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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

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L'ETA' DEL DISINCANTO

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

“L'incomprensione tra le persone è simile a un percorso in un labirinto: più ci si addentra per trovare la via d'uscita e più ci si ingarbuglia.”

Emanuela Breda.

 

 

CAP. 5  IL LITIGIO 

 

 

Cumpà nel suo modo di fare, i suoi atteggiamenti e la sua personalità era convinto di piacere alle ragazze. Non le guardava con desiderio e amore come dovrebbe essere a quell’età, ma con sessualità, superiorità e risentimento, voleva solo fotterle(chiavarle). Era il tipico personaggio che se qualche ragazza per educazione o qualsiasi altro motivo le faceva un sorriso, lui lo interpretava in modo diverso dallo scopo per cui lo aveva fatto, convinto che fosse perché lui le piaceva.

E così gli atteggiamenti allegri, frivoli, le battute spiritose anche se offensive con gli sguardi fuggevoli, di sopportazione e compatimento di Cristina, che magari incontravano involontariamente i suoi occhi, nella mente narcisista di Cumpà venivano captati e interpretati in maniera non corretta, come segnali di disponibilità che lei le faceva perché gli piaceva e lo voleva.

Ma non era assolutamente così, era una sua interpretazione narcisista. 

Come detto, riguardo a Cristina non perdeva occasione se la incontrava sola o con le amiche, anche con noi vicino a lui, di fermarla e ripeterle i soliti inviti sconci fatti di frasi volgari e irriverenti, anche se detti con tranquillità e il sorriso. Per lui era corteggiarla, ma per lei era essere molestata, ma visto che non c’era modo di fargli cambiare idea e che comunque non si allargava troppo, lei da sola o d’accordo con le amiche lo lasciava parlare, perché come si diceva a Milano, sapeva che intanto era inutile lavare la testa all’asino o provare ad allontanarlo, non sarebbe andato via. E allora quando la tallonava, Cristina ne approfittava e si divertiva e lo prendeva un po' in giro proseguendo il suo cammino. 

Però nonostante la volgarità e tutte le oscenità e stupidaggini che diceva Cumpà, non le rincrescevano i suoi sguardi sfrontati, insolenti e virili e il fatto che la desiderasse sessualmente e glielo dicesse sfacciatamente con ignoranza, senza rispetto, in modo esplicito toccandosi i genitali sopra i pantaloni e sorridendo quando lo faceva.     

Cumpà anche se non sapeva cosa significasse comunicava con il linguaggio del corpo. Le faceva capire quello che pensava o provava verso lei volgarmente, con i gesti, le espressioni del viso, attraverso i movimenti degli occhi, la postura del suo corpo e con il comportamento esibizionista, spavaldo e volgare; dal farle l’occhiolino a mettere le labbra protruse in fuori in segno da inviarle un bacio. Le inviava segnali di interesse sessuale fino a mettere la mano sui suoi organi genitali e accarezzarseli sopra i pantaloni, sfregandoseli con le dita guardandola negli occhi sorridendo e invitandola alla madonetta. E quell’atteggiamento a Cristina la imbarazzava e disturbava molto.

Era un gesto di forte maleducazione e mancanza di rispetto oltre che osceno e sessuale che compiva per mostrarsi e farle capire cosa volesse da lei e cosa volesse darle lui e nonostante la volgarità del gesto e del contesto e l’ostentazione di inciviltà e indecenza, a volte pur apparendo animalesco era ridicolo.

Cristina indignata e scandalizzata si voltava dall’altra parte, non voleva vederlo fare quei gesti verso lei. Non sopportava la volgarità e lo schifo e forse il turbamento che le faceva provare sfregandosi con le dita il pene guardandola sorridendo.

Quando purtroppo si incrociavano, perché seppure eravamo due compagnie diverse sia di giorno che alla sera frequentavamo gli stessi luoghi e il minigolf, lui vedendola con le amiche o anche assieme a Giulio, mentre lui non se ne accorgeva, le faceva ammiccamenti, e li utilizza come messaggi che per lui corrispondevano ad una sorta di: “Ti ho notata! Ti voglio!” 

Spesso Cristina avrebbe voluto dirlo a Giulio che continuava a importunarla, ma sapeva che avrebbero litigato e si sarebbero picchiati, Giulio era geloso e l’avrebbe affrontato e difesa e non voleva che scendesse al livello di quello zulù. Se, se ne fosse accorto e avrebbe detto qualcosa, sarebbe stato pronto allo scontro, alla rissa. 

“Non vedo l’ora di rompergli quella bella faccia delicata… che piace tanto a tutte le ragazze e a quella chiavainculo (Cristina).” Ripeteva frequentemente con invidia parlando di Giulio.

Le attenzioni di Cumpà andavano oltre il gioco, oltre quella competitività che c’era sempre stata tra i nostri due gruppi, oltre la rivalità verbale. Lui voleva dire e fare qualcosa in più. 

E così lui circondato dal suo branco di randagi, quando lei era in compagnia di Giulio e lui non lo guardava, la fissava intensamente, attratto da lei e dal suo corpo e la guardava ma non con emozione e attrazione d’amore, ma con sessualità e desiderio di rivalsa e di carnalità.

” Quella chiavainculo mi talia! (mi guarda!)” Mormorava a noi vicino a lui, volendo far capire che lei lo cercava con lo sguardo.

Ma non era vero, Cristina non sosteneva nemmeno il suo sguardo, quando si accorgeva che lui la osservava girava subito il capo. 

 

Un pomeriggio di metà luglio, noi del nostro gruppo eravamo seduti in un tavolino del minigolf distante una decina di metri dal loro. Eravamo su un dondolo quasi difronte, c’era Cristina chiavainculo come la chiamavamo noi, Giulio e una loro amica. E li sentimmo alzare la voce e discutere animatamente:

” Ci siamo, anche questa ‘anno … “Esclamò Salvatore dicendo a Cumpà:” Ogni anno litigano sempre almeno una volta.”

Solo che quell’anno dal modo di discutere, ci sembrò subito dall’inizio che stavano esagerando. Cumpà seduto con noi li osservava divertito.

Stavano discutendo per gelosia, perché lui aveva portato sulla moto a fare un giro un'altra ragazza. 

Cumpà sentendola con la sua voce squillante reagire sbottò:

“Minchiate… chiavainculo ha bisogno solo di una bella minchia per calmarsi…” E rise quasi da solo, accompagnato da alcuni di noi che si misero a ridere assieme a lui.

Arroganti e permalosi, senza preoccuparsi che altri sentissero la loro discussione continuavano alzando sempre più la voce, al puntò che la loro amica dopo averli invitati ad abbassare i toni, si alzò, li salutò, e si allontanò lasciandoli soli, perché quella discussione era diventata un litigio. 

Alle accuse di gelosia di Cristina, lui dopo aver tentato di spiegarle il motivo senza riuscirci del perché aveva portata in moto quella ragazza, a un certo punto preso dalla rabbia iniziò a dirle:

“È assurdo Cry…possibile che debba sempre giustificarmi?... Non posso portare nessuno in moto se non lo dico a te?” 

Lei ribatté risentita:

” Non ho detto nessuno…. ho detto nessuna, al femminile, lo capisci l’italiano?”

“Lo capisco benissimo…” Ribatté.

“E allora! … Ti piacerebbe se io mi facessi portare in moto da un altro ragazzo o da altri?”

“No…non mi piacerebbe…” Replicò lui.

“E allur…!” Esclamò in dialetto milanese, facendo battutine sul fatto che lui non potesse muoversi liberamente, senza dover sempre informarla e giustificarsi.

“E tu allora con le tue amiche?” Domandò Giulio.

“Io cosa con le mie amiche?” Ribatté lei.

“Che vi fermate a chiacchierare e fare le stupide con il primo che capita e tu anche con quello zulù seduto su quel dondolo difronte a noi!” Esclamò guardandoci.

Lei senza nemmeno girarsi a guardarlo, sapendo già che c’era Cumpà con noi, avendoci visti arrivare, ribatté con uno:

” Stronzooo! Ci vai tu con quella gente lì! ... Con le terrone…”

Nella discussione non riuscivano a controllarsi e degeneravano sempre più nel linguaggio. Stavano esagerando tutte e due, nessuno voleva cedere all’altro… gelosi entrambi si incolpavano a vicenda. Comunque non era la prima volta che litigavano e si pensava che da lì a pochi giorni avrebbero rifatto la pace, ma non fu così. Lei pretendeva delle scuse che lui non le voleva fare perché a suo giudizio non c’era il motivo e lei invece le esigeva perché si riteneva tradita e offesa, e continuavano.

Cumpà dondolandosi con noi, sentendo e sorseggiando il frappè commentò a suo modo:

“Dei buffazzi…dei tumbuluna gli devi dare… (degli schiaffi)” Diceva in dialetto riguardo a Cristina.

Chiaro che tra Cristina e Giulio in quel momento c’era un'incapacità di comunicazione e di incompatibilità di vedute, ognuno voleva avere ragione a modo proprio e non cedere all’altro. Lei per vanità e superbia e lui per orgoglio. E quella incomunicabilità era destinata a peggiorare sempre più la loro discussione.

Giulio si era lasciato andare con commenti e battute su Cristina e lei per ritorsione non fu da meno su di lui, rincarando la dose con battutine fuori luogo.

Arrabbiata lo accusava di tradimento. Allorché Giulio gli rispondeva:” Io sono libero di fare quel che voglio.”

E lei di rimando replicare:” Anch’io allora posso andare a fare i giri in moto con gli altri ragazzi?  E questo che vuoi dire? Basta saperlo… ce ne più di uno che mi ha invitato e aspetta.”

“Si lo zulù! ...” Le rispose Giulio con cattiveria sorridendo perfidamente.

Lei sentendosi presa in giro ribatté agitata:

“Uè Giulio mena no el turun! (Ehi Giulio non menare il torrone, che significava non parlare a vanvera!)” Che era un modo di dire milanese.

“L’hai detto tu che ti corteggia…!” Si giustificò lui.

“Si anche lo zulù mi ha invitato a fare i giri in moto con lui, ma non è il solo… “Precisò risentita precisando:” E io non ho detto che mi corteggia, ma che mi molesta…!  Capisci la differenza o no? Comprendi l’italiano o sei come lui…?” E fece segno muovendo il capoverso Cumpà, che senza fare niente era entrato nel discorso del loro litigio.

“E se vado io in moto con qualcuno? “Ribatté Cristina:” Con lui per esempio? Tu come la prenderesti?”

“Male! …Prova andare in moto con quello là e poi vedi!” Esclamò serio e minaccioso mostrando gelosia e risentimento verso Cumpà.

“Cosa mi fai? “Domandò con aria spavalda.

“Lo vedrai…” Ribatté Giulio.

“Cos’è ora sei geloso anche di lui?! Del terrun , dello  zulù?” Domandò con un sorriso ironico Cristina.

“Chi? Io di quello lì?” Rispose scoppiando in una risata.

“Io geloso di quello… !?” Mormorò quasi da solo. “Tu piuttosto stai attenta che ti attaccano la terronite… Sospettosa lo sei già… stai diventando possessiva e gelosa come una terruncella!”

“Pirlaaa!” L’apostrofò lei risentita del paragone.

Lui intanto si era alterato e l’accusava:

“Sei minacciosa, non capisci una gentilezza…!” E lei gli rispondeva:

” La gentilezza ha un limite e non è portare dietro sulla moto le ragazze facendosi vedere da tutti. Facendosi stringere i fianchi e appoggiare il viso sul collo, facendo fare la figura della stupida cornuta alla propria ragazza. Cioè a me!!” Esclamò agitata.

“Ma quale cornuta?... Ma che dici Cry… chi ti ha mai tradito?... Nemmeno con il pensiero e lo sai!”

Litigavano, mentre Cumpà succhiando nella cannuccia il suo frappè ogni tanto staccava le labbra e diceva sorridendo: 

“A buffazzi, a tumbulate (a schiaffi) là devi prendere.”

Andarono avanti un po’ a discutere con i toni che si facevano più accesi e pesanti, e meno male che erano in un angolo separato del dehors.

A quel punto Cristina infastidita, per le battute di Giulio che trovava offensive nei suoi confronti e vista la sua persistenza a rispondergli e a voler avere ragione, si alzò per andarsene. Anche lui si alzò dietro lei per fermarla, prendendola per un polso per tirarla a sé e forse baciarla, abbracciarla e fare pace, ma lei di impulso diede uno strattone al braccio divincolandosi dalla presa sul polso e una manata sul torace che spingendolo indietro lo fece risedere nel dondolo e se ne andò furiosa. 

Se l’era presa tantissimo tanto da lasciarlo solo come uno stupido. Facendogli fare la figura del pirla e sentirsi in colpa.

Cumpà rivolto a noi, ci disse in dialetto:” Non ci sa fare con le femmine… a schiaffi doveva prenderla… è proprio una minchia quel ragazzo…”

                                                                                                                                 

Dopo quel litigio ed essersi lasciati in malo modo, nei giorni seguenti non si parlavano e si tenevano il muso, con lei che voleva apparire come se l’allontanamento di Giulio non le pesasse.... ed avere sempre il sorriso sulle labbra. Volevano entrambi mostrare indifferenza per l’accaduto ed aspettare ognuno l’altro che si facesse avanti e chiedesse scusa.

Distaccati cercavano di vivere la vita di tutti i giorni, con indifferenza.

Lei alla spiaggia, sul lungomare e al minigolf con le amiche che le davano ragione e faceva la sostenuta. Quand’erano in gruppo davanti al jukebox, della radio o del mangiacassette, all’ascolto della musica ballava da sola, muovendo le gambe e anche il tronco, guardandosi attorno sorridendo, facendosi vedere da Giulio allegra e felice, probabilmente come aveva visto fare a sua madre quando litigava con suo padre e mostrava superiorità e indifferenza. 

Quando si vedevano si guardavano ma non si parlavano, si ignoravano a vicenda, più lei che lui o si guardavano negli occhi a distanza, lei sempre con le sue amiche e lui con il suo amico Roberto e a volte io vicino che andavo anche da loro, mettendomi in disparte per vedere cosa succedeva; quando si sarebbero riappacificati.

Avevo l’impressione che lui nonostante l’atteggiamento di orgoglio che aveva cercasse il momento e il posto giusto per parlarle da sola. Lei guardandolo negli occhi, faceva la distratta sfuggendo subito allo sguardo, e secondo me lui ne soffriva di più.

Faceva la stupidina e Giulio la vedeva flirtare con tutti, che fossero attraenti o no. Lo faceva per dispetto, sfida, per provocarlo e adoperava l’arma migliore che aveva, la seduzione e il fatto di piacere molto.   

Quando era al minigolf con le amiche, faceva in modo che la sua postura seduta o in piedi fosse nella direzione esterna, al passaggio di qualche ragazzo o da chi era seduto di fronte mostrando qualcosa di sé, le gambe se aveva la gonna corta o gli short o il seno se aveva una camicetta scollata e aperta sul davanti e poco le importava se tra quelli che la guardavano ci fosse anche lui, quello zulù di Cumpà, tutto faceva brodo per ingelosire Giulio. Parlando con le amiche volutamente si sporgeva in avanti o con la schiena indietro contro lo schienale della sedia o del dondolo per dare un atteggiamento di sé provocante.

La sua espressione era di difficile interpretazione Il volto esprimeva emozioni diverse, alcune in modo volontario e altre inconsciamente. 

 

Cristina fingeva di appariva allegra e felice anche senza di lui, faceva la stupidina, flirtava scherzando con tutti, facendo i complimenti ai suoi amici per il vestire o il costume, si congratulava e giocava con loro e soprattutto faceva di tutto per farsi ammirare e desiderare al punto da scattare anche foto assieme a loro. E Giulio si ingelosiva sempre più. 

Ignorava i suoi sguardi e rideva facendogli capire che non era disperata e lo ignorava volutamente, ma dentro di sé voleva che lui si scusasse e tornassero insieme perché lo amava sempre. 

Gli faceva capire parlando con le amiche, che qualcun altro le dava attenzioni, le faceva apprezzamenti e volesse coccolarla, lasciando anche a Cumpà la possibilità di ingelosirlo; e si lasciava lusingare da lui quando la incontrava per strada da sola e la invitava a fare giri in moto alla madonetta anche se non accettava mai, dicendolo alle amiche perché Giulio sentisse che la molestava. E tutto questo per ingelosirlo.

“Ohh... non ho più chi mi protegge...!” Diceva forte e ironica:” Chissà se qualche cavaliere si farà avanti e mi proteggerà?”

“Da chi Cry?” Le chiedeva Ilaria ridendo.

“Da quel ciula di capetto!” Rispondeva per lei Stefy ridendo. E lei sospirando:

“Ebbene sì…anche lo zulù mi corteggia …” Dichiarava alle amiche ridendo. 

“Cry stai attenta con chel lì… (quello lì…) le un terrun non è come noi…” Le diceva Patrizia.

«Lo so Patry!  Ma alla nostra età bisogna divertirsi…” Rispondeva sospirando quasi giocando:

” … se non lo fai adesso, quando lo fai?” Sempre attenta che Giulio ascoltasse.

A volte faceva la misteriosa con il cappello a falde larghe e gli occhialoni grandi con le lenti rosse che le nascondevano il viso. 

Ignorava Giulio in compagnia soprattutto quando vedeva che andava verso lei o la guardava, subito si voltava fermandosi a parlare con qualche amica o amico vicino.   

 

Prima di giungere al cuore della narrazione e spiegare cosa avvenne in quel periodo, devo informarvi che successero vari episodi secondo me significativi, di preludio a quello che sarebbe accaduto dopo e che voglio riportare. 

Un pomeriggio come spesso, eravamo seduti sulla panchina del viale alberato vicino al dehors del minigolf, quello che giunti in fondo, svoltando a destra prima del ponticello romano portava al lungomare e quindi ai bagni e alla spiaggia.  Eravamo lì comodi a cazzeggiare e fumare le nostre sigarette italiane, le MS oppure le Colombo, le mitiche Colombo con il filtro bianco, a differenza delle loro che erano di marca straniera, Muratti Ambassador o le HB, che naturalmente avevano differenza di prezzo e di gusto, e con noi c’era pure Cumpà che fumava e parlava. 

A un certo punto vedemmo Cristina con la sua amica Stefania con le borse di paglia da mare avvicinarsi passando davanti a noi senza nemmeno salutarci per andare alla spiaggia.

Cristina aveva una camicia bianca a quadri di garza quasi trasparente, molto in voga in quegli anni che lasciava intravvedere il reggiseno sotto, un paio di short di jeans con una cintura dorata, aderenti a vita alta che le arrivavano ai lombi dietro e davanti quasi all’ombelico, coprendo le spine iliache del bacino. Gli erano aderentissimi, a pelle e gli stavano benissimo fasciando tutto il suo magnifico culetto dandole la forma anatomica come se fosse nudo, con il solco intergluteo profondo dentro tra le natiche e a vista. Davanti i jeans le arrivavano al limite superiore della coscia quasi agli inguini e dietro lasciavano scoperte la parte inferiore dei glutei mostrando la linea muscolare orizzontale di giuntura retro coscia-natica, che si muoveva e dondolava su e giù a ogni passo che praticava. Ed era erotica perché a guardarla faceva venire desiderio di averlo, toccarlo, possederlo quel suo meraviglioso culo. 

Calzava zoccoloni di tela chiara con borchie dorate attorno, che la slanciavano alta quasi più di Cumpà e le mostravano le gambe abbronzate, affusolate e lunghe. Giocava con la borsa da Spiaggia in paglia di raffia con stemma davanti che portava un po' per i manici e un po' a spalla, con dentro qualche musicassetta, il mangianastri oltre i suoi oggetti personali. Indossava grandi occhiali nuovi, con montatura bianca spessa e le lenti scure arrotondate, che le davano mistero ed eleganza.

Lui come al solito vedendole arrivare sole, con aria spavalda si alzò dalla panchina con la camicia aperta sul davanti e fuori dei pantaloni, i capelli lunghi e neri sulle spalle, mettendosi davanti a loro a braccia larghe come l’uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, nel gesto di fermarle. Dicendo:” Volete bere qualcosa?” 

Loro si fermarono e la Stefy perfida e provocatoria come solo a quell’età li si può essere sorrise prendendolo in giro:

” Cosa fai il cameriere adesso?” Gli chiese con la sua inflessione milanese facendo sbottare in una risata Cristina.

“No.…no…” Esclamò lui da quella risposta inaspettata:” … vi offro da bere!” E fece segno con la mano il minigolf di fronte.

“Cristina ridendo ancora della battuta rispose con la sua voce dolce altrettanto cattiva:” No grazie!... non possiamo farci vedere con voi, perderemmo punti!” Ridendo ancora.

Lui a disagio cambiò discorso e toccandosi i pantaloni nel cavallo e sfregandosi il pene davanti a loro guardandola disse:

“Ho saputo che sei sola…”

“Ma no!... Non vedi che sono con la mia amica…” Ribatté canzonandolo, guardando Stefy che sorrideva assieme a lei.

“No intendevo il tue ex… quella mezza sega…”

Lei scosse le spalle piegando il capo di lato come sorpresa:” Uhh… Sai tutto tu?!”

“Si…” Replicò spavaldo:” …. delle femmine che mi interessano so tutto…”

“Ohh Dioo femmine ci ha chiamate…… le proprio un terrun…” Esclamò Stefy con la sua cadenza dialettale.

“Ti posso portare a fare un giro in moto?” Domandò.

“No grazie!” Rispose lei.

“E allora stasera ci vieni con me al cinema a vedere qualche bel film, al buio soli io e te?” Si guardarono ancora in faccia Stefy e Cristina e risero insieme apertamente… 

“Oh segnur! Ma cosa la porteresti a vedere?” Domandò Stefy ridendo…

“Quello che vuole…. Film belli, comici, di Alvaro Vitale, Pippo Franco o Lino Banfi…”

“Si, magari Giovannona coscia lunga o Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta sola e tutta calda…” Dichiarò Stefy ridendo.

“Perché non ti piacciono?” Domandò lui ingenuamente.

“No!” Rispose ridendo Cristina.

“E Allora possiamo andare a vedere film erotici, stasera danno < Grazie zia!> Oppure qualche film di terrore…così se hai paura ti stringi a me…” Affermò sorridendo.

“Basta guardare te e il terrore è assicurato …” Esclamò di getto Cristina ridendo…

“Si guardarono ancora in faccia e si sorrisero nuovamente Stefy e Cristina, e l’amica sbuffò:” A lei piacciono film con trame elaborate, con colpi di scena… thriller o romantici, da seguire e ragionarci …”

“E ma quelli sono film da capire… a me non piacciono quelli.” Rispose Cumpà.

“È certo…” Rispose Stefy:” … Tu più che film di Ciccio e Franco e Totò non capisci…” Pronunciò ridendo e risero entrambe.

Lasciando perdere l’idea del cinema girando dietro di loro Cumpà le osservò posteriormente e tornando davanti disse rivolto a Cristina in mezzo dialetto meridionale con la sua solita volgarità:

“Minchia che culo che hai… fai alzare i morti… e che cosce…”

Lei abbozzo una espressione compiaciuta alla sua constatazione, senza dire nulla a quel complimento volgare, mentre la sua amica Stefy divertita e provocatoria guardandolo anche lei domandò:

“Ti piace?”

“Minchia se mi piace…!” Rispose ancora lui, come dire accipicchia.

“Be scordatelo allora!” Esclamò sorridendo alla sua risposta:” Non è roba per te. Puoi solo guardarlo.” E rise assieme Stefy guardando il sedere di Cristina con lei che voltando il capo al massimo, vanitosa cercava di osservarselo.

“Si può toccare?” Domandò Cumpà spavaldo avvicinandosi:

“No!  Assolutamente no! Guardare ma non toccare è una cosa da imparare!” Affermò Stefy.

“Va bene… ve bene …” Rispose lui alzando le mani sul petto rivolte con il palmo in avanti come se si arrendesse. Aggiungendo:

“Con sto culo ti porterei subito alla madonetta a fare un giro in moto, vieni? …”  Domandò sboccato e sorrise

“Vacci da solo …” Replicò pronta Cristina.

“Ehh... ma da solo che ci vado a fare?... Io voglio portarci a te… e starci un po', accarezzarti…”

Cristina intuendo subito la sua richiesta rispose sostenuta:

 “Ehh te le fai da solo le coccole… e le carezze…pensandomi.”

“Va’ bèn a fèr dal pugnàt… (Vai a farti delle seghe). Pensi a Cristina al suo bel sedere e ti sfoghi come fanno tutti i ragazzi.” Rispose in dialetto milanese Stefy ridendo entrambe.

Pugnat(sega) lo capimmo anche noi che eravamo seduti sulla panchina vicino e guardavamo il loro incontro, era un termine simile al nostro dire pugnetta ( sega), e Cumpà sorrise ma risentito.

E Stefy rispondendo al posto di Cristina di rimando continuò:” Scordatelo…portaci qualche terroncella che conosci tu alla madonetta… qualche sorella dei tuoi amici …” E si voltò a guardare noi che seduti nello schienale della panchina con i piedi sul sedile fumavamo.

Lui non rispose e mentre loro riprendevano a camminare, guardandole dietro il culo esclamò ancora:

“Minchia Cristina, si vede tutto il taglio del culo, e due meloni vicini…c’hai dentro i pantaloni… sono strettissimi. “Aggiungendo sorridendo: “E per i piriti come fai?”

Loro si fermarono un attimo, si guardarono e girarono la testa:” I piriti?” Ripeterono quasi assieme.

“Cosa sono questi piriti?” Chiese Cristina curiosa.

E lui candidamente:” Le scoregge!... Come fai a fare le scoregge con i pantaloni così aderenti e dentro u culu?” Facendo ridere tutti noi sulla panchina.

Cristina e Stefy si riguardarono in faccia e scossero la testa: “Pirla…!” L’apostrofò lei.

“Oh signur!  Andiamo via va Cry…” La sollecitò Stefania:” Guarda un po' cosa dobbiamo sentire dire da questo ciula(stupido).”   

“Le proprio un Ciaparàtt” l’apostrofò Cristina sorridendo all’amica e avviandosi.

E riprendendo a camminare sui trampoli di quei zoccoloni, sculettando con i suoi glutei che dondolavano su e giù e di lato divisi dal solco intergluteo profondo, con i suoi lunghi capelli biondi sulla schiena, si allontanarono.

Sapemmo solo inseguito cosa significava Ciaparatt (Acchiappa topi, buono a nulla).

 

Erano passati alcuni giorni dal loro litigio e non era cambiato nulla, nessuno dei due voleva abbassarsi all’altro e Cumpà non demordeva, in una riunione tra di noi una sera disse:” Quella chiavainulo è sfrontata ed emancipata, ma io non rinuncio a fotterla (a chiavarla).”

“Perché non la guardiamo nuda?!” Disse all’improvviso Nofrio sorridendo.

“Nuda come?!” Ripetè lui stupito.

” Mentre si cambia nella cabina, noi lo facciamo sempre con le milanesi, abbiamo fatto dei buchi dietro le cabine che vanno verso il mare e confinano e fanno da divisore con la spiaggia libera che frequentiamo noi. Siamo coperti dalle barche e ci mettiamo dietro un ombrellone aperto dietro sulla sabbia che ci nasconde dalla gente quando spiamo. Io e Totò abbiamo visto in questi giorni che lei ha la cabina lì, verso il muretto e oggi abbiamo fatto i fori anche in quella dove si cambiano Cristina e sua nonna.”

Lui si alzò passeggiando, tirandosi tutti i capelli indietro come in una coda per poi lasciarli cadere larghi aperti sul collo e sulle spalle e si rivolse a noi nel nostro dialetto:

“Io non la devo guardare dai buchi… deve finire questa sudditanza, io la voglio fare spogliare nuda davanti a me… e a tutti voi.”

Noi ascoltavamo in silenzio i suoi erano tutti propositi, desideri che condividevamo, ma che non si sarebbero mai potuto avverare, ma ci facevano fantasticare. E dopo un discorso e aver guardato lei seduta poco lontano, Cumpà esclamò:

“Va bene… domani andiamo a vederla io e te, mi fai taliare (guardare) da questo buco…poi potrete vederla anche voi… ma poi vedrete che io ve la farò vedere spogliata… nuda!” Pronunciò.

Sapevo che non sarebbe mai accaduto che la mostrasse nuda a loro e a me come diceva lui, erano solo parole per vantarsi, ma mi davano fastidio lo stesso che le dicesse e la guardasse spogliarsi in cabina. In un certo senso ero geloso e non volevo che la guardasse, che la vedesse nessuno nuda.

Ma come potevo fare? Non potevo dirlo direttamente a loro di non farlo, mi avrebbero riso addosso e mazziato, così quel pomeriggio pensai di dirlo a Giulio.

Poco prima che Cristina arrivasse ai bagni, sulla pedana di legno che scendeva alla spiaggia davanti al piccolo chiosco, c’era Giulio seduto a un tavolino come al solito con una bibita, che aspettava di vederla passare, si sarebbero guardati negli occhi nell’attesa che uno di loro avesse fatto il passo avanti di scusarsi.

“Cumpà con altri dalla spiaggia libera da dietro le barche e con un ombrellone aperto di traverso a nasconderli, che li riparava agli sguardi dei bagnanti attendevano davanti al buco della cabina. Mi avvicinai a Giulio e mi sedetti al tavolino con lui che mi guardò come chiedermi:” Che fai? Come ti permetti.”  E gli dissi sottovoce tradendo i miei amici:

“Guarda che di là dietro la cabina di Cristina hanno fatto dei buchi nel legno e c’è Cumpà con Nofrio che aspettano che arrivi per spiarla quando si spoglia… La vogliono vedere nuda.” Lo informai.

E lui mi domandò:” Come lo sai tu?”

“L’ho sentito dire ieri sera che hanno fatto i buchi e vogliono vedere la figa a Cristina.” Continuai di un fiato. 

Lui pensò un momento, come se riflettesse, poi forse per non apparire più geloso di quello che era mi esortò:

“Allora diglielo tu che sarai più credibile me… se glielo dico io può pensare che lo faccia per gelosia e non voglio darglielo da vedere.” E restò seduto sulla pedana in legno a guardare.

Quando Cristina arrivò sulla piattaforma di legno che portava ai gradini che conducevano alla spiaggia e a prendere la chiave della cabina per andare a cambiarsi, la osservai con il batticuore, ma lei non mi guardò nemmeno in faccia, passo davanti a Giulio con indifferenza e andò verso la sua cabina.

Restai di stucco che Giulio non la fermasse, rischiava davvero che Cumpà le vedesse la figa senza costume. Risoluto che dovevo fare qualcosa e impedirlo, decisi che a quel punto glielo avrei detto io, l’avrai informata e messa in guardia…. mi feci avanti. Mi alzai vedendola passare e mi avvicina davanti alla sua cabina prima che l’aprisse e entrasse. Lei mi vide e abbozzò un lieve movimento delle labbra in segno di saluto. 

“Ciao!” Dissi io.

“Ciao!” Rispose lei:” Come mai anche tu qui nella nostra spiaggia?” Mi domandò stupita.

“Sono venuto ad ’avvisarti di non andare a cambiarti e mettere il costume in cabina.” Esclamai guardandola bellissima e innamorato.

“Perché mai?” Domandò lei.

“Perché c’è Cumpà e il suo amico che ti spiano. Hanno fatto i buchi nel legno dietro la tua cabina per vederti e poi farsi le pugnette.”

“Cosa sono le prugnette?” Domandò lei togliendosi i grandi occhiali e guardando verso Giulio per farsi vedere che lo osservava.

“No prugnette Cristina…” Dissi agitato:” … pugnette, farsi le seghe spiando una ragazza nuda!” …Precisai.

“Ahh… masturbarsi vuoi dire?” Rispose.

“Non so se si dice anche così in italiano, ma è farsi le seghe!” Ripetei.

“Va bene ma adesso togliti, fammi passare che mi devo cambiare.” Rispose infastidita.

“Ma non hai capito che sono dietro la parete di legno e ti spiano.”

“Chi mi spia?” Ribadì di nuovo guardando ancora verso Giulio.

“Te l’ho detto Cumpà e il suo amico:

“Cumpà mi spia? “Esclamò con un sorriso vanitoso come se non le dispiacesse essere spiata da lui. 

“Si lo fanno tutti i giorni con le altre ragazze e ora hanno deciso di spiare a te, lui dice sempre, che ti deve fare diventare la sua femmina… stai attenta!”

Sorrise:” Ehh… ddirittura?”

“Si! È vero!  L’ho detto anche a Giulio che Cumpà è dietro la cabina per spiarti.”

“Ah sì! ... Glielo hai detto?... E che ha detto lui?” Chiese curiosa.

“Mi ha detto di dirtelo a te, che se lo saprai non entrerai…”

“Ah…ha detto così?”

“Si” Risposi.

Lo guardò da lontano con provocazione.   

Pensavo di farle un favore avvisandola a che non la vedesse nuda, invece come se non gli importasse o peggio volesse fare un dispetto a Giulio che osservava dalla parte opposta, consapevole che Cumpà l’avrebbe spiata, mi mise la mano sul torace spingendomi e dicendomi:

“Spostati che mi devo mettere il costume!” E mi spinse di lato.

“Ma Cristina non hai capito? C’è Cumpà di là dietro che ti spia.” Dissi io.

Ma non mi diede retta, aprì la porta ed entrò richiudendosi a cambiarsi, lasciandomi imbambolato fuori e a Giulio dall’altra parte seduto incredulo a guardarci. 

Restò alcuni minuti dentro, poi aprì la porta e uscì in costume bikini rosso e giallo a righe orizzontali allacciato con due gasse sui lati. Mi guardò, osservò con aria superiore e di sfida Giulio seduto poco di lato sul dehors per farlo ingelosire, come se fosse compiaciuta che quel terrone di Cumpà l’avesse spiata e forse visto la figa e il culo senza indumenti e si fosse masturbato per lei. Continuò a guardare Giulio, che seppur non si parlavano era sempre la sua ragazza, perché tali si consideravano entrambi pur essendo litigati.

Con i manici della sua borsa di raffia all’avambraccio, sulla mano una rivista e nell’altra gli occhiali da sole con le lenti scure che portò e li inforcò al viso, con i suoi zoccoloni e il suo culetto sodo  dondolante e sculettante si avviò lungo la passerella al suo ombrellone e alla sua sdraio vicino a sua nonna.

Io restai fermo incredulo, come Giulio dall’altra parte chiedendomi:

” Ma si è fatta vedere davvero la figa da Cumpà?” Rispondendomi:” O nel buio della cabina avrà visto ben poco?” 

Ero anch’io geloso di lei, ma soprattutto sconcertato che Cristina pur sapendo che lui la spiava si era cambiata lo stesso e messa il costume solo per fare dispetto a Giulio.

Con quel comportamento continuavano ad avere atteggiamenti tesi a ingelosirsi a vicenda e allontanarsi sempre più l’uno con l’altro.     

 

 

 

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