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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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IX° Non desiderare la donna d’altri

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

CAP. 32 L'APPUNTAMENTO DI FRANCESCA.

 

 

Ora toccava a Francesca,

Sapevano che la dottoressa era una ragazza orgogliosa e non sarebbe stato facile sottometterla, avendo un carattere dignitoso e fiero come sua madre, ma proprio per questo sarebbe stato più bello e appagante farlo.

Già nell'attesa di quel giorno aveva dato segni di ripensamento, di non volere più accettare quell'incontro di trattenimento per compensare la scommessa persa, era contro ai suoi principi, alle sue regole, alla sua morale, ma il suo debito avrebbe deciso di onorarlo soprattutto per non far ricadere il suo cambiamento d'idea sui suoi genitori.

Ma assolutamente niente sesso, né atti di libidine e frasi volgari. Si era già proposta che alla prima mancanza di rispetto se ne sarebbe andata via.

Lo sapeva anche Salvatore che avrebbe reagito così, che non avrebbe mai accettato di essere sopraffatta da loro facendo qualcosa contro i suoi principi morali, soprattutto qualcosa di sessuale, nemmeno con il ricatto avrebbe accettato.

No!... Si erano convinti che con lei non sarebbe bastato l'inganno e il ricatto, ci voleva qualcosa di più… la forza, la prepotenza, come aveva fatto la prima volta Nabil con Martina, che l’aveva sopraffatta e poi piegata. Per questo con perfidia la fecero incontrare con un uomo maturo molto bello e affascinante, educato e rispettoso, dai bei modi di fare e di cultura. Era il compito di quell’uomo farla entrare nella gabbia e una volta dentro, avrebbero pensato loro a come chiuderla.

Salvatore era d'accordo con Vlade il magnaccia albanese di sua madre, ci avrebbe pensato lui a ... “convertirla” ...ma a suo modo.

 

L'incontro con quell’uomo sconosciuto per lei, avvenne una sera, una di quelle serate dove il sole estivo appena tramontato lasciava un vento tiepido che accarezzava la pelle.

Le avevano dato istruzioni precise su come comportarsi e sul luogo dove incontrarlo una via trafficata della cittadina vicina, dove non era conosciuta. Le avevano detto circa un orario in cui sarebbe arrivato, e lei avrebbe dovuto farsi trovare sul posto ad attenderlo. Doveva a detta del signor Salvatore e quel Laido del signor Giovanni, fare solo l’accompagnatrice e nient’altro, non specificandole bene il suo ruolo come lo intendevano loro.

Nell’attesa aveva dei ripensamenti, era in preda allo sconforto e si chiedeva:

“Come ho potuto accettare una proposta simile? “Ripetendosi mentalmente:” Io non sono il tipo di ragazza che fa queste cose, sono una ragazza seria, fidanzata, dottoressa in giurisprudenza…”

E intanto che attendeva rifletteva:” Se ne venissero a conoscenza i miei genitori? …O il mio fidanzato e la sua famiglia che faccio l’accompagnatrice a un estraneo? … Dioo... Dioo…non voglio pensarci! Chissà cosa penserebbero di me a pochi mesi dal matrimonio.”

Era timorosa, e nella via voltata verso le vetrine fingendo di osservarle, dava le spalle alla strada e alla gente, sperando che nessuno la notasse, vedesse e sapesse.

L'avevano invitata ad indossare abiti discinti, ad essere appariscente e vistosa e a suo modo un po' per vanità lo aveva fatto, per questo era a disagio. Sapeva cosa significava fare l'accompagnatrice e non le piaceva, anche se doveva farlo solo una volta e non avrebbe dovuto fare sesso, ma essere solo gentile, ed era quell'essere ‘gentile’ che non le piaceva, era ambiguo, sapeva bene cosa significasse per loro quella parola.

“Se allunga le mani, e le dà una carezza sulle gambe, lo lasci fare dottoressa, tanto non va oltre.” ... Le aveva detto Clelia, ed ora era lì ad aspettare l’incontro con quell’uomo struggendosi.

All'improvviso lo smartphone fece uno, due, tre trilli, era l'ora e il segnale convenuto, con un’occhiata sul display capì subito di cosa si trattava, non aveva la forza di rispondere, ma dopo un attimo di esitazione, trovò il coraggio e lo fece.

“Pronto?” ...Esclamò Francesca con la sua voce dolce e ma agitata.

Dall'altra parte rispose una voce maschile e sensuale e calda che chiese:

“La dottoressa Francesca?”

“Sì!” Rispose lei con voce tremante.

“Dove si trova Dottoressa?” … Domandò.

“Sono in via dei Dardanelli vicino al numero 18, davanti a un negozio di abbigliamento.” Riferì.

“Via dei Dardanelli 18. Bene!... Verrò lì!... A tra poco!!”

Interrompendosi la comunicazione con un bip.

Era una piccola via di periferia molto tranquilla, con poco passaggio, ma soprattutto in quella zona non la conoscevano.

Ma il cuore in quell'attesa le batteva all'impazzata, avrebbe voluto fuggire ma sapeva di non poterlo fare, le tremavano le gambe, era piena di vergogna e timore.

Sembrava che i pochi passanti, la gente, tutti quelli che incontrava sapessero chi e cosa aspettasse, il motivo per cui attendeva e la guardassero con disprezzo.

Restò girata verso la vetrina ad attendere, fingendo di guardare gli abiti all'interno, ammirandosi riflessa nel chiaro scuro del vetro.

Poco dopo sentì una voce improvvisa dietro lei: “Dottoressa Gometti?”

Si girò e restò stupita, le apparve davanti un bell'uomo 50 enne, brizzolato, molto elegante, di classe, affascinante nell'aspetto e molto sensuale. Presentandosi e stringendole la mano:” Io sono Luca…”

“Piacere Francesca!” Rispose lei.

E vedendola impacciata, ma la mise subito a suo agio invitandola a fare due passi sul marciapiede, per rompere quella tensione che Francesca aveva in corpo e mostrava in viso.

E passeggiando iniziarono una forma di conoscenza-amicizia, rassicurandola subito lui:

“Non tema!... Non ci saranno rapporti sessuali dottoressa, né atti di maleducazione, dovrà essere solo gentile se le darò qualche carezza… e niente più.”

Non rispose, continuarono a passeggiare chiacchierando fino ad arrivare al punto dove lui aveva posteggiato l'auto, le aprì la portiera come un gentiluomo e la fece accomodare all’interno, poi salì anche lui e si diressero verso quel locale malfamato che le avevano prenotato per loro il signor Salvatore e suoi compagni: “Si mangia bene e fanno anche spettacoli. Vedrà che anche lei dottoressa ne resterà soddisfatta…” Le aveva detto, anche se era a conoscenza che quel locale era il Macumba e non godeva di buona fama nella provincia, ma non c’era mai stata prima.

Quando arrivarono e entrarono, Francesca guardò il locale e vide il tipo di persone che lo frequentavano e storse il naso, non le piaceva il locale e nemmeno le persone, avrebbe voluto andare via, cambiare ristorante. Ma in fin dei conti quell'uomo era educato e rassicurante anche se si chiedeva come potesse un uomo come lui, accettare di  frequentare quell'ambiente. E poi forse era meglio così, di certo lì non avrebbe incontrato nessuno che conosceva del suo ambiente.

Entrando vide Nabil tra la gente che rideva vicino a due ragazze slave mezze nude:

“Probabilmente sono prostitute per andare con un tipo come lui…” Pensò.

Lei fece finta di non vederlo, di conoscerlo, anche se lui vedendola la salutò.

Un tavolo era prenotato per loro, in fondo, in un angolo appartato, nella zona dove la settimana prima c'erano stati i suoi genitori. Cenarono e gli argomenti discussi tra il bere e lo scherzare, scivolarono sull'intimo, ma senza volgarità.

L'uomo le chiese delle sue esperienze sentimentali dicendole: “Lei è molto bella Francesca, avrà senz'altro molti corteggiatori.”

E mentre sorseggiava un calice di vino bianco sorrise compiaciuta di quel complimento. Lui lentamente con sapienza e furbizia, quasi senza che se ne accorgesse passò dal chiedere delle sue esperienze sentimentali a quelle sessuali. Ovviamente a Francesca quel discorso dava fastidio ma anche un pizzico di eccitazione.

“Sono fidanzata! … E mi devo sposare tra non molto.” Rispose con civetteria sorridendo accaldata da qualche bicchiere in più di vino bianco.

“Ah!... Complimenti allora! ... È un uomo fortunato il suo futuro marito, lei oltre ad essere molto bella e una donna intelligente e anche affascinante con quel sorriso meraviglioso. Sono certo che sedurrà molti uomini e altrettanti avranno perso la testa per lei?”

“Grazie!” ... Rispose lusingata da quella considerazione. “Sì ... alcuni mi corteggiano e altri mi infastidiscono, ma perdono solo il loro tempo. Se mi trovo qui con lei è solo per forza... Non è una scelta di mia volontà e lei lo sa.”

Continuarono a cenare e verso il termine tra sorrisi e qualche bicchiere di buon vino, Francesca iniziò ad avvertire un calore che aumentava gradualmente, fino a diventare un caldo quasi soffocante. Anche a lei come a sua sorella Serena avevano aggiunto uno stimolante direttamente nel bicchiere prima che il suo accompagnatore le versasse il vino.

E ora dopo oltre mezz’ora stava facendo effetto. Si muoveva di continuo, non riusciva a tenere le braccia ferme, spostava continuamente il sedere sulla sedia insofferente, cercando di trovare una posizione che le andasse bene e senza volerlo dava mostra di sé, delle sue cosce.

Lui alzava lo sguardo sulla scollatura e sorrideva compiaciuto.

Dal tavolo affianco, un uomo la guardava in modo libidinoso, come se pregustasse una preda o un pasto succulento.

Erano le 23 ormai, la gente usciva dalla sala ristorante portandosi in quella da ballo, mentre i camerieri tiravano i lunghi e pesanti tendoni rossi che separavano i due settori del locale, quello delle danze dove avvenivano gli spettacoli, da quello ristorante.

Loro rimasero seduti fino all'ultimo...

A un certo punto si avvicinò un uomo, era Vlade che iniziò a parlare con loro. Francesca non lo conosceva, l'accompagnatore si premurò di presentarglielo.

“Un mio conoscente!... È il proprietario di questo locale.” ... La informò:

“Si chiama Vlade!”

Si presentarono, senza stringersi la mano, lei lo guardò con distacco, non le piaceva, era basso e aveva la pancia e poi aveva l'accento albanese.

Oramai la sala ristorante era vuota e chiusa agli sguardi estranei dai tendoni separé... si sentiva solo la musica e il vociare dietro ad essi.

Erano soli solo qualche cameriere nelle vicinanze raccoglieva i piatti ei bicchieri e metteva in ordine.

In quel momento al suo accompagnatore squillò il cellulare:” Scusami Francesca…” Disse alzandosi dal tavolo:” E’ una telefonata riservata, mi apparto un attimo a rispondere!”

“Certo!” Rispose lei. E si allontanò rimanendo soli lei e Vlade.

Lui si accostò e si sedette vicino a lei e con un gesto sicuro e inaspettato, con la mano la prese per i capelli muovendole prima la testa a destra e sinistra e poi tirandola a se, con il voltò verso le sue labbra, la baciò con la lingua in bocca, infilando contemporaneamente l'altra mano tra le cosce, divaricandole con forza, cercando di salire dritto al suo slip.

Francesca sorpresa e spaventata, si divincolò, staccandosi e tirandole un forte schiaffo sul viso:

“Ma che fa?!  Come si permette? …Per chi mi ha preso?  Non sono una delle ragazze di questo locale? ... Non si permetta mai più! ...” Aggiungendo sorpresa e arrogante com’era nel suo carattere:” Mi lasci stare ... e mi chieda immediatamente scusa!!” … Collerica e determinata alzando la voce, mentre sentiva ancora in bocca il disgusto della saliva calda e alcolica di quell’albanese.

Lui per risposta con un sorriso malizioso e fare sicuro infilò ancora la mano e continuò a rovistare tra le sue cosce, sotto la gonna, mentre Francesca iniziò a colpirlo con deboli pugni e schiaffi:

“Ma che fa?” … Ma è impazzito?  Come si permette?... Tolga subito le sue manacce dalle mie gambe o grido!” Esclamò.

Ma lui continuò incurante delle sue deboli percosse e della sua resistenza, finché arrivò alle mutandine.

“Ma stia fermò bastardo…” Inveì Francesca iniziando a gridare verso il tendone:” C’è qualcuno?? …Aiutooo! Aiutatemiiii!!!!” Pensando dove fosse finito Luca, il suo accompagnatore che poteva aiutarla… Ma nessuno si fece avanti, nemmeno i camerieri che ritiravano i bicchieri, anche loro sembravano spariti. Intanto lei sentiva sempre più la mano di quell’essere viscido tra le cosce spingere, salire e arrivare a toccarle le mutandine con le dita, cercando di spostargliele dall’inguine e infilare dentro esse le dita per toccarle con i polpastrelli direttamente il sesso e la peluria.”

“Oh...ma è matto! Tolga la mano, che vuole fare?” 

A quel contatto diretto delle dita sul suo sesso Francesca sussultò, iniziò a scalciare, si divincolò e strinse forte le cosce con la sua mano dentro per bloccarla e impedirgli di muoverla. E lo colpì ancora al viso e al torace con schiaffi e pugni più forti, riuscendo subito dopo con lo scalciare, ad allontanare la mano di quell’abanese che la osservava ridendo, dal suo sesso, esclamando alzandosi:

“Io la denuncio se mi tocca ancora! Come si permette?... Ma cosa vuole da me? Chi la conosce!? Per chi mi ha preso per una delle sue spogliarelliste… per una delle sue puttanelle?” Esclamò arrogante.

Vlade aveva il viso rosso dagli schiaffi di Francesca, nella sua reazione si difendeva come una gatta, aveva tirato fuori le unghie ed era pronta a graffiare, e questo a lui piaceva, lo eccitava, le piaceva domarla.

“Sei selvaggia ma io ti domo…” Disse ridendo:” Ne ho domate altre come te e peggio di te!”

“Ma chi la conosce? Cosa vuole da me!” Urlò spaventata.

“La figa… la tua bella figa…” Rispose Vlade.

E mentre era intenta a difendersi da quell'uomo che incurante delle sue parole e dei suoi schiaffi, la guardava con aria di sfida, sentì qualcuno da dietro chiuderle la bocca con la mano e girarle un braccio intorno al corpo in modo da bloccarle le braccia.

Non riusciva a capire, si chiedeva chi fosse, cosa stesse succedendo, dove era finito il suo accompagnatore e cosa voleva quel tizio da lei?

La mente le impazziva, era completamente in preda al panico. Altre mani velocemente le chiusero gli occhi con una benda.

Non vedeva più e non poteva gridare, sentì rumore di passi e movimenti sordi intorno a lei, fruscii e voci, si sentì prendere per le caviglie e le braccia, alzare di peso e trasportata.

Non poteva vedere niente, ma si sentiva sballottata in aria mentre veniva spostata, provò a gridare forte, ma con la mano sulla bocca, ma non servì a niente, sentì solo qualche risatina intorno a lei e parlare una lingua che non comprendeva, probabilmente albanese.

Poi si sentì adagiare su un pavimento morbido, di tessuto, capì che era un tappeto o moquette, ma non capiva dov'era. Pensò di essere stata portata in una stanza forse per essere abusata.

A un certo punto la persona alle sue spalle le tolse la mano dalla bocca, ma non ebbe neppure il tempo di gemere che come prese aria, gliela richiuse con un bavaglio.

Era paralizzata, non riusciva a muoversi, sentiva la necessità di fare qualcosa, ma non riusciva a connettere il pensiero con l'azione. Si divincolava ma senza una vera possibilità di fuga.

Scalciava, ma qualcuno abbassandosi le tenne ferma le gambe, divaricandogliele leggermente.

Non sapeva chi erano i suoi aggressori, né perché l'aggredissero, ma certamente che fossero amici di quell’albanese piccolino e panciuto.

Sentì quello dietro di lei alzarla su con il tronco, prenderle i polsi e legarli stretti dietro la schiena con una corda. Un gesto che la intimorì, provava solo un'oscura paura e sentiva il cuore batterle all'impazzata.

Non udiva altro che l'affannarsi intorno a lei delle persone che l'avevano presa, un vociare lontano e della musica e, nulla più.

“Ma che sta succedendo?” ...Pensò terrorizzata.

Poi non sentì più una parola, non sentì più nulla. Avvertiva solo il brivido freddo e tagliente della sua paura, riempire la mente, sembrava un incubo avrebbe voluto risvegliarsi, ma quelle mani che la tenevano ferma accarezzandola lascivamente assieme a quelle voci intorno a lei, le ricordavano che tutto stava realmente accadendo, che non era un incubo.

D'improvviso qualcuno aprendola con forza, le fece saltare i bottoni della camicetta e con una mano gliela strappò con brutalità, finché non riuscì a togliergliela tutta.

Seduta sul pavimento, non riusciva a muoversi, ormai l'uomo davanti a lei le era praticamente addosso, mentre quello dietro le teneva la testa ferma fra le sue gambe.”

Con un coltello le tagliò le spalline e sganciò il reggiseno di pizzo e con un altro colpo lo strappò togliendoglielo di dosso, lasciandola a dorso nudo, solo con la collana e la catenina d'oro al collo e le mammelle sode, libere a vista sul torace.

Sentiva l'aria fresca passare su di esse seguita da mani ruvide che le accarezzavano e le facevano indurivano i capezzoli.

Avvertì un tremito pungente sulla pelle, i capezzoli erano dritti e turgidi per la paura, il freddo e la situazione aggressiva. Mani veloci li afferrarono tra le dita e cominciarono a massaggiarli e tirarli e lentamente, senti delle unghie girare intorno alle areole e altre mani accarezzare, stringere forte e rilasciare le sue mammelle sode come se venissero munte.

Non aveva mai provato niente di simile e subito quelle pratiche sul suo seno ebbero anche qualcosa di piacevole nonostante la situazione.

L'uomo dietro di lei era probabilmente l'artefice di quelle sensazioni, sentiva gonfiare il suo sesso eretto appoggiato dietro la nuca.

Una mano cominciò a salire velocemente su per le sue gambe, altre due prenderla di peso per il bacino e alzarle il sedere e un'altra ancora le sganciò la chiusura della gonna e la sfilò tirandola con forza prima sulle cosce e poi alle ginocchia e alle gambe, togliendola.

Venne rimessa a terra con il sedere, lasciandola sola con le calze autoreggenti e le mutandine a slip di pizzo traforato bianco, candide come la sua pelle e il suo sesso…

Immediatamente una mano, prendendo la mutandina sul fianco, con forza la tese e tirò esternamente, avvertendo lei infilarsi tra il tessuto e la sua pelle il freddo metallo di una grossa forbice, che aprendosi e chiudendosi iniziò a reciderle, tagliando l’elastico e la fascia laterale della seta e del pizzo ricamata. Lo stesso fece dall’altra parte e una volta tagliata, le appoggiò la mano sul sesso, e prendendo l’indumento intimo e stringendolo tra le dita, con un colpo deciso e rapito portargliele via davanti e da sotto il sedere, facendola restare senza, nuda. Era e si sentiva nuda completamente, solo con le calze autoreggenti, senza mutandine. Voleva gridare ma non poteva, il bavaglio le impediva di farlo, non vedeva, doveva solo subire quella situazione e quel caldo iniziale e anomalo che aveva avvertito a tavola aumentava sempre più.

E il suo sesso peloso ma ben curato in una striscia folta e lunga, fu alla vista degli sguardi di quegli uomini che lei  non vedeva, che si complimentarono della sua intimità e ruotandola l’ammirarono  anche posteriormente  e lodando  anche il suo sedere bello, sodo e pallido, che  mostrava due glutei perfetti, che sembravano due globi.

L'uomo con in mano le mutandine tagliate, dopo averle annusate lui, gliele passò sotto il naso e quasi le tappò le narici, facendole annusare il profumo del suo stesso sesso.

Udì finalmente una voce esclamare: “Vediamo quanto sei troia!”

La riconobbe, era di quel tizio, Vlade conosciuto poco prima, che l’aveva molestata cercando di baciarla e toccarle il sesso con la mano.

Vlade le appoggiò d’improvviso le dita sulla figa, iniziando a muoverle su e giù sfregandole su quella striscia di peli signorili, premendo con il dito medio al centro della fessura come se la volesse penetrare.

Francesca a quel tatto, cercò di serrare forte le cosce, ma senza riuscirci, due mani possenti di qualcuno gliele tenevano allargate a forza.

Si sentiva profanata, ma strana, accaldata. E si rendeva conto che incredibilmente si stava eccitando a sentire le dita di quell’uomo viscido che la masturbavano. 

“Com’è possibile che mi ecciti?” ... Si chiedeva ansando.

 La sua mente rifiutava il solo pensiero di accondiscendere al piacere impostole, che il suo corpo stava provando in quel momento di puro terrore, in quella prepotenza libidinosa su di lei.

Eppure la sua figa a sentire sfregare le dita di quell’uomo sulle pareti all’interno delle grandi labbra vaginali diventava umida, avvertiva le falangi entrarle prima piano e poi con forza, e aveva una voglia di urlare e di lasciarsi andare, ma non poteva farlo, ma iniziava a sentire piacere contro la sua volontà.

La giovane dottoressa Gometti, dietro la facciata rigorosa di serietà e perbenismo, era una ragazza calda come molte sue coetanee e sua madre, e lo dimostrava la sua reazione di piacere a quello stimolante che ignara aveva bevuto a tavola e a quel movimento di penetrazione digitale che le praticava Vlade, ma non lo voleva ammettere a sé stessa.

Il suo corpo cominciò a vibrare a reagire senza gli impulsi della sua mente, le dita andavano su e giù nella sua figa entrando completamente, le titillavano il clitoride, la stimolavano senza tregua.

Il suo respiro si fece sempre più ansante, il bavaglio sopra le labbra si stava stringendo bagnandosi del suo fiato caldo e della sua saliva.

Non riusciva più a contenere l'orgasmo che stava arrivando.

Facendola girare sul fianco, mise il pollice in bocca e lo insalivò bene e lo appoggiò sull’ano di Francesca cominciando a premere.

Quando Francesca sentì il dito entrare e oltraggiarla dietro, nel suo ano vergine, gridò in un suono gutturale soffocata dalla fascia sulla bocca: “Nooo!”.

Ma il suo corpo a quella penetrazione ditale reagì diversamente dalla sua volontà ed esplose in un orgasmo inebriante. La mente si oscurò e come un lampo le trapassò il corpo di piacere, lasciandola priva di ogni volontà, di ogni forza.

Si lasciò andare alle contrazioni ritmiche della vagina e della pelvi fino alla fine, senza più opporsi, allargando volutamente le gambe e scuotendo vergognosamente il corpo dal godimento.

“Brava cagnetta!!... Brava!... È così che mi piace.” ... Era la voce di quell'essere ignobile albanese che la stava masturbando.

L'uomo dietro a lei allentò la presa alla sua testa, e senti lo zip della cerniera dei suoi pantaloni abbassarsi. Non vedeva, ma sentiva muovere le sue cosce, capì che stava masturbandosi sopra il suo viso. Sentiva la sua mano scorrere sul suo cazzo, velocemente. Improvvisamente sentì uno schizzo caldo cadere sul volto, seguito subito da altri getti.

“Vedi quanto sei cagna.!” ... Esclamò Vlade. “Ti stai facendo sborrare in faccia e sui capelli!”

Finito, con le parti del viso scoperte sporche di sperma, la presero di peso e la girarono completamente verso il pavimento e sentiva che qualcuno con forza tirandole su il tronco le tendeva le braccia appoggiandole le mani sul pavimento, piegava le ginocchia e le allargava le gambe. L'avevano messa carponi, come una vera cagna.

Aveva un uomo davanti alla sua testa inginocchiato a gambe larghe, che allungandosi con le braccia sulla sua schiena, con mani le alzava il bacino e lo teneva sollevato, mentre Nabil appena arrivato, dietro le allargava la sua passione, l'ano, quasi volesse aprirlo per guardare dentro.

Francesca sentì improvvisamente un fruscio continuo di stoffe e anelli e il vociare più forte di voci diverse. Gli uomini e Nabil sotto lo sguardo attento di Vlade continuavano a toccarla, accarezzarla e masturbarla e sentì un fremito percorrerle la schiena.

I due uomini si diedero il cambio quello che era davanti a lei e le era venuto in viso, si spostò di fianco tenendola ferma per il busto, spingendole il sedere verso il pavimento cercando di bloccare il suo divincolarsi.

L'altro prese il suo posto inginocchiandosi davanti, sbottonò i pantaloni tirando fuori il cazzo, poi tenendola giù per le spalle, bloccandola, le fece sentire sul viso il suo pene dondolante già semi rigido.

Nabil nel frattempo si era alzato.

Lei continuava a sentire passi, musica, gente che vociava, risa, ma non capiva chi fossero.

Cosa succedeva?... Come reagire?... Come urlare?... Come chiedere aiuto? … Chi era quella gente e cosa voleva da lei, perché la trattavano così, la brutalizzavano e compivano atti di libidine sul suo corpo?

Non riusciva a darsi una risposta, più si agitava, più le mancava il fiato, il bavaglio le era stretto.

Sentì il vociare più forte, mentre era sempre sul pavimento carponi. Ormai non opponeva più resistenza. Sentì una mano accarezzarle il sedere scendere lungo il solco e portarsi sulla figa accarezzandola da dietro, poi un qualcosa di duro strisciare sulle sulla sua giovane fessura della vulva, sfregarsi sopra più volte, poi fermarsi e spingere tra le labbra vaginali e lentamente entrare dentro lei penetrandola, facendola inarcare, irrigidire e sussultare, mentre due piccole mani le correvano sulle natiche e sulla schiena.

Gemette senza volerlo. 

L'altro uomo le teneva giù la testa con una mano, mentre con l'altra le accarezzava il seno mungendolo come se fosse di una giovane mucca. I colpi nella vagina si fecero più ritmici, più veloci. Continuavano inesorabilmente, mentre con una mano le titillava il clitoride, sentiva il corpo vibrare, fremere, come se volesse esplodere. Nabil, con il suo ghigno infantile e il suo lungo pene la stava chiavando alla pecorina, dando colpi secchi e profondi, probabilmente mai sentiti né provati da lei e che suo malgrado le davano piacere battendole sull'utero.

L'uomo inginocchiato davanti le prese la testa facendola dondolare piacevolmente e con le dita le frizionava i capelli massaggiandole il cuoio capelluto. Sentiva benessere da quelle manovre. il suo corpo incominciava a lasciarsi andare al piacere più che alla paura, sentiva il cazzo muoversi dentro e sentiva nel fruscio della mano sull’asta masturbare l'uomo davanti a lei. Questo le prese la testa per i capelli e tirandoli sentì che con un dito le scostava il bavaglio in basso e chiudendole il naso con le dita le schiudeva la bocca a forza e alla prima apertura per prendere aria lo infilò dentro.

Voleva urlare, ma non c'è la fece, la sua bocca era piena del suo glande.

“Cerca di non farmi male, se no ti strappo i capelli a ciocche e ti faccio restare calva...” Le gridò la voce di quell'uomo.

E poco dopo all’improvviso, un getto forte e caldo le entrò in bocca. Fu costretta suo malgrado a deglutire, non poteva fare diversamente, si sarebbe soffocata altrimenti.

Non lo aveva mai fatto, nemmeno con il suo fidanzato di farsi venire in bocca, le faceva schifo lo sperma, ma il quella situazione era obbligata, non sapendo nemmeno di chi fosse.

Quel sapore dolciastro le invase anche il cervello e non tratteneva più il suo corpo, lo lasciava libero di abbandonarsi a quella aggressività che non conosceva, che in quel momento le piaceva, in quella sensazione dove la paura si mischiava al dolore e, il dolore al piacere.

Il cazzo nella fica stava per esplodere, lo sentiva muoversi duro come un pezzo di ferro. A volte i colpi di Nabil sull'utero le facevano male, ma la mano che le titillava il clitoride le faceva dimenticare il tutto. Sentiva il calore e lo stordimento aumentare, e di nuovo l'orgasmo vicino. Il cazzo diventava ad ogni movimento sempre più grosso, sempre più duro.

Godeva, stava godendo all'improvviso di quella brutalità avvolta nel piacere e se ne rendeva conto.

Una mano all'improvviso le tolse la benda dal viso, un chiarore di luce accecante forte e fastidioso le impedì di aprire subito gli occhi, la infastidiva, l'accecava, vedeva tutto sfuocato, poi mentre quel cazzo continuava a muoversi dentro di lei facendola godere, mise a fuoco le immagini.

Fu uno shock. “Diooo!!” … Esclamò.

Si scoprì sul palco, davanti a decine di uomini che perversamente la guardavano nuda posseduta... non sapendo che anche a sua madre era toccata più o meno la stessa sorte.

Vedeva lampi di flash di macchine fotografiche che la illuminavano a giorno e l’accecavano.

Vide davanti a sé un uomo in ginocchio con un grosso cazzo fuori che la guardava ridendo, sentiva i colpi dentro di lei, contro l’utero e la sua figa bagnata scrosciare umida ai movimenti di quel cazzo, d'istinto girò la testa a vedere chi fosse, e fu traumatizzata ancora di più dalla sorpresa... era Nabil che la stava chiavando, il loro servetto musulmano.

“Noooo!!!” Urlò:”Dioooo!! … “Non poteva crederci, era quel piccolo marocchino che la stava facendo godere brutalmente così tanto più del suo fidanzato.

Fu presa dalla disperazione e dall’umiliazione, ma il piacere era forte, associato anche allo stimolante preso a sua insaputa, oramai, stava per avere l'orgasmo e si lasciò andare sotto i colpi profondi del glande di Nabil contro il suo utero da parte di Nabil e agli sguardi del pubblico. 

Francesca venne e non riuscì a trattenere i movimenti ritmici che il suo corpo vergognosamente le chiedeva di fare contro il bacino di Nabil, spingendo più a fondo e indietro il suo sedere. Sentì che il cazzo di lui stava per esplodere e sentì all'improvviso fiotti di calore sulla cervice dell'utero, invaderle la vagina.

Era Nabil che stava venendo e le sborrava dentro.

Urlò un: “Noooo!!” ... Che le morì in gola soffocato dal godimento.

Quel piccolo bastardo le era venuto dentro, ma in quel momento sopraffatta dal piacere, non riuscì a reagire. Godeva. Sentiva lui che la montava come una cagna fino all'ultimo spasmo.

Poi nulla, le sue braccia cedettero e cadde con il seno sul pavimento e lui ricadde su di lei, sulla sua schiena.

Attimi interminabili, il cuore in gola, la bocca ancora piena del piacere, la mente vuota.

Una voce conosciuta le sussurrò: “Piccola troia, ti è piaciuto?” …Lei ancora frastornata riconobbe la voce, aprì gli occhi socchiusi dal piacere e dalla paura e si trovò faccia a faccia con Vlade che la guardava fisso con il suo ghigno malvagio, era sorpresa e spaventata, ma lui si abbassò su di lei e le diede un bacio sulla bocca incurante che avesse avuto un rapporto orale.

In quel momento realizzò che Nabil gli era venuto dentro la vagina, e fu presa dal panico… “Diooo miooo … e adesso?? che faccio?” Mormorava incredula.

Ma quel pensiero fu subito allontanato dalla voce di Vlade che le ordinò di tirarglielo fuori dai pantaloni.

“Tiramelo fuori e fammi un pompino!” …. Le ordinò con voce autoritaria.

Aveva paura di lui, tirò su il tronco e si inginocchiò davanti a lui e gli abbassò i pantaloni e le mutande... fino a far uscire il suo grosso cazzo già durissimo.

“Prendilo in bocca e leccalo!... Succhialo!... Spompinalo bene!” ... Le ripeté.

Lo guardò impaurita, lui si avvicinò alla sua bocca, ma lei d'istinto girò il viso di lato in segno di negazione con le lacrime agli occhi sussurrò:

“Mi lasci andare la prego, non dirò niente di quello che è successo, ma mi lasci la prego!”

Lui per risposta allungò il braccio, la prese per i capelli tirandoli forte e la schiaffeggiò, facendola piangere di più e rimettendoglielo davanti alle labbra.

“Bacialo!... Devi baciarlo!!” Le ordinò.

Per timore di prendere altri schiaffi, oramai vinta e passiva Francesca lo baciò sulla cappella.

“Brava!” … le esclamò Vlade: “Ora leccamelo e fammi un pompino.”

Lei iniziò a muovere la lingua intorno al suo grosso glande, mentre con la mano lui le accarezzava amorevolmente i capelli.

Con la coda dell'occhio vedeva quel bastardello di Nabil di fianco che rideva e la gente del pubblico che la guardava.

Diooo!... Che vergogna!... Che umiliazione!... Se avesse potuto lo avrebbe ucciso.

Ogni tanto staccava la bocca, per prendere aria: “Leccamelo tutto, anche i coglioni!” La esortò Vlade in un Italiano non perfetto.

Lei oramai era sua succube, sentiva la sua dominanza prepotente che la spaventava e iniziò a leccargli il cazzo partendo dai testicoli, fino alla cappella dove ne disegnava con la lingua il contorno, per poi come una brava pompinara rinfilarlo tutto in bocca.

Anche se aveva conati di vomito e gli occhi sbarrati, lo fece.

Lui gemendo le sussurrò: “Però sei brava dottoressa!... Sei portata a fare la pompinara. Farò di te una buona puttana vedrai!... Così mi farai godere quando voglio.”

Glielo tolse dalla bocca facendola rimettere carponi, lei esitò, ma con un cenno la fece prendere dai due uomini e posizionare, si portò dietro inginocchiandosi davanti al suo bel culo e piegandosi sulla schiena, passò le mani sotto il torace di lei prendendo a massaggiarle le mammelle, giocando sapientemente con i capezzoli, dandole dei pizzichi che arrivavano a farla gemere di dolore e piacere... 

Vlade le accarezzò la figa esclamando: “Come sei bagnata dottoressa! ...Ti piace la brutalità, hai scoperto la tua vera natura. Scommetto che il tuo fidanzato non ti ha mai fatta godere così?”

Francesca emise un gemito a quelle carezze infide e lui tirandola ancora più vicina a sé disse:

“Ti piace!... Era questo che volevi vero, stronza?!”

Baciandola con foga quasi con aggressività sulla schiena, iniziò a muovere con destrezza le sue dita dentro la vagina, con frenesia, sempre più forte.

Le faceva scorrere dentro e fuori, giocando esternamente con il clitoride, stuzzicandolo, stringendolo, pizzicandolo. Adagiato sulla schiena di lei, spostandole i lunghi capelli la sua lingua le arrivò al collo, dietro le orecchie, lasciando una scia di saliva bavosa che a contatto della pelle le procurò brividi in tutto il corpo.

Francesca si scuoteva in preda a una reazione di repulsione ed eccitazione.

Accarezzandole il sedere e dandole degli sculaccioni forti sopra la natica fino a fargliela diventare rossa, le annunciò con durezza e volgarità che le avrebbe fatto il culo:

“Ora ti inculo!!... Voglio sfondarti questo bel culo. Scommetto che sei ancora vergine e che il tuo fidanzato non te la mai fatto?... Non ti ha mai inculata!... Sarò io a sverginarti!” Esclamò.

Francesca trasalì spaventata da quelle parole, non lo aveva mai fatto davvero, non aveva mai avuto rapporti anali, era contraria a queste cose., come sua madre. Lo supplicò di non farlo che era un atto sessuale che non contemplava nella sua educazione e moralità, era qualcosa di anormale, contro natura per lei.

“Non lo faccia la prego signor Vlade, non l’ho mai fatto. Ho paura! … Mi farà male!”

Lo supplicò di non farlo, di non violarmi anche dietro, temeva oltre il dolore morale, anche quello fisico.

Ma lui rise e si eccitò ancora di più all’idea che il buchino del suo bel sedere perfetto era vergine, che si apriva solo per fare uscire scorreggette e cacca, ora si sarebbe aperto per far entrare qualcos'altro. L'unica cosa che le concesse fu il lubrificante. Una ragazza entraîneuse gli passò un blister con una crema e dopo averla aperta, con il dito la mise sopra quell'ano rosa pulsante.

“Cerca di collaborare dottoressa e sentirai meno male!” ... La esortò.

Lei era confusa, passiva, gli occhi umidi, sopra quel palco davanti a quegli avventori depravati che ridevano e incitavano, tutti balordi, gente da strada e di malavita.

Vlade le appoggiò la cappella sull'ano di Francesca e tenendola per i fianchi prese a spingere con forza.

“Te lo allargo bene io il buco del culo!” ...Esclamò concitato mentre spingeva. “Ti ricorderai per sempre di me quando andrai a gabinetto a cagare….” E rise.

Francesca sentì spingere con prepotenza e subito avvertì qualcosa dentro lei che si lacerava, si strappava, provò un forte dolore acuto, urlò, mentre gli occhi le lacrimavano.

“No!... Nooo!... La pregoooo!”

“Non ti preoccupare, su!... Adesso sentirai un po’ male. Vedrai che poi ti piacerà tantissimo prenderlo in culo. Non irrigidirti!” ... Le suggerì Vlade e le mollò un paio di schiaffoni forte sulla natica ripetendo.

“Ti ho detto di non irrigidirti. Respira!... Forza!... Respira! … E spingi indietro come quando fai la cacca, su dottoressa che questo è un momento importante per te, vieni sverginata nel culo da un vecchio magnaccia albanese, davanti a decine di persone. Su!!” ... Esclamò ridendo.

Le sembrava un incubo, tutto così assurdo, impossibile, lei trovarsi lì, in quel locale a dare uno spettacolo subendo brutalità carnale e psicologica. Era incredula che fosse vero, che capitasse proprio a lei, eppure era tutto vero e il dolore che provava glielo dimostrava, quegli uomini l'avevano avuta oralmente, quel piccolo bastardino marocchino l'aveva chiavata e non solo, gli era anche venuto dentro, e Diooo... Non voleva pensare alle conseguenze di  quell’atto ora, era tutto in un incubo, non poteva fuggire e aveva paura ci  avrebbe pensato  dopo alla eiaculazione di  Nabil  nella sua vagina. Sperava che prima o poi si sarebbe risvegliata da quell’incubo.

Invece un altro sculaccione forte di Vlade sulla natica la riportò alla realtà.

Francesca respirò a fatica. Si mise a spingere indietro come per defecare, con le lacrime agli occhi come le aveva detto di fare lui. Riuscii a rilassarsi e rilasciare lo sfintere. Lui la sentì più morbida e predisposta e pronunciò:

“Brava!... Così mi piaci dottoressa!... Devi fare sempre quello che ti dico io. Adesso godi, pensa solo a godere.”

Nemmeno finì la frase che la penetrò lentamente ma inesorabilmente, introducendolo quasi tutto, facendola sussultare, irrigidire e inarcare gridando e piangendo a quella intrusione che le dava sofferenza.

Le si piegarono le gambe e le braccia dal tremore e dal dolore, ma Vlade le diede altri sculaccioni forti sulla natica al punto da far venire quella sua pelle bianca  come la luna, di un colore rosso vivo, rimproverandole di fare la tragica.

Poi, passatole dalla entraîneuse, allungando la mano, da dietro quasi alla cieca, a tentoni mise ai capezzoli turgidi due mollette metalliche con una catenella dorata, che la fecero sussultare dal dolore.

“Nooo!... La pregooo!...  Ma che cos’è questa roba… Che mi sta facendo?... Mi fa maleee!!”

Ma lui ignorò la sua implorazione di toglierli e iniziò lentamente a incularla, a muovere e a spingere la sua asta dentro lei e lentamente trasformò quella sofferenza anale e la sensazione dolorosa dei capezzoli in piacere.

La sverginò e inculò!... Francesca emise un lamento di dolore, come il guaito di una cagna ferita per poi iniziare lentamente a godere.

Vlade iniziò a muoversi dentro il suo culo stretto e caldo. I muscoli dell'ano di Francesca si contraevano per il dolore stringendogli il cazzo forte, facendo gemere di piacere anche lui, mentre gli sfinteri iniziavano a cedere e lacerarsi inesorabilmente per sempre.

Ormai in preda ad un'eccitazione pazzesca, Francesca spingeva il sedere indietro verso di lui, per essere penetrata e sodomizzata meglio e a fondo.

Vlade iniziò mentre la inculava a sculacciarla, a percuoterla con vigore e batterla sempre più forte anche sulle cosce i fianchi e le mammelle, tirandole i capelli fino a farle male quasi a strapparli davvero.  

Lei, godeva e soffriva, oramai gemeva di sofferenza e piacere, sbattendo nelle spinte dell'inculata, le sue natiche sode sugli inguini e la pancia di Vlade, come in un ritmo concordato, finché irrigidendosi non le venne dentro riempiendole il culo di sborra calda. Con un grugnito Vlade diede l'ultimo colpo, fermandosi poi all’interno di lei, inondandole l’ampolla rettale di sperma.

Quando ebbe finito si staccò sfilandolo lentamente e si alzò, lasciandola soddisfatta sdraiata a terra, con il suo sperma dentro che alle contrazioni degli sfinteri lacerati, una parte usciva dall'ano colando sul perineo, rischiando di  finire sulla vulva e quindi in vagina.

Ora era a terra ansimante e impaurita, tra gli applausi di un pubblico pervertito.

Vlade si avvicinò e guardandola le sussurrò:

“Sei stata brava dottoressa, ora hai scoperto che ti piace anche farti inculare!... Non fare tragedie. Lo so che è piaciuto pure a te...Ti è piaciuto?” ... Domandò curioso.

Francesca non rispondeva non voleva dirgli quella verità che lei stessa rifiutava, di aver goduto contro la sua volontà ad essere stata sodomizzata in modo così perverso, con brutalità e contronatura.

Era vero, le era piaciuto essere profanata, brutalizzata e inculata, non lo avrebbe mai pensato prima. Anche se aveva sentito dolore, le era piaciuto e aveva goduto. Ma non voleva dirlo... non lo avrebbe mai detto... soprattutto a sé stessa, ma lo pensava.

Lui le mollò un ceffone sul viso da farle rivoltare la testa e tirando la catenella strattonò le mollette che aveva ancora sui capezzoli strappandole via, e di conseguenza le tirò forte i capelli facendola gridare dal dolore:

“Basta!... Basta!... La prego!!” … Ripeté piangente.

“Allora?... Devi rispondere al tuo padrone, hai capito?”

“Sì! Sì!” ... Ripeté lei impaurita: “Ho goduto!... Ho goduto!... Mi è piaciuto!” Rispose singhiozzando.

“Sei una puttana! …Anche se godi... ti farò diventare una vera puttana. Vedrai!”

Poi guardandola riversa nuda sul pavimento disse in modo dispregiativo:

“Se sei ancora eccitata, fatti chiavare da un cameriere o da qualcuno del pubblico. Io più di una non posso farne, alla mia età.” E rise. Si sfogava su di lei terrorizzandola, per farle capire chi la comandava ora.

“Sei proprio una gran troia” Ripeteva offendendola, ingiuriandola. Poi abbassandosi vicino all'orecchio e prendendola per i capelli le sussurrò:

“Tu da ora sei miaaaa!!... Capitooo!!... Miaaaaa!!! Ricordalo sempreee!... Sei una mia puttana e guai a te se parli con qualcuno di quello che è successo. Tutto è stato filmato e fotografato e se non vuoi che il tuo fidanzato... oh scusa!!... Il tuo futuro marito ti veda su Youtube mentre godi a farti chiavare da un ragazzo marocchino e inculare da un maturo albanese, non parlarne con nessuno e cerca di venire subito quando ti chiamo. Di ubbidirmi!”

La fece aiutare ad alzarsi da una delle ragazze del locale e le fece mettere indumenti intimi e un abito più o meno della sua taglia e Clelia che era stata spettatrice silenziosa, presentandosi all’improvviso l'accompagnò a casa con la sua auto, mentre in macchina dalla tensione Francesca si lasciò andare a piangere, singhiozzando forte.

“Mi aiuti signora Clelia… quell’uomo è un pazzo!”

“Sì lo so! E per questo che ti conviene ubbidire a Vlade.” La consigliò. “È capace di farti sfregiare se parli con qualcuno, tieni tutto per te. Ubbidiscigli!... Assecondalo!... Lui ha molte donne, poi si stancherà anche di te tra una settimana tra un mese e ti lascerà andare.” Disse Clelia sapendo che non era vero.

“Ma quel bastardo marocchino mi è venuto dentro!... E se mi ha messo incinta?” … Esternò tra i singhiozzi Francesca riferito a Nabil.

“Figurati se quel ragazzino è capace di mettere incinta una donna, è venuto dentro anche a qualche mia ragazza.” ... Le confidò falsamente Clelia asciugandole le lacrime sul viso … e nessuna è mai restata incinta. È sterile!! Per questo viene dentro!” ... Aggiunse mentendo.

“Davvero??” ... Chiese lei speranzosa e sollevata.

“Sì davvero! ...Stai tranquilla che non succederà niente, se fosse stato fertile, non ti avrebbe sborrato dentro, te lo ripeto lo ha già fatto con altre mie ragazze e non è mai successo niente.

Stai tranquilla e poi ci sono sempre io qui per aiutarti in qualsiasi cosa. Ridammi il tuo numero di cellulare.” Le disse visto che lo aveva cambiato.

Impaurita e speranzosa delle sue parole, glielo diede.

“Ti chiamerò io! ...Stai tranquilla, ora vai a casa e riposati e soprattutto non parlare con nessuno se non vuoi che si vendichino.”

Scese dalla macchina e corse verso il portone, con quegli abitini succinti delle ragazze del locale, come una vera prostituta.

Giunta a casa salì piano e in punta di piedi, senza farsi sentire aprì, andò in bagno, come si vide nello specchio iniziò di nuovo a piangere, ma in silenzio per non svegliare gli altri. Si vide la pelle rossa dagli schiaffi sul viso e sulle natiche che le bruciavano. Alcune ecchimosi sulla pelle bianca delle cosce e delle braccia dovute ai colpi e alle strette delle mani.

Si spogliò e mise sotto la doccia e iniziò a lavarsi.

“Ma come è possibile che mi sia accaduto questo?!”  Si chiedeva spaventata e timorosa, lei che era sempre stata sicura di sé fino all'arroganza?

Era nelle mani di quell'uomo, di quel bassetto che odiava, le faceva paura, ma la attraeva anche inconsciamente.

Si fece delle lavande vaginali con il Tantum Rosa di sua madre, come le aveva detto Clelia per fare uscire lo sperma di Nabil, poi fece la doccia e andò a dormire stordita e impaurita, con il timore di essere incinta di Nabil.

Il giorno seguente aveva la febbre da quello che le era successo e dalla paura. Disse a sua madre che era influenza. Passarono alcuni giorni, era ferita dentro, ma nessuno sapeva niente al di fuori di Clelia e all'esterno sembrava che fosse tutto normale i  giorni passarono  e nessuno l’aveva più cercata. Ma un pomeriggio si ci mise in mezzo il diavolo, e mentre era per strada con il suo fidanzato, vide Vlade dall'altra parte della strada che le sorrideva e la salutava.

Abbassò lo sguardo e cercò di far finta di non averlo visto, di cambiare strada, ma se ne accorse anche il suo fidanzato Paolo che la salutava e le chiese chi fosse quel tipo losco che l'aveva salutata e sorriso.

“Ma non so!... Non salutava me. Avrà salutato qualche altra dietro noi.” Rispose imbarazzata e spaventata.

Paolo momentaneamente lasciò perdere, ma dentro di lui si insinuò il dubbio, capì che mentiva.

Era l'inizio della fine della loro storia d’amore e l'inizio della sua vita da puttana con Vlade.

 

 

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