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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

METAMORFOSI DI UNA MOGLIE VIRTUOSA

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI

CAP. 5    L’INIZIO DEL GIOCO

 

 

La mattina dopo ci alzammo, baciandola la strinsi a me dicendo:

“Stefy, abbiamo fatto l’amore come non lo facevamo da anni...”  Sorrise, era felice e soddisfatta anche lei.

Provocatoriamente approfittai di quel momento di compattezza e felicità ed esclamai:

“Probabilmente il merito è anche dei discorsi che abbiamo fatto ieri sera…”

Lei con evidente imbarazzo, volutamente non rispose, ma continuò a fare le sue cose, prepararsi la borsa con le sue cose e il vestito da mare e andare in bagno a mettersi in ordine...

Uscimmo, facemmo colazione al bar dell’albergo e poi ci avviammo in spiaggia...

Arrivati ci mettemmo comodi, io in pantaloncini corti e Stefy nel suo bikini anni 50, dove il pezzo sotto le arrivava quasi all’ombelico coprendole la parte inferiore dell’addome e le coppe della parte superiore quasi completamente le mammelle.

Affianco notammo che c’erano seduti anche loro a prendere il sole, quell’Antoine e il suo amico.

Lui ci salutò, ricambiato da me, ma non da mia moglie che curvata si fingeva indaffarata a tirare fuori dalla borsa da mare le sue cose, simulando di non vederlo, mentre lui invece, nel suo piegamento la osservava con interesse, scrutandole le forme il sedere e il retro delle cosce. Quando Stefy se ne accorse, imbarazzata si mise gli occhiali da sole come a nascondere il disagio e si sdraiò veloce a proteggersi sul prendisole.

Antoine guardandola le mormorò sfacciatamente:

“Allora… si è calmata dalla reazione di ieri sera?... Non, c’era motivo di alterarsi in quel modo… e spero che la notte le abbia portato consiglio. Aggiungendo:” Cosa ha deciso lei…”  Dando con quel lei, per scontato che io fossi già consenziente, imbarazzandola ancora di più.

Stefy indifferente non gli rispose nemmeno, sdraiata a pancia in giù iniziò a leggere.

Poi come a ripensarci e presa da un desiderio di rispondergli, quasi d’istinto alzò la testa ed esclamò un secco: “Nooo!!”

Si voltò, mi vide silenzioso e amareggiato che scuotevo la testa con una espressione come a dirle: “Ma perché non lo assecondi un po'…” Visto che ne avevamo parlato e a lungo la sera prima e come a correggersi, quasi subito aggiunse provocatoriamente: “Ci penserò! Vedremo!” Lasciando una eventualità e soprattutto me meravigliato dell’integrazione al suo primo parere, dove non mi aspettavo una risposta del genere.

Antoine, arrogante e indisponente invece si comportò come se lei avesse accettato:

“Bene!” Rispose: “Vi aspetto allora alle 15.00 in camera mia.”

Irritando Stefy ancor di più, che alla sua esclamazione precisò alzando la voce arrabbiata: “Non ho accettatooo!”  Quasi a rettificare quello che aveva appena detto, aggiungendo: “E poi in camera sua non verrò mai!” Affermò indignata: “Figuriamoci!... Non verrò mai! Mai! Mai!” Ripeté.

“Non ti fidi?” Rispose serio Antoine. Lei seccata non replicò, continuando a leggere...

Io stavo silenzioso a gustarmi la scena. Ero stupito, ma felice dalla possibilità che lasciava intravedere Stefy.

Antoine, abilmente per non perdere quel mezzo consenso solo per il luogo dell’incontro dove lei non sarebbe mai venuta nel suo appartamento, propose:
“ Perché non ci incontriamo al caffè le Triangle, dove ci siamo visti la sera prima?” Continuando: “Lì non avrai difficoltà a venire, è un luogo pubblico… Sul retro del locale, ci sono alcune salette da biliardo e del gioco delle carte e c’è anche una saletta riunioni, privata del bar. Di questo periodo non è impegnata è libera, la prenoterò io, ci saremo solo noi, ci vedremo là alle 15.00.”

Stefy non gli rispose. Con quegli occhiali scuri, non riuscivo a capire cosa stesse guardando, se il giornale, me o Antoine e testai stupito anche da quel suo silenzio.

Mi chiedevo cosa avesse indotto Stefy a diventare possibilista, probabilmente lo faceva per me, perché mi amava e sapeva che ci tenevo molto a provare quel gioco, ma pensai anche perché ne era curiosa e attratta. E che la notte d’amore trascorsa, la stimolasse a provare. Mi riproposi di chiederglielo appena saremmo stati in camera.

Loro si alzarono e si allontanarono adducendo motivi d’affari.

Restammo ancora un po’ in spiaggia in silenzio a leggere e a prendere il sole, non dissi nulla, né lei mi parlò. Prima di salire in camera passammo dal bar per uno spuntino, erano le 13.30.

Giunti in camera le chiesi quasi sottovoce,

“Loro ci aspettano alle 15.00, ma tu cosa hai deciso... di incontrarli?

Stefy si voltò, mi osservò amorevolmente esitante e rispose: “Non so Luca!... Io non vorrei!... Quell’uomo non mi piace lo sai! Sei tu che vuoi trasgredire, incontrarli, non io…” Pregandomi ancora.” Ma perché non cambi idea…? Perché non lasci perdere tutta questa storia? “

Colsi al volo quell’occasione, quella possibilità, quel momento di incertezza che aveva, visto che non ni aveva risposto con un no, mi avvicinai e la strinsi a me forte e la baciai in fronte e sulle labbra, ero assurdamente eccitato dalla sua indecisione e dal suo timore, sentii anche lei timorosa e turbata dalla situazione, attratta dalla curiosità di quel gioco, dalla trasgressione insolita, ma spaventata dal suo svolgimento.

Le ripetei tranquillizzandola, che non doveva temere niente, che era un gioco e c’ero io vicino a lei, al suo fianco e che non l’avrei mai lasciata:

” Proviamo Stefy, se poi non ti piace, smettiamo subito e torniamo in albergo o ritorniamo al mare”.

Preso dall’entusiasmo e dall’eccitazione di quella eventualità, per non lasciarmi fuggire l’occasione la esortai ad accettare:

“Fallo per me Stefy, fammi contento una volta come segno d’amore…” Le chiesi apertamente quasi supplicandola.

Ero tanto eccitato di convincerla ad andare in quel caffe “Le triangle” che ebbi l’erezione mentre discutevo.

Restò silenziosa, mi guardò e poi sospirò, ed esitante e dubbiosa acconsentì, aggiungendo:

“Tu sai che io sono contraria a queste cose e a quei tipi in particolare, accetto solo per compiacerti, perché ti amo e vedo che questa storia ti ha preso parecchio e penso che l’unico modo per uscirne e chiuderla definitivamente sia affrontarla, verificarla. Ma ripeto, sono contraria, acconsento solo per te! Solo per provare e solo questa volta e poi basta!  E poi scordati di queste idee strane e trasgressioni per sempre che non lo farò mai più.” Precisò.

“Certo amore…”  Risposi e le ricordai nuovamente:” Io sarò sempre con te, non ti lascerò mai sola nemmeno per un attimo. Sarò sempre al tuo fianco. Ma tu ricordati di non lasciarti suggestionare da quello che dice, dalle sue parole per quanto oscene e irritanti possano essere. Prova ad assecondarlo, qualsiasi cosa pronuncia è solo un gioco.” E la riabbracciai contento ed eccitato del suo acconsentire, facendo sentire sul suo ventre il mio sesso duro e voglioso.

Anche lei, seppur contraria subiva il turbamento del momento, di quella situazione e di quell’uomo. La curiosità di trasgredire e il nostro amore avevano avuto il sopravvento sul suo timore e la sua morale.

 

Ci preparammo e irrequieti uscimmo un po’ prima dell’ora dell’incontro e ci incamminammo sotto un sole caldo verso il centro.

Stefy aveva i capelli raccolti sulla nuca e portava sul capo il grosso cappello con falde da spiaggia in paglia, che le ombreggiava il viso e con i suoi occhiali scuri  e grandi sembrava celarlo, come a nasconderlo agli sguardi degli altri turisti che incrociavamo. Era agitata e nervosa. Indossava un vestito da mare leggero, azzurro quasi come i suoi occhi, che le arrivava alle ginocchia, con spalline strette chiuse a bottone, che coprivano a stento quelle del reggiseno, gli infradito ai piedi e la borsa a tracolla.

Raggiungemmo il caffè con una certa ansietà, ero emozionato e Stefy più di me, era inquieta e si guardava sempre attorno. Vedemmo il suo amico Daniele sull’uscio e quando ci notò ci venne incontro informandoci:

“Seguitemi, entreremo dal retro, dall’entrata del palazzo e non dal bar, lontano da occhi indiscreti.”

“E perché dal retro?” Domandò Stefy preoccupata:” Non possiamo entrare come tutti dall’entrata?”

“No perché le salette le abbiamo riservate e se ci vedessero entrare da lì arriverebbe i soliti curiosi. È meglio mi creda, non c’è nessun altro motivo particolare. Comunque se volete entrare dall’entrata andiamo…” Disse voltandosi.

Fui io a quel punto a dire:” Va bene entriamo dal retro.” Notando un certo disappunto sul volto di mia moglie che prendendola per mano mi seguì.

Girammo attorno all’edificio.

Entrammo nell’atrio, percorremmo un corridoio, fermandoci davanti a una porta anonima a piano terra. Daniele bussò e subito dopo l’aprì, ci fece entrare e richiuse la porta a chiave dietro noi e ci trovammo nella saletta riunioni nel retro del caffè dove avvenivano anche gli incontri condominiali.

Antoine era seduto in una poltrona e sorseggiava una birra, ci fece accomodare.

La saletta aveva un grosso tavolo ovale spinto al muro, in modo da lasciare libero il centro e contro le pareti numerose sedie impilate una dentro l’altra, un mobile armadio e una libreria.

Eravamo agitati, irrequieti da quella situazione, il cuore ci pulsava in gola, non conoscevamo quell’uomo, ma avevo deciso di fidarmi di lui, e soprattutto per gioco di affidarle la mia Stefy.

Lei tremava, era in tensione la sua mano stretta alla mia era sudata, il suo viso smarrito, era la prima volta che trasgredivamo, anche se si trattava solo di un semplice incontro senza seguito. Quella tensione oltre che ansiosa ad avvertirla era anche piacevole, emozionante.

Antoine si alzò e avvicinandosi a lei disse:

“Mettiti pure comoda, tranquillizzati.”

E le tolse come una maschera il grosso cappello di paglia e gli occhiali scuri, rivelando il suo viso dolce e austero, guardando da vicino nei suoi occhi chiari.

Era splendida, con i capelli biondi raccolti sulla nuca che lasciavano agli sguardi il collo sensuale e seppur manifestando apprensione, ansia e timore, aveva un portamento altero.

Per un attimo i loro sguardi si incontrarono, Stefy abbassò gli occhi ai suoi, non resse il suo sguardo, mentre lui sorrideva soddisfatto. Inconsapevolmente quell’abbassare gli occhi davanti a lui era stato il primo atto della sua sottomissione.

“Bene! “Esclamò Antoine:” Se siete qui è perché avete accettato il gioco. Naturalmente tu potrai decidere di fermarti quando vuoi.” Disse guardando mia moglie.

Colsi nel viso di Stefy una espressione di sollievo a quelle parole e la ebbi anche io, ma lui proseguì: “Ma se continuerai, dovrai ubbidirmi incondizionatamente. Fare tutto quello che ti ordinerò, essere la mia schiava, la mia puttana, senza ripensamenti e interferenze esterne, mi affiderai la tua mente oltre che il tuo corpo”. E rivolto a me puntualizzò: “Tu sarai solo uno spettatore.”

Stefy a quelle parole dette da Antoine, come il giorno precedente, che avrebbe dovuto diventare la sua sottomessa, la sua schiava e puttana, si voltò verso me e mi guardò negli occhi irata, con in viso l’espressione e il forte desiderio di mandarlo al diavolo. Ma ai suoi occhi incrociati ai miei, mentre mi guardava fissa, gli feci cenno con il capo e la mimica facciale di soprassedere a quelle parole, cosa che seppur con rabbia, con sopportazione fece. Compì un lungo sospiro incamerando prima aria nei polmoni muovendo il torace e sopra di esso le sue splendide mammelle e poi espirò lentamente e non disse nulla.

Anch’io avvertii una sensazione strana a quelle parole dette a mia moglie, di timore e di piacere perverso, e pensare Stefy gestita da lui mente e corpo, mi spaventava e mi eccitava.

Antoine all’improvviso guardandomi dichiarò:

“In questi giochi, è il marito che consegna la moglie al Master, ora lo faremo verbalmente, simbolicamente, più avanti, me la consegnerai fisicamente. Gradirei sentire dalla vostra voce che accettate incondizionatamente le regole.”  Informandoci:” In genere si inizia firmando un contratto di schiavitù da parte della educanda, di accettazione alla sottomissione e trasformazione, qui in Francia è la regola. Ma noi siamo galantuomini e ci basta la vostra parola, la breve formulazione di una dichiarazione spontanea che reciterete voi. Un rituale!” Precisò.

“Tu!!.” Esclamò rivolto a me: “Devi pronunciare:” Signor Master vi affido mia moglie, affinché voi provvediate alla sua educazione e sottomissione, trasformandola in una schiava e puttana.»

Stefy a quelle parole mi guardò ancora negli occhi con il viso che sembrava stesse per esplodere, adirata e seria, ma io le sorrisi per confortarla e farle capire che era tutto un gioco, una buffonata, una farsa e ripetei quella formula, chiaro e forte come voleva lui.

Poi si rivolse a Stefy dicendo: “Tu ripeterai l’inverso, dirai:” Starò con te Padrone, affinché tu mi educhi e sottometta, trasformandomi in una schiava e puttana».

Mi guardò ancora, poi guardò lui e trattenendo a stento la collera dentro di sé, inquieta e esitante a dover fare quella dichiarazione, osservandomi nuovamente a un mio cenno del capo, malvolentieri la ripeté, con la voce bassa e tremolante ridisse quelle parole interrompendosi più volte.

Ma lo fece!!... E ne restai stupito e contento allo stesso tempo. Aveva iniziato a giocare anche lei.

Percepivo il suo imbarazzo e la sua sofferenza a dover obbedire a quell’uomo, era evidente il suo malessere a quella situazione, ma assurdamente ne provavo un piacere sottile nel vederla così disagiata e umiliata a lui.

Recitate quelle formule, Antoine ad alta voce esclamò: “Incominci, l’iniziazione alla sottomissione.”

Si risedette sulla poltrona e guardando Stefy annunciò: “Innanzi tutto bisogna trovarti un nome adatto, da schiava come si usa in questi giochi... Stefania o Stefy non va bene troppo dolce, lungo e per bene.” Informandoci alzandosi nuovamente e avvicinandosi a lei:” È buona regola in questi giochi, chiamare la educanda con l’iniziale del nome; potrei chiamarti «esse», ma è abituale, routinario, vorrei per te qualcosa di diverso, di più incisivo, penetrante, graffiante. Penso sarebbe meglio l’abbreviazione dell’iniziale del tuo nome, della esse, basteranno solo le prime due lettere, la vocale «e» e la consonante «s» ... es... ES, sì ES.” Esclamò soddisfatto:” La «E» come Erotica, Educata, Eccitante e la «S» come Schiava, Sottomessa, Slut...  ES come un comando, un ordine impartito duro e deciso.”

“Mi piace!!! Sarà il tuo nome da schiava e da puttana ES, Stefy non esisterà più finché non finirete questa vacanza. Capito!?” Dichiarò con voce ferma e autoritaria...

Lei mi guardò dubbiosa, ma al mio annuire con il capo assecondandolo rispose: “Sì!”

E mentre nel tornare a sedersi si allontanava dandole le spalle, si rigirò all’improvviso verso lei chiedendole con aria severa e occhi cattivi:

“Qual è il tuo nome?”

Mia moglie colta di sorpresa, quasi spaventata rispose subito: “ES”.

“ES Padrone!! Da ora mi chiamerai sempre Padrone!! Hai capitoo!!!” Esclamò alzando la voce.

Lei spaventata da quel tono di voce autoritario rispose ripetendo intimidita con voce scossa quando detto da lui: “Sì Padrone!”

La vedevo allibita e confusa dall’autorità che all’improvviso quell’Antoine manifestava su di lei ed ero impressionata del suo modo di rispondergli insicuro, arrendevole e quasi reverenziale.

Non mi piaceva che le cambiasse il nome, comunque non dissi nulla, per me sarebbe restata sempre Stefy, la mia Stefy.

Lei dopo quel suo rivelarsi autoritario, il cambiare  atteggiamento e il rapportarsi diversamente con lei, ma soprattutto per aver visto nei suoi  occhi la perversione e cattiveria, diventò tesa, cambiando espressione del volto, non più di rabbia e ira trattenuta nei suoi confronti, ma di timore, come se temesse qualcosa da lui o da se stessa e il  viso le divenne preoccupato, solcato da una mimica di disagio e smarrimento, come le sue mani che iniziavano a sudare e non riusciva a tenere ferme e le labbra che pizzicava continuamente con i denti.

“Ti vestirai e svestirai dove, come e quando lo comanderò io… hai capitoo!!” Urlò.

Quel suo modo di rapportarsi e gridare vicino alla faccia mi sembrava tanto di tipo militare, di lavaggio del cervello, come il sergente all’arrivo di nuova recluta, a cui cambia il nome per sostituirgli la personalità e gli urla in faccia con lo scopo di impressionarlo e soggiogarlo alla sua volontà e cosi faceva autoritario Antoine con lei e tutto sommato lo trovavo divertente ed eccitante, soprattutto in quel momento che mi pareva che mia moglie stesse al gioco, ma non era così.

“Sì!” Rispose Stefania avvilita e umiliata, correggendosi subito agitata con un: “Sì Padrone!!”  pronunciato esitante da una voce instabile, rotta dall’emozione, tornando a guardare me con gli occhi spalancati, grandi, belli e preoccupati.

 “E ubbidirai a tutto ciò che ti comanderò capito?” Continuò lui.

“Sì Padrone!” Ripeté cercando sempre di non guardarlo in volto, di non incrociare il suo sguardo.

Intimidita lo assecondava come le avevo detto di fare io per non subire la suggestione di quello che diceva, ma stava avvenendo qualcosa di inaspettato e che non avevo calcolato. Irrazionalmente mia moglie, di carattere dolce e conciliante, iniziava a subire l’influsso negativo di quell’uomo, del suo atteggiamento, del tono della voce e dell’espressione seria e cattiva del volto quando la osservava.

Il comportamento di quell’uomo su Stefania stava avendo un effetto diverso da quello che avevo pensavo e mi ero proposto io. Lei non si arrabbiava più alle sue parole e richieste oscene e umilianti, che senza che ce ne rendessimo conto agivano sul suo sub inconscio e le sue certezze mentali oltre che sulla sua determinazione, e inconsciamente ne subiva l’influsso. Il suo carattere femminile, delicato e gentile, lentamente e involontariamente iniziava a subire l’influenza e la volontà di quell’uomo, fino a spingerla inconsapevolmente verso il personaggio di ES.

Ma a in quel momento non mi rendevo conto di quello che accadeva a livello psicologico in lei, non mi importava e non davo peso alla sua apprensione e i suoi timori. Pensavo che recitasse una parte, che interpretasse quello che le avevo detto di fare io, di assecondarlo. Era tutto così trasgressivo ed eccitante in quella sala….

 

Antoine fece un cenno e Daniele che arrivò con un indumento da sexy shop nuovo, dispiegandolo davanti a noi:” È un mini abito!” Disse:” Dovrai indossarlo. Il primo passo dell’educazione oltre quello di cambiarti nome è quello di cambiarti look.” Dichiarò.

Stefy osservandolo esclamò: “È piccolo …pa-dro-ne…” Mormorò con la voce spezzata.” …è da ragazzina, non ci starò mai dentro!”

“Ci starai!” Rispose autoritario lui.

Effettivamente l’abitino era piccolo era un miniabito.

Antoine accostandosi a lei, si portò dietro le spalle di quella che lui considerava ES, vicino all’orecchio bisbigliandole piano ma quanto bastasse che sentissi anch’io:

“Adesso spogliati!!”

Stefy incredula a quella richiesta, si voltò verso me e mi guardò negli occhi, cercando da me una parola, un cenno, un aiuto a non farlo, che non le arrivò.

Ma Antoine con la sua voce piena e autoritaria urlò deciso: “Spogliatiii! … Non mi piace ripetere due volte la stessa cosa…impara!”

Stefy sobbalzò a quel tono, continuava a guardarmi tesa e disorientata, sperava che io intervenissi ma non lo facevo, constatava solo il mio silenzio come consenso ad Antoine a proseguire e il mio annuire a che lei ubbidisse a fare quello che lui gli chiedeva. Non si era mai spogliata davanti ad un altro uomo che non fossi io, il suo pudore, la sua educazione, la sua moralità glielo impedivano, ma il tono di voce di Antoine lo ordinava e le era entrato nell’orecchio e giunto fino al cervello come un comando, spaventandola.

Ebbe un momento di incertezza, con tremore si portò la mano sui capelli e la passo sopra essi, fino dietro alla nuca, fingendo di mettere a posto il grosso fermaglio sullo chignon, cercava di prendere tempo, sperando in un mio aiuto che non arrivò, sentendosi sola. Poi agitata e insicura fece scendere la mano tremante sul collo e sulla spalla, come ad accarezzarsela, guardò ancora me e poi Antoine che la fissava  serio negli occhi, e visibilmente  intimorita abbassò  smarrita nuovamente lo sguardo al suo, sul pavimento e poi su se stessa, davanti, osservandosi  l’abito e tentennante come un automa cedendo alla sua  volontà con difficoltà per il tremore della mano iniziò a sbottonarsi la spallina del vestito, prima una poi l’altra, lasciandolo non più trattenuto, scendere per inerzia sui fianchi, mostrando il suo torace e il reggiseno bianco a coppa piena, di pizzo traforato.

A quel punto Antoine le ordinò:” Togli il vestito completamente…”  

E lei esitante, ma assurdamente ubbidiente, spingendolo un poco sui fianchi e muovendo le anche e il sedere, guardando in alto lo lasciò cadere di colpo ai piedi, mostrando le sue belle mutandine bianche, classiche in pizzo, coordinate al reggiseno. Dallo slip traforato, si intravedeva la peluria scura del suo sesso.

Non potevo crederci, l’aveva fatto, da sola si era tolto il vestito davanti a quei tizi, quell’uomo ci era risuscito, Stefy era restata in mutandine e reggiseno con le ciabattine infradito. Bella, sexy ed eccitante.

Scelleratamente ero contento che l’aveva fatta spogliare e mi convincevo sempre di più che quel tipo, quell’Antoine era l’uomo adatto per disinibire la mia Stefy. Lei lo aveva fatto si era tolta il vestito e osservandola, capii che aveva timore di Antoine, del suo sguardo e le ubbidiva. E tutto sommato non mi dispiaceva che provasse timidezza e soggezione per lui e facesse quello che le chiedeva se quello l’avrebbe portata a disinibirsi e a trasgredire. E comunque era già una bella vittoria per me che si lasciasse osservare in mutandine e reggiseno da due uomini sconosciuti.

La libidine ci stava assalendo tutti, anche a mia moglie a cui aumentarono le escursioni respiratorie, muovendo sul torace le mammelle alle inspirazioni e espirazioni. Si stava instaurando un’atmosfera lussuriosa.

Io e lei ci guardammo, mi fissava, voleva che intervenissi e facessi smettere tutto, lei non lo faceva probabilmente per soggezione verso Antoine, temendo qualche sua reazione o urlo… ma io non ci pensavo neppure a fermare tutto, ero eccitato a vederla così, quasi sull’attenti in mutandine e reggiseno davanti a quegli uomini. Il mio pene era in erezione e spingeva forte da dentro i pantaloni e il cuore mi batteva in gola, probabilmente come a lei...

Non avrei mai immaginato che avesse ubbidito in silenzio senza opporre resistenza, nemmeno verbale e anche quello, la sua arrendevolezza a quell’uomo era motivo di eccitazione per me. La osservavo, era come in uno stato di sospensione mentale, di partecipazione distaccata, non voluta, di rassegnazione-accettazione per quello che accadeva e gli chiedeva, come se fosse un'altra, forse come se pensasse di essere davvero ES.

Antoine le ordinò: “Togli anche il reggiseno…”

Lei a quella richiesta mi guardò dischiudendo le labbra come a chiedermi aiuto ma non le uscì nessun suono, era nervosa e angosciata e vedendola in quella situazione guardai lui e poi mi avvicinai a lei e fingendo di metterle a posto i capelli sulla fronte sudata dando le spalle ad Antoine le bisbigliai:

“Lo sai anche tu amore qual è il loro scopo, ne abbiamo parlato ieri sera, lo hai detto anche tu…è quello di vederti nuda. Ma per noi è come se non lo facessero, come se non ci fossero, non ti guardassero. Accontentalo e vedrai che una volta che ti avranno vista nuda finirà il gioco …”

Lei mi guardò ancora con i suoi occhi grandi e allarmati e mentre mi allontanavo esitante dopo una pausa di esitazione lo fece, porto la mano tremolante sulla spalla, prese una spallina e l’abbassò al gomito e poi piegando il braccio la fece scorrere sull’avambraccio e la tolse dalla mano e con l’altro braccio fece lo stesso. Una volta tolte lo spinse in giù alla vita, liberando dalle coppe traforate le sue mammelle gonfie, mostrando il suo bel seno bianco, coprendolo d’istinto in una reazione di pudore con l’avambraccio e una mano sopra, a nasconderlo e a proteggerlo dallo sguardo di quell’uomo rozzo e volgare. 

“Togli il braccio!” Le ordinò Antoine:” E fatti ammirare, fammelo vedere bene…”.

Lei vergognandosi ubbidì guardandomi, ormai era in balia di quella situazione e ai suoi comandi. Il gioco stava inconsciamente prendendo anche lei. Era rossa in viso e in quella sala si iniziava a sudare dal caldo e dalla libidine.

Il seno adulto mostrava i capezzoli turgidi e dritti, segnale di eccitazione a quella condizione di assoggettamento a cui era costretta. La vergogna divampò sul suo volto con il rossore.

“Togli il reggiseno!” Ordinò ancora Antoine e lei ormai subordinata e arrendevole alla voce autoritaria, nella speranza che finisse tutto e presto, portò le mani ai fianchi, lo girò sulla vita portando la chiusura davanti all’ombelico e lo sganciò lasciandolo cadere a terra. Il pudore la portava a coprirsi, ma lo sguardo di Antoine glielo impediva.

Allungò le braccia sui fianchi e si sentì dire:

“Tutto! Anche lo slip Es, togli anche quello!” Comandò lui.

Stefy restò silenziosa mordendosi il labbro inferiore dalla tensione, non voleva farlo, le mutandine no… non voleva toglierle davanti a quei due che la osservavano. Sentiva in quella richiesta tutta l’umiliazione e la degradazione morale in lei ad accettare quell’ordine, cercò ancora il mio viso e i miei occhi. La guardai silenzioso, pensava che quello non lo avrei mai permesso, pensava che avrebbe prevalso la mia gelosia, il mio amore.

Invece in preda a uno stato di inebriante eccitazione che aumentava sempre più nel vederla così sensuale, passiva a quella voce, a quei comandi che la facevano spogliare nuda e osservata da loro; sentii crescere in me assieme all’erezione, il desiderio di andare avanti, di andare oltre, e invece di darle la risposta e l’aiuto che si attendeva, all’improvviso eccitato e preso da quel gioco, la incitai dicendo:

“Su Stefy è il tuo padrone che te lo ordina! Ubbidisci!”

Lei sbarrò gli occhi e mi guardò silenziosa e sconcertata a quella mia inaspettata esortazione all’incitazione di Antoine, leggevo sul suo viso incredulità e stupore per quello che aveva appena sentito da me, che la sollecitavo a togliere le mutandine davanti a loro.

Antoine mi guardò compiaciuto.

Pensai che a quella richiesta ed esortazione, avrebbe reagito con un altro dei suoi show come i precedenti dei giorni prima, invece esitò presa anche lei da quell’atmosfera lussuriosa.

Risentita dalla mia incitazione, con uno sguardo di rabbia obbedì, portandosi le mani sui lati dello slip e preso l’elastico tra le dita, sempre guardandomi con animosità, come a voler fare un dispetto a me, li spinse giù alle ginocchia e piegandosi in avanti li portò ai piedi per poi toglierli prima uno e poi l’altro lasciandoli sul pavimento. Si tirò su con il goffo tentativo pudico di coprirsi il sesso peloso con le mani e chiuse gli occhi per non vedere gli sguardi di quei tizi indagare e scrutare le intimità del suo corpo.

Daniele subito raccolse i vestiti e li mise su una sedia.

Ora era nuda, completamente nuda nella sua vergogna e disonore; il viso dignitoso e altero fissava il vuoto, il corpo maturo, attraente, quasi perfetto era scrutato nelle sue intimità dagli occhi di quegli uomini sconosciuti. Il seno adulto, gonfio scendeva per poi portarsi in alto con i capezzoli turgidi e rosa che sporgevano prepotenti dal seno, spie di una eccitazione non voluta ma reale, creandole imbarazzo.

Sul viso imperlato di piccole goccioline di sudore il rossore imperava, pudicamente teneva le gambe strette e le cosce unite tra loro, con i piedi girati all’interno in posizione di chiusura, atteggiamento di un meccanismo di difesa inconscia che pensava la proteggesse da quegli sguardi avidi che violavano le sue intimità e che invece la rendevano più eccitante e sensuale.

Le sue forme lievemente accentuate, con un leggero pronunciamento del ventre la facevano apparire molto seducente, signora ed erotica. Sul suo corpo risaltava un sesso di peli bruni arruffati tra loro, gonfi e ben curati, come una siepe.

I fianchi armoniosi e curvilinei continuando nei glutei formavano un sedere, bianco e arrotondato. 

Il candore delle parti intime contrastava con la pelle baciata dal sole, mostrando in quella differenza di tonalità il suo corpo pudico, ma eccitante.

Nonostante la vergognosa umiliazione, Stefy era ferma, ubbidiente a quell’uomo che ora la osservava scrutandola nelle sue parti più segrete, ruotandole attorno.

Ne subiva l’influsso negativo e la personalità perversa.

Osservandole il sesso all’improvviso Antoine mormorò:” Troppo pelo, troppa peluria in mezzo alle gambe è volgare, da casalinga, non da professionista del sesso. A me non piace così, a me piace tutta pulita, liscia… senza pelliccia.” Poi come riflettendo da solo borbotto:” Ma vedremo...”

Sorrisi di quella sua considerazione sulla figa di mia moglie, ma a entrambi piaceva così con la pelliccia come diceva lui e non da professionista del sesso e non avrei mai  permesso che facesse qualcosa di diverso.

Poi guardandole i capezzoli sporgenti si avvicinò dicendo:

“Te l’avevo detto che ti sarebbe piaciuto! Guarda come sei eccitata. Scommetto che godi! …Stai godendo a mostrarti nuda a me e al il mio amico. Sono sicuro che in mezzo alle gambe sei tutta bagnata.”

Stefy a quelle parole si infiammò maggiormente in viso, respirando intensamente con escursione respiratorie brevi e veloci, segno di disagio, vergogna ma anche eccitazione.

Accarezzandole il collo le passò le dita sulla pelle, le girò il dito attorno fino a portarlo alla gola per poi salire sotto il mento, superbo e altero, spingendolo in alto esclamando: “Meraviglioso!”.

Stefy ebbe un fremito, ad avvertire il suo dito indice scorrere sulla pelle e sentirlo sotto il mento, provando un senso di disgusto e turbamento, chiuse gli occhi e un brivido di timore e piacere la percorse lungo la pelle al contatto del suo dito. I capezzoli si appuntirono e ingrossarono di più, strinse le gambe più forte, come a trattenere nel sesso il piacere non voluto e non desiderato che si stava formando dentro, in vagina.

Non avrei mai pensato di giungere fino a quel punto, che lei. con il suo carattere si sarebbe spogliata così passivamente da restare nuda davanti a degli sconosciuti, e soprattutto davanti ad Antoine, che aveva detto di non volere mai più vedere. Certamente ne subiva la personalità e l’autorità, lo temeva e quel suo temerlo portava a quel risultato. Ne restai sbalordito del suo comportamento, ma soddisfatto ed eccitato. Quella era una vera trasgressione di quelle che desideravo io, una mia fantasia che si realizzava, che si spogliasse di sua volontà e consapevole e si mostrasse nuda a qualcuno, e dentro di me la mia erezione spingeva forte sullo slip e contro i pantaloncini.

Osservarla così, in quella situazione umiliante per lei, in quello stato di passività ai loro e miei sguardi sul suo corpo nudo, aumentava la mia libidine. La piacevole ebrezza che provavo mi appagava di anni di repressione, delle mie innocenti fantasie e trasgressioni mentali da lei rifiutate, ostacolate, condannate; dei miei istinti soffocati, dei giochini mancati. Io in fondo mi sarei accontentato di molto meno, ma vederla così nuda, umiliata e piena di vergogna davanti a me e a loro, a colui che nel gioco considerava il suo padrone, mi ripagava dei suoi no e dei suoi: “Lo sai che non mi vanno queste cose! Sono solo porcate!” Dei suoi: “Io queste cose non le faccio! Io sono una moglie e una signora per bene e non una di quelle…” Dove in quel < …quelle…> C’era tutto il suo disprezzo per un certo tipo di donne.

Ora vederla inaspettatamente arrendevole a quell’uomo, incapace di reagire, mi sembrava la sua giusta punizione per non avermi mai assecondato in oltre vent’anni di matrimonio, accettando i miei desideri nascosti, le mie fantasie e assurdamente tutto quello aumentava la depravazione e la lussuria che stava crescendo in me. Il mio pene eretto spingendo dentro i pantaloni, ne era la dimostrazione.

“Ora indossa il mini abito che il mio collaboratore Daniele ti ha portato.” Le ordinò Antoine:” E senza intimo, come le puttane…” Puntualizzò.

Lei guardò ancora me, poi abbassando gli occhi paradossalmente accolse quella richiesta come una protezione e in silenzio si affrettò a indossarlo pur di coprirsi dai loro sguardi e dalla sua vergogna. Qualsiasi cosa piuttosto che restare nuda davanti a loro a quegli esseri spregevoli, anche vestirsi come una volgare puttana. Non immaginando che in quel modo entrava sempre di più nel gioco di Antoine e nella parte di ES.

Era difficoltoso indossarlo, ma ci riuscì. Lo inserì dai piedi e lo tirò su lungo le cosce, facendolo entrare a fatica nel bacino e tirarlo su dai fianchi e dal sedere, dovendo muoverli per farlo aderire. Daniele l’aiutò a inserire le lunghe spalline dalle braccia e a regolarne la tensione sul davanti...

Iniziando dal seno, dove copriva appena le areole, le arrivava poco oltre gli inguini a inizio coscia, la schiena era completamente nuda fino ai glutei, due nastri di tessuto partendo posteriormente dalla gonna, salivano oltre le scapole formando le spalline e portandosi sul davanti scendevano sul torace agganciandosi a due anelli dorati di una minuta pettorina aderente al petto, mostrando la parte superiore delle sue belle mammelle.

La osservavo… era volgarmente eccitante con il vestitino stretto e corto.

I seni compressi sul davanti, in parte uscivano superiormente e lateralmente dalla pettorina di stoffa, il suo sedere stretto al tessuto era diventato formoso, sporgente e volgare in quella gonna aderente e dava l’impressione di voler esplodere per uscire fuori. Le sue forme adulte, contenute con forza, nel miniabito stretto, spingendo formavano rilievi e ondulazioni molto erotici, sul seno, sui fianchi, sul ventre e al sedere che la involgarivano, Era davvero indecente, sembrava una puttana.

In quel frangente. compiaciuto, pensavo a quando una volta ritornati a casa, alle sere che l’avrei scopata ricordando questi momenti.

Sentivo in me una eccitazione mai provata, perversa, quell’atmosfera lussuriosa ci aveva presi tutti.

Però sinceramente l’ubbidienza e la passività improvvisa di Stefy mi impensierivano, specialmente sapendo che non era mai stata così, la conoscevo di carattere forte, testarda, combattiva, per questo fu una sorpresa scoprirla arrendevole a quell’uomo che la disgustava e a sé stessa, non lo avrei mai immaginato. Ma non ci davo importanza, in quel momento ero contento che fosse passiva e lascia correre i pensieri.

Quando fu vestita Antoine la guardò con attenzione. Daniele cimandosi tolse gli infradito e le mise un paio di scarpe rosse aperte sul davanti e sui lati del colore del vestito, con dei tacchi vertiginosi oltre 10 cm come le puttane vere. Stefy in quel miniabito stretto e in quella situazione si accettò, pur di non essere nuda e finisse tutto in fretta.

Era diventata alta e slanciata sui tacchi e volgarmente sexy.

“Ora cara ES cammina un po' davanti a noi, facci vedere come ti muovi, fai conto di essere su un marciapiede sotto dei lampioni.” Esclamò sorridendo chiedendole di fare la passerella davanti a noi.

Lei mi guardò ancora con disagio, ma non più con lo sguardo supplichevole in cerca di aiuto e traballante e ancheggiante, muovendo senza volerlo il sedere di lato per tenere l’equilibrio, sculettando come una battona vera, anche se era difficoltoso, ci riuscì.  Fece qualche metro al centro di quella sala camminando come una modella o appunto una prostituta come diceva quel Antoine.

Daniele con un sorriso perfido le passò anche una piccola borsetta rossa:” Portala a tracolla sulla spalla…” Disse Antoine e guardandola bene esclamò: “Non sei ancora come voglio io, ma inizi a sembrare una puttana vera, In questo momento tu sei Es…hai capito?”.

Stefy lo guardò in silenzio e annuì con il capo e poi guardò me mentre lui la esortava aggiungendo: “Continua a passeggiare, finché non te lo dico io di fermarti.” Mentre loro la guardavano divertiti e io invece eccitato di vederla in quel modo, in quel look, vestita in quella maniera, adattandosi per volontà di quell’Antoine a essere una prostituta come era stata in qualche mia fantasia passata, solo che quella era realtà.

Seppur traballante riuscì a stare in piedi camminando. Imparò in fretta i primi passi, d’altronde lei era commessa in un negozio di scarpe tra i più rinomati della provincia di Brescia, quindi le venne facile.

Antoine soddisfatto di come iniziava a muoversi dichiarò: “Peccato che non puoi vederti, ci vorrebbe uno specchio e qui non ce ne sono, bisognerebbe andare nel bar, ma di là ci sono i clienti e non è ancora il momento che la gente ti veda così.”

A quella frase Stefy sbarrò gli occhi e mi osservò sorpresa. Andare nel bar conciata in quel modo non voleva e sembrava con quei suoi occhi grandi e chiari volermi chiedere:” Che significa non è ancora il momento? .... Che intenzioni ha?”

Ma la voce perfida di Daniele interruppe quel pensiero esclamando: “C’è lo specchio dell’ascensore nell’atrio qui fuori.”

“Giusto!” Rispose Antoine e rivolgendosi a lei in modo autoritario disse: “Voglio che ti veda vestita da puttana. Usciamo, andiamo all’ascensore.”

Stefy spaventata di uscire conciata in quel modo cerco delle scusanti per non farlo, balbettando:

“No… fuori no… la prego…”

Lui la guardò severo e cattivo:” E poi…?” Le domandò:” Come devi dire?”

Lei capì e ripeté l’ultima parte della frase con l’aggiunta che mancava:

… La prego Padrone…”

 Ma lui glielo ordinò: “Sono solo pochi metri.” Asserì: “Non c’è nessuno nell’atrio e quando ti vedrai resterai stupita di te stessa di come sei cambiata già con così poco.”

Io ero eccitato e preso da quel gioco al rialzo che conduceva Antoine, aumentando sempre il limite del gioco, del rischio, dell’eccitazione e dell’umiliazione di Stefy o meglio di E.S.

Lei mi osservava cercando aiuto per non uscire in quella condizione. Ma io avvicinandomi al suo sguardo su di me, annuii nuovamente e sfiorandole il collo ripetei a bassa voce a Stefy le stesse parole dette da Antoine: “Non c’è nessuno, sono solo pochi metri.”

Ma lui la prese all’improvviso per il braccio e tenendola stretta, traballante sui tacchi spingendola e facendola camminare a forza la guidò alla porta, che aprì.

Uscimmo fuori.

Il gioco era iniziato!

 

 

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