I NOSTRI CONTATTI

IMMORALEX

SEGUI I NOSTRI SOCIAL:

angeverd53@libero.it

123456789


STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

1 età 1 cap. 1.jpeg

VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

L’ETA’ DEL DISINCANTO

 

 

Note:

 

“Mi piace la parola “disincanto”, perché pur esprimendo la fine di un’illusione, conserva un po’ il sapore dell’incanto in cui si è creduto.”

Lillino.

 

 

 

CAP. 1) COME ERAVAMO

 

Salve… mi chiamo Lillo, vezzeggiativo del mio vero nome, Calogero. Sono un uomo del sud anche se dall’età dell’infanzia ho sempre vissuto, studiato e mi sposato nel nord. 

Ho 60 anni oggi e sono un professionista in campo sanitario e anche nonno, e voglio raccontarvi una storia accaduta moti anni fa, quando ero un ragazzino che frequentava le compagnie di ragazzi più grandi e tutti mi chiamavano Lillino. Esattamente negli anni 70, i favolosi e mitici anni 70. 

La storia che voglio narrarvi successe davvero nella seconda metà degli anni 70. È la narrazione del modo di vivere di alcuni ragazzi in quegli anni e in particolare di una coppia, di fidanzatini vittime inconsapevoli di un avvenimento che ha trasformato la loro unione e il loro amore in tradimento e lussuria.

L’esposizione riguarderà una coppia di giovani innamorati, una ragazza molto bella, avvenente e un po'  stupidina, come tutte a quell’età  e il suo ragazzo, entrambi 18enni, con lei che dimostrava qualche anno in meno e che stavano vivendo i primi timidi batticuore d’amore, programmando un futuro sentimentale insieme a lui, d’amore e matrimonio. I due si conoscevano da anni essendo entrambi milanesi e frequentando lo stesso istituto scolastico. Quell’anno vivevano felici e spensierati la vacanza e il loro amore, divertendosi e frequentando la loro compagnia, dove in un certo modo lui ne era un leader, 

Erano entrambi benestanti sotto il profilo economico e molto belli in quello estetico.

Ambedue venivano giù tutte le stagioni al mare in Liguria, da fine scuola fino all’inizio dell’anno successivo e passavano le vacanze insieme da innamoratini, con bagni al mare, giri in motorino, serate a divertirsi, coccole, baci, carezze e litigi, con sentimenti d’amore e di gelosia.

 

Per certi aspetti è una storia comune, per altri aspetti straordinaria, certamente un po’ malinconica con risvolti, penosi anche se vi sono parti di lussuria esplicita. Una storia di ragazzi e ragazze…. e di una relazione tormentata fatta di un amore finito inaspettatamente e una nuova relazione iniziata casualmente e sessualmente.

Una vicenda dove i protagonisti in tre mesi si ritrovano proiettati nella cruda realtà della vita e non più nel mondo di sogno e divertimento in cui vivevano.

Questa storia, d’amore e di sesso, triste e tormentata l’ho vissuta in prima persona come spettatore dei protagonisti.

Quando successe l’avvenimento tutti mi chiamavano Lillino, ero molto giovane ed ero un po' la mascotte di tutti.

 

La mia famiglia era emigrata dal sud in una cittadina ligure in pieno sviluppo economico e turistico e in quegli anni in espansione, dove c’erano molte altre famiglie emigrate come noi, tutte famiglie povere di pescatori, contadini e soprattutto manovali edili, ed eravamo una nostra comunità.

Devo fare una premessa prima di iniziare per fare capire meglio l’ambiente e il clima di quegli anni…

Tutto avvenne in una cittadina costiera ligure, in quegli anni c’era molto turismo del nord, tedeschi, belgi e olandesi, ma soprattutto lombardi e piemontesi che venivano giù a massa; chi comprava la seconda casa al mare e chi era in affitto. 

Il turismo durava tutta l’estate, da metà giugno chiusura delle scuole, fino alla loro riapertura a fine di settembre, quando sarebbero iniziate le lezioni scolastiche, che allora era il 1° ottobre.

 

Quando si parla degli anni Settanta, subito numerose e svariate immagini affollano la mente di chiunque: musica rock, libera e ribelle, pantaloni svasai in fondo a zampa d’elefante, enormi occhiali da sole, vestiti colorati a fantasia simbolo delle figlie dei fiori e delle stelle e donne dall'animo profondamente femminista.

C’era la rivoluzione culturale e dei costumi che continuò nella decade successiva, l’esaltazione degli ideali della libertà, dell'uguaglianza e della ribellione in tutti campi.

Oltre a quell'atmosfera indimenticabile, che è entrata a far parte dell'immaginario collettivo e della storia, in quegli anni c’erano anche tensioni e forti scontri sociali in Italia e all’estero, erano anni in cui c’era lotta di classe, la contestazione di un po' di tutto alla ricerca della libertà; ma noi ragazzi e soprattutto al mare non la sentivamo o meglio non la vivevamo direttamente, erano fatti lasciati ai giornali e telegiornali e alle vie e piazze delle grandi città, ma  erano anche gli anni della spensieratezza.

C’era l’emancipazione sessuale, l’inizio della caduta dei tabù, i capelli lunghi, il femminismo e una grande voglia di libertà su tutto. Non c’erano i social come oggi, ma in base all’età solo l’oratorio o le compagnie per ritrovarsi e divertirsi.

Non c’erano nemmeno i computers, tablet o gli smartphone con macchina fotografica incorporata, ognuno di noi aveva qualche gettone telefonico bruno da poter telefonare da qualche cabina telefonica (e ce n’erano molte) a casa per chi aveva il telefono nell’abitazione, ed era grigio color topo con la rotella con i numeri e la cornetta sopra e non erano molti ad averlo. 

La televisione era solo rai e due canali… 

Assieme alla divisione di classe in quegli anni c’era anche quella etnologica, quella che sentivamo e vivevamo di più, specialmente noi ragazzi del sud, una differenza sociale tra ricchi e poveri, figli di papà e di operai, tra nord e sud e tra polentoni quelli del nord e immigrati come noi, meridionali che venivamo chiamati con disprezzo terroni.

I terroni eravamo noi, il nostro gruppo figli di immigrati poveri, che tra noi parlavamo quasi solo in dialetto meridionale e i polentoni erano sia quelli della cittadina dove vivevamo e ci ospitava, e sia quelli del nord, specialmente i milanesi che venivano in vacanza, che se la tiravano, facevano compagnia tra loro snobbandoci, guardandoci con sufficienza dall’alto in basso e a volte con fastidio.

Ma come dicevo quelli erano anni particolari dove iniziava la libertà e la emancipazione della donna con il movimento femminista e l’abbigliamento provocante, creativo e rivoluzionario dei costumi.

 

In quegli anni si era estrosi ed eccentrici indossando capi d'abbigliamento particolari e personalizzati, soprattutto per la prima parte degli anni 70. Non stupisce, quindi, se lo stile della moda di quel periodo richiamasse i valori di libertà d'espressione e sessuale. 

Erano gli anni della fine degli hippie ma anche dell’inizio della disco music, del passaggio del periodo Hippy a quello nuovo della discomusic e io vivevo a metà, in mezzo a quegli eventi e in quel periodo si mescolavano gli stili canori e di look, ed erano i tempi delle prime super modelle da copertina.

Una donna doveva sentirsi libera di poter scegliere come vestirsi e anche come truccarsi. Si promulgava la bellezza sia naturale che artificiale che voleva esaltare le caratteristiche di ognuna, non puntare all'omologazione di tutte uguali. La voglia di libertà era stata protagonista anche nel vestire, nel make-up, tutto era appariscente, forte evidente. Le donne cercavano ancora l’emancipazione e volevano essere libere di potersi esprimere a loro modo e come volevano. Trucco e abbigliamento erano un ottimo pretesto per sostenere la causa femminista e mostrare il cambiamento.

Gli abiti erano a tinta unita color pastello o disegnati a fiori o figure geometriche, erano un trionfo di colori, vivacità e tonalità; minigonne, pantaloncini, occhiali da sole grandi e dalle tinte vivaci, pantaloni a zampa di elefante su zoccoloni o zeppe vertiginose con o senza decolté.

La moda degli anni ’70 si sbizzarriva in molteplici effetti: dal look multicolore a quello scintillante e vivace in voga tra gli ambienti della disco music; per non parlare dello stile cupo e drammatico dei primi punk.

Il taglio definitivo col gusto del passato, l’energia e l’anticonformismo erano infatti le parole chiave che accomunavano entrambi i movimenti.

Riguardo al trucco e all’aspetto farò una breve spiegazione, non sono un tecnico e posso sbagliare, ma mi rifaccio a quanto mi diceva mia sorella Maria in quegli anni a cui con le sue amiche piaceva molto quel tipo di trucco e spesso lo facevano di nascosto uscite dall’abitazione, perché in casa i genitori non volevano, era da “buttana” truccarsi in quel modo vistoso e colorato.

Il trucco era esagerato e vivacissimo, ma era normale che fosse così. Rappresentava la donna di quel periodo, sguardo magnetico, bellezza naturale e spinta femminista. Spesso era elaborato su tutto il viso oltre gli occhi e le labbra, anche al collo. 

All’estero il trucco afro degli anni ’70 non era diverso da quello delle caucasiche europee e italiane. Regnavano i colori accesi e intensi, le ciglia finte e l’eccesso. L’unica differenza stava nel colore della pelle e nei capelli, nella loro forma, in quelle afro con le teste ricce sembrava avessero un casco di peli sopra.

Si passava dallo stile hippy alla disco music

Le caratteristiche principali del trucco erano sicuramente la base molto leggera e naturale ed il trucco degli occhi. Quest'ultimo passava dal naturale al super pop influenzato dalla disco music, oppure poteva essere più drammatico in perfetto stile punk.

Volendo puntare sulla femminilità, negli anni settanta, l'attenzione di chiunque doveva rivolgersi agli occhi che sembravano dipinti. L’importante era che sembrassero enormi e spalancati. Il trucco era quindi molto appariscente e drammatico.

I colori più in voga nel trucco sul viso in quegli anni riguardavano gli ombretti che erano color pastello come pesca, rosa, lampone, ma anche prugna e rosso mirtillo e si usavano nomi di frutta per distinguerli. Gli ombretti potevano essere opachi o shimmer, ma questi ultimi andavano per la maggiore. Gli shimmer dall’inglese “scintillare, luccicare” era una caratteristica ottica di alcuni cosmetici che contenevano al loro interno sottili componenti iridescenti in grado di conferire al trucco un caratteristico effetto brillante e lucido.

Tra i prodotti shimmer più comuni erano gli ombretti, gli smalti, i rossetti e le matite per gli occhi, ma anche molti prodotti per la pelle del viso e del corpo come illuminanti, bronzer, oli e creme di cui accennerò in seguito.

Andavano di moda anche gli eyeliner che erano una linea bombata di trucco sulla rima superiore delle ciglia e si stendeva esternamente con la punta a virgola in su, allungando l’occhio di circa 5-7 millimetri e rifiniva la parte inferiore dell’occhio. Era di diverse colorazioni: blu, verde e viola le più comuni; ma anche bianco, argento, marrone e nero, per avere uno sguardo magnetico.

Sempre mantenendo il focus sugli occhi e sulla bellezza naturale, un altro make up tipico degli anni Settanta era il mascara che anch’esso non risparmiava la varietà di colori disponibili, e si trovava in tubo con scovolino come oggi, o nella versione waterproof. Che altro non era il prototipo di mascara a lunga tenuta, rispetto al normale, contenendo nei suoi componenti delle resine che avvolgevano il pelo delle ciglia impermeabilizzandole; le ciglia diventano refrattarie all'acqua, quindi in presenza di una forte lacrimazione oppure se si faceva il bagno garantiva una tenuta impeccabile anche bagnato ed evitava che sul viso si formassero dei “rigagnoli”.

Il trucco occhi passava dal naturale al super pop influenzato dalla disco music, oppure poteva essere più drammatico in perfetto stile punk.

Se gli anni prima andavano di moda le sopracciglia super fini a matita, col tempo si sono preferite sempre più folte e naturali. Pettinatele verso l’alto.

Anche il trucco delle labbra negli anni ’70 era appariscente. Labbra rosse, spesso contornate da una matita più scura del rossetto. Le varianti di colore erano gli immancabili, si abbinavano gloss rosa, arancio e pesca. Anche il lucidalabbra non mancava nelle trousse, soprattutto tra le più giovani.

E proprio in quegli anni si affermò la moda della pelle abbronzata, il tanga e i bikini ridotti.

 Il bronzer fu un vero must di questi anni: veniva usato per dare alla pelle l’effetto “baciata dal sole sul viso, era detta anche terra abbronzante. Era un cosmetico generalmente in polvere libera o compatta o in versione cremosa che aveva come scopo di colorare sul viso pallido...

Il Blush in inglese, significa "arrossire", negli anni 70 era chiamato fard, ed era quasi assente o usato con molta parsimonia era utilizzato su gote e guance per ricreare sul viso un naturale e pallido colorito sano, arrivando col tempo ad essere applicato fino alle tempie. I colori più usati erano i toni tenui del rosa e pesca. 

 

Negli anni ’70 c’era chi aveva i capelli con onde morbide o treccine. In quegli anni oltre ai capelli lunghi e le teste piene e ricce, andava di moda il “brushing”, che non era altro che una piega per allisciare o arricciare i capelli col phon.

Le pettinature avevano quasi tutte la riga in mezzo, i capelli lisci e in prevalenza lunghi e il taglio scalato, o “shag”, che andava tanto anche tra gli uomini, che era un'acconciatura stratificata a varie lunghezze, spesso piumati nella parte superiore e sui lati e rendevano i capelli pieni attorno alla corona e assottigliati con frange attorno ai bordi. Chi li aveva molto ricci e li faceva crescere, aveva la testa stile “afro”, molto voluminosa e le donne andavano fiere delle loro chiome ricce e le sfoggiavano ogni sabato sera sulla pista da ballo. Il disco era la musica delle donne e anche il loro look e make-up era ispirato a questo tipo di musica.  Oppure chi li aveva lisci e voleva volume, li super cotonati e bombava. Per tenere su quelle chiome ci volevano litri e litri di lacca. Nessuno andrebbe in giro con un’acconciatura simile oggi. Si asciugavano i capelli all’indietro soprattutto sopra la fronte e si cotonavano senza esagerare.  C’era anche chi per enfatizzare ulteriormente il look aggiungeva una fascia, piume e perline anche sui capelli.

 

Anche la musica si rivoluzionava. Gli anni ’70 assorbirono gli stili più diversi: da quello degli anni precedenti fino allo scintillio della disco music, e a emergere furono gli stili i più diversi tra loro, ma nello stesso tempo i più ricchi di intuizioni geniali, la disco music e il punk che iniziava ad affacciarsi. 

Nella seconda metà del decennio degli anni 70, arrivò la musica disco, che portò anche un altro cambiamento in termini di moda. Iniziarono i look glam, quelli che alla fine degli anni 70, primi anni ottanta si sarebbero detti “glamour”, che in italiano, avrebbe assunto il significato di “fascino “e comprendeva tutto, dal look al trucco al taglio di capelli a cui si coordinavano make up differenti rispetti a quello hippy di inizio anni Settanta. 

Per ogni donna, ragazza la visione del trucco in quegli anni cambiava, da sinonimo di bellezza artificiale a gioco di colori, dato che promuoveva uno stile appariscente precursore delle tendenze degli anni dopo. 

Erano tantissimi i personaggi che col loro look (e non solo) erano delle icone indiscusse degli anni ‘70: Bob Dylan, Pink Floyd, Led Zeppelin, Janis Joplin, Joan Baez, Abba, Donna Summer, Cher, Barbra Streisand, Sid Vicious e Joe Strummer per quanto riguarda la musica. Diane Keaton, Marisa Berenson, Lauren Hutton, Margaux Hemingway, Lynda Carter, Liza Minnelli, Farrah Fawcett nel cinema e nella moda e tanti altri.

I film che circolavano in Italia in quel periodo erano diversi e di ogni genere, italiani o esteri del tipo:” Lo squalo, la novizia a profondo rosso.  A qualcuno volò sul nido del cuculo al primo film di Fantozzi e l’estate precedente era stata segnata da capolavoro di Mell Broks, Frankenstein junior

 

Ora vi spiegherò brevemente come quell’estate vivevamo le giornate nella cittadina turistica dove noi abitavamo e molti di loro venivano in vacanza.

Era una bellissima cittadina turistica sempre più in espansione, con alberghi e negozi e tantissime seconde case, Alcuni abitanti vivevano con la pesca o le campagne ma molti come noi con l’edilizia. 

Le spiagge erano divise tra stabilimenti balneari attrezzati di cabine, ombrelloni, sdraio e docce che frequentavano loro (i milanesi), adatte per rilassarsi baciati dal sole e abbronzarsi con davanti un mare splendido con la boa a 20 metri e sulla riva pedalò e pattino a remi (o mosconi come erano chiamati qui) da poter noleggiare assieme a barche e gommoni e materassini acquatici per perlustrare il litorale. E quelle libere, sporche o meglio non pulite e disordinate, senza docce e servizi, dove per sedersi bisognava mettere l’asciugamano sulla sabbia o sulle pietre della riva, oppure sugli scogli dei moli sparsi lungo la spiaggia.

In quel periodo le spiagge libere erano molte e confinavano con gli stabilimenti attrezzati a pagamento e noi terroni da lì osservavamo le loro ragazze… a prendere il sole e a fare il bagno con i bikini. Lo stesso facevamo noi, tornando a casa senza risciacquarci dall’acqua marina e dalla polvere della sabbia e la doccia chi ce l’aveva la faceva a casa propria.

 

I luoghi di ritrovo per ragazzi oltre che la spiaggia, erano i bar o i caffè (come li chiamavano i milanesi) sul lungomare o al minigolf, che avevano un ampio dehors con dondoli e tavolini e jukebox, dove con cento lire si ascoltavano tre canzoni del momento. Il minigolf si trovava in un lungo viale alberato che portava al mare, dove si andava anche alla sera in alternativa alla discoteca sul mare, se no ci recavamo sul lungomare o a passeggiare e chiacchierare, oppure al cinema a vedere qualche film di quegli anni... o anche a fare giri in motorino nei paesi limitrofi.

Naturalmente in questi ritrovi c’erano le varie compagnie, ognuno con il suo gruppo, i milanesi da una parte e noi i terroni da un'altra a guardarli e invidiarli.

 

Loro avevano i soldi e quasi tutti la moto da cross o da regolarità, i più grandi 125 cc con la targa, Ktm, Puch, Husmarvna, Ducati e iniziavano ad arrivare le giapponesi e i più giovani di loro l’Aspes, il Testi, il Gori, L’Aprilia, il Muller Zundapp e L’Ital Jet, tutti motorini costosi e 50cc di cilindrata. Qualcuno più grande il Chopper, che per chi non lo sapesse erano delle delle moto molto personalizzate o addirittura costruite da zero, la cui modifica principale era il taglio (chopping) e la correzione del telaio per modificare l'angolo per dargli un look più allungato, inoltre spesso si prolungavano anche le forcelle, anche di molto e avevano la poggia schiena. Era la moto simbolo degli anni 70 e di libertà.

E i nostri possedevano, Gilera, moto Guzzi, qualche Benelli e il Morini, mentre noi ragazzi possedevamo il Rizzato (Atala) detto Satan, il Beta, qualcheduno il Califfo, qualche Vespetta piaggio; tutti motorini scassati di terza, quarta mano smarmittati, dove riuscivamo ad andare anche in tre sopra e qualcuno il Ciao piaggio e le biciclette da cross.  E in quegli anni incominciavano a vedersi  i primi scooter giapponesi

Inoltre loro indossavano dei bei vestiti alla moda di allora come detto sopra, colorati e sgargianti, di buona fattura e prezzo. All'opposto noi abiti da bancarella del mercato o delle svendite che ci compravano i genitori. 

 

Un'altra caratteristica che ci differenziava era che loro avevano le ragazze, milanesi e sostenute come loro, anche belle, che fumavano e si baciavano in bocca sui dondoli incuranti di noi e dei clienti. E noi no, eravamo tutti maschi abbastanza sbandati, pieni di complessi e sensi di inferiorità verso di loro e quasi nessuno di noi aveva mai baciato una ragazza. 

 

Qualcuno di loro alla sera o al pomeriggio portava la ragazza in camporella in una località chiamata madonnetta. Era una zona dell’entroterra detta così per via di una piccola chiesetta sempre chiusa, vicino a un vecchio rudere, a circa tre chilometri di strada sterrata dal centro, sulla collina tra il verde, dove andavano tutte le coppiette più grandi o adulte a chiavare e i più giovani invece solo a baciarsi e masturbarsi tra loro. Di più non facevano per incapacità, educazione, mentalità e rispetto reciproco che c’era ancora a quei tempi tra fidanzatini. Era un luogo dove noi andavamo di nascosto a spiarli, a cercare di vedere qualche intimità delle loro ragazze e masturbarci solitariamente a nostra volta. A farci pugnette come si dicevamo nel nostro dialetto. 

Quel luogo lo conoscevano tutti, invitare una ragazza alla madonnetta, significava invitarla in camporella a chiavare e questo lo sapevamo tutti, maschi e femmine.

C’era antagonismo e invidia da parte nostra verso loro, non era come se fossimo due gruppi distinti, ma piuttosto due bande, due società diverse, ma l’antagonismo non era politico e per noi nemmeno di classe, ma di ruolo, tra loro benestanti con gli appartamenti al mare di proprietà e noi miseri, indigenti, nullatenenti in piccoli alloggi in affitto.

Quello detto sopra era un tran tran che si ripeteva ogni anno, ogni stagione estiva con i soliti protagonisti, noi compresi con un anno di più. 

Nella nostra zona c’era una compagnia di milanesi antagonisti i soliti che venivano tutti gli anni con moto e ragazze …

Era un gruppo compatto, composto proporzionalmente da ragazzi e ragazzi che filavano tra loro camminando abbracciati e dandosi baci anche per strada incurante di chi ci fosse dietro o davanti. La coppia più significativa di quel gruppo era formata da un certo Giulio e dalla sua ragazza bellissima che si chiamava Cristina. Venivano tutti gli anni e passavano qui la stagione estiva, lei quando non c’erano i genitori era con la nonna e lui con la mamma o gli zii.

Erano i tipici fidanzatini del nord, si frequentavano anche in città a Milano e si ritenevano un po' al di sopra degli altri, specie di noi. 

Lui era un po' il leder della sua compagnia, mentre la nostra composta di ragazzi meridionali non l’avevamo un leader o un capo lo facevamo un po' per uno, eravamo disgregati, sbandati.

Questo Giulio, figlio di papà come si diceva allora era un po' stronzetto e antimeridionalista e della stessa forza anche la sua ragazza Cristina e la compagnia di cui facevano parte, non dico che erano fanatici come ci sono alcuni oggi, ma intolleranti, comunque ci consideravano inferiori su tutto.

Io questa Cristina la vedevo sempre quando arrivava in vacanza con i genitori e la nonna, abitava quasi di fronte a me, io nel centro storico, nei caruggi lei nei palazzi vicino che erano stati costruiti da pochi anni; poi i genitori partivano e restava assieme alla nonna in vacanza e con il suo Giulio e ogni estate era sempre più adulta, più donna e più bella. Io pur essendo più giovane ne ero innamorato segretamente. 

 

Come dicevo sopra e nella prefazione questa storia che narrerò parlerà degli anni 70, di un periodo vacanziero e ora brevemente mi soffermerò e spiegherò meglio i personaggi che oltre a me hanno vissuto questi avvenimenti e ne sono stati interpreti. 

Cristina, Giulio e un certo comparve Cumpà, soprannome di un ragazzo meridionale sono i protagonisti e poi tutti gli altri, amiche e amici, i loro e i nostri che conoscerete leggendo.

 

 

Ogni commento e suggerimento è gradito.

Grazie.

Inviare a “dressage1@hotmail.it

 

 

I contenuti presenti sul blog "Immoralex" dei quali è autore il proprietario del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o ridistribuiti in forma parziale o totale senza previo accordo con l’autore stesso e citando sempre la fonte d’origine. 

È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma. 

Copyright © 2022 Immoralex. All rights reserved