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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

cap. 16 spiaggia chiavata a cavalcioni1.jpeg

VIETATO AI  MINORI  DI 18 ANNI.

Note:

 

“Ascolterò il linguaggio del tuo corpo come la spiaggia ascolta la storia delle onde.”

(Khalil Gibran)

 

 

CAP. 16 IN SPIAGGIA A CAVALCIONI.

 

Potrei raccontarne altri episodi che lui, Cumpà, nella sua porcaggine e superiorità fece o le fece fare a Cristina per umiliarla, dal farsi prendere il caffe al bancone e farselo servire da lei al tavolino solo per farsi vedere da noi e da altri che lei lo serviva, ad altri episodi. Ma accennerò a quelli più significativi e come dicevo sopra a cui ho assistito io personalmente. Uno che mi colpì in modo particolare fu che un pomeriggio la fece girare senza mutandine e reggiseno sotto gli indumenti e ridendo ce lo diceva a noi che era intimo.

 

Lui, Cumpà era un porco educato male sessualmente dai fratelli maggiori, che si divertiva a sfogarsi sulle ragazze e soprattutto Cristina e quel pomeriggio dopo che l’aveva portata a chiavare alla madonetta, nel momento di rivestirsi, prese le sue mutandine e il reggiseno da appoggiate sopra la sua borsa e disse:

“Ora vieni giù così, senza niente sotto, andiamo a fare un giro, resti senza mutandine reggiseno per oggi!”

Lei lo guardò stupita:

“Ma che dici!  No dai… dammeli che mi rivesto.” Lo incalzava.

Ma lui insistette e se le mise dentro la camicia abbottonandola subito, allorché Cristina esclamò:

“Le mutandine dammele… dammi almeno quelle ho la mini!” Esclamò.

“No… vieni giù senza, andiamo al minigolf e poi a fare un giro…”

“In giro per la città così…senza mutandine? Ma scherzi, io non faccio queste cose e se qualcuno se ne accorge? Una ragazza per bene non gira in minigonna senza mutandine e io lo sono. Andare in giro in mini e senza intimo farei proprio la figura della troia o della buttana come dici tu!” Esclamò arrabbiata. 

“Ma anche se qualcuno te la vede che c’è di male?” Ribatté lui.” Ce l’hai uguale a quella delle altre…” E rise.

“C’è!...  In giro è pieno di deficienti che sbavano nell'intravedere un pelo pubico e molti a ragione sono quelli che pensano male di una ragazza solo perché è senza mutandine.” Aggiungendo:” Una ragazza che va in giro con la minigonna e senza mutande è una facile e poi proprio fisicamente mi darebbe fastidio non avere addosso le mutandine.” Precisò proseguendo: “Immagina solo se qualcuno mi nota e dice all'amico: <…guarda quella è senza mutandine…>, oppure se mi conoscono dire:< Hai visto la Cry… non ha le mutandine…  gira senza. > e va a finire che lo dice all'altro amico e così via. Che brutta nomina mi farei. Morirei dalla vergogna! Non uscirei più di casa…”

Ma lui insistette:

“Sei molto bella e fa solo piacere vederti la figa, quando cammini per strada e passi, tutti si girano per guardarti il culo.” Ribadì lui.

“Appunto, se ne accorgerebbero subito.” Ribatté ancora lei.

“Però per te sarebbe un misto di sensazioni fisiche e di fantasie mai provate. Ovviamente devi fregartene di quello che pensano gli altri.” La provocò.

“Non mi interessano queste cose, non mi piacciono queste porcate Cumpà. Io sono una ragazza seria e non mi va di fare queste prove. Figuriamoci! ...Non lo farei mai neanche pagata!!!” Affermò. 

“Ma lo farai gratis perché piace a me…” Rispose lui con un sorriso infimo e deciso.

 Lei lo osservò e intuì la serietà dell’insistenza ed esclamò:

“Senti Cumpà, questo no! La maggior parte degli uomini sono dei porci, immaginano che una sia subito disponibile, pronta al rapporto sessuale a vederla così. Io mi vergogno solo se si vedono le mutandine, figurati altro. E poi gli slip, in fondo, sono una piccola cintura di castità di tessuto, una protezione che ostacola anche simbolicamente il contatto e la vista diretta con i genitali femminili”.

“Lo farai!” Pronunciò lui serio.

“Ma che ti salta in mente oggi Cumpà?” Ribadì’ seria e infastidita:” Non vedi che ho la mini a gonnellino svasato, solo a sedermi sulla sella della moto si vedrebbe qualcosa e se dovesse alzarsi un po’ di vento la gonna gonfiandosi mostrerebbe tutto sotto.” Lui sorrise con quella smorfia da canaglia che a volte tanto le piaceva, ma non in quella situazione.

Ma con il suo carattere e il suo modo di fare, quel pomeriggio per convincerla a non stare a tergiversare tanto forse scazzato che non le ubbidisse, la prese per i capelli, glieli tirò forte attorcigliandoseli nella mano:

“Tu devi fare quello che ti dico io... hai capito? Sei la mia femmina…” Ripeté nauseando con sta storia della mia femmina…

“Mentre lei piegata in basso e di lato con il viso rivolto verso lui che le tirava i capelli. diceva:

” Si... si... va bene… ma non farmi andare in giro senza mutandine però!” E Cumpà scazzato gridò sempre tenendola per i capelli:

“Nuda ti faccio andare… Nuda … Senza vestiti se non fai quello che ti dico… vuoi vedere?” E si avvicinò a prendere gli abiti. 

“Si sì, va bene! Va bene Cumpà vengo senza mutandine come vuoi tu.” Rispose spaventata e rimessiva.

“E senza reggiseno…” Precisò.

“Va bene…” Rispose lei.

L’aveva domata e sottomessa ancora…. e lei assurdamente ci stava, faceva quello che gli chiedeva. Comunque lui non gliele diede le mutandine, lei alla fine fece come le diceva lui, salì in moto senza, appoggiando la figa direttamente sulla sella e andarono prima al minigolf e si sedettero a bere, con lei con un muso lungo un chilometro, tenendosi sempre il tessuto della mini in mezzo alle gambe, ma alzandosi e sedendosi il gonnellino la scopriva. E poi andarono a fare un giro a piedi sul lungo mare.

Qualcuno, compresi noi  che lo sapevamo e alcuni amici che informavamo con il passa parola man mano che incontravamo per strada dicendogli  che la Cristina o la Cry se la conoscevano era senza mutandine, in silenzio la guardavano, vedendo  e intravedendo la figa o il suo bel culo dietro con il suo taglio (come lo chiamavamo noi il solco intergluteo basso) e sorridendole davanti la imbarazzavano… Ma poi finì tutto così, con lei che per la prima volta dissentì apertamente da Cumpà, se lo avesse fatto subito quella sera alla spiaggia le cose certamente avrebbero preso un senso diverso e lei  si sarebbe presa qualche schiaffo da quel porco... ma sarebbe finito tutto  lì.  Invece…

Comunque i peli del suo tesoro intimo, a causa di Cumpà furono offerti anche alla vista di qualche fortunato signore attempato che in quel momento la osservava mentre erano seduti di fronte a loro. Forse anche lei eccitandosi un po’, ma quelle persone ebbero la sfortuna che del vento non c’è ne fu nemmeno l’ombra.

Spesso si appartavano anche alla sera, in genere Cristina con il buio non voleva andare alla madonetta a fare sesso, aveva paura dei maniaci nonostante tutte le raccomandazioni di sicurezza che le faceva Cumpà. Le veniva sempre in mente il film “Profondo Rosso “che era uscito da poco nelle sale e aveva visto, e le prendeva la paura e allora si appartavano alla spiaggia.

 

Quella sera fu una serata particolare, eravamo tutti al minigolf, c’era anche la compagnia dei milanesi che andò via alle 21.00 sul lungomare, anche molti di noi andarono via, al cinema. Restammo a giocare a flipper solo io e Nofrio, facevamo la gara tra di noi, chi faceva più punteggio vinceva e si faceva pagare da bere.  A un certo punto passò davanti Cumpà che andava a pagare le consumazioni sue e di Cristina e uscendo si fermò a parlare con noi a chiedere chi vincesse:

 “Io !!” Dissi. 

Poi ci guardò dicendoci:” E voi niente cinema?”

“No!” Rispondemmo.

“Siete senza soldi?”

Non rispondemmo né si, né no, alzammo le spalle dicendo:” Preferiamo giocare!”

“Ve lo faccio vedere io il film di una bella fottuta(chiavata), volete?”

“Certo!” Rispondemmo annuendo anche con il capo.

“Fatevi trovare tra un quarto d’ora nella spiaggia libera vicino ai bagni Angela, quelli in fondo al paese.”

“Ci fai vedere la chiavainculo?” Disse Nofrio.

“Si ma solo a fottere, niente ciclo… in spiaggia è troppo rischioso e poi Cristina deve tornare a casa prima che ci sono i genitori.” Rispose, aggiungendo:” Cosa credete… lei è una ragazza per bene, di buona famiglia nonostante si sia lasciata fare tutto da me.” E rise proseguendo: “La portò sulla spiaggia, lontano dal suo stabilimento dove va di solito. Fatevi trovare lì alle 22.00 e se volete vedere qualcosa restati nascosti e non fate rumore.”

Lui partì in moto e andò via con Cristina posteriormente, con la mini gonna dietro la sella svolazzante, mostrando il sedere e le mutandine. Noi finimmo la gara al flipper e partimmo subito per la spiaggia, i bagni Angela che era uno stabilimento abbastanza isolato, in periferia, affianco  alla spiaggia libera dove il  mese prima avevamo fatto il  falò e avevano litigato Cumpà e Giulio.

Arrivati mettemmo la moto lontano salimmo sul lungomare e scendemmo nell’arenile e andammo verso la riva e lo steccato di confine.  

Gli stabilimenti erano divisi dal lungomare che non era ancora rialzato da una fila di cabine, anche lateralmente che delimitavano il confine degli stabilimenti balneari privati dalle spiagge libere e poi l’ultima parte scendeva con lo steccato verso il mare. C’era poca gente sul lungomare periferico, erano tutti ammassati in centro, migliaia di persone, turisti. 

Gli stabilimenti erano chiusi e senza luci interne a quell’ora, illuminati soltanto dal riflesso dei lampioni sul lungomare, e in quegli anni i giri di guardianaggio degli stabilimenti iniziavano dopo mezzanotte. All’interno gli ombrelloni erano in fila tutti chiusi e le sdraio anche e piegate contro di essi in ordine, nella spiaggia pulita e lisciata.

Camminammo un po' in riva al mare chiacchierando:

“Se la fotte anche in spiaggia!” Disse Nofrio.

“Si ma dove? Qui la spiaggia libera è senza ombrelloni e anche se è buio c’è un po' di riflesso di luce e da venti metri si vede tutto.” Dissi io.

“Mah la porterà nello stabilimento…” Rispose.

“Nello stabilimento?” Esclamai stupito.

“Si, la è riparato, se si sdraiano tra gli ombrelloni e le sdraio che son messe di lato non si vede niente e non li osserva nessuno, ci vanno anche le coppiette di innamorati certe volte.”

“Si ma è privato! Se arrivano i proprietari…”

“No.… non vergono, i controlli incominciano in tutte le spiagge dopo la mezzanotte verso le due, le tre e se arrivano prima, fanno come le altre coppie si alzano e se ne vanno in riva al mare oppure vengono mandati via.” 

Ci affrettammo a metterci in un punto di confine, riparati da occhi indiscreti, in attesa di come muoverci in base a quello che avrebbero fatto loro.

Ci sedemmo al riparo delle cabine di confine, fuori dal chiaro cono d’ombra dei lampioni e restammo immobili per non essere visti.

A un certo punto sentimmo la moto di Cumpà arrivare, loro scendere e andare nella spiaggia libera in riva al mare, sedersi a guardare il mare parlando.

Dopo un po' si alzarono e camminarono in riva al mare per fermarsi di nuovo e abbracciarsi e baciarsi al centro della riva davanti allo stabilimento” bagni Angela”. Poi guardandosi in giro all’improvviso salirono verso l’interno e andarono su nella passerella e si fermarono a metà, si portarono di lato tra gli ombrelloni e le sdraio e si accucciarono tra di essi sulla sabbia e sparirono alla nostra vista, non si vedevano più.

Noi li seguimmo con lo sguardo:

“Te l’ho detto che andavano nello stabilimento a chiavare…” Disse Nofrio, aggiungendo.” Vieni!” E si portò vicino allo steccato. “Stai attento a non farti male scavalcandolo … mi raccomandò. E soprattutto non fare rumore. 

Dietro di lui feci lo stesso che compiva lui, e una volta dentro, come ladri ci accucciammo anche noi e camminammo nella sabbia liscia a carponi o strisciando tra le sdraio e gli ombrelloni chiusi per non essere visti da loro e da altra gente eventuale. Io andavo dietro lui che era più pratico di me di queste cose. 

“Non deve succedere, ma se chiavainculo si accorgesse di noi scappiamo verso il buio che non può riconoscerci e sapere chi siamo.” Pronunciò sottovoce. Confermai con un gesto del capo.

Tra gli ombrelloni e le sdraio fece il giro largo per arrivarci dalla parte superiore dello stabilimento e quando fummo vicini, ci postammo lui da un lato e io dall’altro accucciati dietro alle sdraio piegate e appoggiate all’ombrelloni che ci facevano da riparo, e in silenzio iniziammo a spiare.

Erano seduti sulla sabbia e parlavano, Cumpà le prendeva i capelli sulla nuca e glieli torceva nel pugno e tirava a sé dondolandole la testa e pareva che a lei piacesse quella manovra vigorosa ma praticata con dolcezza, lasciandosela dondolare senza impedirlo. Dicendole lui in mezzo italiano e meridionale come a ricordarle:

“Tu a fare quello che ti dico io…lo capisci?” Oscillandole il capo.

“Ma si…si Cumpà!” Rispondeva lei…:” Lo sto facendo… faccio sempre quello che mi chiedi…l’ho sempre fatto!”

“Ti piace essere chiavata da me?!” Le chiedeva vanitoso.

“Si, ma certe volte sei brutale, mi prendi sempre in giro e mi offendi…” 

“Perché sei la mia femmina...” Ribatté lui.

“Si la tua femmina… sono mica una terrona io... Io sono una ragazza di Milano…” Precisò lei.

“No.… sei una chiavainculo di Milano…” Rispose lui:” Che è peggio.” Ridendo solitario.

Poi guardandosi negli occhi come due innamorati, vedemmo Cristina che gli sorrideva scrutandolo in quel chiaro scuro della luce dei lampioni e della luna, che ci facevano vedere bene e nitide le immagini, ma sembrava di osservare in bianco e nero e non a colori.

E sedendosi nella sabbia dopo alcuni preliminari, toccamenti, carezze e baci, mormorò:

“Vieni… togliti le mutandine e siedi sopra di me…” Slacciandosi la cintura dei pantaloni, tirando giù la cerniera e fuori il cazzo già duro ed eretto, svettante come un obelisco.   

“Come togliere le mutandine? Vuoi farlo qui?” Domandò stupita Cristina.

“Si… ho voglia di fotterti qui, nella spiaggia, nello stabilimento!”

“Oh segnur ma sei un satiro…” Borbottò:” … non pensi altro che a quello!”

“Che sono?” Ripeté lui sorpreso quanto noi di quella parola di cui non conoscevamo il significato e che interpretò male. “Un sadico?”

“Ma no! Che sadico!... Un satiro non un sadico...” Ripeté lei.

“Satiro?... Cos’è una parolaccia?” Domandò serio.

“Ma no!... Si dice di uno che ha sempre voglia di fare sesso… In letteratura è una figura mitologica del mondo greco-romano, un essere semidivino dei boschi, un uomo con orecchie, coda e zoccoli di cavallo o di caprone. Mezzo uomo e mezzo animale. “Fece una pausa e aggiunse ridendo divertita da sola:” Un po' come te che hai sempre voglia. Anche lui aggrediva, ingannava e insidiava le virtù delle fanciulle per possederle sessualmente…”

“Fotterle?” Precisò lui.

“Si fotterle!” Ripeté lei divertita.”

 Lui sorrise.

“Ma oggi nel linguaggio corrente < Satiro> si dice di chi sfoga in modo animalesco i propri istinti lussuriosi, chi ha sempre voglia di sesso, insomma una persona che ha sempre voglia di fottere.” Disse anche lei sorridendo per fargli capire.” E così sei tu, hai sempre voglia di fottere!”

“Come sai tutte queste cose?” Le domandò indispettito.

“Le ho studiate al liceo…” Ribatté.

Ma lui a disagio prendendola e tirandola a sé esclamò:” Ma anche tu sei una satira che ti piace la minchia e fotti sempre…”  E lei ridendo esclamò:

“Non si dice satira di una donna, ma ninfomane…”

“Si l’ho già sentita questa parola…” Mormorò lui.

“… E poi io non sono una ninfomane…” Affermò Cristina:” … si ammettono che mi piace fare sesso, l’ho scoperto da poco con te e mi piace e lo faccio volentieri in tutti i suoi aspetti, ma con passione, tu invece solo con carnalità e brutalità.”

“Cosa? Carnalità…?”

“Carnalità, o fare del sesso è la stessa cosa. Si, si dice quando qualcuno fa sesso senza sentimento…”

Cristina gli stava dando una lezione di cultura e lui avvertiva la sua superiorità intellettuale e culturale in quel campo, tanto che disse subito:

“Lascia perdere queste minchiate!” Sbuffando, capendo dove voleva arrivare e tirandola a sé pronunciò:” Che ora te la do io la carnalità… un po' di minchia. Vieni sopra a me dai!”  La sollecitò.

E io in quei momenti mi chiedevo come potesse lei, che oltre bella e intelligente era acculturata potesse frequentare un ignorante simile che l’unica cosa che sapeva fare era chiavare e attaccare briga… 

Per lei quella richiesta era nuova, non lo aveva mai fatto in quella posizione, probabilmente non sapeva nemmeno che si potesse fare sesso in quel modo, non aveva mai letto il Kamasutra né altri giornali pornografici come noi o articoli erotici su riviste. Ma forse solo sentito parlarne nei pettegolezzi con le amiche più grandi, ma per queste cose a insegnarle ci pensò Cumpà. 

Seguendo quello che diceva lui si mise in ginocchio sulla sabbia e portando le mani sotto, preso dal margine inferiore, alzò il gonnellino fino a scoprire le mutandine, prese l’elastico e le tirò giù alle cosce e alle ginocchia. 

“Come faccio ora a toglierle senza alzarmi, c’è la sabbia?!” Si lamentò.

“Sdraiati di fianco che te le sfilo io…” Dichiarò lui.

“Ma mi va la sabbia dappertutto…” Borbottò.

“Dai su!” La esortò agitato.

E messasi sul fianco lui si tirò su con il busto prendendo le mutandine alle ginocchia, tirandole giù le fece sfilare dalle gambe togliendole assieme alle zeppe, lasciandola senza mutandine e scalza.

“Minchia che casino per toglierle le mutandine… non faceva prima ad alzarsi…” Mormorò a bassissima voce in dialetto Nofrio.

Effettivamente era una manovra complessa, probabilmente improvvisata in quel momento perché nemmeno Cumpà sapeva come fare senza farla alzare e rischiare che potesse essere vista da qualcuno a distanza dentro lo stabilimento.

Poi mentre lei si tirò su ancora inginocchiata nella sabbia, le sussurrò.

“Scavalcami con una gamba siediti e accucciati sopra me … sopra la minchia… falla entrare nello sticchiu(figa)” 

“Ma come faccio?” Domandò lei impacciata.

“Come se devi fare la cacca o la pipì…” Aggiunse.

 Lei rise stupidamente, aveva quei momenti sfacciati della vecchia Cristina milanese di prima che si mettesse con lui e non quella da sottomessa, e che piacevano tanto a me e mormorò spiritosa:

” Ti devo fare la pipì addosso?” Mostrando il viso sorridente verso la luce dei lampioni.

“No se vuoi te la faccio io sopra te…” Rispose Cumpà risentito.

 

Come dicevo quella sera l’illuminazione naturale della luna e le luci artificiali riflesse dei lampioni creavano mutamenti notturni, come un incanto e cambiavano radicalmente la forma, il colore e le ombre agli oggetti e delle cose che ne venivano colpite e schiarite o oscurate da essa. Ma erano immagini nitide, creando una atmosfera erotica ed eccitante per noi, fatta di giochi di luci e ombre, chiaroscuri, retroilluminazione sulla battigia e sul mare. 

Lungo il buio dello stabilimento la notte illuminava gradualmente con intensità diverse e appariva come una nuova esperienze visiva, ed erotica.

“Prendi la minchia con la mano…” La esortò in modo autoritario e volgare Cumpà.

Lei gli afferrò l’asta in erezione con la mano destra e senza lasciare la presa, aiutata da lui che l’accompagnava tenendole il sedere sollevato con le mani sui fianchi, si mise cavalcioni, come le diceva di fare. E subito Cumpà le appoggiò il glande tra le grandi labbra bagnate già di umori e probabilmente con un fuoco di desiderio dentro, visto che avevo scoperto che Cristina era una ragazza calda e le piaceva praticare il sesso.

“Siedi sopra.” La sollecitò prendendola per i glutei con le mani e accompagnandola, facendola scendere lentamente penetrandola e auto penetrandosi lei della sua asta eretta di carne dura. 

E infilò prima la cappella e poi il gambo dentro fino ad arrivarle all’utero in quella posizione, intravvedendo in lei, dalla smorfia che fece sul viso, che muovendosi aveva iniziato a farlo scorrere dentro, mentre Cumpà la teneva per le natiche sotto la gonna…

Sentiva quell’asta di carne dura entrarle dentro e riempirle ogni angolo della sua vagina, ogni piega, stirando le pareti nella penetrazione, e si lasciò sfuggire un gemito forte di piacere mentre lui la esortava a muoversi e cavalcarlo. 

“Su!  Ora muoviti con calma su e giù senza farlo uscire dallo sticchiu (figa) come se dondolassi avanti e indietro con il sedere su una sedia.” La incitò.

Lei inginocchiata a gambe divaricate e seduta su di lui, faceva quello che gli diceva, con le cosce piegate spingendo sulle ginocchia si alzava un po' con il sedere per poi ricadere sul suo addome, come una molla, sentendo l’asta di Cumpà che la penetrava in profondità e le allargava e dilatava i tessuti interni vaginali, stimolandola a godere ancor di più, rendendole la vagina sempre più umida, ricettiva e spaziosa. 

Prendendola per i capelli sui lati la tirò giù verso sé, facendola piegare su di lui con il busto a baciarlo in bocca, dando modo a noi di strusciare sulla sabbia tra le sdraio verso la parte inferiore della spiaggia e vedere meglio lei seduta su di lui, con la gonna tirata sulla vita che le scopriva tutto il culo. Innalzando il bacino faceva entrare e uscire l’asta di Cumpà dalla figa, con una frequenza in aumento, impressionante, veloce, raggiungendo un orgasmo multiplo, scuotendosi e strusciandosi con il sedere su di lui che le procurò onde sensuali e fremiti per il tutto il corpo.

Lasciandole i capelli e portando una mano sul fianco e l’altra sul culo nudo, le dava schiaffi alla natica dandole il ritmo della cavalcata e penetrazione.

“Su cavalca…brava!” Sussurrava Cumpà:” Cavalca la minchia… “

Con lei che d’istinto essendosi tirata su eretta con il busto in preda al godere muoveva la testa e la sua folta chioma da una parte e dall’altra come impazzita. E lui infilandogli le mani sotto la maglia e il reggiseno le afferrò le mammelle stringendole forti e rilasciandogliele, procurandole piacere anche se gliele maltrattava.

In quel momento io guardandoli venni, mi contorsi tutto su me stesso e osservandola godere chiavata da Cumpà in quella posizione, eiaculai sulla sabbia. Non capii se quella mia eiaculazione improvvisa fosse stata provocata dalla chiavata di Cristina in sé stessa o da quell’atto imperioso di lui che la teneva per la sua bella chioma assoggettandola, che a me pur disapprovandolo come gesto eccitava molto che le muovesse la testa per i capelli come un trofeo da mostrare. Poco dopo penso che eiaculò anche Nofrio…

A quel punto Cumpà, afferrò ancora i capelli di Cristina e tirandoli verso sé la portò ad abbassarsi e baciarlo in bocca nuovamente, tirandolo fuori all’improvviso dalla vagina e gridandole:

“Leva… levati se no ti ietto dentro, ti sborro dento. Togliti…”

“Come faccio?” Domandò lei.

“Vieni avanti con il culo sulla pancia, vieni avanti…” La esortò:” Fai presto…”

E aiutandola con le mani tenendola per i glutei, portando il suo sedere in avanti lo sfilò dalla vagina appoggiandoglielo duro ed eretto al solco gluteo e subito iniziò a sborrare in aria e contro il sedere, come un vulcano in erezione che eruttava la sua lava di sperma bianca e calda che cadeva sui lombi e sul culo di lei.

Avevano finito, non era stato lungo come le altre volte, ma più rapido, ma tutto sommato bello da vedere anche senza il ciclo sessuale che amava fare lui quando possedeva qualcuna, che in un rapporto voleva fare tutto. Fu una cosa nuova per tutti. 

Noi ci rimettemmo subito a posto infilandolo nelle mutandine e nei pantaloni, mentre loro sudati restavano sdraiati abbracciati, con lei ansimante piegata su di lui, fiato nel fiato che lo abbracciava e si guardavano.

Pensammo che la tenesse così su di lui per darci modo di allontanarci.

“Ammuninni! (Andiamocene!)” Sussurrò Nofrio e strisciando al contrario ci allontanammo da dove eravamo venuti.

Li vedemmo poco dopo salire sul lungomare mano nella mano e fermarsi, lei che sbatteva e rimetteva le zeppe e lui che si scuoteva con una mano tutti i capelli dietro, probabilmente dalla sabbia che era restata appiccicata.

Poi presero la moto e si allontanarono, Cristina doveva tornare a casa dai genitori, e pensavo in quel frangente:

” Chissà ora come si comporta con sua madre, davanti a lei, appena arriva a casa che ha chiavato? Le sorriderà? Chissà cosa le dirà, cosa farà? … Lei che la pensa ancora vergine e pura…”

 

Il giorno seguenti ci rivedemmo ancora:

“Hai visto ieri sera che lo fottuta Lillino?” Mi domandò Cumpà.

“Si!” Risposi.

“Te la sei fatta la pugnetta(sega) guardando?” Disse ridendo.

Lo odiavo, ma risposi:” Si!” Anche se infastidito dal modo e perché me lo diceva… come se fosse una sua concessione che mi facessi una sega guardando o pensando a Cristina che chiavava.

Comunque aggiunsi:” Però Cumpà questa posizione non va bene, ieri sera hai rischiato di sborrarci dentro e ingravidarla…”

“Lo so, per questo la pratico poco, perché non ho il controllo di quando posso sborrare. Comunque me ne ero accorto, farò più attenzione.”

 

Il tempo passava, insieme ai giorni e le settimane e non sempre anche se lo chiedevamo ci portava a vedere Cristina o a inculata o chiavata, dipendeva com’era il suo umore.

Quando la situazione del loro rapporto si stabilizzò un po', la settimana durante ferragosto, i parenti di Cumpà andarono al paese in ferie in Sicilia e sarebbero ritornati quindici giorni dopo. Lui preferì restare qui, non gli piaceva l’idea di dover lasciare sola Cristina, paura che la perdesse o si rimettesse con un altro o ancora con Giulio.  E andava a mangiare da un suo zio in auto demolizione, ed essendo solo con la casa libera iniziò a portarci Cristina a chiavarla e incularla, dapprima nella sua camera, nel suo letto e poi in quello matrimoniale dei suoi genitori… E lì non potevamo sapere niente di quello che facevano dentro se non quello che ci raccontava lui, ma senz’altro era vero. 

Aveva mille difetti Cumpà, ma diceva sempre la verità, soprattutto come forma di sfida e avevo un nervoso che se la chiavasse anche a casa sua, chissà cosa praticava nel letto, quali porcate le faceva fare e me lo immaginavo che la inculava o chiavava alla pecorina e tante altre cose e lei scema ci stava.

A volte geloso e curioso mi appostavo nei pressi di casa di Cumpà, lui abitava a pianoterra in un vecchio casolare di periferia, con l’aia davanti dove c’era la moto, il motocarro di suo padre e il cane che abbaiava sempre. E nascosto li vedevo arrivare in moto al pomeriggio e dopo un’ora, un’oretta e mezza a volte anche due uscire, salire di nuovo sulla moto, lei con quel suo culetto sporto in fuori e sparire. 

Sicuramente anche a casa sua, con Cristina praticava i cicli sessuali completi come li chiamava lui, che compiva nella radura della madonetta, baci, pompino, leccata di figa chiavata e inculata oppure degli ultimi due o l’uno o l’altro.

Mi dispiaceva, ma Cristina era proprio diventata una di quelle che oggi si dice:” Una chiavona…”

Altre volte che mi appostavo vedevo arrivare lei direttamente a piedi a casa sua, suonare la porta e restare con lui dentro parecchio tempo. Il cane non le faceva nemmeno più niente oramai, non abbaiava nemmeno più quando la vedeva. Lei lo accarezzava sulla testa e passava, mentre prima aveva paura di lui che la mordesse. E poi ancora li vedevo uscire tutte e due assieme e andare al minigolf a farsi vedere insieme e lui a mostrarla a tutti, soprattutto al suo ex ragazzo Giulio, le amiche nuove e le ex amiche, che oramai era la sua ragazza, di quel capetto ignorante come dicevano loro, ma nessuno proferiva niente, la salutavano qualche parola mormorata ma nient’altro, avevano timore di Cumpà.

 

Una sera che eravamo tutti insieme e Cristina era con i suoi genitori, sollecitato da tutti noi che lo spingevamo visto che era un po' il vice capo, Nofrio si fece avanti timoroso e gli disse.

“Cumpà, parlo nome di tutti e senza offesa. Non c’è offesa nel nostro pensiero e nell’intento delle nostre parole, ma ci siamo detti visto che tu sei il nostro capo e hai una forte dominanza sulla chiavainculo Cristina e ce la fai vedere a volte nuda mentre fotte con te… Volevamo chiederti con rispetto, se ce la fai fottere anche a noi qualche volta, o anche solo farci sugare un po' la minchia visto che lei fa sempre quello che gli dici.”

Io restai brasato da quella richiesta, mi vennero i brividi e mi domandai se erano impazziti. Non era mica un oggetto Cristina, una puttana che sarebbe andata con tutti.

Lui restò in silenzio e poi disse:” Amici, lo farei volentieri, non dico chiavare ma farvi sugare la minchia sì, ma non quest’anno, quest’anno è ancora di assestamento la sto assoggettando a me e anche quest’inverno ho intenzione di andare su e fotterla a Milano… Ora è ancora fresca, ha la mamma e la nonna, si vergogna, avete visto anche voi per cagare davanti a me che casino ha fatto…” E sorridemmo tutti e lui continuò:” Non vorrei che parlasse con i genitori. Ma vi prometto che un altr’anno ve la faccio fottere e sugare la minchia, parola di Cumpà per quest’anno oramai siamo a settembre, fatevi ancora qualche pugnetta…” E sorrise.

“Grazie Cumpà…” Rispose Nofrio:” … ci fidiamo della tua parola.” Pronunciò sorridendo mentre tutti felici iniziarono a mormorare:” Un altr’anno ce la fa fottere… ce la farà chiavare.”

Io non ero tra quei festeggiamenti, almeno con la mente, anzi:” Meno male che ha risposto così…” Mi dicevo. 

Era pazzesco, parlavano, decidevano di lei come se fosse una cosa di Cumpà, che il suo pensiero non contasse nulla. Innanzi tutto tirai un sospiro di sollievo che fino a un altro anno non le avrebbe fatto fare nulla e nonostante tutte le sue intenzioni bisognava vedere, io avrei trovato il modo di avvisarla e metterla in guardia durante quell’inverno.

E quell’ultimo mese di settembre proseguì tutto così.

 

 

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