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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

IX° NON DESIDERARE LA DONNA D'ALTRI.

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI

CAP 17 L'OLTRAGGIO

 

 

Mentre Carlo e Martina erano oramai succubi indiretti di Salvatore, lui non perdeva occasione per

dedicarsi alla sua vittima preferita... la signora Gometti.

Un pomeriggio a Beatrice le arrivò un sms con un'espressività autoritaria, diceva che Salvatore

voleva incontrarla nel pomeriggio, ma non nel suo ufficio, sul messaggio c'era scritto un

indirizzo dove andare.

Alle 14 Beatrice non potendo farne a meno, su indicazione dell’SMS trovò lo stabile, si avvicinò al citofono, vide il nome segnalato, Giovanni Bilini e suonò.

Non ebbe nessuna risposta, solo il clack della serratura elettrica del portone che si apriva e una

voce femminile che diceva:” Secondo piano!”

Entrò in un grosso atrio mal tenuto, vide una scala circolare con al centro l'ascensore e un cartello appeso:” Guasto.”

Salì a piedi.

Notò che la scala era sporca, unta sul corrimano e sui muri, cartaccia per terra... e un cattivo

odore nell'aria.

Giunta al secondo piano vide una porta d’entrata semiaperta, che dall’interno lasciava uscire un fascio di luce nel buio del pianerottolo. Si avvicinò, guardò il nome sul campanello e lesse a fatica che corrispondeva a quello dell’SMS, e spinse di più la porta già aperta con la mano tremolante mentre chiedeva educatamente:

" Permesso!!...C'è qualcuno?"

Nessuno rispondeva, ma sentiva delle voci all'interno e fece un passo in avanti entrando, non le andava restare sola nella scala di quello strano palazzo.

Entrò e si trovò nel corridoio dell’appartamento e le venne un colpo, si spaventò e soprassalì quando all'improvviso dalla porta in fondo si trovò Clelia e davanti a lei a pochi metri un grosso cagnaccio nero che le abbaiava e ringhiava contro e vicino a loro quell'omaccione grasso e laido del loro socio, il signor Giovanni.

“La stavano aspettando…. “

Disse Giovanni, con il grosso Rottweiler nero al guinzaglio, lo stesso che Beatrice aveva già visto giorni prima al posteggio degli uffici del signor Salvatore, bavoso come lui che le ringhiava e abbaiava.

"Non abbia paura del cane signora Gometti, è buono!" Pronunciò Giovanni accarezzandolo

Sorridente sul capo e sul dorso.

Spaventata dal cane e da quell’abbaiare che rimbombava nelle pareti del corridoio dell’appartamento, impaurita e pallida la fecero entrare e accomodare, offrendogli qualcosa da bere per lo spavento provato.

Quando si sedettero in una specie di soggiorno, il signor Giovanni sganciò il guinzaglio al cane che si mise poco distante da lei a fissarla soffiando con la lingua fuori, i denti in mostra e la bava che le colava sul pavimento.

Salvatore beffardo e cattivo, provocandola la informò:

"Volevamo giocare un pò!... E data l'ora, non avendo trovato nessuna puttana!... Abbiamo pensato a lei!" E rise accompagnato dagli altri.

Beatrice pallida, mentre sorseggiava l'acqua di quel bicchiere unto, restò sorpresa. Salvatore le stava dando apertamente della puttana davanti ai suoi soci, anche se lo faceva in modo elegante.

"Un giochetto di un’ora!... Poi il signor Giovanni sarà molto generoso con lei signora Gometti!"

Si sentiva umiliata, oltraggiata ad essere trattata in quel modo, lei… una donna per bene.

Guardò quell'essere schifoso di Salvatore che era seduto di fronte e poi Giovanni con il suo cane

spaventoso accucciato al suo fianco che la fissava sempre. Avrebbe voluto fuggire, ma poi? Cosa sarebbe successo? E il cane, l'avrebbe raggiunta e sbranata?

Capì che non aveva scelta, si guardò intorno in silenzio tra un arredamento vecchio, usurato e malridotto e muri bianchi che erano diventati grigi dal sudiciume e in basso tutto attorno, una fascia scura e lurida dove si sfregava il cane al muro.

Fu Clelia a rompere il ghiaccio dicendole: “Su!! Alzati che iniziamo!”

Lei come un automa fece per tirarsi su, ma il grosso cane vedendola muovere si tirò su le quattro zampe e le abbaio di nuovo forte spaventandola ancora e facendola risedere d’istinto.

"Buono Buck! ...Buono…!" Esclamò il signor Giovanni accarezzando nel testone quel grosso animale.

“Vai a cuccia!!"

"Non riesco a muovermi, con il cane lì!... Mi fa paura ... non riesco! ...Solo a vederlo mi blocco!"

Balbettò, tremante e terrorizzata. Beatrice.

Giovanni si alzò e chiamandolo andò a chiuderlo nella stanza affianco, sentendolo ogni tanto

abbaiare e guaire oltre che raschiare con le zampe dietro la porta per uscire.

Beatrice al cenno della mano di Clelia, si rialzò sempre più tesa e pallida e si guardò attorno, la sporcizia regnava dappertutto. Era uno schifo quella casa.

In un angolo, c'era una grossa cacca del cane per terra e il muro bagnato di pipì con un lago sotto esso.

La casa era lercia, sul tavolo ancora una vecchia tovaglia bucata piena di briciole e macchiata di

vino rosso e piatti sporchi e avanzi ammucchiati in cucina.

Clelia vedendo il suo sguardo di schifezza le sussurrò:

" Be'!... Non è certo come casa tua!".... Poi girandosi verso Salvatore esclamò:

" Ma lo sai che ha proprio una bellissima casa la signora Gometti!... Uno spettacolo!!... Veramente bella!... Mi piace moltissimo. Sembra sai.... una di quelle che si vedono in tv, nelle pubblicità o nei film."

Beatrice scosse la testa imbarazzata come a minimizzare.

"Un giorno porterai anche il signor Salvatore e Giovanni a casa tua a vederla e le offrirai un buon caffe! ...Vero!!" Esclamò Clelia.

Beatrice spaventata annuì con il capo.

"Be!!" Intervenne il signor Giovanni:

" Se tiene così in ordine e pulita casa sua, potrebbe venire qui a mettere in ordine da me... La pagherei bene!" Esclamò ridendo, facendo ballare con quella grassa risata il suo doppio e triplo mento sudato e la grossa pancia.

Clelia le fece cenno di seguirla e la portò nel cucinino per istruirla, Beatrice aveva paura, voleva

uscire da quella casa, da quella situazione ed era disposta a tutto pur di andarsene in fretta.

Poco dopo uscì dal cucinotto e si avviò verso il signor Giovanni con passo insicuro indossando

solo lo slip e tenendo i seni offerti, fuori e sopra il reggiseno di pizzo.

Con voce tremante e gli occhi pieni di lacrime gli mormorò:

" Sono la signora Beatrice Angeli, sposata Gometti... la nuova schiava del signor Salvatore. Sono a sua disposizione! "

Giovanni la guardò come un budda seduto sulla sedia con quel suo ventre enorme.

Non le pareva vero, allungò le mani grasse e pelose sulle dita tirandola verso se, iniziando ad carezzarle le cosce e il sedere, poi si alzò e passò ai seni, le sfregò i capezzoli con il palmo delle mani stringendoli fra il pollice e l’indice, li premette, li carezzò, ne titillò l’apice duro e turgido con le dita.

Beatrice sentiva salire la nausea accanto ad un uomo del genere, così lercio e maleodorante, ma non tentò di sfuggirgli.

Giovanni abbassò la testa e la sua bocca leccò e aspirò alternativamente l’uno e poi l’altro

capezzolo che ornavano il bel seno pallido e maturo, succhiandole le mammelle, mordicchiandole

e baciandole. E abbassando lo sguardo, sotto il suo mento, Beatrice vide il suo cranio calvo e una corona di capelli attorno pieni di forfora, mai lavati o pochissime volte, che da orecchio ad orecchio posteriormente passava sopra il collo taurino.

La mano destra di Giovanni scese verso l’inguine, mentre con la lingua, come un cane, leccò il solco tra i seni lasciando colare una scia di bava. Salendo verso il collo, il grassone avvicinò il suo volto a quello di Beatrice che avvertì un alito

fetido e carico di alcol. Trasalì e cercò di allontanare il suo bel viso da quel porco, ma lui le strizzò con la mano sinistra il capezzolo dicendole :" Baciami!!"

Per Beatrice con quella stretta era come essere percorsa dalla corrente elettrica, aprì la bocca in un urlo di dolore e Giovanni ne approfittò subito. Sentì la sua lingua calda e ruvida, oltrepassare le labbra e i denti bianchi e sgusciare viscida come una serpe nella sua Bocca. Sì sentì quasi mancare, quando avvertì la saliva di quell'essere orripilante mischiarsi alla sua con

un sapore disgustoso, indefinibile.

Subiva ad occhi lucidi e chiusi, sapeva che non poteva fare diversamente, si sentiva in una trappola e voleva finire presto per scappare via e per reazione e per non irritarlo, incominciò a muovere anche lei la lingua, perché mollasse la presa dolorosa sul capezzolo.

Le dita cicciottelle della mano destra proseguirono scostandole le mutandine, raggiunsero la sua

lunga fessura, depilata e liscia. Si fermarono sopra accarezzandola e cominciando a masturbarla con lentezza, mentre con la lingua come quella di un cane continuava a leccare il viso e il collo, lasciando una scia di saliva fino ad arrivare al lobo dell’orecchio, che succhiandolo le sussurrava con voce rauca:

"Apri bene le gambe! ...Voglio toccarti dentro… esplorarti!" ... Borbottò con la sua voce roca.

" Lo so che ti faccio schifo … ed è per questo che ti voglio!... Vedrai!... Anche tu ti sottometterai ai

piaceri perversi della carne, ne proverai gioia e soddisfazione e ne godrai, accetterai

qualsiasi richiesta anche la più umiliante con appagamento."

Il suo faccione rotondo, arrossato dall’eccitazione e pieno di sudore era contorto a una smorfia viziosa.

Giovanni introdusse il suo grasso dito dentro la figa di Beatrice che in piedi sussultò e iniziò a muoverlo con abilità, dandole piacere mentre lei non poteva impedirsi di gemere.

Il cuore le batteva all’impazzata e le gambe le tremavano, si sentiva mancare.

Si appoggiò con le mani al tavolo e girandosi espose il suo superbo culo, mentre gli apparve

dall'altra parte del tavolo il volto di Clelia, seduta che la guardava in modo beffardo.

Giovanni si soffermò a contemplare quella meraviglia di culo, tondo, pieno, morbido, ornato sopra le mutandine merlate da due invitanti fossette di Venere. Il solco profondo delle natiche attirava il tessuto intimo dentro di esso e si incrociava con la piega orizzontale tra il retro coscia e le natiche piene, e il sedere ne veniva fuori, sporgente e invitante.

Viziosamente Giovanni allungò avidamente una mano e accarezzò lo slip sopra i glutei, delicati e pallidi, poi afferrato l’elastico, lo tirò con forza verso l’alto in modo che il tessuto anteriore come

un nastro penetrasse dentro la fessura della figa come quello posteriore era nel solco gluteo.

"Si mostri alla signora Clelia!"… Le ordinò con voce rauca e tono secco Giovanni.

Impallidita di più Beatrice tolse le mani e si tirò sul dal tavolo. I grossi seni muovevano dolcemente, dondolando a causa del respiro affannoso e timoroso, provocando un sorriso perverso a Clelia che alzandosi dalla sedia avvicinò le mani alle mammelle di Beatrice già con i capezzoli dritti e turgidi.

Con uno sguardo di invidia e di disprezzo se ne impossessò allungandosi sul tavolo,

sorreggendole con le mani a coppa, soppesandole e palpandole indecentemente.

"No!" Gemette Beatrice fissando il soffitto e mordendosi le labbra.

"No! Vi prego... è disgustoso quello che mi state facendo!"

Protestava con gli occhi umidi. Giovanni rosso in viso e con la fronte sudata, si divertiva a

leccarla come un cane fa con la sua cagna, tirandole su i capelli, annusandoli e passandoli sul suo

viso ad asciugarsi il sudore.

" Ti piace vero la sua chioma?" Esclamò Clelia.

“Si!!” Rispose Giovanni annuendo con il capo ed eccitandosi di più ad accarezzare e annusare i

biondi capelli di Beatrice da buon hairfestish che era.”

“Hai dei bei capelli sai? … Starebbero bene nel mio armadio assieme agli altri miei trofei.” Mormorò eccitato, aggiungendo:” Ti preferirei calva! ...Senza tutta questa stoppa in testa.”  Pronunciò accarezzandoglieli e passandole la mano sul capo:” …. Bella liscia senza un pelo in testa ti preferirei…” Esclamò sorridendo.

Un brivido di terrore percorse la schiena di Beatrice a quelle parole e la sua mente fu invasa da un pensiero:

” È certamente un depravato se le piacciono le donne calve!”

Giovanni continuò a leccare e annusare, partendo dalla nuca scendendo lungo la colonna vertebrale fino al solco dei glutei, mentre con le mani, le contornava i fianchi e le anche.

Scendendo sulle natiche, iniziò a far scivolare in basso lo slip, scoprendole pienamente il sedere,

evidenziando tra il candore di quella natica matura e materna, il tatuaggio rosso di una esse cerchiata, che Clelia con sguardo complice e compiaciuto fece incrociare con quello di Salvatore trionfante.

Quella esse rossa si notava bene, anche a distanza... era il marchio di Salvatore, tutte le donne che aveva ricattato e sottomesse ce l’avevano, anche se poteva avere molteplici significati.

Vedendola su eretta, lo sguardo di Clelia si posò in basso sulla sua figa depilata, liscia, senza un

pelo, bagnata da umori all'interno ed esterno della fessura che brillavano di riflesso alla luce.

Rivolgendosi a Giovanni gli fece segno con il dito sulla figa:

"Si sta bagnando! .... La sua fessura è tutta brillante!... Gode la signora!"... Esclamò con un tono di

invidia e di disprezzo.

Salvatore seduto, si godeva lo spettacolo in silenzio, lasciando fare tutto ai suoi due amici e soci.

Con una smorfia viziosa, Clelia girò il tavolo avvicinandosi a Beatrice, le introdusse l’indice

dentro la vagina dischiusa, estraendolo tutto bagnato.

"Sarebbe un vero delitto lasciare questo tesoro soltanto a disposizione di tuo marito!... Sono certa tra l’altro, che lui non ne approfitta neppure pienamente di te! Da quant'è che non ti chiava? “Domandò Clelia.

Beatrice aprì la bocca per protestare, ma si trovò tra le labbra l'indice pieno di umori che Clelia le

aveva infilato dentro la figa, muovendolo avanti e indietro e mimando ridendo un pompino:

" Su! .... Da brava succhia... con queste labbrucce rosse da bocchinara che hai!"

Intanto Giovanni accucciatosi con fatica, facendole alzare prima un piede e poi l'altro, le sfilò completamente lo slip e se lo avvicino alle narici annusandolo e aspirando forte. Sorrise, felice di poter umiliare quella donna e poi sogghignò dicendo:

“Non c’è che dire, si sente buon odore di figa! …Odore di figa buona!!...Profumata!! ...Da gran

signora!" Continuando: "Cara Clelia! ...Questa fa tanto la schizzinosa ma poi si eccita come la più

laida delle puttane." E rise tossendo, scuotendo ai colpi di tosse tutto il lardo che aveva addosso, per poi sputare il catarro per terra e pulirsi le labbra con il dorso della mano.

Per Beatrice quei commenti erano come delle frustate, era impaurita, tesa e angosciata e scoppiò

a piangere. I tre la guardarono singhiozzare soddisfatti, provando eccitazione.

Beatrice si accorse che involontariamente quella situazione le dava turbamento, un piacere nuovo, diverso, come era già successo nell'ufficio di Salvatore, non riusciva a controllare il suo corpo che reagiva in modo differente dai comandi della sua mente.

Quel sentirsi toccata ed esplorata da quelle laide figure la stava portando lentamente sull’orlo

dell’orgasmo, ma quella megera di Clelia faceva in modo che all’ultimo istante non potesse

godere, giocava come il gatto con il topo, guardandola dimenarsi, ansimare e stringere le gambe.

Giovanni con un gesto, le indicò di prende posto sulla poltrona di fronte, Clelia l'aiutò, la mise

con le cosce appoggiate sui braccioli e le gambe larghe che pendevano dai due lati.

Mortificata, Beatrice assecondò passivamente. Si vergognava in modo orribile di essere in quella

posizione, esponendo oscenamente il suo sesso, ma ormai aveva già fatto atti allucinanti e si era

già troppo esposta per ripensarci.

In quella posizione le labbra della sua figa si erano scollate, aperte di più, si vedevano le piccole

labbra e l'interno color corallino della vagina.

I tre fissano la figa di Beatrice, bella, liscia con due labbra gonfie, in mezzo alle quali brillava la

lunga fessura aperta della figa rosa e oscena. Lei si sentiva morire davanti ai tre che perversamente la divorano con lo sguardo.

“Adesso te la faccio leccare dal cane!” Esclamò sghignazzando Giovanni....

Sussultò: “Nooooo!! ... La prego!... Nooooo! “Gridò Beatrice terrorizzata.

Cercò di alzarsi, ma Clelia da dietro la tenne giù seduta spinta sulle spalle con le gambe larghe fuori dai   poggia braccia.

“Non vuole?” Chiese sbavando con il suo ghigno da rettile Giovanni.

“Nooo! ...Nooo!..Qualsiasi cosa ma non questa!”

“Vedremo! ...Se sarai brava. “... Aggiunse Clelia.

Ma la voce di Salvatore li portò tutti a continuare il gioco senza distrazioni diverse… per ora.

La guardo seduta in quella posizione divaricata davanti a lui.

"Molto bene… culo e figa in primo piano... il tutto perfettamente osceno." Bisbigliò Clelia a

Giovanni mentre lui con il suo smartphone la fotografava.

"Ora cara signora Gometti si masturberà per me!... Si farà un ditalino!... E lo farà ... se no sa cosa le

aspetta in cambio." Le mormorò, alludendo a Buck. Che grattava e guaiva sempre più forte e a volte abbaiando dietro la porta.  

Quando glielo ordinò, lei intimorita cominciò a masturbarsi. La sua figa si aprì ancora di più e il suo dito medio pallido, con l'unghia smaltata, lentamente entrò dentro tra gli umori del suo piacere. La testa piegata all’indietro, il seno spinto in avanti, il ventre contratto per lo sforzo, Beatrice si masturbava con rabbia a stento contenuta, come se il piacere fisico potesse cancellare

l’umiliazione che provava sditalinandosi come una ragazzina; aveva il volto contratto, gli occhi semichiusi e la bocca spalancata.

"Adesso basta! Smetta di masturbarsi, signora Gometti!" Le ordinò Giovanni, muovendo il suo

collo grosso sudato.

Quasi controvoglia ora che malgrado tutto provava piacere e si era estraniata per un attimo da quella condizione, Beatrice ubbidì insoddisfatta per non aver goduto pienamente, respirando affannosamente, ma appena allontanò le dita dalla figa, Giovanni le sostituì con le sue.

Beatrice si irrigidì dal disgusto al pensiero di quelle mani odiose, grasse e unte che si posavano sulla sua vulva e di cui le dita alternando entravano in lei dentro la vagina. Chiuse gli occhi per estraniarsi, ma li dovette riaprire subito a un ordine di Giovanni:

"Apra gli occhi!!... Voglio che guardi bene quello che stiamo facendo ... e che guardi bene

anche me che la farò godere!"

Poi con le dita grassocce, le massaggiò le grandi labbra, accarezzando anche le piccole dense di

umori, titillò il clitoride e lo massaggiò ritmicamente per farlo indurire. Sotto quella oscena

carezza, Beatrice reagiva fremendo, il corpo la stava tradendo di nuovo e lei sentiva il sangue

affluirle forte e caldo alla vagina.

Sconvolta, fissava il soffitto e si mordeva le labbra per non godere sotto quei palpeggiamenti

indecenti. Giovanni a fatica si chinò e avvicinò la bocca all’inguine cominciando a leccarle la figa.

“Pensi che sia la lingua di Buck!!” Disse scostandosi un attimo dalla sua fessura.

Beatrice a quelle slinguate, iniziò ad agitare i fianchi, non poteva impedire che il piacere

cominciasse a gonfiarle il ventre.

Giovanni continuò leccando e succhiando come un grosso cane, le aspirò e leccò il clitoride con

vigore, mentre lei si contorceva dal piacere sulla poltrona, ormai senza controllo, piena di

vergogna per l’orgasmo che stava per travolgerla.

“Oooooohhhhhhhhhhh!!!!!... mmmmmmhhhhhhhhh!!!!!” Gemeva.

Sentì una mano scendere da dietro, fra le sue natiche e la poltrona e toccare con la punta del dito,

l’ano, che si contrasse e chiuse per reazione. Era la mano di Clelia, che con il medio premeva sul suo foro anale e sentì il dito a quella pressione, entrare di colpo lentamente tutto dentro, nel suo retto oramai allargato da Gilda.

Di fronte e vicino, aveva Giovanni che la guardava.

Il volto congestionato e rotondo di quell’ignobile individuo, sbavato gli sorrideva mentre la masturbava leccandola, staccandosi e alternando la lingua all’infilare le dita tra le sue grandi labbra gonfie.

Si lasciò sfuggire un altro gemito: “Oooohhhhhhhh!!!!”

La sua voce era rauca, rotta dall'ansimare e dal piacere.

Clelia cominciò a far andare il dito avanti e indietro all'interno dell'ano dilatato dal desiderio e dall’inculata precedente di Gilda, contemplando con aria compiaciuta quel bel corpo di donna matura umiliato e sottomesso. Poi avvicinando la sua bocca ai capezzoli, li accarezzò con la lingua, mentre Giovanni continuava a masturbarla andando su e giù con il dito nella vagina mentre contemporaneamente gli leccava avidamente il clitoride.

La lingua di Giovanni era calda, ruvida e bavosa come quella di un cane. La bestialità con cui

lo faceva, le faceva sembrare di essere leccata davvero da un animale.

" Sono sicuro che suo marito non la lecca così bene come lui!"... Esclamò Salvatore con dire

cinico. "Sembra un cane vero!... La lecca bene come Buck, anche a Buck piace leccare la figa delle signore... lo sa? “Fece una pausa tirando una boccata al suo sigaro puzzolente.

“Vuole provare?" Domandò Salvatore con un ghigno perfido.

Beatrice gemendo dal piacere, urlò un “noooo!!!” … con tutte le sue forze.

“Vi prego questo no!! Il cane nooo!! “Esclamò con gli occhi sbarrati.

" Stia tranquilla!! Oggi la faranno godere Giovanni e Clelia ... per Buck vedremo!"

A quelle parole terrorizzata si tranquillizzò…:” Ma cosa hanno in mente?” Pensò.

Sapeva che non poteva resistere alla leccata di Giovanni, sì sforzava di svuotarsi di ogni sensazione, di non pensare a nulla, ma non era facile sotto quelle continue slinguate, ditalini davanti e dietro e toccamenti al seno e i capezzoli. Sentiva con disgusto il grasso del doppio, triplo mento di Giovanni pesare e sfregare sulle cosce.

Si era eccitata, il piacere era più forte della vergogna, della paura e dell'umiliazione.

La travolse in un orgasmo violento che spazzò via una tensione erotica divenuta insostenibile.

“Aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”

Un gemito le uscì dalle labbra mentre contraeva le cosce dal piacere e un fiotto liquido uscì dalla sua vagina, finendo nella bocca di Giovanni, che la leccava e succhiava, inghiottendo con avidità tutti suoi umori e sapori.

Mai!... Mai… aveva provato delle sensazioni così animalesche, avrebbe voluto morire dalla

vergogna.

Quando, si riprese, la guardavano con un misto di ironia e di disprezzo.

Riacquistando un pò di lucidità, si rese conto che era con quei due essere odiosi e repellenti che aveva goduto, non resse alla vergogna e all’umiliazione e lacrime di rabbia le riempiono di nuovo gli occhi.

Clelia la fece alzare e appoggiare con le mani sul tavolo, vide Salvatore girare dietro lei e iniziare

ad accarezzarle il sedere, gustarsi la pelle calda, liscia e vellutata delle natiche, lo palpeggiava, constatava la morbidezza e il volume del suo bel sedere, accarezzava il tatuaggio, il suo marchio di dominanza su di lei; poi sentì battete forte tra l'interno delle cosce la sua mano grinza, fino a fargliele divaricare e d'improvviso prima che realizzasse avvertì di nuovo il suo grosso glande premere sulla fessura della vulva.

Ebbe un sussulto, ma lui spinse dietro lei e la penetrò facendosi largo tra le pareti già umide e dilatate, un brivido di piacere le percorse la schiena a sentire la sua asta dentro, come se la vagina l’avesse riconosciuto.

Non riuscì a dire niente eccitata com'era, in quel momento e situazione lo ricevette con piacere e desiderio... e si lasciò penetrare e chiavare.

Il cazzo di Salvatore già eccitato dallo spettacolo di Giovanni e sua moglie, si mosse dentro di lei iniziando a possederla semi in piedi alla pecorina.

Purtroppo provò ancora piacere con lui, con quel mostro... assurdamente la faceva godere, lo sentì virile, duro e lungo dentro lei come quel giorno nell'ufficio, muoversi avanti e indietro, mentre lui la teneva stretta per i fianchi.

Avvertì toccare l'utero dalla sua cappella, non avrebbe voluto, ma le piaceva… le piaceva ...Salvatore, sentire la sua cappella battere contro la sua cervice uterina, sapeva chiavarla e farla godere e a lei nonostante la sua orripillanza fisica, piaceva.

Sentì quei colpi forti e profondi che la sollevavano da terra e la spingevano in avanti. La soddisfacevano quei colpi, quelle spinte. Godeva in silenzio!

Si chiedeva perché… perché il suo corpo non rispondesse più alla sua mente, ma al cazzo brutale di Salvatore dentro lei, donandole piacere anche quando non voleva e poi con quegli esseri schifosi?

Salvatore eccitatissimo si irrigidì e da esperto dando colpi veloci e profondi con il cazzo e

battendo forte con la mano su il suo gluteo fino a farlo diventare rosso, le provocò l'orgasmo,

venendo simultaneamente anche lui di nuovo dentro lei.

Sborrandole dentro, come a marcarne la proprietà, il possesso assoluto, a contaminarla con il suo seme.

 Lei inconsciamente gemette. Si lasciò a sfuggire un:"Ssssssiiiiiiiiiiiii!!!!!!!!!!!!!!!!!! " Di piacere che le morì in gola. Clelia le si avvicinò sul fianco e vedendola estasiata le mormorò:

" Ti piace farti chiavare da mio marito ehhh signora Gometti!!!!!...Ti piace che mio marito.... il signor Salvatore ti chiavi e ti sborri dentro!"

Beatrice avrebbe voluto sprofondare dalla vergogna perché era vero quello che diceva quella megera e lei lo sapeva. Le piaceva essere chiavata da Salvatore, più di tutti gli altri, anche da suo marito.

Si sentiva umiliata che gli sborrasse dentro il suo seme vecchio e perverso, lei lo aveva ricevuto solo da suo marito, quando l'aveva fecondata e ingravidata dei suoi tre figli e basta!... Erano anni che non gli veniva più dentro neanche suo marito Roberto. Da buona famiglia borghese e cattolica interrompevano il coito per dare modo a lui di eiacularle sulla pancia o sulla coscia.

L'atto di Salvatore lo viveva come una turpitudine, un’onta, una sottomissione ...un oltraggio.

Quella eiaculazione la preoccupava nonostante l’assicurazione di Clelia sulla sterilità di suo marito....

“Dio non volesse mai che Clelia mentisse e nonostante le sue rassicurazioni e la mia menopausa, dovessi trovarmi incinta di quell'essere orribile, di quel mostro. “Pensava preoccupata.

Al termine del rapporto sessuale Salvatore soddisfatto si ricompose senza lavarsi e si sedette e dalla tasca tirò fuori una scatola di sigari, da dove prese un mezzo toscano già iniziato e l'accese, spandendo per l'aria ancora il fumo puzzolente.

Beatrice era sfinita ed estasiata da quel rapporto brutale ed istintivo come animali.

Pensava che tutto fosse finito ma si sbagliava.

Giovanni facendosi passare le bretelle dalle braccia abbassò i pantaloni, mostrando il suo ventre

debordante da sopra le mutande macchiate dal giallo dell'urina. Si abbassò con la sua mole

corpulenta tenendosi con una mano al tavolo tolse anche quelle, rivelando sotto l’enorme pancia prominente e flaccida di grasso mollo e ondeggiante, un cazzo pendente di piccole dimensioni.

Beatrice ebbe una smorfia di disgusto. Il fallo di Giovanni assomiglia ad una corta salsiccia rossa

e grassa sotto i grossi testicoli molli, con la pelle molto rugosa e quasi privi di peli, anch'essi ondeggiati e penduli contro le grasse cosce.

Sedendosi e debordando dalla sedia, pronunciò sfacciatamente:

“Ora a noi bella signora! Vi offro l’occasione di contraccambiare il piacere ricevuto dalle mie

dita e dalla mia lingua!... Non ho avuto tempo per una pulizia accurata, ma sono certo che non

farà caso a queste cose. Su!!...Venga a farmi un bel pompino con la sua linguetta da gatta!”

Beatrice schifata e disgustata da quello che gli chiedeva di fare, presa dall'orgoglio in preda ad

una crisi di nervi, si mise a piangere e a gridare.

“Voi siete pazzi!!...Con chi credete di avere a che fare? … Per chi mi avete presa?... Sono una

signora! ...Una madre!!... Una moglie!!... Non lo farò mai!! “… Urlò agitata.

Uno schiaffo forte la colpì all'improvviso violentemente al viso, facendole girare la testa di lato,

mentre una mano le afferrava i capelli e le sollevava il volto.

Di fronte si trovò il ghigno perfido di Clelia che le gridava:

“Che sia l’ultima volta che succedeeee!!! ...Sei qui a nostra disposizione!... Sei la nostra schiava

..ricordaaa!! ... Non puoi sottrarti.”

Beatrice sentì per la prima volta quella parola "schiava " riferita a lei e scoppiò in un pianto dirotto abbandonandosi sulla poltrona, singhiozzando, incurante di disobbedire ai suoi persecutori, stava lì, raggomitolata in posizione fetale, per proteggersi, le ginocchia vicino al mento, le mani a protezione del volto per timore di altri schiaffi, il corpo scrollato dal pianto.

Clelia tirandoglieli la sollevò per i capelli, la fece scendere dalla poltrona e la trascinò davanti a

Giovanni, che godente guardava....

“Finiscila! ...Hai capito?” … Le gridò pizzicandole crudelmente una mammella e girandole la pelle.

“Tu fai quello che ti chiediamo noi perché sei nostraaa! ...Devi solo ubbidire e basta se non vuoi

prenderle secche!!... Se non lo fai, ti riempio di sberle fino a piegarti e farti dire basta!... Sai quante

ne ho educate anni fa di donne che non volevano andare a battere e poi lo hanno fatto? ... Tante! ...Tantissime!... Di tutte le età, le razze ed etnie, dalle ragazzine alle signore mature e per bene come te. E ora mettiti in ginocchio!!... Ubbidisci!! ... Così ti riuscirà meglio spompinarlo…”

Intanto dietro la porta si sentiva Buck, raspare abbaiare e guaire al sentire alzare la voce a Clelia, voleva uscire; Beatrice era spaventata.

“Vuoi che faccia entrare Buck?” ... Disse perfidamente Clelia:” Che ci pensi lui a convincerti?”

“No…no...no…!” Mormorò Beatrice. Terrorizzata fece cenno di no con il capo, impaurita e sconfitta ubbidì e mentre si asciugava le lacrime si inginocchiò. Il grassone allungò le gambe con le cosce talmente grosse simili a mortadelle pelose davanti al suo volto.

Alzando gli occhi vide avvicinarsi al suo viso il cazzo di Giovanni semiduro.

“Insalivalo bene!" Le disse Giovanni:" Poi ti dedicherai ai coglioni … Mi raccomando! ... Voglio

sentire bene la tua lingua vellutata! “

Beatrice si avvicinò, sentì il pene tiepido e moscio sbatterle sul viso e anche i testicoli grossi e pelosi ondeggiare davanti alla sua bocca.

Con le lacrime agli occhi, si preparava a fare ciò che le avevano richiesto.

Con due dita prese il cazzo mollo di Giovanni e lo sollevò dal prepuzio madido di urina,

intravvedendo scappellandolo la punta del glande.

Voleva andare via, finire tutto al più presto e si avvicinò.

L’odore era forte e le aggredì le narici, mentre lui appoggiandole la mano in testa l'accompagnò

sul glande e seppur con ribrezzo, lei incominciò a leccare.

Sentiva il sapore di urina la bocca e vide comparire una gocciolina sul meato che senza volerlo

portò via, proseguendo a leccarlo a lingua larga, come se fosse un gelato.

Pian piano senza rendersi conto entrò nella parte della schiava e iniziò, mettendoci più impegno su incitazione di Clelia a leccargli le palle, giù, giù, fino quasi al sedere.

Giovanni iniziò a reagire con dei suoni animaleschi. Il suo cazzo si stava gonfiando fino a

diventare un’asta dritta e pulsante.

“Ha visto che bello?... È brava!! …. Esclamò rivolgendosi a Clelia. È riuscita a farmelo diventare duro, non è facile e non tutte le prostitute con cui vado ci riescono. Ma lei si!... C'è riuscita!... Bravissima, si vede che ha della predisposizione!” Le sussurrò.

“Vorrà dire che alla fine di questa storia te la regalerò e te la terrai con te!” Esclamò ridendo Salvatore, mentre Clelia diceva:

“Scommetto che ora muore dalla voglia di assaggiarlo! Su! ...Signora Gometti si dia un pò da

fare, sia brava!... Lo succhi !!... Lo succhi come si deve!... Avanti su! .... Lo spompini bene!!” Le ordinò Clelia stringendole il polso obbligandola a rimettere la cappella di quel pene schifoso e pulsante dentro la bocca.

Beatrice credete di svenire. Senza riuscire a celare il proprio disgusto, iniziò a muovere la testa su

e giù. Si concentrò sul movimento cercando di ubbidire agli ordini di Clelia che la incitava, lasciando che le guidasse l’altra sua mano sui testicoli che lunghi ondeggiavano sotto il pene battendo sulla seduta della sedia che sembrava dovesse sfasciarsi da un momento all’altro sotto il suo peso.

Cominciò ad accarezzarli a palparli. Il contatto con la mano delicata di Beatrice lo fece fremere di

soddisfazione.

Clelia le spinse più in basso la testa, spingendogli dentro quel cazzo maleodorante e Beatrice,

istintivamente cercò di lasciarlo e tirarsi indietro con un senso di conato.

“Avanti su! ... Apri bene la tua bella boccuccia che sorride sempre mostrando i denti bianchi e succhia...!” Gli ordinò con voce roca ma autoritaria Giovanni. “Mettici il massimo impegno!!”

Beatrice sentì il suo sapore acidulo, di urina e di sporco invadergli la bocca e già quel gusto le

portò la nausea. In preda ad una frenesia incontrollabile Giovanni glielo spinse tutto dentro, fino

alla gola, facendole avere un riflesso di vomito.

“Aaah !!!” ...Sospirò di piacere soddisfatto Giovanni.

L'aveva spinto in bocca fino ai testicoli ed ora lo stava facendo andare avanti ed indietro fra le sue

labbra umide, gorgogliando di piacere.

Le teneva la testa tra le grasse mani penetrandola in bocca, soffermandosi, quando arriva vicino

alla gola, il tempo necessario a contemplare l’espressione stravolta del suo viso, sull’orlo del

soffocamento, per poi indietreggiare e toglierlo facendole prendere aria.

Usava la sua bocca come una vagina e godeva nel vedere le smorfie di lei, gli occhi spalancati e

umidi di lacrime quando spingevano giù fino in gola, fino a farle mancare il respiro per alcuni,

interminabili secondi.

Andò avanti così per alcuni minuti, finché si irrigidì per ritardare l'eiaculazione, Beatrice capì da

come quel cazzo le pulsava in bocca, che quell'essere schifoso e orripilante stava per venire.

“Guardami!!!...Guardami!! Ti sto per sborrare in bocca! “

Le gridò Giovanni strabuzzando gli occhi e dondolando forte il suo collo taurino sudato e facendo ballare il doppio mento… e la sua massa lardosa sulla sedia.

Con un grugnito si immobilizzò scuotendo tutto il suo lercio e sudato grasso, facendolo traballare

per tutto il corpo fino alla sedia. Beatrice cercò di togliersi, di fare uscire quel cazzo fetido dalla sua bocca, ma lui la tenne con le mani ferma e stretta per la testa sborrandogli dentro.

Una crema vischiosa cominciò a riversarsi sulla lingua. Il getto era abbondante e prolungato come

se quel grassone non eiaculasse da molto tempo.

Beatrice sentiva gli schizzi caldi in bocca, dal sapore rancido, di mandorle, mentre avvertiva la sua asta che li si ammosciava sulla lingua.

Voleva prendere aria, le mancava il respiro, ma il porco le chiuse il naso con due dita, obbligandola contro la sua volontà a deglutire tutto, sperma e saliva.

Quando le lasciò andare le narici strette ... prese una boccata d'aria, sentendosi terribilmente

umiliata, oltraggiata. Aveva inghiottito il seme maleodorante di quel lercio individuo, mentre Clelia con un sorriso sarcastico la sollecitava:

“Su da brava!!... Ora puliscilo bene…. Non vorrai che il signor Giovanni si sporchi le mutande!”

Ridendo forte tutti e tre i soci.

“Scappellalo bene e puliscimi, anche le ultime gocce e tutto intorno. “Ribatte il grassone.

Una richiesta alla quale Beatrice si piegò senza discutere alla loro volontà, ormai completamente

sottomessa... vinta.

Con una smorfia di disgusto, tenendo il cazzo ormai mollo, fermo tra due dita lo portò verso alla sua bocca e cominciò a leccarlo, prima sul prepuzio, poi il meato e poi attorno al glande raccogliendo alcune gocce di sperma che erano fuoriuscite.

Cercò di consolarsi pensando che almeno non era stata chiavata da quel mostro fatto di lardo.

In quel momento avvertì lo sguardo vizioso dei tre sulla sua pelle nuda.

Clelia le fece cenno di alzarsi e lei si mise in piedi cercando d'istinto, pudicamente, di proteggersi il seno con un braccio e mentre tornava a mettersi una mano davanti al pube per coprirlo, si sentì un battimano:

"Brava!! … Veramente Brava!! Complimenti!" ….

Era Salvatore soddisfatto di lei. Poi guardò Clelia sorridente esclamare:

"Finora lo fotografata e ripresa con lo smartphone… Ma chissà?... Potrebbe anche fare qualche video porno vero!!"

A quelle parole le si gelò il sangue nelle vene, si gettò in ginocchio davanti a lui con gli occhi

umidi supplicandolo:

" No!... Questo no! … La prego!... Farò tutto quello che vorrà ma questo no!... Sono una madre!!"

Dall’alto arruffandole paternamente i capelli con la mano Salvatore gli rispose:" Vedremo! ... Dipende tutto da te!... Se farai senza storie e non disubbidirai a quello che ti chiediamo!"

Giovanni iniziò a rivestirsi senza nemmeno lavarsi, lo stesso fece Beatrice che iniziò silenziosa a

rimettere lo slip, portarsi nel cucinino e continuare rimettendo la gonna e la camicia trasparente.

Si sentirono forti i guaiti del cane, Giovanni prima di andare ad aprire la porta per farlo uscire, si

avvicinò a Beatrice traballando, infilandogli come un ragazzino, all'improvviso la lingua viscida in bocca baciandola ancora, palpandole il seno e il sedere per un’ultima volta, annusando forte il suo buon profumo sul collo oramai misto alla sua saliva.

Beatrice sorpresa restò di ghiaccio, non disse nulla e lasciò fare, dopo ciò che aveva subito

queste erano piccolezze.

Erano tutti vestiti, Salvatore fece un cenno a Beatrice di sedersi, che ubbidì Giovanni aprì la porta al cane che uscì come una furia, saltando e abbaiando terrorizzando Beatrice, osservandola ringhiando con la bava sul muso.

"Cucciaaa!! “...Le urlò Giovanni e lui dopo avergli leccato la mano, ubbidì al comando del suo grasso padrone e si accucciò silenzioso vicino a lui.

Chiacchierarono tra loro come se non fosse successo niente, mentre Beatrice tesa e angosciata

ascoltava, incrociando lo sguardo di quel molossoide nero che la osservava sempre soffiando con la lingua fuori e la bava alla bocca che le colava.

“Non avere paura…” Disse Giovanni:” … ti guarda perché gli piaci, ti vorrebbe chiavare anche lui!” E rise assieme agli altri.

Beatrice sconvolta e sgomentata lo osservò, probabilmente era vero quello che diceva, e aveva il terrore di quel cane.

Poco dopo si alzarono, Salvatore la prese sottobraccio dicendole:

"Venga signora Gometti . Scendiamo!... L'accompagno!"

Giovanni si avvicinò, allungò la mano e le mise qualcosa nella tasca del tailleur.

Uscirono dall'appartamento seguiti da Clelia, mentre Giovanni restò dentro con il suo grosso cagnaccio.

Beatrice mise in viso i grandi occhiali scuri che Clelia pronta le fece togliere subito per essere riconosciuta da tutti quelli che la vedevano con loro.

L'accompagnarono fino alla macchina posteggiata lungo la via.

“Arrivederci allora! “Esclamò Salvatore a Beatrice che rispose con un arrivederci freddo e

staccato.

Fuori e sola, prima di aprire la portiera e infilarsi in auto, mise la mano nella tasca ed estrasse

della carta. La osservò, era una banconota verde da cento euro, la guardò attonita e incredula.

Giovanni l'aveva pagata. Come se fosse stata una puttana vera.

Allibita la guardò ancora stupefatta e smarrita quella banconota, poi la rimise in tasca, entrò in auto, accese il motore e partì.

 

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