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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

METAMORFOSI DI UNA MOGLIE VIRTUOSA

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

CAP. 6 IL GIOCO CONTINUA

 

 

 

Stefy tenuta per il braccio e sospinta da quell’Antoine era spaventata di trovarsi nel pianerottolo dell’atrio del palazzo con quel vestitino succinto e volgare. Aveva timore di essere vista da qualcuno... che anche se non la conosceva potesse giudicarla male. Si vergognava.

Era indecente, si sentiva davvero una prostituta come quella ES che Antoine voleva che diventasse. Sembrava in punta di piedi su quei tacchi vertiginosi, con quelle belle gambe affusolate, lunghe e nude che lasciavano nei movimenti con quel gonnellino aderente e corto, intravedere i glutei, pieni e carnosi e la linea orizzontale di congiunzione tra il retro coscia e la natica. Era straordinariamente volgare.

Una volta fuori nell’atrio, spingendola in avanti a forza, Antoine le lasciò il braccio e lei si incamminò davanti a loro verso l’ascensore, traballando e sculettando involontariamente a causa dei tacchi a volte tenendosi in equilibrio con la mano appoggiata alla parete...

Daniele la seguiva sorridendo guardandole il sedere ancheggiare e spostarsi lateralmente ai movimenti dei passi e noi di fianco a lui la osservavamo.

Con la borsetta a catenella dorata a tracolla dondolante sul fianco, sembrava una battona vera. Vederla muoversi in quel modo era eccitante per me, era provocante, diversa dalla signora e moglie per bene che era.

Non riuscivo a crederci, di vedere la mia Stefy vestita da puttana, da battona.

Con quel mini abito arrivavo finalmente ad apprezzare appieno il suo sedere seducente, desiderabile, eccitante, fasciato dal vestitino rosso e obbligato dai tacchi alti a ondeggiare sempre più indecentemente. Quel sedere ambito da molti e spesse volte sognato da me, ma che non mi aveva mai concesso per morale, cultura, per motivi etici, religiosi e filosofici; lasciandolo per sua scelta nella sua castità anale e quindi nella sua verginità.

“Sei diventata una puttana meravigliosa con quel vestitino amore…” Pensai soddisfatto osservandola.

E riflettendo considerai:” Quell’Antoine ci sa fare con le donne, è riuscito a trasformare Stefy in così poco tempo.” E poco mi importava se lei si comportasse così perché lo temeva e ne aveva soggezione. “È stata una fortuna incontrarlo, speriamo che riesca a farle fare ancora qualcosa, a disinibirla di più…”  Pensai ancora.

Arrivati all’ascensore Daniele bloccò le porte scorrevoli con il piede in modo che non venisse richiamato.

La parete frontale della cabina ascensore, quasi completamente era un grande specchio, che iniziava trenta centimetri dal pavimento e saliva fino alla stessa distanza al soffitto.

Stefy fu sollecitata ad entrare:

” Entra e rispecchiati… guardati bene come sei! Ora sei Es…” Le disse Antoine.

Lei una volta dentro si specchiò e quando si vide si osservò incredula, il suo volto cambiò espressione diventando sgomento, sbarrò gli occhi e socchiuse la bocca e sconcertata esclamo: “Mio Dioo!!!... Sono!... Sono scandalosa! Oscena conciata così.” Stringendo le gambe e mettendo una mano sulle cosce come a volerle nascondere.

Antoine la corresse dicendo:

“No! Non sei oscena... Sei solo puttana. Ora sei Es e non più Stefy. Stefy non esiste più.” E allungando il braccio alla sua nuca esclamò con stizza:” E ora togliti questo chignon da signora borghese e per bene che non lo sei più…” E prendendo da dietro il grosso mollettone che le teneva in ordine i capelli e aprendolo e togliendolo con rabbia le sciolse lo chignon lasciandole cadere i capelli disfatti sulle spalle:” …  e ruota su te stessa e guardati bene anche di fianco e dietro.” La esortò

Noi tre eravamo uniti spalla a spalla uno all’altro come complici e la osservavamo sia direttamente dietro sulla schiena e su il sedere, che davanti riflessa nello specchio, e in quella posizione senza volerlo con le nostre schiene ergevamo come una barriera chiudendola dentro.

Lei assecondando la voce di Antoine, ruotò su sé stessa osservandosi incredula allo specchio. Un conto era sentirsi addosso il vestitino e immaginarsi, ma un altro vedersi completamente dalla testa ai piedi e in tutti i lati; e si guardava e lo guardava.

Il vestito era davvero sexy e mini in stile francese, un miniabito a salopette, color porpora come la lussuria, con una gonna cortissima e stretta che le fasciava la pelvi, il sedere e i fianchi, quasi schiacciandoli violentemente contro di esso, evidenziandone i rilievi anatomici in modo volgare ma erotico.

Stefy si osservò quasi esaminandosi, incredula che fosse lei a indossare quell’abitino, iniziando da quelle scarpe anch’esse rosse con i tacchi altissimi. Poi a scrutarsi le gambe che le tremavano per la tensione e la postura di essere su quelle calzature traballanti. Si osservò le cosce e gli inguini appena coperti, verificando salendo con lo sguardo che anteriormente la stoffa rendeva evidente e indecoroso anche se sexy il suo modesto pronunciamento del ventre, dove invece di nasconderlo come faceva lei con i suoi abiti, il tessuto, lo rilevava maggiormente mostrandolo.

Alzando lo sguardo sulla sua immagine riflessa nello specchio vedeva che proseguiva in un riquadro a pettorina, aderente e sensualissimo fino alla parte inferiore del seno, ed arrivava a stento a coprire i capezzoli, lasciando vergognosamente le parti superiori e laterali delle mammelle completamente nude agli sguardi di chi osservava. Aveva lo sguardo smarrito, confuso, non credeva che potesse essere lei quella figura, quella donna riflessa.

Seguendosi sempre con occhi indagatori e scandalizzati, oltre il seno rilevava un’ampia scollatura al petto, che lei mai aveva portato così evidente e indecorosa e che nell’osservarla lasciava intravedere riflesso allo specchio la provocazione sensuale del suo seno nel movimento ai suoi respiri lunghi e intensi, assieme al turbamento nei suoi occhi.

Proseguì ancora a esaminarsi in quello stato indecente e vide che la parte superiore della pettorina, si agganciava tramite anelli dorati a due nastri di stoffa regolabili che si portavano dietro le spalle, scendendo sulla schiena nuda rendendola meravigliosa. Si indagava dubbiosa con occhiate imbarazzate sull’abitino, un conto era sentirsi addosso quel tessuto minuscolo, un altro vedersi con esso sul corpo.

D’stinto si ruotò di fianco e si osservo dietro vedendo i due nastri di stoffa rossa percorrerle la schiena e raggiungere il tessuto porpora che le fasciava  stretto il sedere, dove si univano ad esso, lasciando il margine superiore di quel  gonnellino allentato dalla prominenza esterna dei glutei maturi e dalla curvatura  fisiologica della colonna vertebrale che nella zona lombare  creava l’incavatura; dando modo di scrutare la differenza tra l’abbronzatura e il candore pallido del suo fondo schiena.

Era esterrefatta a vedersi e a sentirsi in quell’abbigliamento, era turbata, non poteva credere di essere lei quella donna e continuava a scrutarsi anche nei particolari osservando che le bordature ai margini del vestito erano evidenziate da un’applicazione di strass brillante, che luccicava ai riflessi della luce dell’ascensore assieme alla sua pelle inumidita dal sudore.

Si guardò ferma in piedi con quella borsetta a tracolla e la catenella dorata sulla spalla, come una battona vera, era sconvolta.

Restò ferma, attonita per alcuni secondi rispecchiandosi con gli occhi spaventati e pensando allarmata:” Questa non sono io, non sono Stefy…! Questa è quella ES che vuole quel porco depravato…”  Ma la voce inaspettata di lui la distolse dal suo pensiero dicendole autoritario: Spogliati!”

Lei tramite lo specchio mi guardò negli occhi, rispondendo sorpresa: “Come?”

“Spogliati! Voglio che ti veda anche nuda.” Ripeté lui.

“Mah…!!” Tentennò mia moglie sempre osservandomi cercando visivamente il mio aiuto, il mio soccorso.

Ma io a quella scena e a quella richiesta avvertivo il sangue ribollirmi e crescere in me un forte turbamento, un’eccitazione perversa a pensarla nuda in quell’ascensore, in un posto pubblico sotto i loro sguardi.

Non riuscivo ad immaginare che reazione avrebbe avuto a quella pretesa che avevamo tutti percepito come un ordine.

Per un attimo fui preso dal dubbio che quell’Antoine stesse esagerando nelle sue richieste, visto che l’avevano già contemplata nuda nel retro del locale e anche che io assecondandolo e approvando che il gioco si spingesse così avanti, rischiassi troppo da un punto di vista coniugale. Ma ero troppo eccitato in quel momento per riuscire a farli smettere e lo lasciai continuare. 

E lui divertito, ascoltava in silenzio le lamentele di mia moglie.

“Ma se mi vedono?” Obiettò Stefy, aggiungendo subito:” …Padrone!” Immedesimandosi nel gioco e in quella ES che voleva lui.

Poi voltandosi verso di me mormorò:” Luca… ?!”  Facendomi capire se doveva compiere anche quell’atto.

Come ad acconsentire, risposi ancora come lui. “Non c’è nessuno Stefy, sei in un ascensore, ci siamo noi davanti, ti sei già spogliata nuda di là…. Anche se lo fai qui è come se non lo facessi. Lo sai, ne abbiamo già parlato.”

A quel punto Antoine provocatoriamente con espressione seria e voce autoritaria chiese:” Vuoi smettere?!”

Stefy mi guardò confusa, lei avrebbe voluto smettere subito, dire di sì, si…finiamo tutto, ma io mormorai prima che dicesse qualcosa:” È quasi tutto finito amore…”

Lei allora esitò guardandomi smarrita, si leggeva in viso la sua preoccupazione, il suo timore ma anche la sua eccitazione, nonostante la situazione di disagio e inquietudine che viveva. Il suo respiro era diventato frequente e veloce in quell’ambiente piccolo dell’ascensore dove sembrava mancarle l’aria.

Il suo silenzio, la sua esitazione a rispondere mi teneva sulle spine, se avesse detto sì, il gioco finiva lì, se no, significava che si assoggettava realmente a lui e saremmo andati avanti. Fece una pausa osservandomi sempre con occhi timorosi, ma rassicurata dal mio sguardo e dall’espressione tenera del mio viso, dal mio sorriso e come a sfidare sé stessa, il suo timore e la sua vergogna incespicando le parole balbettò:

“N-o!... Con-tinu-o”.

A quella affermazione mi rilassai e mi si aprì il viso in un sorriso maggiore, ma ero eccitato e preoccupato dal suo stato emotivo e da quella sua accettazione passiva, forzata a sé stessa, il gioco inconsciamente lo accettava, le piaceva, probabilmente ora con quel miniabito si sentiva realmente coinvolta da quella atmosfera libidinosa, forse si sentiva parte di Es.

Capivo che ci eravamo portati più avanti di quello che immaginassi e avevamo discusso io e lei. Avevamo già superato il limite che mi ero imposto, ma mi dicevo:” Se lei accetta perché la devo fermare io?” 

Non domandandomi minimamente perché acconsentisse, né preoccupandomi del suo stato emotivo, e senza neppure chiedermi dove e quando ci saremmo fermati e cosa sarebbe successo dopo. E scelleratamente pensavo ancora:

“Forse ha ragione davvero quell’Antoine quando dice che quella condizione a cui è sottoposta le piace davvero. Se no perché avrebbe acconsentito di proseguire?” E comunque l’eccitazione e la libidine prevalsero sul ragionamento che facevo e restai silenzioso.

Antoine con tono alto e suadente, le disse severo: “Ubbidisci al tuo Padrone!”

E per rassicurarla a proseguire viste le sue esitazioni, aggiunse: “Anche tuo marito lo vuole, hai visto?! Togli il vestito!” Ripeté e perfido continuando deciso e severo: “Ma voglio che sia tuo marito a farlo, non tu!” Sorprendendomi di quella richiesta:” … Deve essere lui a spogliarti. Affermò.

 “E tu!” Disse rivolgendosi a me: “La spoglierai completamente nuda come una puttana, e lo farai davanti a me il suo Padrone e me la offrirai.”

A quelle parole inaspettate ci fu silenzio, eravamo sorpresi, ci guardammo negli occhi, quella situazione mi eccitava e forse anche a lei che non disse nulla, abbassò solo lo sguardo al suo.

Io ero assurdamente eccitato da quel gioco, mi piaceva doverla spogliare e offrirla ad Antoine che la disinibisse come aveva già incominciato a fare e acconsentii accalorato, guardando mia moglie negli occhi.

Sentite le sue parole, Stefy inaspettatamente prima di lasciarsi spogliare, sporse la testa verso l’esterno dell’ascensore, come a voler guardare nel corridoio e nell’atrio del palazzo ad assicurarsi personalmente che non vi fosse nessuno.

 

Dopo una breve occhiata rientrando il capo, con esitazione, ma senza pudore Antoine mi esortò:” Vai, spogliala e offrimela.”

Eccitato all’inverosimile ad essere io a spogliarla nuda davanti a quegli uomini, mi avvicinai, con lei ferma e silenziosa che mi guardava negli occhi. Esitante e impacciato le sganciai le spalline di nastro rosso dagli anelli dorati della pettorina, facendo scendere appena libera senza fatica la parte anteriore sul ventre, mostrando nuovamente il seno bianco e gonfio nudo ai nostri sguardi.

Poi mi fermai indietreggiai di un passo e sempre dietro lei osservandola rispecchiata, mi piegai, presi sui fianchi il vestitino per i bordi superiori della gonna e iniziai non senza difficoltà per l’aderenza del tessuto al bacino a tirarla giù a strattoni, prima scoprendole il sedere e il sesso e poi con più facilità ancora giù, lungo le cosce fino alle caviglie, lasciandola completamente nuda.

Mi alzai e preso oramai dal gioco, recitai ad Antoine senza che lui mi chiedesse nulla, con voce rotta dall’eccitazione e dalla libidine quella frase sull’offrirla, quella specie di formula e dissi:

“Ecco Antoine ti offro mia moglie nuda affinché tu la educhi e la disinibisci!”

Lui sorrise della mia partecipazione rispondendo: “Bene! Io l’accetto e la educherò alla sottomissione e all’obbedienza…” Cambiando i termini della parola disinibire con sottomissione e ubbidienza, ma non ci feci caso, pensando che fosse una sua mania quella, un suo modo di esprimersi.

Stefy mi guardò attraverso lo specchio con uno sguardo offeso, ma non disse nulla.

Era bellissima con l’illuminazione artificiale dell’ascensore sopra la testa che come un raggio di sole la illuminava tutta.

Il suo corpo piacente e armonioso nell’ambiente chiuso, emanava sensualità e profumo, scontrandosi con gli sguardi eccitati e libidinosi di quei due quasi sconosciuti.

Lei stessa nel vedersi nuda allo specchio e scrutata dagli occhi viziosi di Antoine e Daniele si eccitò molto, rossa in viso, sudata, lo dimostrava con i capezzoli turgidi e dritti come chiodi, e con le mani dietro al sedere si mostrava nuda allo specchio e di riflesso ai loro occhi che la osservavano davanti e dietro. 

Restò imbarazzata notando tramite lo specchio, lo sguardo libidinoso di Antoine al suo fianco, fissare insistentemente il suo sesso peloso nello specchio e in esso la mirabile fessura, dischiusa oramai dalla continua eccitazione sotto la peluria arruffata. Sentendosi mormorare all’orecchio:” Troppi peli sulla figa, da signora per bene…da casalinga…” E notò anche lo sguardo di Daniele piegato ad ammirare lascivo il suo fondo schiena, tanto vicino che sembrava volesse odorarlo e tutto quello la eccitava e non poteva celarlo ai suoi capezzoli che lo mostravano ed eccitavano anche me.

Antoine sorridendo le ripeté: “Sono certo che sei bagnata sulla figa e tra le cosce e se ti passassi la mano tra i peli mi bagnerei tutte le dita.”

Stefy ebbe un sussulto a quella esclamazione, ma non rispose continuando a fissarsi nello specchio, aprì e chiuse gli occhi, avvampando in viso. Sperava che non lo facesse, che non la toccasse lì, anche se nel chiudere gli occhi certamente in quel momento lo desiderò. Aprendoli saltuariamente e guardandomi percepiva la mia eccitazione, come io la sua.

A un certo punto Antoine mi disse:” Accarezza la figa a tua moglie e dimmi se è bagnata…”  Non voleva farlo lui personalmente, non lo riteneva ancora il momento, voleva andare per gradi con Stefy e coinvolgere me più che poteva…

Lo feci volentieri, ero eccitatissimo, avvicinai la mano e Stefy si irrigidì ma restò ferma immobile, non protestò. Le passai la mano sui peli da in mezzo alle cosce in su, accarezzandola appena. Lei rossa in viso, non guardandomi strinse forte le gambe e fremente si piegò in avanti in un istinto di protezione, prendendomi l’avambraccio e togliendomi la mano dal sesso, per non gemere e godere davanti a quegli uomini. Era tutta bagnata.

Antoine osservò tutta la scena e mi guardò sorridente: “Hai visto!!” Disse:” Se la tocchi ancora un po’ la fai venire qui in piedi, le fai avere un orgasmo davanti a noi.” Lei vergognandosi enormemente per quella verità, abbassò gli occhi ai suoi e non disse nulla.

Assurdamente ero felice e divertito anche perché lei a suo modo ci stava, passiva, ma partecipava al gioco… e Il mio pene era talmente eretto dentro i pantaloni, piegato a forza e soffocato dallo slip, che oltre al piacere dell’erezione mi doleva dandomi sensazioni perverse.

“Sposta il vestitino di fianco con il piede…” Le disse e mentre lo faceva, Daniele si chinò, allungò il braccio e lo prese, ammirando il suo sesso e la sua fessura vulvare dal basso, soffermandosi un attimo a respirarne il profumo, Il calore e l’eccitazione. L’ambiente piccolo e l‘accaloramento continuavano ad aumentare la frequenza dei suoi battiti cardiaci e dei respiri, rendendoli più ansiosi e affannosi.

Antoine le disse:” Resta ferma ancora qualche secondo che ti farò provare un brivido forte e trasgressivo, intenso. T i farò vivere l’ebrezza del peccato, facendoti salire nuda con l’ascensore in cima al palazzo, per poi riscendere immediatamente giù.”

Stefy sorpresa, a quelle parole obiettò: “No!... Così nuda no! Non voglio.”

“Non ti vedrà nessuno.” Rispose lui: “Una volta su, premerai il pulsante terra che ti porterà subito giù. Vedrai!... Sarà bello, pura adrenalina, sentirai brividi di piacere e batticuore, eccitazione e timore insieme, sensazioni ed emozioni nuove, mai provate. Fidati e ubbidiscimi!!” Le disse.

Antoine con scaltrezza e abilità, aumentava sempre più il limite della trasgressione di Stefy, ci portava sempre a fare un qualcosa in più di quello che pensavamo fosse il termine, eravamo già giunti ad un punto che non avrei mai immaginato, e vedere Stefy così assoggettata a lui, nuda e fremente, mi piaceva, mi eccitava si, …tuttavia mi rendeva anche geloso e allarmato.

E prima che Stefy replicasse e dicesse qualcosa, Antoine la spinse con la mano verso l’interno e subito premette il tasto tre, togliendo rapido il braccio mentre le porte scorrevoli iniziarono a muoversi. E mentre le due parti di chiusura si congiungevano ripeté nuovamente: “Quando sei su premi il pulsante terra e ritorna giù.”.  

Ma in quel momento le porte si chiusero e l’ascensore partì con Stefy nuda dentro che pronunciò qualcosa che non capimmo.

Antoine prendendomi per un braccio mi invitò a ritornare nella saletta riunioni dicendo:” Vieni! Ti devo parlare. Andiamo nella saletta, a tua moglie l’aspetterà Daniele e ci raggiungeranno lì tra due minuti.”

Seppur controvoglia, pensando che mi volesse dire qualcosa che Stefy non doveva sapere lo seguii.

Entrando chiuse la porta, prese da un mobiletto una bottiglia e si verso da bere dicendomi:” Vuoi bere qualcosa anche tu? Ci sono anche delle bibite e acqua se vuoi…” No grazie risposi seppur accaldato.

Era soddisfatto, e sorridendo mi informò:

“Es, tua moglie, è predisposta, l’ho osservata bene e vedrai che si assoggetterà facilmente e presto diventerà una moglie sottomessa, una buona schiava. C’è da lavorare ancora un po' sul suo aspetto e sul look… ma vedrai che la trasformeremo.”

Curioso e stupito, chiesi: “In che senso è predisposta?”

E lui ridendo rispose: “E’ predisposta a essere sottomessa. Hai visto? Ha fatto tutto quello che gli ho chiesto, si è spogliata nuda per ben due volte, l’ho sentita eccitata e timorosa di me, abbassare lo sguardo quando alzo la voce, è incline alla sottomissione credimi…” Mormorò aggiungendo ancora: “A lei piace essere così!... Essere esibita!... Mostrata!... Ubbidire!... Ne prova piacere a essere guardata nuda.”

Quelle parole mi dettero fastidio provocandomi un nodo alla gola di preoccupazione e una forma di gelosia. 

Mentre discutevamo, sentimmo la porta aprirsi di colpo e vedemmo entrare Stefy spaventata e nuda, oscillando e ancheggiando sui tacchi alti, appoggiandosi a tutto per non rischiare di cadere.

Era intimorita e agitata, farfugliava.

“Mi hanno fotografata nuda nella scala…” Lamentava confusamente:” … Daniele e una coppia che non conosco.”

Aveva il fiatone e non riusciva a parlare, la feci sedere, presi una bottiglietta e le feci bere un sorso d’acqua. La calmai e mi feci spiegare cosa era successo, e iniziò dicendo affannata:

” Ho dovuto scendere dall’ultimo piano a piedi… nuda!!” Proseguendo: “Non so come spiegarmi, ma l’ascensore non tornava più giù, premendo il tasto terra, si chiudevano le porte scorrevoli, per riaprirsi poco dopo sempre allo stesso piano. Non sapendo cosa fare e avendo paura di rimanere lassù ed essere vista nuda da qualcuno, decisi di scendere giù a piedi cercando di coprirmi le parti intime con le mani. Al secondo piano ho incontrato Daniele che alle mie richieste di aiuto rispose ridendo, accendendo le luci a tempo della scala e fotografandomi con lo smartphone.” Poi sospirando proseguì: “Visto che non mi aiutava, ma si limitava a fotografarmi nuda, sono sceso al piano di sotto, dove ho incrociato una coppia sul pianerottolo che mi guardava e rideva, lui chiedendomi se cercassi compagnia a pagamento e lei anziana e grassoccia. Non si spostavano, mi sbarravano la scala e ho dovuto passare nuda a forza tra loro e appena l’ho fatto l’uomo mi ha toccato il seno e accarezzato il sedere... Dioo!!... Che vergogna!... Che umiliazione! All’improvviso hanno riacceso la luce e anche loro si sono messi a fotografarmi e mentre lei ridendo mi scattava fotografie, sono fuggita via di corsa.”

Antoine la guardò e poi sorseggiando il suo whisky disse fingendosi sorpreso:” Non riesco a capire come possa essersi bloccato l’ascensore.”

Nel mentre io cercai di tranquillizzarla e di minimizzare l’accaduto dicendole che era stato un guasto e certamente un imprevisto del gioco.

A quella parola” gioco”, come svegliandosi da una catalessi e realizzando quello che aveva fatto, sbarrò gli occhi e si alzò: “Ah sì!!” Esclamò irritata: “Un imprevisto del gioco? Beh! A me questo gioco non piace, ho giocato solo per te. E poi ho dei dubbi su questo fermo all’ascensore... penso che sia volontario.”

E avvicinandosi al tavolino con i suoi indumenti, tolse quelle scarpe con il tacco e in un moto di disprezzo le gettò con il piede contro il muro, prese i suoi indumenti e rimettendo il suo slip e il suo abito, e irata ribadì verso di me:” Intanto nel tuo gioco mi hanno fotografata nuda e hanno le fotografie. E poi!... E poi…! Sono tua moglie se non ti ricordi e chissà che uso ne faranno.”  E parlottando da sola mentre si vestiva mormorò:” Guarda un po' cosa mi è toccato fare per accontentarti…per amore!”

 

Quello delle fotografie, non andava giù nemmeno a me non facevano parte delle regole di cui avevamo discusso. Chiesi il perché delle foto e Antoine rispose:

“È una mania di Daniele, fotografa tutte le belle donne che vede, non ti preoccupare ve le farò restituire”. “E gli altri due?” Chiesi:” Chi erano?”

“Mah!... Non saprei…Saranno turisti o condomini del palazzo, ma non mi preoccuperei, non sanno nemmeno chi è ES, comunque cercheremo di recuperarle.”

Stefy adirata da quello che era accaduto, in un momento di razionalità e orgoglio esclamò a voce alta: “Interrompo tutto e subito... basta! ...Basta con questa buffonata, ho fatto cose di cui me ne vergognerò per tutta la vita.” Poi guardando me proseguì: “Il gioco è finito, non avrei nemmeno dovuto iniziarlo, mi vergogno e mi pento di quello che ho fatto.”

Pensai subito che era di nuovo in preda a una crisi morale e difatti non mi sbagliavo.

Ci fu silenzio… la guardavamo rivestirsi...

Daniele sulla porta appena entrato e sentito tutto guardando Antoine esclamò: “Bene! Se il gioco è finito, pubblicherò le foto sul mio sito internet.”

Stefy adirata non lo guardò nemmeno in faccia esclamò solo:” Ci provi e io la denuncio…”

Era ritornata quella di prima, la Stefy che conoscevo io.

Nella fretta di andare via dalla saletta, da quella situazione e da quelle persone, uscì scalza, con gli infradito in mano e sulla porta con sfida rivolgendosi a Daniele ripeté ancora: “Se prova a pubblicarle la denuncio.”

Antoine intervenendo affermò: “Fa come vuoi, ma anche a te piace questo gioco, ti ho vista in ascensore quando ti guardavamo nuda... ti piaceva, eri eccitata e ubbidiente.”

E alzando la voce: “Tu! … Sei fatta per questo, per esibirti, essere mostrata e sottomessa… vedrai che ritornerai, ormai sei la mia schiava. E il gioco non è finito, ma continua!”

Stefy usci indignata sbattendo la porta…

Mi avviai anche io dietro lei, mentre Antoine alterato ammonì:” Se volete le fotografie, vi aspetto di là al caffè le triangle stasera sera!”  Non risposi e uscii.

La situazione di quello che era successo mi aveva preoccupato ed eccitato. Aver visto Stefy davanti a loro vestita in quel modo e poi nuda, umiliata, ubbidiente e aver scoperto la sua eccitazione e il suo provare piacere a quella condizione a quello stato di sottomissione mi aveva elettrizzato. Osservare Il suo corpo fremente di libidine e vergogna, rispondere ai loro sguardi, al pensiero mi provocava un turbamento perverso che mi invogliava a continuare il gioco.

 

Uscii di corsa inseguendola e la vidi seduta sullo scalino fuori del portone dell’atrio con occhiali e cappello a falde intenta a rimettersi gli infradito ai piedi, la raggiunsi e alzatasi le passai il braccio sulle spalle e ci incamminammo.

Era tesa. Le scese una lacrima da sotto gli occhiali scuri che asciugò con le dita, non parlava. Io continuavo a stringerla in silenzio e a camminare.

Giungemmo in albergo dopo dieci minuti. Entrata in camera Stefy sconfortata si sedette nel letto, era atterrita, le accarezzai i capelli, piangeva in silenzio. Le domandai perché si era arrabbiata in quel modo?

“Perché?” Rispose asciugandosi le lacrime: “Non sono motivi validi per adirarsi l’essere vestita da puttana, vista e fotografata nuda?... Io, una signora seria, stimata e rispettata. Passi il fatto che ho dovuto umiliarmi davanti a loro a farmi vedere nuda, che era una tua fantasia trasgressiva, ma il resto?? Le foto? Possono rovinarci... ci pensi!? Ho una reputazione, un lavoro con un ruolo di responsabilità, con collaboratori e dipendenti. Sono pentita di quello che ho fatto. Daniele ha detto che le pubblicherà su internet.”

Era sinceramente preoccupata e aveva gli occhi umidi.

Poi spaventata disse: “Fermiamoci qui, basta giocare, ti prego, godiamoci la vacanza solo io e te e nient’altro. Andiamo da un’altra parte, un’altra città. “Ed esternò le sue paure: “Ci sono stati momenti che non mi capivo, ero confusa. lo pensavo davvero come mio padrone, sentivo la subalternità a lui, non ero sicura di me. Mi intimorisce quell’uomo. In quella circostanza, mi sentivo annullata, scarsamente reattiva, c’è stato un momento che ho pensato di essere veramente ES la sua schiava, la sua puttana.” Fece una pausa e emise un lungo sospiro, aveva voglia di sfogarsi e io in silenzio sedendomi nel letto affianco a lei l’ascoltavo.

“Non so cosa mi sia accaduto, né perché, ma c’è stato un momento in cui accettavo e mi piaceva quella condizione.” Pronunciò spaventata. Poi angosciata mi guardò dicendo mentre seduto affianco a lei l’abbracciavo:” Mi fa soggezione quell’Antoine... mi spaventa… e il sentirmi ripetere che sono la sua schiava, la sua puttana, che devo chiamarlo padrone, mi è entrato in testa, mi spaventa, non so reagire, mi dà smarrimento.”

Era visibilmente tormentata con una sorta di malessere a parlare di lui e mostrava tutta la sua fragilità e insicurezza di donna.

Poi con tenerezza ripeté: “Andiamo via Luca, andiamo in un'altra città o torniamo in Italia ti prego. Non voglio più giocare, non voglio più vedere quell’uomo ho paura.”

Era diventata timorosa, vulnerabile e insicura di sé nell’avere scoperto di provare piacere a ubbidirgli e a immedesimarsi in quella ES.

L’abbracciai, era tesa e tremante, la baciai in fronte accarezzandola sul viso e sul capo, la sentii turbata e scossa, e mentendo per giustificare il suo stato d’animo le dissi coccolandola:” E ‘normale che ti senti così amore, che il gioco abbia modificato la tua percezione di essere nella realtà, e che in alcuni momenti ti sentissi realmente quello che interpretavi e ti veniva ordinato; sia la subalternità ad Antoine, che lo scoprirti eccitata e anche provare piacere in quella condizione, perché senza saperlo stavi recitando. Recitavi una parte, quella di Es e ti immedesimavi in lei e vivevi tutte le percezioni del suo personaggio, è come le attrici e gli attori che si immedesimano nella parte che recitano, si chiama metodo Stanislavskij, dal nome dell’attore e regista che tanti anni fa l’ha inventato...” Feci una pausa aggiungendo:” …   l’ho letto sul giornale tempo fa, è un metodo che usano molte attrici, si basa nell’entrare psicologicamente nel personaggio e nelle sue affinità, nel suo mondo interiore e fonderlo con quello appartenente all'attrice, al punto che l'esternazione delle emozioni e sensazioni non sono più dell’attrice ma del personaggio che interpreta. E tu stavi interpretavi Es quando ti piaceva e ti sentivi attratta.”  Tirò su la testa dalla mia spalla guardandomi e dicendo:

“Davvero è così?”

“Ma si amore, le attrici lo fanno tutti i giorni per lavoro e tu lo hai fatto senza rendertene conto… inconsciamente.” E stringendola a me la baciai in fronte continuando:

Ma non è preoccupante se ti sei anche eccitata, è capitavo anche a me nel vederti in quella situazione, sono reazioni normali.”

E stringendola sempre a me le ripetei:” E stato solo un gioco, una trasgressione, noi ci amiamo e come vedi per tua volontà è finito tutto e dimenticheremo in fretta.” La calmai e si tranquillizzò.

Nel contempo sentimmo squillare il telefono interno, alzai la cornetta e l’uomo alla reception mi informò:” C’è qui un signore che gli vuole parlare.”

Gli chiesi di farsi dire il nome: “Daniele!” Rispose subito dopo:” Mi ha detto che si chiama Daniele.”

Dissi a Stefy mettendo giù la cornetta, che era Daniele che voleva parlarmi.

“Non ci andare!” Mi intimò allarmata.” Lascia perdere quella gentaccia allontaniamoli.”

“Ma scendo giù solo io ad ascoltare, tu resta qui!” Esclamai con un comportamento protettivo nei suoi confronti... Ma lei intimorita replicò: “No! Non andare Luca.”

“Forse ha le foto da darci!” Risposi. “Stai tranquilla, scendo solo io, tu aspetta qui!”

 

Giunto nella hall lo vidi in piedi che mi aspettava, aveva una borsa di nailon nera in mano. Ci sedemmo nelle due poltrone dove quella sera li avevo visti per la prima volta guardare Stefy.

Daniele mi spiegò: “Antoine è alterato, ma dispiaciuto della reazione di tua moglie, in fin dei conti non le è stato fatto niente che lei non volesse, quello dell’ascensore è stato un incidente, non imputabile a lui, stavamo divertendoci tutti, E.S. compresa.” Appresi che anche lui chiamava ES mia moglie e non Stefania, ma continuai ad ascoltarlo. “È dispiaciuto che quei due turisti incrociandola siano stati irrispettosi fotografandola.” E aggiunse: “Anch’io sono dispiaciuto mi scuso con ES per il mio comportamento che l’ha fatta arrabbiare.” Sembrava sincero e dispiaciuto. E continuò a parlare:

“Il signor Antoine vi aspetta al caffè Triangle verso sera, vuole incontrarvi personalmente tutte e due. Vi darà le fotografie, anche quelle della coppia, che ha individuato al bar e ha recuperato.

Poi sarà ES a dirgli personalmente che non vuole più continuare il gioco.” E, porgendomi la borsa di nailon nero che conteneva lo stesso vestitino e le scarpe che aveva indossato nel pomeriggio, disse: “Antoine gradisce che ES. lo rimetta per venire all’incontro.” Salutò educatamente e uscì.

Continuavano a chiamare mia moglie ES ...  e quello mi infastidiva e eccitava.

Tornai in camera con il sacchetto.  Mia moglie appena mi vide chiese cosa volesse Daniele e cosa ci fosse nella busta nera, era agitata e nervosa.

La tranquillizzai e le spiegai:” C’era solo Daniele giù e mi ha detto che se vogliamo le fotografie dobbiamo ritornare stasera al caffè le Triangle dove Antoine ce le darà. Ha recuperato anche quelle della coppia…” Aggiungendo:” … Daniele si è scusato, ha detto che è dispiaciuto dell’incidente dell’ascensore…”                             

“Sì!! Incidente...” Borbottò.” E’ stato voluto altroché.”

Poi ripensando alle foto esclamò: “Ecco… vedi!! Ci ricatta. Se non torniamo la in quel locale non ce le dà!”

Ma no risposi: “Guarda se vuoi non andiamo, non va più nemmeno a me in questo momento, sei fragile, insicura, suggestionabile.”

“E le mie foto??... Non ce le darà se non faccio quello che mi chiede, se non andiamo da lui.” Ripeté.

Le domandai: “E allora cosa hai intenzione di fare? Sono stanco e timoroso anch’io di questa situazione che si è creata, doveva essere solo una trasgressione divertente e si sta rivelando un tormento.”

“Non lo so!” Rispose; “Vorrei quelle foto, ma ho paura ad andare da loro.”

 “Paura di cosa.” Domandai?

“Di quello che ti ho esposto prima, del suo modo di trattarmi, di guardarmi di considerami davvero la sua schiava... e di come reagisco e mi sento io davanti a lui.”

“Ma no Stefy!  Lui ti tratta così per suggestionarti, per divertirsi con te, per vederti nuda, se tu non vuoi, nessuno può obbligarti ad essere schiava. Figuriamoci!” Affermai. “Comunque non importa!” Esclamai.

Ero in uno stato, di timore ed eccitazione anch’io in quel momento che non sapevo cosa dire, né cosa fare.

Per rompere quella situazione di tensione e preoccupazione e cercare un’atmosfera diversa, di rilassamento e tranquillità, cercai di prendere la situazione dalla parte piacevole dicendole sorridente:

“Mi sembrava però che oltre ad intimorirti, la trasgressione ti piacesse a giudicare dalla tua partecipazione e dalla reazione del tuo corpo.”

“Stupido!” Esclamò offesa, poi come confessandosi e liberandosi da ciò che aveva dentro ammise: “Te l’ho detto prima e sono stata sincera, ci sono stati momenti che ero smarrita, non mi riconoscevo più neanch’io e mi immedesimavo in quella ES che diceva lui. In alcuni periodi non capivo il mio ruolo vero qual era, chi ero. È vero, in alcuni momenti senza volerlo, contro la mia volontà ho provato piacere a quella condizione umiliante, ma ero come costretta da qualcosa dentro di me, non sapevo ribellarmi, ero succube. Non me l’aspettavo nemmeno io Luca di avere quelle reazioni!” Poi come per giustificarsi, con timore mormorò:” Te l’ho detto, quell’uomo mi mette soggezione, imbarazzo, inferiorità, mi intimorisce, come te lo devo dire? Smettiamo ti prego, andiamo via ho paura”.

“Ma di cosa hai paura?”

“Non lo so! Ho paura… paura di lui…”

Non aveva mai fatto così, mi supplicava di smettere, dicendo che aveva paura di lui e della situazione che le aveva creato, allora per intuizione dissi:

“Hai paura di non controllarti?... Di cedere nuovamente a lui e al suo modo di trattarti?... Di non riuscire a restare Stefy... di diventare ES se te lo chiedesse di nuovo?”

Subito cercò di tergiversare negando, poi presa dalla rabbia, dal timore e dall’impulso esclamò:” Si…si Luca…ho anche paura di me stessa, di provare attrazione e piacere per quella condizione, per quello che mi impone, ho paura che mi piaccia, per questo voglio andare via.”

La osservavo, era insicura di sé, il suo timore era di essere soggiogata da lui e aveva paura che le piacesse quello che gli ordinava di fare. A vederla in quello stato scelleratamente mi chiedevo se quella sua insicurezza non fosse un’occasione per osare di più, un’opportunità per disinibirla davvero dopo tanti anni, in fondo quell’Antoine era bravo… E dentro di me continuava a celarsi un turbamento perverso, speravo di giocare ancor a un po’ con loro, dove lui l’avrebbe suggestionata e disinibita ancora un pochino, per poi lasciarla andare e tornare da me sconfortata e mortificata a farsi coccolare, dopo aver fatto qualcosa di peccaminoso, magari accarezzandola nuda e facendola godere …

E in quel momento avrei anche voluto vedere Stefy come avrebbe reagito a una nuova sottomissione da parte sua, come si sarebbe comportata, se davvero era come diceva lei che era spaventata che le piacesse, o era solo un pretesto, una bugia per far smettere tutto il gioco? E se fosse stato vero? Se le sarebbe piaciuto davvero, fino dove sarebbe arrivata?

Cosi turbato anch’io come soluzione proposi:

“Ascolta amore! Stasera andiamo al caffè Triangle, gli chiediamo le fotografie e sentiamo cosa dice, vediamo cosa succede, poi decideremo il da farsi, se non ce le darà, ritorneremo in albergo e domani partiremo.” 

Sinceramente neanch’io prevedevo come sarebbe stata l’evoluzione di quell’incontro, ma ero curioso ed eccitato e la convinsi che era l’unica soluzione per avere le fotografie e chiudere tutto.

Stefy era insicura, indecisa e timorosa, non avrebbe voluto andare e titubante mi domandò:” Ma dobbiamo proprio andare?”

“Sarebbe la soluzione migliore.” Risposi.

La vidi riflettere e poi esitante dire: “Tu mi starai vicino vero?”

“Ma certo amore!” Risposi sorridendole:” Sempre…”

“Non mi lascerai più sola come in ascensore?”

“No, stai tranquilla!”

Ripeté ancora stringendomi la mano e appoggiando il capo sulla mia spalla: “Stammi vicino ti prego Luca!”

“Stai tranquilla!” Ripetei coccolandola.

 E lei chiede ancora intimorita: “Non mi spoglierò più nuda?”

“Noo!” Risposi:” Non lo farai più, lo farai solo per me.”

La calmai ancora ripetendo: “Andiamo a prendere le fotografie e torniamo indietro.”

La mia vicinanza le dava sicurezza, ero il suo punto di riferimento, in me deponeva tutte le speranze e le paure. Non potevo tradire la sua fiducia, ci amavamo, la sentii legata a me e profondamente mia… ma pensavo anche scelleratamente:

” Ma infondo di cosa ha paura?” E mi rispondevo:” Solo di un gioco, una trasgressione, ha paura che gli piaccia? Se è così meglio, bene, vorrà dire che ne avrà un bel ricordo se le piace. “

Lei restò in silenzio, dopo una pausa esitando accettò:

“Va bene Luca, accetto di ritornare in quel locale, a condizione che prenderemo solo le fotografie e non parleremo con loro, non c’è niente da discutere con quella gente perversa. “

D’accordo!” Risposi.

Si alzò e mi abbracciò, si strinse forte a me, sentii il suo capo appoggiarsi sulla mia spalla con tenerezza.

E nell’abbracciarmi vedendo il sacchetto nero sulla sedia che avevo portato su staccandosi disse: “Cosa c’è in quel sacchettino nero?”

“Il vestitino di oggi, Antoine vorrebbe che tu lo rimettessi stasera per andare da lui…”

“Cosa??...Quell’uomo è un pazzo, un perverso, un degenerato ...” E si sfogò inveendo contro di lui. “Non metterò mai più indumenti del genere… vestitini da puttana.” Esclamando inoltre nella sua rabbia: “Mi vestirò come voglio io… come sono io, da signora per bene, da Stefania e non da battona e da ES come vorrebbe quell’uomo degenerato.”

E preso con rabbia il sacchetto con l’indumento e le scarpe dentro, lo getto nel cestino della spazzatura con brutalità, si rimise in ordine con il suo abbigliamento solito, sobrio e castigato, mise la collana e gli orecchini di perla, si pettinò e prese lo scialle da sera, che io amorevolmente le appoggiai sulle spalle coprendole e abbracciandola e baciandola, uscimmo per andare a cena.

Stefy era bella e attraente, anche se il suo viso mostrava apprensione.

Al termine della cena uscimmo e mano nella mano determinati passeggiammo verso Le Triangle, pronti a far fronte a quell’Antoine.

 

 

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