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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

    “Gli uomini sono diversi dai maschi. I maschi vogliono una parte di quella donna. Gli uomini vogliono quella donna. I maschi sono disposti a concedere un po’ di amore, per avere sesso. Gli uomini vogliono l’amore, e il sesso ne fa parte.”

    Alessandro D'Avenia 

 

CAP. 15 SODOMIA 

 

In quella radura della boscaglia, Cumpà, dopo averle leccata la figa e di seguito essersi fatto fare un pompino, eccitato forse anche dalla nostra presenza o da quello che le voleva fare, abbracciò Cristina e le accarezzò il culo, tastandoglielo con le dita. Subito con un sorriso subdolo si staccò da lei, lasciandola lì in attesa dell’evento e si spogliò, tolse la maglietta e abbassò i pantaloni anche lui.

“Nudi dobbiamo essere, come Adamo ed Eva!” Esclamò con un sorriso sarcastico che la diceva lunga sulle sue intenzioni.

 

Dalla nostra posizione dietro i cespugli con rami e foglie incrociate messe appositamente in modo da essere più nascosti, seguivamo tutto, e nuda guardavamo Cristina che si muoveva. Era molto bella e ben fatta anche posteriormente, aveva davvero un culo che era una meraviglia della bellezza femminile, proporzionato, simmetrico, perfetto. Come la porzione inferiore delle mammelle e la parte anteriore del sesso, anche dietro aveva il culetto pallido e ben definito in tutte le sue parti e si notava bene la differenza con l’abbronzatura, tra il colore del latte e il color dell’ambra che la rendeva candida e casta e per questo ancora più eccitante. 

Il solco intergluteo appariva tra le due sfere di carne arrotondate e sode da sembrare scolpite. Saliva su perdendo la sua profondità ed evidenza al raggiungimento del coccige, per poi scomparire e appiattirsi sull’osso sacro, tra i lombi nel bacino, curvandosi internamente nella zona lombare. Compiendo con questa convessità fisiologica una maggiore sporgenza in fuori delle sue splendenti natiche, che proseguivano con la muscolatura nella depressione della colonna vertebrale e poi ancora su fino alle scapole; mostrando la linea orizzontale non abbronzata e pallida della parte superiore e posteriore coperta dal tessuto del reggiseno del bikini.  

Anche la schiena era erotica da denotare sensualità nella forma e nel proseguimento della colonna vertebrale, fino a perdersi sotto la folta chioma biondo castano che a tratti negli spostamenti del capo e dei capelli lateralmente lasciava intravvedere le spalle dritte arrotondarsi leggermente verso le braccia che scendevano magre e mobili lungo i lati del corpo a coprire e scoprire le curve concave e sensuali della vita. Lo stesso la convessità dei fianchi delle anche, che davano al bacino una forma sensuale, carnale e adulta. Il tutto era sorretto dalle sue gambe lunghe, affusolate, statuarie, da giovane ninfa… che posteriormente mostravano le congiunzioni del retro delle cosce abbronzate e erotiche a quelle pallide e candide delle natiche sporgenti in fuori; formando ai movimenti nella loro giuntura una linea orizzontale di carne divisoria tra il retro coscia e i glutei.

Era uno spettacolo di bellezza osservarla.

All’improvviso Cumpà accarezzandole la nuca la prese per la chioma e la sospinse fino alla moto posteggiata lì vicino nel cavalletto sull’erba, e prima di lasciargli i capelli dietro alle sue lamentele, la fece piegare a novanta gradi, le gambe erette sulle zeppe e il culo in fuori, con le braccia tese appoggiate alla sella e al serbatoio dove c’era il teschio del fumetto di Kriminal disegnato. Nel punto vicino al manubrio dove ancora annodate si notavano le sue prime mutandine rosa sporche di sangue verginale e sperma di quando l’aveva deflorata, ormai diventate uno straccio sporco, ma un trofeo da mostrare per lui.

“Piega…piega in avanti!” La esortò spingendola sulla nuca.” Tieni le gambe dritte e il sedere in fuori…”  La esortò dandole delle pacche sulle gambe perché le tenesse dritte e sull’addome e le natiche perché mettesse il culo in fuori. E la fece piegare quasi a 90 gradi.

Lei lo assecondò esclamando:

“Si però non farmi male Cumpà!” 

“Che male e male! … Vedrai che ti piacerà poi prenderlo in culo… godrai, è bello essere chiavata in culo.” Affermo volgarmente sorridendo presuntuoso.

Era flessa in quella inclinazione, mentre offriva come una statua antica il culo meraviglioso e sodo allo spazio vuoto che la circondava e a lui, e ferma aspettava Cumpà che con i jeans e le mutandine caduti ai piedi la possedesse.

 

Sicuramente come consigliato dai fratelli, aveva sputato più volte sulla mano e dividendo i glutei portò le dita colme di saliva sul suo ano vergine, spalmandola contro e sopra l’orifizio.

Ripeté la manovra, lo stesso fece per sé, sputò ancora sulle dita e le portò sulla cappella della sua asta giovane, dritta e oscillante cospargendola tutta di saliva…anche se non ce n’era bisogno, perché già lubrificata dal pompino di Cristina.

Poi si portò dietro di lei, la chinò ancora leggermente in avanti con il busto e le alzò un po' di più il sedere mettendole una mano sull’addome tirando su, come ad assestarla, che sui sandali con le zeppe fosse all’altezza giusta. Tornò alle natiche, le divaricò nuovamente e accarezzando ancora con il dito nel solco, lo portò sull’ano nascosto da esse. Si avvicinò facendo alcuni passetti e vi appoggiò la cappella della sua asta di carne dura, lubrificata dalla saliva e perfettamente in erezione. E accarezzandole la schiena lentamente iniziò a muovere su e giù il glande dentro il solco, come se lo pennellasse, fermandosi subito dopo nel centro a posizionare sulla rosa dell’ano chiuso e verginale la cappella, avvertendola lei appoggiare sopra. A quel contatto di carne viva fu presa dall’apprensione e ripeté:

“Non farmi male però Cumpà…”

“Stai tranquilla… te l’ho già detto, che se fai come ti dico io ti faccio godere…” Rispose lui trafficando nel suo solco gluteo con il glande appoggiato al suo ano. 

Cristina si era convinta a farselo fare, a offrirgli il suo bel culo sognato da tutti, a essere sodomizzata da lui, ma aveva paura, voleva e non voleva. Ma interessata desiderava provare.   

Cumpà tenendo in mano la sua asta di carne dura …apri per bene i glutei di Cristina divaricandoli dall’ano...e lentamente premette la cappella sul buchetto del suo sedere... finché lei non la sentii chiaramente spingere sull’ ano.

In quel preciso istante sussultò, fu come se un brivido erotico intenso... come una scossa elettrica attraversò il suo corpo…un fremito di piacere e paura l’assalì, a provare quella sensazione stupenda e nuova di sentirsi appoggiare la cappella sull’ano vergine. Penso che si sentì elettrizzata con l’adrenalina che le correva nel sangue dalla testa ai piedi. 

Lui una volta puntato bene il glande sulla rosa dell’ano di Cristina e in posizione, cominciò a spingere lentamente tra il timore di lei che lo avvertiva pressare e per reazione involontaria contraeva gli sfinteri e i muscoli dell’ano, chiudendolo e non facendolo entrare.

Cumpà nonostante la resistenza fisiologica non si perse d’animo, una volta puntata la cappella sulla rosa del suo ano continuò a spingere lentamente tra il timore di Cristina, tranquillizzandola:

“Rilassati… rilassati… non essere agitata se no si chiude…” La sollecitava accarezzandole il gluteo:” Devi essere tranquilla… ti ho detto che l’ho già fatto con altre ragazze il culo… Stai tranquilla… fai come se dovessi fare la cacca, spingi indietro che si apre…”

Lei a sentire quelle parole smarrita non capì:

“Come spingo indietro?... Con il sedere?” Chiese.

“Ma no te l’ho detto prima…  il sedere deve restare fermo, devi essere tu a contrarre i muscoli dell’addome, a spingere come quando fai la cacca che si aprono gli sfinteri anali. E non ti vergognare se esce un po' di aria e fai qualche scoreggia spingendo, è normale … io non ci faccio caso.” La rassicurò. 

Erano tutti accorgimenti che gli avevano insegnato i suoi fratelli sapendo che avrebbe dovuto fare il culo a quella bella ragazzina milanese che ora frequentava e pur avendolo già praticato qualche volta, gli avevano detto come fare per farle sentire meno il dolore visto che era vergine analmente.

E lei intimorita e vergognandosi provava… mentre lui ripeteva:

“Spingi in dietro come per fare la cacca… spingi…” 

“Ma come spingi indietro Cumpà?... Io non sono capace a fare queste cose… mi vergogno!” Rispose lei.

Lui l’accompagnandola con le sue mani sui glutei le diceva per rassicurarla:” Fai quello che ti dico… Ora … molto lentamente piega le ginocchia ancora un po' che entra meglio… E mentre Cristina lo assecondava lui ripeteva:” Brava così! Fai finta che devi fare la cacca, spingi l’intestino che l’ano si apre …”

Non so se Cristina lo fece davvero, sentimmo solo dire a lui:” Così brava che è entrato un poco. “Alla compressione dell’addome, l’ano probabilmente si aprì dischiudendosi proprio come una rosa, e il suo glande che spingeva .... lentamente scivolò dentro dilatandole le pareti circolari degli sfinteri...e lei avvertii la cappella che gli entrava dentro....

Spingendo il glande, introducendolo allargò maggiormente l’ano, iniziando a entrare penetrandola lentamente, facendola sussultare dalla dolenza nel sentire lo spasmo anale che contraendosi cercava di espellere il cazzo. La strada si stava aprendo oramai, gli sfinteri avrebbero ceduto alla minchia di Cumpà che entrando le stava lacerando lentamente senza violenza, come quelli di altre giovani ragazze.

Cumpà premeva la cappella e lei la sentiva pressare forte e muoversi gradualmente nel suo ano giovane, chiuso e vergine, ma malgrado quegli accorgimenti non entrava, era stretto e nonostante la cappella fosse insalivata lui non riusciva ad aprire la strada, a divaricarlo e sfondarlo. E provò ancora…

“Stai ferma… e spingi anche tu indietro che si apre!”  Le ripeteva Cumpà mantenendo con l’aiuto della mano il cazzo puntato e in parte già dentro l’ano e l’altra sul fianco di Cristina a trattenerla ferma, che non scappasse in avanti con il corpo verso la moto.

“Non ci riesce!” Disse Tano sottovoce:” Ce l’ha stretto quella chiavainculo.”

“Ehhh per forza, è vergine in culo quella buttana…” Rispose Nofrio.

“Ohh vedrai che Cumpà ce la farà, la sverginerà, glielo romperà e la inculerà.” Aggiunse Turi sicuro.

Cumpà premette ancora, spingendo con i reni e il bacino, ma la cappella faticava, non riusciva ad aprire quel foro illibato sessualmente. Provò ancora, due, tre, volte senza risultato, e senza dire nulla, staccatosi lo vedemmo sputarsi ancora sulla mano e sul cazzo e poi sulle dita, spalmare nuovamente la saliva e ripassarla sull’ano, nel “buco” come lo chiamava lui e riposizionare la minchia.

Cristina avvertiva fastidio e le faceva male quel glande che a forza di riprovare in parte con l’apice era entrato dentro il suo ano, e iniziava ad avere gli occhi lucidi. 

Cumpà sapeva detto dai suoi fratelli, che quando si fa il culo a qualcuna che entra un po', bisogna fare in fretta se no c’è il rischio che dal dolore salti tutto, che rinunci e per questo lo teneva puntato allargandoglielo. Ma lei era sofferente.

“Basta… basta... Cumpà fermati ti prego, mi fai male… mi fa male!” Gridò con la sua voce dolce, bassa e sottomessa, spezzata a tratti dalla sofferenza e dal respiro.

“Stai tranquilla è quasi dentro oramai…” Ripeteva falsamente lui per governarla e tenerla buona.

“No…no…no… toglilo… toglilo, mi fai male! Mi fa male! Non voglio più… Non voglio più farlo…” Ripeteva con le lacrime agli occhi.

Era una scena allucinate, lei soffriva, e come in un sogno avrei voluto uscire dai cespugli e proteggerla. Andare da loro, togliere Cumpà da dietro lei, tirargli un pugno in faccia e cacciarlo per terra, prendere lei, asciugarle le lacrime e baciarla sulle labbra e sugli occhi e dirle:” È tutto finito amore mio, quella bestia di Cumpà non ti farà più del male!”  E abbracciarci… Invece… Io come gli altri restammo a guardare in silenzio attendendo il seguito della sua sodomizzazione completa, era la prima volta che vedevo fare il culo a una ragazza dal vero e quella ragazza purtroppo era Cristina, il mio sogno d’amore.

Lui non perse tempo, con entrambe le mani sui suoi fianchi ed essendo già dentro con una parte della cappella, spinse ancora, e con un colpo secco che la fece sussultare in avanti, sempre con le mani appoggiate sul serbatoio e la sella della moto, le fece lanciare un grido di dolore, ma la sverginò completamente…. Le allargò l’ano e lacerò gli sfinteri, le ruppe il culo come dicevamo noi ragazzi e si fece strada fino in fondo, entrando lentamente ma inesorabilmente in lei che gridava in preda alla sofferenza. La penetrò completamente nel suo retto fino a giungere ad appoggiare gli inguini e i suoi peli pubici contro le sue natiche pallide. L’aveva fatto entrare tutto.

Tra i rumori del bosco lacerati dai lamenti di Cristina e dalle sue lacrime, si consumava quella scena surreale per me, di lui dietro lei che sodomizzava il mio sogno, il mio amore platonico. Per me la scena della sua sodomizzazione fu più impressionante che vederla chiavare.

Tra le foglie si sentì la voce di Cumpà esclamare sorridendo e trionfale accarezzandole con il braccio teso il collo e i capelli sulla nuca:

“Visto? Ora ce l’hai tutto dentro…Ora ti devi abituare un po' ad averlo dentro e poi ti chiavo bene in culo…” Iniziando a muoversi piano. Ma Cristina avvertiva ancora dolore.

“No… no... Cumpà… mi fai male ...  no...” Farfugliò ancora, facendole esclamare a lui arrogante e orgoglioso con un sorriso da predatore:

“Ma che chiavainculo sei se non ti chiavo in culo!?” Ridendo da solo della sua battuta.

E tenendola stretta sui fianchi, tra i suoi occhi lucidi continuò a muoversi e lei controvoglia a lasciarsi dondolare e inculare con le braccia tese e appoggiate al serbatoio e alla sella della moto. Mentre lui tenendola sempre sulla vita, dandole colpi lenti ma profondi, la portava a sobbalzare dagli zoccoloni, infilandoglielo in culo completamente, osservando in giro e verso noi a mostraci con trionfo quanto era bravo che le stava facendo il culo alla bella Cristina. 

Una volta penetrata prese a sodomizzarla con lenti e intensi affondi, godendosi la forma tonda del suo culo e la strettezza dell’ano, allargandoglielo sempre più con i movimenti della sua asta dentro. E intanto con una mano le stimolava la vulva introducendo le dita all’interno e lo stesso il clitoride pizzicandolo e tirandolo dolcemente e con l’altra le manipolava il seno e i capezzoli, come certamente gli avevano detto di fare i suoi fratelli.

Ben presto le grida e l’espressione di sofferenza sul volto di Cristina si attenuarono sotto i movimenti dondolanti, e le spinte anali di Cumpà si trasformarono prima in fastidio, poi in indifferenza e insensibilità e rilassandosi al compimento del rapporto pieno, in espressione dilettevole del viso e in gemiti di piacere, mentre lui le accarezzava la lunga e folta chioma.

I capelli di Cristina erano bellissimi, biondo grano, folti e vaporosi oltre che lunghi, erano un suo punto di forza che completavano la sua bellezza come una bella cornice a un ritratto e piacevano molto a tutti, anche a Cumpà che si divertiva ed eccitava a giocarci. E prendendoli nuovamente in mano li tirò indietro verso di sé, come se fossero redini e lei una cavallina imbizzarrita da domare e cavalcare e di conseguenza Cristina al suo tirarli, portò la testa indietro inarcando la schiena e spingendo di più involontariamente indietro il sedere, favorendo una penetrazione anale profonda. Gemendo dal piacere con il volto solcato dalle lacrime e dal rimmel sfatto e asciugato che le lasciavano il segno.

Tenendola per i fianchi, penetrandola proseguì a incularla variando il ritmo e la profondità, lo fece forse per dieci, quindici minuti in cui lei oramai godeva e gemeva, dimenticando il fastidio per la sodomizzazione e la posizione sconveniente. Le gambe ad essere tese e dritte le e facevano male, ma lentamente sotto i suoi colpi secchi e spinte profonde, intense e ritmate smise di sentire sofferenza iniziando a piacerle e a dilatarsi l’ano allo scorrimento interno dell’asta di Cumpà.

Si sentiva carne offerta a lui, diventata un corpo unico con lui che era dentro di lei. La parte finale del suo intestino come una cosa congiunta e sola con la sua minchia dentro, era posseduta da lui.

Cumpà come lo avevano istruito i suoi fratelli, inculandola passava la mano sotto, sull’addome, fino ad arrivarle alla figa, e accarezzandola le sfregava il clitoride facendola godere di più…. Lei stessa era colta di sorpresa a provare piacere così tanto analmente, non se lo aspettava, non aveva mai goduto così prima, davanti e dietro, altro che i ditalini di Giulio.

Noi osservavamo increduli, Cumpà stava facendo davvero il culo a Cristina la più bella ragazza della compagnia dei milanesi, quella che tutti avrebbero voluto avere, ed era la prima volta per lei, ma non sarebbe stata l’ultima.

Ad un certo punto, nel suo smettere di lamentarsi tutto si trasformò in benessere e piacere. C’era solo il silenzio del bosco con i rumori della natura e accarezzandole con la mano la schiena e il sedere lo sentimmo pronunciare: “Ti piace essere inculata?”

Lei non rispose lasciandosi cullare dalle spinte del suo cazzo che la sodomizzava. Ma lui insistette:

“Ti piace essere inculata?” Domandò ancora.

I gemiti del suo piacere che iniziavano a salire erano già fin troppo eloquenti e parlavano per lei, comunque rispose:

“Ora si!” Con un filo di voce rotto dall’eccitazione e dal godimento.

E lei malgrado tutto, sentendo scemare sofferenza e giungere il piacere, in quella posizione animale appoggiata alla moto a 90 gradi, si lasciò sodomizzare. 

Noi vedevamo l’asta di Cumpà che la impalava in mezzo ai glutei intanto che lui continuava a manipolarla con una mano stretta sul fianco e con l’altra a masturbarle la vulva e la vagina, oppure ad accarezzarle il sedere e la schiena assieme ai capelli.

Mentre la inculava a 90 gradi con le mani appoggiata alla moto e il culo esposto indietro, le afferrò la lunga chioma e la tirò a lui per farle girare la testa verso sé, per baciarla in bocca e guardarla in viso mentre la inculava, oramai ansimando soltanto di piacere! 

Quella sensazione di pienezza e sfregamento nel retto le piaceva, continuava a godere mordicchiandosi il labbro inferiore con gli incisivi, mentre chiudeva gli occhi dando ancora maggior risalto al godimento del suo viso.

Cumpà sbuffò di piacere.... e iniziò a leccarle la schiena e il collo dicendole parole sconce… Lei, era come se fosse in estasi con sé stessa. 

 

Cristina continuò a godere…  si scuoteva tutta, alzava e abbassava il capo incurante che lui la tenesse per i capelli, scopriva che le piaceva, che era bello prenderlo in culo ed essere inculata da lui, da quel terrone di Cumpà, lo zulù come lo chiamavano loro milanesi, che con le ragazze essendo andato già a puttane ci sapeva fare. Aveva esperienza e oltre che averla sverginata da tutti i fori del suo corpo, vaginale, orale e anale, la sapeva far gioire più di Giulio, a cui oramai lei non pensava nemmeno più.

Fu una scena allucinante, eravamo a meno di dieci metri da loro e sentivamo e vedevamo tutto, quasi anche i particolari e lui volutamente la spostava in tutti modi, come una lancetta dei minuti dell’orologio, affinché noi, il suo branco, la potessimo vedere bene da tutti i lati e da tutti i posti in cui eravamo.

E verso di me era quasi di profilo, piegata con le mani sulla moto. 

A quella distanza vidi Cumpà che tenendola per la vita, a volte lo spingeva con brutalità e lo faceva entrare con lei che si dimenava non più dal dolore, ma dal piacere a sentirlo quasi in pancia.

 

Dal mio cespuglio si vedeva un bellissimo primo piano nel quale lei aveva il viso contratto non dalla sofferenza ma dal benessere e dal godimento del cazzo di Cumpà, che si muoveva dentro l’ano tra il solco intergluteo, che entrava e usciva. E nello stesso momento la sua mano passandole sotto le titillava il clitoride e la figa, procurandole continui orgasmi quasi a ripetizione, davanti e dietro, che la facevano fremere e scuotere tutta. 

Le penetrava ripetutamente l’orifizio anale con ritmo, come quello musicale che variava dall’adagio all’andante e il suo seno seppur sodo sobbalzava dondolando alle spinte, con il corpo madido di sudore ed eccitazione.

Mi ero ritrovato eccitato ma triste a fissare le sue forme perfette, il suo pube peloso manipolato dalle dita e il suo culo sporgente non più vergine posseduto da Cumpà. I miei occhi la fissavano nonostante fosse la sua femmina, come se non desiderassero altro che scrutare lei ed essere posseduti dalla sua immagine, non importava come la guardavo, mi bastava vederla. Mi sentivo un po' come un cornuto che assiste al rapporto della propria donna con un altro uomo, anche se non era così. 

Lei a sentirlo sollecitare quasi in pancia, di conseguenza si muoveva d’istinto sempre appoggiata alla moto. Ma se all’inizio era per la sofferenza poi fu per il piacere e il godimento che provava, continuando a spostare le mani dal serbatoio alla sella e viceversa.

“Stai ferma!” Le disse lui staccando un braccio dal fianco per portandoglielo sulla schiena prendendole i capelli quasi a tirarli: “Stai ferma!” Ripeté.

La vidi innalzarsi con il tronco come una puledra imbizzarrita e scuotere tutto il sedere, dal fastidio e dal piacere di averlo in culo, alzando e abbassando la testa, gettando i suoi lunghi capelli sul serbatoio o indietro a lui, che a volte li prendeva e tirava come redini ridendo. Oppure presa dal piacere incontrollato li sbatteva di lato come una bandiera al vento. E lui glielo infilava tutto, fino in fondo, fermandosi a farglielo sentire, ad avere gli inguini contro le sue natiche pallide, mentre lei spingendo indietro il sedere gliele appoggiava prendendolo di più nel culo.

Cumpà poi quella sera ci raccontò che sentiva il suo ano contrarsi continuamente in preda agli spasmi, stingendogli forte la minchia con i muscoli anali per reazione.  Perché per la prima volta il retto di Cristina non abituato, avvertiva la sua minchia come un corpo estraneo di carne dura all’interno che lo invadeva. E per risposta aveva contrazioni e spasmi che avvenivano anche perché lei provava godimento a sentirselo muovere dentro e l’ano reagiva così, cercando di gettarlo fuori, che era come avere un dito in gola.

Lui continuò a incularla con volgarità e vigore, a volte lisciandole i capelli con una mano, dandole degli schiaffi ritmati sul suo bellissimo gluteo arrossandolo facendole bruciare la pelle e allo stesso tempo godere di più. Lei ad ogni affondo era costretta a sollevarsi sulla punta dei piedi nonostante i sandali a zeppa e dondolare verso la moto.

Gioiva e non esitava a dimostrarlo gemendo forte mentre voltata con la testa di lato, e tenuta per la sua bellissima chioma lo guardava negli occhi scuri per trasmettergli tutto il piacere che provava. Ogni tanto lui si sporgeva in avanti e lei si voltava di lato e indietro con il capo e con fatica univano le loro bocche per delle leccate sulle labbra o succhiate di lingua, oltre a baci appassionati.

Godevano entrambi, lei gemendo e incredibilmente incitandolo a non smettere di incularla, con quei. “Ancora Cumpà…Ancora... non fermarti…” Con il viso ansimante quasi in apnea da mancarle l’aria.  Le piaceva che la sodomizzasse e lui come un animale ansimando e quasi grugnendo le dava della chiavainculo milanese mai sazia di cazzo.

“Vedi che ti piace?... Vedi che sei una chiavainculo come tutte le milanesi…” Esclamava, rispondendo lei:

“Si...sì… continua Cumpà… sono una chiavainculo…” Pareva che non capisse più niente.

Cristina ebbe l’orgasmo un paio di volte, anche anale prima che fosse il turno di Cumpà.

La inculò così per un po' a 90 gradi, quasi in piedi, facendola godere e dimenarsi anche se era la prima volta.

Quando fu presa dall’orgasmo senti una irrefrenabile voglia di lasciarsi andare, qualsiasi cosa fosse successa si affidava a lui. Le gambe le cedevano, le tremavano e una alla volta ogni tanto perdevano il colpo della stazione eretta mollandoci sopra agli zatteroni, ma riprendendosi subito irrigidendosi per restare eretta e flessa in avanti.

Gli orgasmi di lei si susseguivano e anche Cumpà fu sul punto di venire.

A un certo punto prese a muoversi velocemente avanti e indietro e su e giù, godendo entrambi e assieme.

“Vengo… vengo…buttanedda!” Si mise a gridare Cumpà con il torace sudato sulla sua schiena. E lei gli rispondeva:

“Si…sì…” E nient’altro.

E con un ultimo e intenso mormorio tirò fuori il cazzo dal suo retto, che sembrò quasi che stappasse una bottiglia di spumante, con un quasi impercettibile flop e l’aria compressa nel retto dalla sodomia uscì libera sibilando dall’ano. Apparendo con gli sfinteri lacerati e dilatati, come una cavità circolare rosa corallino verso l’interno per diventare subito scura, del diametro della minchia di Cumpà. E subito prima che si rendesse conto, mentre avvertiva l’aria uscire senza poterla controllare ne fermare per via della dilatazione, sentì una prima ondata di calda e densa sborra sulla pelle che le invase la natica oltraggiandola tutta, seguita da altre ancora, fino a che dopo aver esaurito il suo sperma sulla cute pallida del suo bellissimo culo, restò esausto accostato a lei, ma decisamente appagato di averla inculata.

Appoggiata al motorino, tirandosi su eretta, per la forza di gravità a Cristina le si compressero le viscere sul retto, perdendo ancora involontariamente dell’aria anche rumorosamente, facendo ridere Cumpà. Era talmente dilatato l’ano e si doveva ancora restringere, che non riusciva a trattenere come prima nemmeno il gas intestinale che voleva far uscire silenziosamente da non vergognarsene e così lo perdeva rumoreggiando e lui ne rideva. 

E anche noi nascosti senza farci vedere ridemmo di quella sua situazione che perdeva piriti(scoregge). Io a dire il vero ero anche dispiaciuto di quella sua situazione umiliante.

 

Al termine non aveva pronunciato una sola parola se non gemiti di piacere, nonostante la sodomia e il suo sverginamento anale benché io avessi messo in previsione al termine urla e singhiozzi tipicamente femminili, non ci furono. Tutto sommato era stata positiva la sodomia e lui era stato bravo, solo dolore all’inizio, che poi si era trasformato in fastidio per terminare in piacere. 

Quando lui lo ebbe tirato fuori con Cristina ancora estasiata appoggiata, piegata con il busto e le gambe dritte nuda alla moto, guardò verso noi e i cespugli dove eravamo dietro e sorrise trionfale.

Lei sentendosi l’ano dilatato e probabilmente entrare aliti di aria fresca all’interno se lo toccò domandando allarmata a Cumpà:

“Ma mi resterà così?”

“No!  Ci vuole un’oretta e ti ritornerà chiuso come prima, ma vedrai che la cacca e le scorregge le farai meglio perché si dilaterà di più.” Rispose volgarmente sorridendo perfido.

Lei per la prima volta a sentire quel rimestio intestinale e quel corpo estraneo di carne dura di Cumpà nel retto e forse più su dopo che le aveva lacerato gli sfinteri e sverginata analmente, ebbe lo stimolo di defecare, oltre l’aria sentiva qualcos’altro muoversi. Imbarazzata e disagiata portò la mano sull’addome appoggiandola sopra come a tenerselo e guardando Cumpà.

“Che c’è?!” Chiese lui vedendola a disagio.

“Devo andare a gabinetto! ...Mi scappa…!” Pronunciò lei imbarazzata vergognandosi:

“Cosa ti scappa?” Chiese lui pensando dovesse urinare.

“La cacca…”  Lo informò educatamente arrossendo ulteriormente in viso. Lui rise.

“E lo dici a me!?... Se ti scappa falla!... Guarda quanto posto c’è qui! Quanti gabinetti, puoi farla dove vuoi… là…laggiù… qua!” Esclamò facendo segno attorno per poi precisare:” Guarda falla lì” E le fece cenno con la mano un angolo vicino a un cespuglio.

“Ci guardi che non ci sono animaletti!” Chiese con una voce timida e infastidita sempre con la mano appoggiata all’addome.

“O maronna!” Bestemmiò lui in dialetto e ancora con il cazzo fuori che le oscillava andò a osservare muovendo l’erba con il piede, facendole vedere che non c’era nulla.

“Dai vai e falla!” La esortò e non ti preoccupare, a volte capita le prime volte di avere lo stimolo. Lei esitò.

“Ma mi vergogno con te davanti…” Mormorò.

E sentimmo lui dire:

“Ma che cazzo di ragazza sei? Ti ho appena inculato e ti vergogni a farti vedere cagare? …” Facendola arrossire e umiliandola, mentre lei con la mano si sfregava sempre la pancia.

Spazientito esclamò:

“Allora tu falla qui, io vado laggiù a pisciare. “Facendo cenno ai nostri cespugli.

“Si ma non ti allontanare troppo, resta vicino, resta con me che ho paura, stammi vicino, proteggimi Cumpà...” Mormorò timorosa.

Pareva proprio assoggettata a lui di sua volontà.

“Si va bene... va bene… resto qui vicino.” Ribatté e si portò verso noi.

Fingendo di pisciare e cantare forte il dialetto si avvicinò ai cespugli dove eravamo noi e ridendo fingendo di stornellare, urinava mostrandoci la minchia ancora dura e sporca delle feci di Cristina.

“È sporca della sua merda chiara!”  Canticchiò a bassa voce, mentre Totò osservandolo sussurrò: si è chiara…” 

Intanto lei si era accovacciata con le ginocchia davanti e spingendo defecava, le aveva fatto proprio da stimolo il cazzo in culo di Cumpà. 

Poco dopo sentimmo chiamare:” Cumpà…Cumpà…” Era lei. “Vieni… vieni che ho finito!”

Ed era in piedi che si guardava le feci a terra e si puliva il sedere con dei fazzolettini di carta presi dalla borsa, cacciandoli schifata tra l’erba pur essendo roba sua le feci.  Cumpà si avvicinò e andò sul luogo dove aveva defecato a guardare.

Ma lei prendendolo per il braccio lo fermò e tirò via esclamando:” No…non guardare dai…”

“Perché!” Chiese lui sorpreso.

“Mi vergogno se la vedi…”

Lui rise…:” Come ti vergogni se la vedo?” E rise ancora ripetendo: “Ti vergogni se la vedo?... Se vedo la tua cacca?”

“Si!” Ribatté lei imbarazzata.

“Perché?”

“Così! … Fa odore e poi mi vergogno se la vedono gli altri…”

 E lui iniziò a ridere forte dicendo:” Odore?... Puzza vorrai dire…”

“No dai… non è vero … non c’è puzza!” Esclamò rossa in viso vergognandosi sempre più.

“Come non è vero? Tu non la senti perché è tua, ma c’è una puzza di merda...” Esclamò volgarmente.

“No dai Cumpà ti prego per piacere, non essere volgare … non usare vocaboli osceni… non dire queste cose.” Ribatté nuda in piedi guardandolo piena di imbarazzo e disagio.

“E come devo dire?” Domandò sempre ridendo divertito di quella sua pudicizia di ragazza per bene di città.

“Si dice che ha un odore sgradevole non quello che hai detto tu!”

Poi per prenderla in giro si avvicinò a lei come se l’annusasse, tirando su con il naso ridendo e dicendo.” Che puzzaaaa!!!!… Puzzi pure tu!!”

“No dai Cumpà per favore non dirmi queste cose…  non umiliarmi… io non puzzo… dimmelo!... Dai!” Esclamò imbarazzata sempre vergognandosi.

Faceva venire da ridere anche a noi quella scena con il suo comportamento educato, per bene e vergognoso. Ma lei risentita e offesa ripeté quasi pregandolo:

“Dai Cumpà mi vergogno di queste cose lo sai… dimmi che non puzzo…”

Lui avvicinandosi ancora ridendo l’annusò nuovamente e le disse:

” No…non puzzi…. profumi di rose…” E rise ancora.

“Stupid! ...  Pirla!” Esclamò in dialetto milanese.

E mentre lui era sempre con il cazzo fuori che gli oscillava davanti, lei come se dicendo quelle ultime parole Cumpà le avessero dato l’idea, dalla borsa prese il deodorante ascellare e iniziò a spruzzarselo addosso e in aria… riempiendosi tutta.

“Si vergognava se qualcuno avesse visto i suoi escrementi o sentito l’odore. Mah!... manie, ricordo che mia sorella non era così.”

A un certo punto lui dichiarò:” Ehi c’è ancora qui da pulire!” E fece segno con il dito alla sua cappella che stava diventando molla perdendo l’asta la rigidità dell’erezione. Lei guardò e vide alcune pennellate delle sue feci sul glande di Cumpà e fece una faccia disgustata. 

“Puliscimi!” La esortò autoritario vedendola così schizzinosa.

“No dai Cumpà mi fa schifo! Fallo da solo!”

“Ma che schifo e schifo… è roba tua questa!” Asserì.

“Si lo so ma mi fa schifò lo stesso.”

“No… puliscilo tu!” Ripeté serio guardandola negli occhi. “Puliscimelo o te lo faccio leccare!”

Lei capì che non scherzava, scocciata prese altri fazzolettini dalla borsa e schifata tenendoli tra il medio e il pollice gli pulì la cappella dalle sue feci, le passò varie volte gettando tutto a terra... 

“Va bene… intanto poi a casa mi lavo! “Affermò ridendo di avergli dovuto pulire le feci sulla minchia.

 

Si vestirono, si accesero una sigaretta e mentre fumavano lei si avvicinò a lui per baciarlo, per fargli e farsi fare due coccole, stringerlo, in fin dei conti le aveva dato tutte le sue verginità, vaginale, orale e anale e lo sentiva il suo maschio dominante o Alfa, come lo si vuole chiamare oggi e voleva che la stringesse e la baciasse con qualche carezza e parolina dolce, e gli mise le braccia al collo. 

Chiunque sarebbe stato felice di quel gesto, di avere le braccia di Cristina intorno al collo con il desiderio di voler essere abbracciata e baciata da lei, ma lui no, … e con stizza prendendola per gli avambracci la staccò e se li tolse da addosso, esclamando scazzato in dialetto.

“E leva sti mani! … Sempre con ste minchiate a stringere! ...Che sono tutte queste smancerie amorose? Sai che non mi piacciono.” 

Lasciandola delusa e demoralizzata lì a fumare la sigaretta, come se fosse un oggetto, una ragazza qualsiasi buona solo per chiavare.

Finito di fumare salirono in moto, lei si toccava sempre il sedere, sentiva l’ano dilatato. Cumpà l’accese e tornarono giù al minigolf.

E noi ridendo e saltellando uscimmo dai nostri nascondigli preparati in precedenza.

“Minchia u culu davvero ci fice Cumpà a quella buttana chiavainculo… (Minchia il culo davvero gli ha fatto Cumpà)” Disse Totò.

“Sa inculao (se le inculata) veramente ora è davvero una chiavainculo!” Ribatté Nofrio ridendo.

Io e totò per curiosità ci avvicinammo dove aveva defecato lei e guardammo la sua cacca con i fazzolettini attorno e le mosche che arrivavano sopra e poi tornammo alle nostre moto e bici per ricomparire giù e rivederci tutti al minigolf.

 

 

 

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