MINORI DI 18 ANNI.

CAP. 9 NABIL

 

 

Ritornavano verso casa con mille pensieri in testa, Beatrice cercava di svegliarsi da quell'incubo.

Salvatore non aveva fretta, voleva prepararla lentamente, facendole assaporare tutte le fasi della depravazione nel suo lento e inesorabile declino, in modo da assaporare meglio la sua vendetta e la sconfitta di lei.

Educandola, dominandola, portandola ad accettare la perversione, fino a fargliela desiderare, per poi quando era pronta, esibirla e farla possedere da altri uomini.

Un mese o un anno non avevano importanza per lui, l'importante era che tutto andasse come aveva programmato. La prima fase era stata attuata, i coniugi Gometti erano nella gabbia era iniziata la loro degenerazione, ora dovevano solo perfezionare la loro perversione sessuale e nell'attesa intanto pensare anche ai figli.

 

Mentre l'auto correva verso casa, nell'abitacolo c'era un silenzio glaciale.

Beatrice era offesa con suo marito, lui accettava tutto come un qualcosa di immodificabile, di

definitivo, anche l'aver dovuto cedere sua moglie, lo viveva come qualcosa di immutabile... del

destino.

Guidava tra il caos del traffico, era quasi mezzogiorno.

Beatrice aveva gli occhi umidi e gonfi.

" Vieni anche tu in negozio?" Le chiese Roberto.

"Nooo!!!...Non vengoooo più da nessuna parte con teeee! " Urlò all'improvviso.

"Portami a casa che mi devo lavare, togliermi d'addosso le vostre schifezze! Le vostre

perversioni!!"

Poi abbassando la testa iniziò a piangere singhiozzando.

Roberto cercò di posare la mano sui suoi capelli, ma lei rabbiosa come un animale ferito gliela

tolse adirata dicendogli:

"Non ti permettere mai più di toccarmi! ...Nemmeno con un dito!... Sei un vile!!... Mi fai

schifo!... Mi fai schifo come loro ... sei come gli altri!... Brutto porco!... Ti sei anche masturbato mentre quel mostro mi violentava!" Pronunciò collerica.

Subito restò in silenzio e la lasciò sfogare, poi calmo rispose:

"Non mi pareva che ti violentasse ... ti vedevo godere." Precisò Roberto irritato dalla sua reazione. Ma non fece che peggiorare la situazione.

"Sei un porco! ...Un bastardo!... Siiii!!... Siiii!!!... Mi ha violentata, io non volevo, non potevo volere, né reagire, avevo paura. Ti ho cercato, chiamato, ma tu restavi nascosto, non ti facevi avanti.

Sei un vigliacco !!... Non hai avuto nemmeno il coraggio di difendere tua moglie, la madre dei tuoi figli. Ti ho visto sai!... Ti sei anche fatto succhiare il pene da quella grassa puttana schifosa mentre godevi nel vedermi abusata da lui.

Non stare mai più a toccarmi, con me hai chiuso, sei morto!"... Gridò irata.

" Ma quale violentata…se godevi come una cavalla in calore! ...Ti abbiamo vista tutti che ti

piaceva, ti muovevi anche tu con il sedere." Rispose Roberto offeso dalle sue parole, cercando di difendersi dalle sue accuse infamanti e dall'atteggiamento che aveva nei suoi confronti, facendo sentire in colpa anche lei per aver partecipato e goduto seppur involontariamente a quell’amplesso.

"Porco!... Porcooo! ...Sei un porcooo! ...Non ti permettere di dubitare sai! ...Ero costretta!!... Si costrettaaa!!!" Strillò Beatrice furiosa.

Il suo meccanismo di difesa psicologica le imponeva di dire così per salvare la sua dignità e giustificare la sua partecipazione e sé stessa.

"Ah!! E io no!... Non ero costretto?... Che potevo fare?... Dimmelo tu? ...Se intervenivo sai cosa

succedeva?... Che domani facevamo trasloco, andavamo ad abitare tutti e cinque in due stanze in qualche alberguccio di periferia, se non peggio sotto i ponti!" Rispose innervosito dalle sue accuse, lasciando morire il litigio lì.

Giunti sotto casa, Beatrice scese dall'auto senza salutare e coprendosi bene si avviò di corsa al

portone facendo attenzione a non essere vista.

Roberto abbozzo un: "Ciao!!" Senza ricevere risposta. Girò l'auto e andò verso il negozio.

Beatrice entrò di corsa nell'atrio, salì le scale e giunse sul pianerottolo, aprì la porta ed entrò in casa.

Tolse il soprabito e lo gettò lanciandolo in un angolo, corse in camera e si gettò nel letto

singhiozzante a piangere con il volto sul copriletto.

Piangeva forte, nessuno la poteva sentire, si lasciò andare libera a un pianto dirotto, si sfogò,

finché sfinita si assopì qualche minuto, destandosi quasi subito.

Si sentiva sporca, oltraggiata, dentro e fuori il suo bellissimo corpo. All'interno di lei aveva ancora il seme vecchio di quell'uomo orripilante, quell'essere viscido, che solo a pensarlo un brivido le percorse la schiena.

L'aveva voluta umiliare fino in fondo, non gli era bastato possederla, violentarla davanti ai suoi amici e suo marito, ma aveva voluto riversare dentro lei, il suo sperma senile come per marchiarla, contaminarla di lui.

Clelia l'aveva rassicurata riguardo allo sperma di Salvatore, dicendole che era sterile, di stare

tranquilla che non l'avrebbe ingravidata e non aveva malattie, lei poi aveva finito da poco la

menopausa e quindi era rasserenante. Ma era inquieta lo stesso, non si sapeva mai! Ci mancava solo che restasse incinta da quello scarafaggio zoppo e perverso.

 

Si alzò, tolse gli indumenti e la lingerie delle sue figlie, gettandola in un angolo, poi andò in bagno, aprì i rubinetti della vasca per riempirla, intanto da un armadietto prese dei flaconi di plastica trasparente con cannula e si sedette sul bidet facendosi una lavanda vaginale con il tantum rosa.

Voleva pulirsi anche dentro, disinfettarsi dal seme viscido e vecchio di quell'uomo depravato che l'aveva contaminata con la sua perversione e piacere.

Mentre praticava la lavanda vaginale, si chiedeva come avesse potuto godere con quell'essere

spregevole. Provare tutto quel piacere a essere presa da lui. Non se ne capacitava.

Lo odiava con tutte le sue forze, anche perché l'aveva fatta godere contro la sua volontà.

“Era meglio se avessi sentito dolore …” Ragionò.

Pensò anche a Roberto, suo marito.

Anche lui aveva partecipato godente a quello spettacolo, con le lacrime agli occhi si domandava perché non fosse intervenuto, almeno fare il gesto di proteggerla e poi quel contratto di schiavitù, come aveva potuto firmarlo a sua insaputa, cedendola a Salvatore?

Era un vigliacco!! Aveva paura di Salvatore e dei suoi amici, ma soprattutto non voleva rinunciare al benessere a cui erano abituati, al punto da barattarlo con sua moglie. Pensò

Oramai si era rotto qualcosa con lui e lo sapevano tutte e due che non sarebbe più stato come prima e.… quella gente che altro avrebbe voluto da lei?... E lui sarebbe stato sempre accondiscendente?

Domande a cui sapeva già dare una risposta.

Pensò ai figli. Giustificandosi che tutto quello che era accaduto l'aveva fatto per loro.

Dentro di lei motivava quello che era successo, la sua passività e anche quella di Roberto, con un gesto nobile e grande, come quello dell'amore per i figli.

Cercava sempre più di convincersi di essere stata violentata, anche se sapeva che non era così.

Rifletteva che anche Roberto in fondo era vittima dell'ingranaggio perverso che si era creato e di quegli uomini senza scrupoli e aveva subito come lei passivamente, per paura fisica ed economica e per non perdere il loro tenore di vita.

Anche se in queste riflessioni e giustificazioni gli concedeva l’attenuante dell’impossibilità a intervenire, non modificavano la disistima e risentimento che le era nato per lui.

Dopo aver praticato la lavanda vaginale, ed essersi pulita bene all'interno, facendo uscire più volte la soluzione introdotta mista ai grumi dello sperma, quando la vasca fu piena, si immerse completamente. Lavandosi esternamente con il guanto da bagno in cotone, sfregandosi la pelle con pressione e restando a mollo più che poteva, finché non senti l'acqua raffreddarsi.

Si sciacquò sfregandosi ancora la pelle della schiena con la spazzola da bagno, dove avevano

sborrato quei pervertiti dei suoi soci. Passando e ripassando sopra più volte, fino a quando non portò via la schiuma con l'acqua assieme al loro sperma secco....

Si alzo e si vestì, mettendo la sua lingeria e i suoi abiti. Non si guardava allo specchio, non ne

aveva il coraggio, gli passava davanti senza osservarsi, le dava fastidio guardarsi negli occhi. Si

vergognava di sé stessa.

Tornò nell’angolo e raccolse gli indumenti delle figlie, li mise in un sacchetto per l’immondizia e in seguitò gettò via tutto. Decise anche di ridurre l’orario alla colf per evitare potesse vedere o capire qualcosa.

Verso le tredici Roberto rientrò, lei era in cucina a preparare qualcosa, di lì a poco sarebbero

arrivati anche i loro ragazzi.

"Ciao!" Esclamò Roberto serio e imbarazzato, lei non rispose, non si voltò nemmeno a guardarlo, continuò nel preparare il pranzo e scaldare quello che le aveva preparato la colf.

"Ciao Bea!"... Insistette lui.

Lei senza voltarsi le rispose un: "Ciao!" Freddo e triste.

Non avrebbe voluto parlare mai più con lui, ma come poteva? Era il padre dei suoi figli e poi il

parlare non cambiava l'idea che oramai si era fatto su di lui.

Era di nuovo bella e profumata, il suo profumo di pulito come la sua bellezza si sentiva nell'aria.

Roberto sapeva che ora era offesa e ferita, ma che lentamente avrebbe iniziato di nuovo a

rapportarsi con lui, facendo sparire la collera. Faceva sempre così quando litigavano, le teneva il muso un po’ di giorni e poi lentamente tutto tornava come prima. Anche se in questo caso la

situazione era diversa dopo quello che era successo, ma sapeva che doveva solo aspettare che le passasse da sola l'arrabbiatura.

Mentre preparava tavola, una alla volta arrivarono le figlie. Prima Francesca, la più grande, aveva 24 anni ed era neolaureata in giurisprudenza da pochi mesi, era in cerca di una prima occupazione in qualche studio legale. Francesca era una bellissima ragazza, alta bionda con gli occhi chiari come sua madre, aperta di carattere ed espansiva, a tratti spavalda, sicura di se nei modi e nel rapportarsi.

Salutò tutti, prima in ordine di vicinanza a suo padre e lo baciò sulla guancia che ricambiò.

Poi andò in cucina e lo stesso fece con Beatrice che ricambiò dicendole:" Ciao Tesoro!"

Francesca sentì l'aria tesa e vedendola tirata in viso, chiese:

" Cosa è successo mamma?... Avete litigato?"

Roberto arrivato dietro lei alzò le spalle e mormorò:" Niente!"

Beatrice sentendolo e girandosi lo guardò con aria di sfida, con uno sguardo che avrebbe fulminato un elefante.

"Hai una faccia mamma!... Sei arrabbiata con papà?" Domandò Francesca.

" Le solite cose!" Rispose lei, cercando di minimizzare.

" Ho capito, avete litigato! .... Speriamo che facciate la pace in fretta!"… Esclamò dirigendosi in

bagno.

Poco dopo arrivò anche Serena, bella, elegante, di poco più bassa di Francesca, ma anche lei

splendida, con dei capelli lunghissimi di un biondo oro che le arrivavano a metà schiena e gli occhi azzurri, un sorriso timido ma bello, come il suo carattere che era differente da quello della sorella, lei era più chiusa, riservata, meno espansiva, ma sempre di buona compagnia.

Lei era ancora studentessa universitaria in Economia e Commercio.

Salutò tutti e due, accorgendosi anche lei dell'aria che c'era.

Lei più timida e riservata non chiese nulla, si limitò a osservare e poi andò in bagno, entrò mentre la sorella seduta sul water, stava urinando.

"Cosa è successo?" Chiese iniziando a pettinarsi davanti allo specchio.

" Nulla!! " ...Rispose Francesca, mentre alzandosi si asciugava la fessura della figa e i peli con un pezzetto di carta igienica.

" Hanno litigato." La informò tirandosi su il perizoma e facendo scorrere l'acqua del wc.

" Ah!! Ho capito!" Rispose Serena, speriamo che le passi tutto in fretta.

Lo consideravano un normale litigio di coppia, come c'è n'erano già stati e come c'è ne sono in

migliaia di coppie. Non era la prima volta che litigavano e pur non sapendo il motivo, pensavano anche loro che sarebbe tutto passato e si sarebbero riconciliati.

Andarono a tavola e si accomodarono, Beatrice iniziò a servire il pranzo aiutata da Serena, poi si sedette anche lei e iniziarono a pranzare. Il pasto fu consumato quasi del tutto in silenzio, Beatrice cercava di distogliere la mente dai fatti successi, senza riuscirci.

L’atteggiamento di suo marito certo non l’aiutava a dimenticare. Poteva ben capire che anche lui si sentisse ferito nel suo orgoglio di marito, ma in fin dei conti era lei che era stata violentata e non lui!

Era presa da un enorme infelicità e da una collera sorda per il comportamento di Roberto, non

riusciva a perdonargli il suo atteggiamento nei suoi confronti.

Non c'era Carlo il figlio maschio di 19 anni. Rientrava solo alla sera, ora era all'università con la sua fidanzatina Martina, entrambi studiavano architettura.

Carlo era un bel ragazzo, biondo con gli occhi azzurri, magro e piaceva molto alle ragazzine, ed era molto fine e gentile a differenza di molti suoi coetanei.

Da due anni usciva con Martina 18 anni, una bellissima ragazza anch’essa biondina, appena più bassa delle sue sorelle, ma molto, molto bella, simpatica ed educata. Era figlia unica di buona famiglia borghese anche lei, il padre imprenditore e la mamma insegnate.

Filavano insieme e le loro famiglie lo sapevano e approvavano, erano fidanzatini quasi in modo ufficiale, con il consenso dei genitori come si usa ancora oggi nelle famiglie piccolo o medio borghesi italiane.

Finito il pranzo, guardarono la tv, poi le ragazze una alla volta uscirono con i loro fidanzati.

Restarono di nuovo soli Roberto e Beatrice, erano quasi le 16.00.

"Io vado in negozio ad aprire." Le annunciò Roberto, chiedendole:" Vieni?"

Ci fu un attimo di silenzio e di esitazione da parte di Beatrice, poi ingoiando la collera e il disprezzo, rispose:

"Si!... Se aspetti che mi cambio?"

"Certo!" Rispose lui contento che iniziava nuovamente a rapportarsi con lui.

Beatrice da donna intelligente aveva pensato bene a quello che era accaduto, certo ora lo disprezzava per la complicità passiva che aveva avuto in quello che era successo, lasciandola oltraggiare da quegli uomini schifosi. Ma avevano molte cose in comune oltre i figli e non era il momento di rompere tutto, avrebbe fatto solo il gioco di Salvatore.

C'era Francesca che avrebbe dovuto sposarsi tra qualche mese, gli studi universitari dei ragazzi, c'erano gli amici, i parenti i futuri consuoceri... e poi aveva paura, era intimorita da quell'uomo e Roberto in fin dei conti era un uomo ed era pur sempre suo marito, anche se lo temeva.

Quindi decise di salvare le apparenze, ma non gli avrebbe concesso nulla di più.

 

In negozio quel pomeriggio lavorarono poco, lui da una parte e lei da un’altra senza proferire

parola.

Prima della chiusura si aprì la porta e videro entrare sorridente Clelia con la sua mole e il suo lungo e largo vestito spiegazzato per nascondere le forme sproporzionate del suo grasso corpo, con ancora l’abito di quando adesa al muro dell’ufficio, tirandolo su si masturbava guardando Salvatore possederla.

A Beatrice, le si gelò il sangue nelle vene a vedere di nuovo quella vecchia bagascia schifosa

... con il suo ghigno perfido.

Clelia sorridendo annunciò:" Scusatemi! ..Sono venuta a portarvi quella somma di denaro che aveva chiesto lei signor Gometti, perché domattina non c'è il nostro contabile, il signor Vincenzo e nemmeno il signor Giovanni, siamo molto impegnati per lavoro.

Però il signor Salvatore gradirebbe che passaste da lui domattina solo per alcuni minuti." Annunciò con il suo falso sorriso e quella gentilezza simulata, allungando la mano con una busta.

" Va bene!"...Rispose Roberto prendendola. Clelia salutò e uscì sempre sorridendo, osservando negli occhi Beatrice.

Lei che era stata in silenzio a fianco di suo marito, sbottò agitata:

" Cosa vogliono ancora?... Perché ci tormentano e non ci lasciano in pace?... Ha avuto quello che voleva, che altro vuole??"

"Tranquillizzati!" La rassicurò Roberto aprendo la busta. “Hai sentito? ...Vuole vederci, solo per pochi minuti per una comunicazione. E basta!"

" Sarà! ...Ma io non mi fido di quell'essere." Esclamò Beatrice entrando in uno stato di tensione e agitazione che l'avrebbe accompagnata fino al mattino successivo che si sarebbero incontrati.

Nella busta c'erano 5000 euro in contanti, 40 banconote da cento euro e 20 da cinquanta euro.

Da buon commerciante li fece scorrere veloci sotto il pollice contandoli.

" Ci sono tutti!" Affermò, esclamando:" Non ha chiesto nemmeno la ricevuta."

"Stupido!!"Le rispose seccata e offesa Beatrice:" Non hai capito che la ricevuta sono io?"

Si guardarono in silenzio.

Quella sera a Casa cenarono tutte e cinque.

Anche Carlo si accorse dell'aria che tirava. Beatrice si scusò, giustificandosi che non stava bene.

Alla fine della cena guardarono un po’ la tv in salotto, poi lei andò a letto seguita dal marito,

lasciando Serena e Carlo a vedere un film, mentre Francesca uscì con il suo fidanzato.

In camera non si parlarono nemmeno, Beatrice si spogliò mostrando lo splendido corpo che era stato oltraggiato da Salvatore erotico e sensuale. Mise la camicia da notte e prese un calmante, delle gocce di Lexotan per dormire e con freddezza si sdraio dandole la schiena.

Senti un " Buonanotte!" ... A cui rispose freddamente ..."Notte!"

Spense la luce, avrebbe dovuto dormire tranquilla con il calmante, invece fu lo stesso un sonno agitato.

 

Al mattino seguente si alzarono presto, le solite cose, il bagno occupato, l’esclamare:       "Sbrigatevi ragazzi!”.

Poi loro che facevano colazione e si preparavano per andare all'università, suo marito che si rasava, lei che si imbellettava davanti alla specchiera da camera, evitando così di perdere tempo per il bagno occupato; il cercare l'abito da mettere e tutti i gesti e le azioni routinarie che si fanno al mattino in una famiglia normale e per bene.

Sembrava una giornata comune, come ne avevano passate a migliaia.

Ma Beatrice aveva la morte nel cuore, sapeva dove sarebbe dovuta passare prima di andare in negozio.

Temeva che succedesse tutto come il giorno prima, se non peggio, che cosa avrebbe potuto fare se non subire nuovamente la violenza di quella bestia?

E poi quel pensiero fisso, fastidioso, quasi un tormento, di provare piacere in quello che le faceva, anche se non voleva. E suo marito, sarebbe stato lì di nuovo a guardarla?... E forse a masturbarsi?

Un brivido la percorse per il corpo, difficile anche per lei distinguere se era per timore o per

turbamento.

Comunque uscirono e andarono al loro appuntamento.

Arrivati nell'ufficio a pochi metri da loro, videro Clelia con il suo socio, il signor Giovanni,

quell'omone grasso e laido che la stava guardando.

Abbassò lo sguardo mentre un senso di ribrezzo e ripugnanza la pervase arrivandole allo stomaco.

Entrarono.

Salvatore li accolse con un sorriso insolito. Beatrice rivide quel luogo, che il giorno prima fu teatro della sua violenza carnale e poco lontano seduto su una sedia notò un ragazzino sporco, magro, dalla pelle scura.

Ma non ci fece caso.

"Buongiorno signori Gometti!... Prego accomodatevi!... Ho solo poco tempo, stamattina ho molto da fare."

Poi rivolgendo il suo sguardo da rettile su Beatrice esclamò:

"Lei signora Gometti, oggi è ancora più bella di ieri, sempre splendida e profumata."

Beatrice al complimento abbozzo una smorfia spostando di poco le labbra.

"Scusatemi se vi convocati, sarei venuto io da voi ma forse è meglio che non mi vedano nel vostro negozio."

E poi rivolto a Beatrice le fece un appunto:" Lei signora Gometti, lasci il numero del suo cellulare alla signora Clelia prima di uscire, ieri si è dimenticata di darglielo."

Proseguì dicendo:" Vi ho chiamato qui per chiedervi un favore."... Beatrice e suo marito erano

stupiti. Roberto domandò:" Noi fare un favore a lei? ...Ci dica!"

" Eh sì!!... Vedete com'è la vita... ora sono io che ho bisogno di voi!" Dichiarò perfidamente con

l'espressione da roditore.

Salvatore spiegò:" L'unica cosa che vi chiedo, è di assumere con voi a lavorare nel negozio come tutto fare, questo ragazzino…”

E fece segno a Nabil che era seduto sulla sedia in un angolo.

"E' un ragazzo che abbiamo in affidamento io e mia moglie e un po’ nostro figlioccio, è un ragazzo orfano, i genitori lo hanno abbandonato, ed ha avuto dei problemi di adattamento nella società occidentale essendo musulmano di origine africane, e con la giustizia e lo abbiamo adottato noi, è come un figlio vero per noi."

Cambiando tono di voce, facendosi più affettuoso aggiunse:" Verrà ad aiutavi. Sono certo che lo apprezzerete specialmente lei signora Gometti."

Beatrice e Roberto si guardarono in viso, era una richiesta un po’ strana, insolita, avevano sempre lavorato da soli, senza commessi ne garzoni, al limite li aiutavano le figlie e o il figlio quando erano liberi e non studiavano, e poi non c'era molto lavoro e poi ancora chi lo pagava?

Così Beatrice da buona commerciante vinse la ripugnanza e il disgusto di parlare con quell'uomo che l’aveva violentata e chiese:

"Non servirebbe un aiuto!... Ma anche se lo assumessimo per farle un piacere... chi lo pagherebbe?"

"Oh! Ma per questo non dovete preoccuparvi, sarà messo in regola da me, tutto legale e pagherò tutto io, i contributi e anche il suo stipendio non preoccupatevi. Almeno farà qualcosa, avrà le giornate impegnate e si toglierà di mezzo la strada.” Pronunciò aggiungendo:” Io lo terrei qui, ma anche la nostra ditta edile è in esubero di personale. C'è crisi e voi lo sapete bene. È un favore personale che vi chiedo." Dichiarò quasi umilmente guardando Beatrice.

Si mostrava insolitamente gentile.

Lei se poteva, lo avrebbe ucciso quel verme roditore che l'aveva violentata, ma di certo era meglio non contraddirlo, avrebbe certamente apprezzato la loro accondiscendenza pensava e poi lo pagava lui.

Si voltò verso suo marito che gli sussurrò guardandola muovendo il mento in avanti:

"Per me! ...Vedi tu!"

"Va bene!" Esclamò Beatrice d'accordo con Roberto: " Può venire a lavorare da noi alle

condizioni che ha detto poc'anzi. Ma riguardo ai problemi che ha accennato, che ha avuto con la giustizia, di che genere erano?"

Mentendo Salvatore esclamò:

"Oh... nulla d’importante! ...Sa come sono i ragazzi… Ma voglio essere corretto con voi, voglio che sappiate tutto di lui, era stato denunciato perché sorpreso a imbrattare con la vernice i muri di un palazzo assieme ad altri ragazzini, che naturalmente presi dai proprietari, tutti hanno incolpato lui essendo un povero ragazzino marocchino di  origine africane. Ma abbiamo risarcito noi il condomino e la denuncia è stata ritirata."

Omettendo di informarli che i reati erano molto più gravi, che Nabil era un piccolo delinquente arabo maghrebino, che era stato denunciato e arrestato per reati contro il patrimonio, per molestie sessuali, atti di libidine e tentata violenza carnale su una ragazza, oltre che piccolo spaccio di sostanze stupefacenti, ed era stato rinchiuso al riformatorio minorile per parecchio tempo prima che loro si facessero garanti e lo chiedessero in affidamento.

Beatrice si voltò e lo guardò con un sorriso compassionevole e le disse scherzando:

" Basta che non mi vernici il negozio Nabil, lo abbiamo fatto dipingere da poco." Sorrisero tutti.

Accettarono. Quella richiesta le sembrava sopportabile, in fin dei conti si trattava solo di aiutare un disagiato, far lavorare un po’ quel ragazzino marocchino.

Acconsentirono.

"Grazie!... Vi ringrazio!" Rispose Salvatore chiamando Nabil.

" Vieni qua!... Presentati a questi signori che saranno i tuoi nuovi datori di lavoro."

Nabil si alzò e andò verso loro allungò la mano per salutarli, chinando la testa in segno di ossequio, come si usava dalle sue parti, presentandosi:

" Sono Nabil Jasmahel per servirla signora!"

Beatrice gli sorrise e mentre gli stringeva la mano, lo guardò attentamente, lo scrutò.

Era giovane con i caratteri somatici nord africani, sembrava che avesse ancora meno di 19 anni dichiarati, magrissimo, era un po’ più basso di suo figlio Carlo. I capelli nerissimi e ricci, ma molto corti, con due occhi neri e la pelle olivastra, che non si distingueva se dallo sporco o dall’etnia.

Le faceva pena. Vide, mentre lui le sorrideva, che aveva i denti storti e sporchi e l'incisivo

superiore spezzato a metà, e sulla pelle delle braccia e in viso alcuni segni, piccole cicatrici.

Salvatore notò che Beatrice le osservava e la informò:

" Il mio piccolo Nabil ha avuto qualche piccolo litigio per via dell’intolleranza, sa come sono i ragazzi, gli dicevano sporco marocchino, lo offendevano e lui ha reagito ed ha avuto la peggio, lo hanno picchiato."

Per la seconda volta Beatrice guardando teneramente quel ragazzino sorrise.

" Bene!" Esclamò Salvatore guardando Nabil:

" Allora domani mattina inizierai a lavorare con questi signori e mi raccomando di essere educato e rispettoso con questa bella signora, e mi raccomando! … Dovrai essere pulito, educato e riguardoso. Capito??...E soprattutto ubbidiente, fare qualsiasi cosa che la signora ti chiederà."

Nabil sorrise facendo segno di si con il capo.

"Ma parla Italiano?" Chiese Roberto, vedendolo sempre silenzioso.

"Certo!!... E anche bene, è solo timido. Vedrete, quando si adatterà sarà più loquace." Li informò Salvatore.

La trappola di Salvatore stava funzionando.

“Vedrete! … Ne resterete contenti è un po’ vivace, ma ubbidiente e servile e poi farete bella figura con la gente, con i conoscenti, direte che aiutate un giovane ragazzo extracomunitario ad inserirsi nella società occidentale. Potrete sempre dire che ve il mandato la Caritas e oltre alla bella figura, sembrerà che nonostante tutto economicamente non ve la passiate male, lo penseranno anche i vostri colleghi." E sorridendo a Beatrice, mostrandogli senza intenzione i suoi denti sporchi di nicotina, aggiunse: "Soprattutto i vostri consuoceri!”

Beatrice lo guardò con odio. Detestava quell’uomo per quello che era, per il suo aspetto disgustoso, per quello che le aveva fatto e quello che sottintendeva con le sue battute. Cosa importava a lui e cosa ne sapeva dei suoi futuri consuoceri? E poi… loro non dovevano dimostrare niente per farsi vedere caritatevoli, lo erano già per dottrina e convinzione essendo cattolici praticanti, e il prossimo l’aiutavano non certo per mostrassi alla gente ma perché si sentivano di farlo.

"Ora vai pure!" Disse Salvatore a Nabil che uscì di corsa.

Salvatore salutò e ringraziò ancora i coniugi Gometti per la disponibilità, che uscirono.

"Be!" Esclamò Roberto sorridendo mentre si avviavano all'auto:" Visto? …Oggi non ti hanno

violentata!"

Beatrice si voltò osservandolo con uno sguardo fulminante:

"Stupido! “Aggiungendo subito dopo: "Stronzo!!"

" Ma dai che scherzavo!" Rispose lui cercando d'abbracciarla per smorzare la sua reazione, mentre lei fuggiva indignata al suo braccio.

" Non mi piace scherzare così! Lo sai… e non ti permettere mai più!"

Era stata chiara. In silenzio andarono in negozio.

 

Nabil incominciò a lavorare il giorno dopo, all'inizio seguiva giudizioso e attento tutte le

indicazioni di Beatrice che lo faceva pulire e mettere in ordine in magazzino, il retro e gli scafali, non si interessava delle vendite e non aveva rapporti con il pubblico, ma solo del magazzinaggio. Sembrava un servetto perfetto, ubbidiente, che diceva sempre sì.

Invece era gli occhi e le orecchie di Salvatore dentro il negozio, origliava e tutto quello che sentiva, vedeva e spiava lo riferiva a lui. Ma soprattutto era il grimaldello per entrare in quella famiglia e scardinarla dall’interno nei valori morali e non solo economici e corrompere i figli.

Era il cavallo di troia per espugnare le mura e la città di Beatrice, il suo mondo, in quel caso per espugnare quella bella famiglia al completo.

Beatrice si era messa una serpe velenosa in seno e non lo sapeva.

Con la sua malizia e falsa ingenuità Nabil, fece conoscenza dei figli, anche se loro non gli davano confidenza, soprattutto le ragazze, che se potevano lo evitavano.

Lo tolleravano solo perché era un povero marocchino che i loro genitori aiutavano facendolo

lavorare in negozio.

Carlo invece era più aperto verso di lui, forse perché maschi e della stessa età, iniziarono qualche volta a parlare di sport, poi sapendo che Carlo era sportivo, giocava a calcio e andava in palestra, Nabil ne divenne un tifoso e ammiratore, adulandolo, entrando lentamente in confidenza con lui; aiutandolo nella sua attività agonistica, facendogli il servetto personale, come faceva con sua madre, preparandogli la borsa sportiva, portandogliela e si offrì anche come massaggiatore.

 

Nabil era spontaneo e sincero, sembrava immaturo, diceva sempre le cose che pensava, belle o brutte che fossero e quando parlava di qualcosa, sorrideva mostrando i suoi denti orrendi e il suo dente spezzato da un pugno, che lo rendeva anche compassionevole.

I giorni e le settimane passavano e lui stringeva amicizia sempre più con Carlo.

Anche se gli affari non andavano bene, faceva comodo anche a Beatrice e suo marito

quell’inserviente ubbidiente che faceva anche i lavori più umili, come il lavare per terra e il

gabinetto.

Tutto era iniziato ormai, la perversione degli eventi, ad uno ad uno li avrebbe travolti tutti.

 

 

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