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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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L'AMICIZIA VELENOSA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
NOTE:
“In fondo non si hanno degli amici, si hanno soltanto dei complici. E quando la complicità cessa, l’amicizia svanisce.”
Pierre Reverdy
CAP. 4 L’AMICIZIA
Aldilà di quelle esternazioni che manifestava sempre anche su mia sorella, invece di rompersi l’amicizia aumentò e si consolidò nei mesi; passato l’inverno si ci avviava verso la primavera e la prima estate.
Come detto il pomeriggio si ci incontrava al bar e poi si andava in giro con la sua auto per poi fermarci in qualche pub, birreria o ristobar a bere qualcosa, oppure in qualche piazzetta in centro seduti sui gradini della scalinata di Trinità dei Monti a chiacchierare tra noi o con qualche ragazza romana o turista se lui l’agganciava.
Andavamo anche al Pigneto e San Lorenzo per il cocktail e al sabato sera, quando potevo uscire, in piazze e locali a lui conosciuti dove ballare salsa, che a lui piaceva, oppure in qualche discoteca a ballare musica house ed elettronica, con lui che cercava di abbordare, far bere e impasticcare qualche ragazza per poi chiavarsela.
Durante le serate estive si andava a Trastevere o piazza Campo de’ fiori letteralmente presa d’assalto dalla gente tra locali e turisti, o anche in Piazza Navona, via della Pace o nel rione Monti, o più semplicemente in giro in moto, in macchina o a piedi. A volte tra il mio imbarazzo mi portava nella zona dell’Eur a vedere le puttane che battevano, dove poi stanchi ed affamati, ci fermavamo a prendere un cornetto caldo alla nutella o al miele in uno dei tanti laboratori artigianali sparsi per la città.
In estate con l’arrivo delle giornate calde ed afose ci si trasferiva spesso sul litorale a Ostia, Fregene, Fiumicino, Santa Marinella, Cerveteri. nelle spiagge libere a fare il bagno e conoscere gente nuova, ragazze locali o turiste, per poi a sera andare per pub e discoteche all’aperto in cui divertirsi respirando l’aria di mare, altrimenti a partecipare a sagre e feste all’aperto.
Erano trascorsi quattro mesi da quando ci eravamo conosciuti e aldilà del modo in cui era avvenuto, mi piaceva sempre più essergli amico e volevo che anche lui provasse verso di me le mie stesse emozioni, le stesse sensazioni che avvertivo io nei suoi confronti e desideravo davvero fare qualcosa per lui, aiutarlo e dimostrarle così la mia amicizia.
Un pomeriggio, dopo aver girato per Roma con la sua auto ed essere tornati al bar presso il policlinico a bere qualcosa, nel lasciarci perché, si era fatta sera, ci alzammo, passai a pagare e uscii con lui che mi accompagnò e fuori gli dissi quasi d’istinto: “Mi piacerebbe aiutarti…”
“In cosa?” Domandò stupito Lucio sorridendo.
“A trovare un lavoro, a inserirti in una vita sociale normale… posso parlare con mio padre, mia madre, loro conoscono molte persone che potrebbero aiutarti.” E intanto lui continuava a ridere stupidamente.
“Perché ridi?” Domandai.
“Così!”
“Come così?... Dimmi la verità! Ho detto qualcosa di sbagliato?”
“No… no!... Sono io che avevo frainteso, avevo capito un’altra cosa…” Rispose.
“E cosa avevi capito?” Domandai.
“Ma nulla… non fa niente dai…!” Esclamò continuando a sorridere.
“No dai!... Adesso dimmelo.” Lo esortai serio, pensando di aver detto qualche cazzata. “Cosa avevi capito?”
“Ma niente dai, se te lo dico ti arrabbi, non so come la prendi…”
“Non mi arrabbio e non la prendo male… dai, dimmi la verità cosa avevi capito?”
“Giuri che non te la prendi?” Esclamò ancora ridendo.
“Prometto!” Dichiarai.
E lui sempre con quel sorriso irriverente e da canaglia esclamò tranquillamente: “Avevo capito… e pensavo che mi volessi aiutare a chiavare Giulia…”
Restai sorpreso di quel fraintendimento che non mi aspettavo e mi turbò non poco… “Aiutarti a chiavare Giulia?” Ripetei imbarazzato. “Ma sei pazzo!? ...Ma cosa dici? Che ti salta in testa Lucio…? È mia sorella…” Dichiarai.
“Embè?!… Non ci sarebbe nulla di male…”
“Come non ci sarebbe nulla di male? Che dici Lucio? Mi stai chiedendo di aiutarti a chiavare mia sorella che è fidanzata con un altro… ti rendi conto di cosa chiedi?” Risposi, aggiungendo quasi senza consapevolezza: “A parte che non farei mai una cosa del genere, e poi te l’ho già detto non sei il ragazzo adatto a lei, e non si netterebbe mai con un tipo come te… Ma anche se accettassi è impossibile.”
“Perché impossibile? ...” Domandò.
“Ma ne abbiamo già parlato Lucio, lei non andrebbe mai con un ragazzo come te, non sei il suo tipo. Come te lo devo dire?” Ribadii.
Non volevo sostenere quella conversazione su mia sorella che mi turbava e faceva arrabbiare e tagliai subito:
“Ne parliamo la prossima volta, ora devo andare a casa, mia madre mi aspetta.” Affermai per chiudere il discorso.
“Va bene…” Ribatté sorridendo forse capendo la mia fragilità psicologica e il mio imbarazzo. Proseguendo subito: “Senti!... Ti posso chiedere una cosa…”
“Sì!... Dimmi…” Replicai.
“Mi puoi imprestare dieci euro per la benzina della moto che appena ce li ho te li ridarò!?”
Lo guardai, aprii il portafogli e gli diedi venti euro, perché avevo solo quelli, ma prima di consegnarli precisai scherzoso:
“Basta che non te li giochi alle slot machine...”
“No… no…” Rispose ridendo: “Metto benzina e mi pago una marchetta che a parlare di tua sorella mi è venuta voglia di chiavare. Ma stai tranquillo che te li ridarò.” Pronunciò.
“Vai a puttane?” Domandai.
“Sì!” Rispose tranquillamente.
“Con venti euro?” Chiesi stupito.
“Sì, ce n’è una cinese carina che mi fa lo sconto perché sono il fratello di Claudia… conosce mia sorella e mi prende solo dieci euro per chiavarla in casa sua…” Sorrise, li prese e salutò. “Grazie ciao… ci vediamo domani.” E andò via.
Quell’episodio assieme al fraintendimento su mia sorella mi turbarono non poco. Lucio era proprio un balordo e puttaniere.
Giorni dopo sempre il pomeriggio, seduti in un dehors, visto che ero diciannovenne mi chiese all’improvviso:” Hai già la patente?”
“No!” Risposi:” … Aspetto di finire l’anno universitario, per prenderla, studiare psicologia e contemporaneamente il motore e il codice della strada non riesco, mio padre vuole così, per ora giro con lo scooter, poi mi impresterà la sua auto, ma comunque io so già guidare...” Dissi vanitoso per farmi bello con lui.
“Hai già guidato?” Domandò.
“No… non ho mai guidato, ma so come si fa, mio padre non si fida di me a farmi provare la sua auto, ha paura che urto qualcosa e gliela rovini e non vuole che guidi per ora.”
Lui si alzò gettando la cicca di sigaretta distante tra il pollice e l’indice, come una biglia invece di spegnerla nel portacenere, dicendo: “Vieni ti faccio guidare la mia…”
Mi venne un colpo, pensai di aver capito male o che scherzasse… “Come mi fai guidare la tua?” Ripetei incredulo: “L’alfa Romeo? …la MiTo?”
“Sì...” Rispose: “…io a differenza di tuo padre mi fido di te! Siamo amici! Vieni andiamo nel piazzale di Porta di Roma che è abbandonato.”
Salimmo sulla sua auto con me entusiasta e incredulo e mi portò nella periferia a Porta di Roma, arrivati in uno spiazzo isolato e abbandonato si fermò, spense il motore, scese e mi fece passare alla guida, con me felicissimo, rischiando e fidandosi di me. La prima cosa che mi disse fu: “Guarda… tieni le chiavi, provala, guidala, possiedila come se fosse una donna… è come se ti facessi chiavare mia sorella… ricordalo.”
Rammento che risi a quella frase, proprio per il paragone che fece <come se ti facessi chiavare mia sorella…>.
Quando mi sedetti al guidatore, avvertii una sensazione bellissima ero pieno di adrenalina, contento e gasato. Subito poggiai i piedi e provai i pedali e toccai il volante e le marce con la mano quasi accarezzandoli e tirai un poco avanti il sedile prima di accenderla. Lui al mio fianco si raccomandò e mi spiegò alcune modalità facendomi partire, all’inizio imballai il motore e partii a strattoni, ma poi presi l’avvio e la mano. Mi fece guidare la sua Mi To per oltre 200 metri, girare il piazzale.
Ero incredulo di guidare l’auto e l’Alfa.
Ero felicissimo, ero al settimo cielo, l’avrei baciato dalla contentezza, lo ritenevo un vero amico, un fratello e lui approfittò di quella mia accondiscendenza per approfondire il legame tra noi, instaurando un rapporto e un linguaggio particolare con me, romanesco e da borgata, sfacciato su Giulia e volgare verso tutto e seppur contro i miei principi finii per accettarlo, quel suo modo di considerare.
In quel periodo ero tanto esaltato per avermi fatto guidare l’auto, che gli avrei concesso qualunque cosa… Nei giorni seguenti me la fece guidare altre volte, spesso glielo chiedevo io e lui mi accontentava. Era furbo, io non lo capivo in quel momento il motivo perché lo facesse, pensavo a un vero senso di amicizia, invece lui voleva in cambio qualcos’altro da me…
Solo dopo, con il tempo, riflettendo su quello che avvenne, capii che tutte quelle frasi che mi diceva, su Giulia; che fosse una troietta e puttanella, se l’aiutavo a chiavarsela, che mi dava la sua auto come se fosse sua sorella, avevano un fine. Arrivò a dirmi che se mi piaceva e volevo, potevo chiavare davvero sua sorella senza pagare che lui non avrebbe avuto nulla incontrario e anzi glielo avrebbe chiesto per me. Naturalmente declinai quella proposta. Ma ripensandoci con il senno del poi, mi resi conto che le sue attenzioni nei miei confronti altro non erano che espedienti per prepararmi mentalmente a qualcosa che lui aveva già in mente e che si sarebbe manifestato in seguito e servivano a farmi vedere mia sorella con occhi diversi, come se fosse qualcosa di “interscambiabile.”
In quel periodo pendevo dalle sue labbra quando mi portava a guidare l’Alfa Romeo, mi aveva anche filmato con lo smartphone mentre ero al volante sorridente e teso che guidavo e felice mostravo la clip ai compagni … vantandomi.
Seguivo quello che diceva con attenzione, accettavo le sue idee, e gli dedicavo il mio tempo libero, senza rendermi conto che soddisfacevo i suoi tornaconti personali, diventando uno strumento nelle sue mani.
Ma lo accettavo, fino a quel momento le vie di fuga dalla famiglia erano state l’utilizzo dello smartphone, del tablet e del computer a casa, per evadere e comunicare sui social come Facebook e Instagram e tik tok. Ma ora avevo un amico vero, reale a cui tenevo e mi aiutava a formarmi e a migliorarmi… o almeno così credevo.
I giorni e le settimane passavano e la nostra amicizia, quasi morbosa da parte mia si saldava sempre più. Lucio capì negli incontri che aveva un ascendente su di me, che poteva parlare liberamente di tutto che anche se ero contrario non litigavo mai con lui e iniziò a usarlo per chiedermi a volte soldi che poi mi avrebbe dato. Cifre che variavano dai 10 euro a un massimo di 40- 50 euro, sempre per qualcosa, benzina, sigarette o puttane, perché a lui piaceva più chiavare che masturbarsi, ma Lucio non riusciva a resistere molto senza chiavare e parlarmi frequentemente di mia sorella, a volte fino alla noia. E io a volte riflettendo mi chiedevo:
“Ma, come gli vengono in mente certe idee, che io possa accondiscendere ad aiutarlo con Giulia? Forse è il linguaggio che uso, il parlare chiaro e aperto che lo fa fraintendere e immaginare certe cose.”
Ma sapevo che quello che era diventata una sua ossessione e che desiderava lui, non sarebbe mai avvenuto nella realtà, anche se ci avesse provato realmente e per questo lo lasciavo parlare e a volte addirittura gli davo corda provocandolo. Anche quando faceva quei paragoni assurdi tra Giulia e sua sorella, una puttana. Era come se lo facesse tra Il sacro, Giulia e il profano sua sorella, come se fossero due tipi di ragazze interscambiabili nei valori e nella moralità, anche se nella sua mentalità, come tutte le donne erano tutte e due puttane anche loro, sua sorella a pagamento e la mia come costume sociale, età e atteggiamento. A volte, ad ascoltare le sue richieste e i suoi vaneggiamenti e paragoni su Giulia, mi turbavo, e mi chiedevo: “Ma come è possibile che mi ecciti a pensarli insieme e fantastichi sessualmente su di loro, che sono così diversi… come il bianco e il nero?”
Nei giorni seguenti nel masturbarmi, iniziai a pensare a quello detto da lui, che per errore aveva frainteso che io intendevo aiutarlo a chiavare mia sorella Giulia e mi eccitava pensarlo e lo facevo frequentemente quel pensiero, Mi tornava spesso alla mente, soprattutto nel momento di masturbarmi, restando prigioniero di quel piacere perverso e malato e in un certo senso incestuoso ad eccitarmi a immaginare mia sorella con lui. E assurdamente, masturbandomi fantasticavo su di lui che si chiavava davvero mia sorella Giulia, fino a venire in una eiaculazione che mi scuoteva tutto il corpo e mi dava enorme piacere nell’immaginarlo, salvo poi pentirmene e vergognarmi di averlo pensato e goduto in quel modo, con loro. Ero giunto al punto che sessualmente se pensavo a mia sorella, non la immaginavo mai con il suo ragazzo Marco, ma con lui… con Lucio.
Le settimane passavano e diventarono mesi… e un giorno dopo esserci seduti a un tavolino e avere bevuto qualcosa al centro di Roma, chiacchierammo. Lui sempre con lo stesso tenore di linguaggio e con la sua irriverenza direi ormai naturale verso me e mia sorella; e quello come dicevo, oramai lo accettavo e in parte mi eccitava. Sì, sembrerà strano e scellerato, ma sapere che gli piaceva mia sorella Giulia assurdamente mi eccitava, ne ero contento. Lui qualsiasi discorso facevamo, lo portava volutamente su Giulia, facendolo sembrare casuale, parlando di lei con insolenza e sessualmente. Se parlavamo di moto diceva: “Ecco io con questa ci porterei in camporella tua sorella e la chiaverei sulla sella…” E tutte spiritosaggini di questo tenore.
Quando perseverava su qualcosa di fastidioso o andava oltre le righe con le sue battute e notava che mi infastidivo, si correggeva dicendo che scherzava, e quando asseriva che Giulia gli piaceva, diventavo serio. E negli incontri prendendo sempre più confidenza con me permissivo e con impertinenza e ardire verso Giulia, passò dal dire:
“Sai tua sorella è davvero una bella figa, mi piacerebbe tanto chiavarla…” O anche: “Sai, vorrei chiavarla davvero…” Fino un giorno chiacchierando a chiedermi apertamente e realmente: “Mi aiuti a chiavarla?”
Trasecolai a quella ennesima richiesta e risposi serio: “Ancora con questa idea Lucio? Lo sai, ne abbiamo parlato… non sei il tipo di ragazzo per Giulia e poi assolutamente no… non ti aiuterei, togliti questi pensieri e idee su mia sorella… Ma cosa ti salta in mente di chiedermi queste cose? Mia sorella non si tocca, puoi scherzare dire battute e fare spiritosaggini, ma oltre no Lucio…” Esclamai risentito. E per qualche giorno non disse più nulla.
Dovevo parergli strano che come fratello lo lasciassi parlare sessualmente di mia sorella e a chiedermi apertamente di aiutarlo a chiavarla, senza che io più che dire no verbalmente non facessi altro. Certamente pensava che ero un depravato e morboso, per questo insisteva.
Purtroppo dopo vari giorni riprese con quella sua idea e nel suo perseverare con quella richiesta ci fu ancora una discussione tra noi:
“Tu sei pazzo Lucio! È mia sorella e non è come la tua, ed ha già il ragazzo. Ed è come se fosse fidanzata!”
“Beh, che c’è di male, anche mia sorella ha il compagno, ma se tu volessi chiavarla io non avrei nulla incontrario…” Replicò.
“È diverso Lucio…” Ripetei: “…tua sorella, mi spiace dirtelo… ma tua sorella è una prostituta e va con tutti a pagamento, la mia non lo è!”
“Per ora non lo è… chissà tra qualche anno …” Ribatté stupidamente ridendo.
Ma visto che io più che a parole non reagivo alle sue provocazioni e non facevo nulla per allontanarlo, ma anzi continuavo a cercarlo per chiacchierare e andare in giro con lui, proseguiva in quelle richieste. Aveva capito che ero un debole e che parlare in quel modo di Giulia eccitava anche me e lo sfruttava, sapeva che su quello che diceva di Giulia io più che dimostrare la mia contrarietà non dicevo nulla. D’altronde cosa potevo aspettarmi da un ragazzo che mi confidava apertamente che spiava sua madre e sua sorella in bagno, quando facevano sesso in casa… e anche quando si prostituivano? E dicevo a me stesso che era per quello che lo sopportavo, per la sua condizione famigliare e sociale. Ma non era così, non solo per quello, non potevo mentire a me stesso, sapevo benissimo che mi piaceva quando parlava in quel modo libertino di Giulia. Quando diceva che voleva chiavarla e chiedeva il mio aiuto mi eccitava; e seppur non lo avrei mai permesso però ci fantasticavo sopra a quelle richieste e lasciavo che li dicesse.
Come dicevo sopra, più di una volta salutandoci mi chiese degli euro, che io gli diedi immaginando che se li giocasse o andasse a puttane cinesi, che a suo dire erano più belle ed erano quelle che costavano meno in un confronto prezzo e qualità; e un pomeriggio con curiosità gli chiesi all’improvviso:
“Allora sei andato l’altra volta?”
“Dove?” Rispose non ricordandosi.
“Mi avevi detto che ti servivano venti euro e andavi a puttane?”
“Ah sì! Sono andato con una ragazza cinese… Ho fatto una bella chiavatina, ci voleva proprio, non solo seghe… grazie per i soldi appena ce l’ho, che trovo qualche puttanella che mi fa da bancomat te li rendo. Anzi se vuoi la prossima volta porto anche te, ti faccio chiavare una cinesina, le dico che per te è la prima volta.”
“No… no… grazie.” Risposi aggiungendo: “Ma non ti fa schifo andare a prostitute?”
“No …sono carine e anche pulite e poi lo faccio con il preservativo, senza no… Tu invece di farti seghe dovresti venire un po’ con me che ti faccio svezzare io… ti insegno a chiavare.” Esclamò beffandosi di me.
“No io non vado con quel tipo di donne lì, con le puttane…” Ribattei precisando.
“Ehh ma che ti credi tu… non lo sai che tutte le donne sono puttane o puttanelle, sai quante ne conosco di ragazze che non si fanno pagare e la danno a tutti…? Le più furbe sono quelle come mia sorella, almeno la danno, godono e se le va e ci guadagnano dei soldi… Chissà anche Giulia un giorno potrebbe esserlo.” Dichiarò come battuta sorridendo. Ma io subito risposi:
“Mi dispiace deluderti Lucio, ma lei no, non lo è, non lo sarà mai una prostituta, c’è proprio un solco culturale e mentale, lei non è come le altre e tantomeno come tua sorella Claudia!”
“Beh…” Replicò sempre con una smorfia sulle labbra: “Con tutte metto il preservativo, ma se dovessi chiavare solo con Giulia lo farei senza, con lei non avrei paura di prendermi malattie.” Affermò introducendo ancora lei nei suoi discorsi sporchi e sessuali. E come al solito io invece di mandarlo al diavolo gli tenevo gioco in un certo senso provocandolo e divertendomi della sua fissazione per mia sorella.
“Eh sì… ma dovresti stare attento quando vieni…” Risposi schernendolo.
“Certo! ... Io non ho questi problemi, so chiavare, so trattenermi e venire quando voglio e fuori dalla figa… è tutta una questione mentale.” Lasciandosi poi ancora andare a disquisizioni su Giulia: “Eh con lei farei così! …Lo tirerei fuori e le sborrerei sul suo bel pancino.” E rise.
Come dicevo quel suo parlare così apertamente di mia sorella, di come l’avrebbe chiavata invece di scandalizzarmi, mi incuriosiva e turbava fino ad eccitarmi e mi piaceva tenergli il discorso, probabilmente perché ero sicuro che mai e poi mai al di là delle parole tra noi sarebbe mai accaduto nulla di simile… So che non mi comportavo da fratello quando parlava così di lei, che avrei dovuto mandarlo affanculo e andarmene, ma non ci riuscivo, era più forte di me. Venivo preso da una tensione e frenesia fisica e mentale soprattutto, piacevole che mi procurava anche erezione, tachicardia, respiro corto e stordimento a sentirgli dire quelle sue intenzioni su Giulia, che mascheravo bene, provando una sensazione di benessere fisico e cerebrale, come se fossi drogato e stordito da quelle parole e quei discorsi sconci che faceva.
Quando mi incontravo con lui era come se mi sdoppiassi e diventassi un’altra persona e Giulia non fosse più mia sorella ma una ragazza qualunque e per questo lo lasciavo dire. Solo in alcuni momenti di razionalità, quando ero solitario e calmo e riflettevo, mi rendevo conto di cosa facevo e peggio fantasticavo, mancando di rispetto a mia sorella e allo stesso tempo a me stesso e ai miei genitori.
Non so se la sua fosse un’ossessione, una fissazione o una infatuazione verso Giulia perché era una bellissima ragazza o fosse solo una rivalsa psicologica, una ritorsione mentale perché gli avevo detto che non era il tipo di ragazza per lui, di togliersela dalla testa che non l’avrebbe mai potuta averla. E per questo presuntuoso e narcisista com’era, volesse dimostrare a sé stesso e a me, che invece proprio perché per lui era considerata irraggiungibile, voleva prendersela e possederla, farla sua.
Difatti, più passavano i giorni e più mi parlava spesso sorridendo e in modo volgare di mia sorella. Io pensavo sempre che scherzasse quando l’apostrofava troietta e puttanella come tutte le altre ragazze, ma anche se non condividevo in parte lo capivo e giustificavo vista la sua situazione famigliare, perché quello era il suo modo di considerare le ragazze ed essendo più grande di età vedesse le cose in modo diverso da me.
Era un mantra, ma io lo assecondavo, lo lasciavo dire… quando l’apostrofava volgarmente e diceva che voleva chiavarla, chiedendomi che io l’aiutassi a farlo. Sapeva che mi dava fastidio quel suo modo di considerarla, ma lui se ne fregava e continuava a chiamarla in quel modo. A volte fingendo di sbagliarsi e sorridendo, scusandosi correggeva troietta con fighetta, oppure puttanella con Cenerella o monachella romanella, rondinella, verginella e tanti altri modi.
Spesso mi inviava video porno sullo smartphone, con per soggetto ragazze bionde che assomigliavano a Giulia mentre avevano rapporti sessuali, orali e anali, con sotto una didascalia volgare per non dire oscena nei suoi confronti, che non nascondo mi turbava molto, del tipo:
“Mi piacerebbe esserci io al posto di quel tipo e tu?”
Era maleducato e offensivo, ma ormai ci ridevo sopra, come se fosse una cosa normale e rispondevo:
“Anch’io se non fosse mia sorella…”
Non passava giorno che non mi chiedesse o messaggiasse domandandomi qualcosa di lei.
Nella nostra amicizia aveva un comportamento predominante nei miei confronti, dovuto certamente alla maggiore età, alla sua condizione sociale e famigliare e all’esperienza sessuale.
Per onestà devo ammettere che quel periodo ero sempre d’accordo con lui, non lo contraddicevo mai né lo criticavo perché ero convinto che avesse ragione, anche perché lui ne sapeva realmente più di me. Tra noi c’era empatia, mi raccontava anche un sacco di cose, di sue avventure e fatti, che spesso non potevo verificare se erano veri, ma io credevo a tutto.
Lucio era e si sentiva superiore in tutto a me, ma anche agli altri…soprattutto alle ragazze e spesso lo invidiavo, volevo essere come lui, forte, coraggioso e anche se brutto saperci fare con loro e pian piano iniziai a ragionare come lui, a pensare che tutte le ragazze meno mia sorella fossero davvero troiette e puttanelle, però sospettando anche di Giulia, andando contro i principi e l’educazione morale e di rispetto per gli altri datami dai miei genitori e insegnatami a scuola. Purtroppo quando si ammira una persona e si vuole essere come lui, si ci assimila, si perde la dignità e la propria personalità e si acquista quella dell’altro.
Sembrava innocuo, se solo avessi immaginato cosa avrebbe fatto, lo avrei allontanato subito.
Per me era l’amico più grande che tutti avrebbero voluto avere, una sorta di fratello maggiore, ci incontravamo quasi giornalmente e come dicevo a volte mi faceva guidare la sua auto o il suo scooter T max che era 500 di cilindrata, mentre il mio scooter era solo un cinquantino e si discuteva di tutto, di Roma, di sport, di sesso e immancabilmente quando si parlava di quello, anche di Giulia. E alla fine dei discorsi aveva o voleva avere ragione sempre lui.
Come dicevo, non aveva molti amici, era piuttosto un solitario, ma tante conoscenze, soprattutto balorde e online, e allo smartphone chiacchierava sempre con loro e quando non conversava di furti, ricettazione o dosi da vendere, erano discorsi frivoli, di donne, sesso e puttane. E a volte discorsi privi di senso, solo per ridere.
Nel periodo che lo frequentavo, avevo diradato, quasi annullato tutti gli incontri con i miei vecchi amici e frequentavo poco, quasi per niente, la mia compagnia per stare con lui che ritenevo “er mejo” come si dice qui a Roma... Alle loro domande come mai non mi vedevano più rispondevo: “Ho da fare… cose importanti… non da ragazzini.”
Lucio mi insegnava molte cose sulla vita e sul sesso.
Mi adulava spesso, diceva che ero bello, un bel ragazzo, intelligente, che avrei potuto avere tutte le ragazze che volevo, ma che dovevo ancora imparare molto dalla vita e sul sesso e lui si proponeva di farlo, di farmi da mentore e a me, tutto sommato, andava bene avere un amico come lui, più grande e punto di riferimento, ma era solo un giovane sbandato diverso da me, un disadattato, da evitare per il suo comportamento e per la sua condizione famigliare.
Io inconsciamente lo lasciavo dire su tutto e su mia sorella e lui mi aiutava insegnandomi molte cose, sul sesso e sulla vita oltre che a guidare l’auto.
In quel mio desiderio di crescita gli comunicavo confidenze su di me e la mia famiglia e in cambio della sua attenzione e amicizia, inconsciamente lasciavo che mostrasse irriverenza a Giulia. Non certo per aiutarlo a chiavarsi mia sorella come voleva e aveva frainteso lui, anche se assurdamente l’accostamento di loro due nella fantasia e quel pensiero che mi aveva manifestato, che avesse pensato davvero che l’aiutavo con Giulia, mi eccitava.
A volte quando ero solo in casa riflettevo e mi chiedevo perché avessi quella attrazione insensata verso lui e subissi quella sorta di fascino perverso. Ma non avevo risposte. Non mi rendevo conto che quella era un’amicizia malata che dovevo troncare subito. A volte mi dicevo: “Non devo incontrarlo.” Ma poi a ogni messaggio o trillo dello smartphone, se era lui rispondevo subito e ci incontravamo di nuovo, minimizzando tutto quello che avevo pensato prima e le oscenità che aveva detto e manifestato su mia sorella. Era come se avessi una sorta di dipendenza da lui.
Ora a distanza di qualche anno, ragionando su quanto accaduto, mi sono reso conto che non c’era un ricevere senza dovergli dare qualcosa, posso dire che mi usava per i suoi scopi e il suo scopo principale era Giulia, aveva una fissazione per lei, la voleva sessualmente e non solo, ma allora non lo sapevo e non sospettavo che tutto quello che faceva e diceva fosse funzionale a mia sorella, Credevo nell’amicizia vera e non obbiettavo su quello che diceva e proponeva, perché il suo sembrava solo l’atteggiamento di un modo di essere. Praticamente senza che me ne accorgessi si era creato un rapporto di amicizia a senso unico spesso annullando le mie esigenze e imponendomi le sue.
Arrivò fino a farmi diventare suo complice, non solo nelle idee e nel modo di pensare, ma anche nella pratica e negli atti. Ne diventai complice e succube più volte… assecondandolo in quello che chiedeva che a parer mio allora, anche se a prima vista appariva straordinario, poi ragionandoci oggi era tutto ordinario.
Subivo il suo fascino e il carisma e con lui mi sentivo un altro.
Per commenti, suggerimenti, idee, notizie o critiche, scrivere a:
dressage1@hotmail.it
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