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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

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L'ETA' DEL DISINCANTO

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI.

 

CAP. 7   LA LETTERA

 

 

Note:

 

“Si sbaglia sempre. Si sbaglia per rabbia, per amore, per gelosia. Si sbaglia per imparare. Imparare a non ripetere mai certi sbagli. Si sbaglia per poter chiedere scusa, per poter ammettere di aver sbagliato. Si sbaglia per crescere e per maturare. Si sbaglia perché non si è perfetti.”

(Bob Marley)

 

 

Quel giorno ero restato meravigliato del comportamento di Cristina di essere entrata in cabina, pur sapendo che Cumpà l’avrebbe spiata. Mi aveva sconcertato la sua condotta.  

Quella sera che tornai nel gruppo fui preso dai miei amici e portato da Cumpà che mi diede uno schiaffo sul viso dicendo nel nostro dialetto:

“Perché hai avvisato quella chiavainculo che io e Nofrio eravamo dietro la cabina a spiare?”

Subito negai:” Non è vero…non ci ho detto niente!” Esclamai. Ma immediatamente Cumpà rispose:

“Ti hanno visto gli altri da riva al mare che prima parlavi con Giulio e poi con lei davanti alla porta della cabina e volevi che non entrasse…”

Ripetei:” È stato un caso che le ho parlato, li conosco lei e sua nonna e Cristina abita vicino a casa mia…” Dissi.

Cercai di mentire, ripetei:” Non è vero, non glielo avevo detto che eravate dietro a spiare…” E siccome ero il più giovane e non potevano saperlo se ero sincero o no, Cumpà disse:

“Tu sei uno come noi, della nostra gente, sei un terrone come tutta la tua famiglia e ci tradisci?”

“Ma io non vi ho tradito Cumpà … lo giuro!” Esclamai intimorito e dispiaciuto di quello che avevo fatto:” Non sono un traditore!” Urlai.

E mentre gli altri mormoravano tra loro dichiarò:” Ora se vuoi restare con noi nel tuo gruppo di amicizia dovrai darci una prova di fedeltà…”

“Va bene “Risposi subito spaventato che mi isolassero, ma con l’intenzione di restare con loro.” Dimmi cosa devo fare Cumpà?”

“Vedremo i prossimi giorni…” Asserì:” Mi devi dare una prova che sei con noi e non con quella chiavainculo… e i suoi amici polentoni, che sei uno di noi, un terrone.” Esclamò fiero di dire di essere un terrone.

 Poi Cumpà su loro richiesta in dialettoci raccontò cosa avvenne:

“Nella cabina si è visto poco… solo scuro, chilla butana chiavainculo era nuda ma era scuro e non si vedeva lo sticchiu! (la figa!). Si girava con il culo verso il buco, verso noi!”

“Ci ho viristi u pilu du sticchiu Cumpà? (Ce l’hai visto il pelo della figa Cumpà?” Chiese Alfio.

“Nudda (Niente)… solo scuro, qualcosa a pezzi, la coscia, a natica, ma non mi piace accussì (così), io voglio vederla tutta nuda, completa.” Pronunciò e continuò con noi che ascoltavamo:

“Poi o chiuse u buco quella fetusa di chiavainculo, ci mise qualcosa davanti, una asciugamani. E non abbiamo visto più niente.”

Da una parte ero contento che praticamente non avevano visto quasi nulla di Cristina, ma dall’altra mi dispiaceva per il gesto che aveva fatto Cristina, di entrare lo stesso sapendo che c’era Cumpà a osservare.

Comunque il nostro incontro finì così, che io gli avrei dato una prova di fedeltà a lui e al gruppo. 

Quell’avvenimento di Cristina, mi scosse, lasciandomi disorientato, non me lo sarei mai aspettato da lei un comportamento del genere, che interagisse in quel modo a quello che gli avevo detto, al pericolo che correva. Non era tanto per quello che avevano visto Cumpà e Nofrio, che detto da loro stessi era stato insignificante, ma dall’atteggiamento consapevole di mostrarsi sapendo che lui c’era. Pensai che l’avesse fatto per ripicca a Giulio, pur sapendo che Cumpà l’avrebbe vista. 

“Perché?” Mi domandai più di una volta.” Perché ha fatto questo? ...Per ingelosirlo?”

Non sapevo rispondermi, ma credo che fosse quello il motivo.

 

Dopo quell’episodio di ripicca e gelosia tra Giulio e Cristina che rischiava di portarli senza volerlo a un punto di rompere definitivamente tra loro e la minaccia di Cumpà nei miei confronti con la richiesta di una prova di fedeltà che nemmeno sapevo quale fosse, mi calmai. 

Il giorno dopo Giulio visto anche che il loro litigio durava da più di una settimana, decise di fare un passo concreto di riavvicinamento e le scrisse una lettera d’amore per riallacciare il rapporto. Allora si usavano queste cose di scrivere letterea mano, non c’erano telefonini e smartphone. E visto l’avvertimento che gli avevo fatto riguardo la cabina e la mia conoscenza con Cristina, Giulio mi cercò e quando mi vide mi chiamò da parte, si fidava di me, sapeva che ero innocuo anche se ero un terrone e poi io abitando quasi di fronte alla casa estiva di Cristina, avevo modo di vederla e incontrarla facilmente e mi diede la lettera affinché gliela consegnassi personalmente, senza che i suoi amici sapessero qualcosa.  Si comportava in quel modo per non fare la figura del perdente nei confronti di Cristina e davanti a tutti loro. 

La presi, non era in una busta ma in un foglio bianco piegato in quattro e tenuto chiuso con un fermacarte zincato sull’angolo.

Mi raccomando;” Appena la vedi dagliela che è importante… e senti la risposta.”

“Stai tranquillo!” Lo rassicurai: Appena la vedo da sola gliela do!”  

Ma quando fui solo nel mio portone, curioso tolsi il fermaglio e la lessi. 

Praticamente era una lettera d’amore e di scuse per tornare insieme, dove lui le chiedeva perdono e ammetteva alcune cose che diceva lei. Era romantica, ben scritta, permetteva di guardarsi dentro e trasmetteva e fissava sul foglio il suo stato d'animo. Le diceva di riflettere su ciò che andava e su ciò che non andava tra di loro, di leggere i suoi sentimenti, che lui l’amava davvero e voleva ritornare con lei. 

Non so cosa mi accadde in quel momento, quasi senza rendermene conto pensai che potesse essere quella la prova di fedeltà che voleva Cumpà e lo cercai e gliela portai, pensando di fare cosa bella e gradita a lui e a tutto il gruppo, riavere la mia riabilitazione con loro e anche la sua fiducia personale e i suoi favori. Purtroppo ero solo un ragazzino.

Così prima di consegnarla a Cristina, la portai a Cumpà, lo andai a cercare nell’autodemolizione di suo zio e trovatolo gli dissi in dialetto:

“Ho una lettera che Giulio ha scritto a Cristina chiavainculo e gliela devo consegnare, ma prima volevo farla vedere a te, che la leggessi tu. È riservata.” Dissi.

” Bravo!... Fammi virri! (vedere!)”  Mi disse pulendosi le dita con lo straccio per poi lavarsi le mani con il sapone sgrassatore per non lasciare impronte sul foglio.

Gliela passai e la lesse lentamente e con difficoltà, e più o meno ricordo ancora cosa c’era scritto. 

Iniziava dicendo:” Amore mio, è un momento difficile per me perché mi trovo a scriverti dopo le parole cattive che ci siamo detti l'uno all'altra. Io non volevo creare questa situazione perché ti amo e sai che per me sei una delle cose più belle che mi siano capitate.

Forse non te lo dico spesso o forse non te l'ho fatto capire abbastanza, ma tu per me sei la stella più bella del cielo, il mio rifugio dalle intemperie, il mio passerotto da proteggere quando le tempeste della vita sembrano scatenarsi.  Ti giuro che quella ragazza che ho portato in moto non è nessuno per me, non c’è mai stato niente, io amo solo te e vorrei essere il tuo principe e tu la mia principessa.

Non volevo arrivare al punto in cui siamo arrivati perché mi sento distrutto. Quante volte devo dirti che ti amo, amore mio? Quante volte devo dirti che sei il mio orgoglio e la mia più grande conquista? Quante volte devo dirti che ringrazio la vita per avermi fatto incontrare una ragazza come te quel giorno a scuola? 

Ti chiedo scusa e di perdonarmi per come mi sono comportato, ma mi manchi, mi mancano i tuoi baci, le tue carezze, torna da me. Voglio impegnarmi che non accada più e spero che voglia farlo anche tu perché noi insieme siamo bellissimi e pensare a una vita senza te mi logora. Ti amo, amore mio. Grazie per esserci stata ed esserci tuttora. E scusami, amore mio. Scusami davvero. Perdonami.

Sempre tuo Giulio.”

Finita di leggere con fatica mentale in quel linguaggio romantico e letterato, ma ostico per lui, come scocciato esclamò serio:

“Che sono tutte queste smancerie?...  Principessa… passerotto…. Chilla ha bisogno della minchiaaaa!!! “Esclamò forte guardandomi e seguitando:” Ci penserò io a darcela la minchia... Tu portaci sta lettera a chilla chiavainculo e fagliela leggere e poi vieni a dirmi che ti ha detto o cosa fa…”

E così feci, salvo pentirmene in seguito del mio comportamento.

 

Quel tardo pomeriggio l’aspettai nei portici sotto casa sua, la vidi arrivare con sua nonna, e prima di entrare nel portone e salire in casa, entrarono in un negozio del porticato. A quel punto visto che lei era dietro, mi avvicinai e la chiamai: “Cristina…Cristina…” Lei si voltò assieme a sua nonna.

“Sono io Lillino!” Dissi:” Ti devo parlare…” 

E mentre sua nonna entrava a fare acquisti lei venne fuori sull’uscio.

Sorridendo mi avvicinai, era bella e profumata, radiosa.

“Che c’è?” Disse:” C’è di nuovo il tuo amico Cumpà da qualche parte che mi vuole spiare?” E fece un sorriso ironico che denotava fastidio e malumore.

“No…no…” Risposi:” Ieri io volevo solo avvisarti…”

“Intanto non ha visto niente, ho messo subito l’asciugamano davanti e non mi hanno vista mettere il costume, anzi da ora lo farò sempre. Figuriamoci se io mi lascio spiare da quello zulù e da voi…  Ha visto solo tutto nero, io non so lui cosa ha racconto a voi… “

A quelle parole fui felice, contento dentro di me, Cumpà e Nofrio avevano mentito… non avevano visto niente. La mia Cristina era ancora pura per me…

“Comunque che c’è ora? Che vuoi?” Pronunciò distogliendomi da quella bellissima verità che avevo appreso e mi dava contentezza.

“Giulio mi ha dato una lettera per te!”

“Che lettera?” Domandò interessata con un sorriso compiaciuto.

In quel momento sua nonna uscì dal negozio e vedendola interessata a parlare con me andò avanti dicendo:” Fa prest Cry …ti aspetto su.”  Si infilò nel portone e prese l’ascensore.

“Cristina impacciata guardandosi intorno tra la gente disse:” Non so dove leggerla...” Poi all’improvviso esclamò “Vieni!” 

Si tolse dalla strada e si mise davanti al suo portone e gliela diedi di nascosto, in modo riservato, mentre entrava dicendomi:” Aspettami fuori.”

Uscii e restai sotto il porticato, osservandola dai vetri del portone d’ingresso che la leggeva.

La lesse tutta e la portò felice sul petto e forse la rilesse ancora e dopo pochi minuti uscì sulle sue zeppe che sembravano trampoli sculettando involontariamente e tornò da me.

” Chi te la data?” Chiese ancora sorridendo fingendo insensibilità.

“Giulio… te l’ho detto. “Risposi:” Non conosci la sua calligrafia?”

“E perché non è venuto lui?”  Mi domandò con superbia, seppur felice di averla ricevuta.

Innocentemente le dissi la verità, ma feci più un danno che un bene senza volerlo.

“Perché non vuole che si sappia, che lo sappiano gli amici che ti ho dato una sua lettera.” Risposi ingenuamente.

“Ahh ho capito…!” Ribatté risentita e irritata:” Allora digli a Giulio, che se vuole tornare con me, deve essere lui a venire di persona a chiedermi scusa e dirmi le cose che ha scritto sul foglio. Hai capito?”

“Si…sì…!” Risposi. 

“E allora diglielo.” Ripeté seccata del suo comportamento.

Si tenne la lettera e se ne andò all’ascensore e salì a casa da sua nonna.

La salutai e me ne andai, e invece da andare da Giulio, la risposta la portai a Cumpà in demolizione, che disse: 

“Bravo!!... Tu non starle a dire nulla… ce la do io la risposta a tutte e due.” Non capendo il significato di quello che diceva.

Avevo guadagnato la fiducia di Cumpà, ma ingannato Giulio e soprattutto Cristina.

Così quella lettera restò a metà e senza risposta, con lui che credeva che lei non volesse rispondergli e lei che aspettava che lui si facesse avanti ad andare a chiederle scusa direttamente. Ma lui non lo sapeva che doveva farlo, se no l’avrebbe senz’altro fatto e lei non sapeva che lui non aveva ricevuto il messaggio di risposta, pensando che non lo volesse fare direttamente di chiederle scusa. Quindi la pace di quel litigio saltò anche se avrebbe avuto ancora la possibilità e i presupposti che avvenisse qualche giorno dopo, nella serata dei fuochi d’artificio e dell’onomastico di Cristina, quando si sarebbero incontrati tutti sulla spiaggia e certamente parlati e per me sarebbero stati guai scoprendo loro che non avevo portato la sua risposta a Giulio, né avergli detto nulla.

Quella sera dell’onomastico festeggiato in spiaggia dove ci sarebbe stato un falò, certamente si sarebbero chiariti e riappacificati, non aspettavano altro. Senz’altro si sarebbero scusati, perdonati, baciati e tornati insieme ad amarsi e lo sapevano entrambi. Ma lei non avendo ricevuto alcuna iniziativa diretta da Giulio e lui alcuna risposta alla sua lettera, giocavano ancora a tormentarsi, lei a fare la sostenuta e lui atteggiarsi a superiore.

La situazione tra loro precipitava senza che ci fosse il tempo di pensare, era tutto un susseguirsi di avvenimenti che non davano il tempo di metabolizzare il precedente.

 

Il giorno seguente era una giornata afosa e il giorno dopo, il 25 Luglio un venerdì, sarebbe stato l’onomastico di Cristina che cadeva nel giorno della festa del mare del paese, e in centro ci sarebbe stata il corteo storico medievale, la processione con i crocefissi e la statua del Santo. E inoltre, l’illuminazione dello specchio d’acqua antistante le spiagge attraverso la posa in mare di diecimila lumini colorati accesi, insieme ai fuochi d’artificio che avrebbero illuminato il cielo e chiuso la serata. 

Se ci fosse stata la risposta a quella lettera, loro due si sarebbero incontrati certamente, visti e parlati, forse non subito ma senz’altro durante la serata, verso la fine e sicuramente si sarebbero riappacificati e tornati assieme a coccolarsi e baciarsi in riva al mare e a perdonarsi a vicenda.

Era un appuntamento dei più suggestivi dell’estate, in un clima festoso e unico che interessava tutto il centro storico e la spiaggia antistante.

La gente al pomeriggio sarebbe andata a vedere la rappresentazione storica con la fiera cittadina e alla sera la processione religiosa in centro, al termine della quale, intorno alle 22.30 ci sarebbero stati i fuochi d’artificio e la posa dei lumini in mare partendo dalla riva e dal molo.

Tutte cose interessanti che io avevo già visto varie volte negli anni e anche Cristina.

La compagnia di Giulio per quella sera, decise di fare una frittura di acciughe e qualcos’altro di pesce in spiaggia, verso una parte di arenile in periferia e poi un falò. In alcune zone in quegli anni era ancora consentito accendere il fuoco in spiaggia e poi sarebbero andati tutti sul molo distante circa 150 metri a osservare i fuochi d’artificio e la messa in mare dei lumini dalla spiaggia centrale.  

 

Quel pomeriggio noi eravamo seduti sulla panchina a cazzeggiare con Cumpà davanti al minigolf, e lui vedendole passare aveva fermato ancora Cristina e le sue amiche che stavano andando ai bagni. Si sentiva di sottofondo una canzone di Lucio Battisti uscire dal jukebox del minigolf e diffondersi tutta circostante anche nel viale, la canzone era “Ancora tu!”

Loro quando lo videro, Cristina compresa, mormorarono sorridendo tra loro:

” O segnur… tel lì lo zulù… (O signore… ecco lì lo zulù…) “

Poi sentendo il sottofondo musicale esclamarono, ridendo e canticchiando la canzone:

” Ancora tu??... Ma non dovevamo vederci più?... “E tutte a ridere tra di loro.

Sorrise anche lui non capendo la derisione, e si mostrò gentile offrendole nuovamente da bere, ma loro ridendo rifiutarono l’invito di quel bulletto. Perché tale per loro era Cumpà.

Lui insistette ma non ci fu niente da fare, comunque erano divertite dall’invito ed erano di buonumore. Allora lui dichiarò all’improvviso:

“Ho saputo che venerdì fate una festa alla spiaggia, con la brace, possiamo partecipare anche noi? “E guardava Cristina che guardando le sue amiche rideva. 

“E’ domani venerdì…”  Esclamò Cristina:” …perché non parli bene in italiano e dici correttamente domani invece di venerdì che può sembrare un giorno lontano?”

“Ohh è uguale!” Rispose lui.

“No, non è uguale, venerdì può significare la settimana prossima…” Nel mentre Ilaria che sorrideva mormorò:

“Inutile che gli spieghi Cry, è come lavar la testa all’asino.” E rise.

“Comunque non si può!” Rispose Stefy intervenendo:” …Noi siamo tutte con i nostri ragazzi e voi le avete le femmine?” Domandò, continuando:” Oppure siete senza femmine come chiamate voi le ragazze!” Esclamò ridendo e prendendolo in giro.

“Ci siete voi!” Ribatté Cumpà:” Sarete voi le nostre femmine…”

Tutte scoppiarono a ridere dondolandosi tra loro, qualcuna portando la mano davanti alla bocca per non ridergli in faccia.

“Eh sì ciao... “Esclamò Ilaria:” … noi siamo già prese, abbiamo già il maschio, siete voi che siete senza ragazze… anzi femmine… come dite voi. A meno che non vi portate qualche sorella o cugina.”

“Ma come mai nessuna viene con voi?” Domandò Chiara altezzosa.

“Noi ce le abbiamo le femmine, solo che non ci piace farci vedere in giro, preferiamo portarle alla madonetta!” Disse sorridendo mascalzonamente e guardando Cristina, Cumpà.

“Oh segnur con questa madonetta, ma sei così cattolico?” Lo canzonò ridendo e prendendolo in giro Stefy.

“Certo che sono cattolico, ma non è per pregare che vorremmo portarvi alla madonetta…” E sorrise con il suo atteggiamento da sbruffoncello da quattro soldi, con la camicia aperta davanti, una mano in tasca e l’atra che si accarezzava i testicoli e il pene sopra i pantaloni per fare capire il sottointeso sessuale.”

“Fa no il bauscia (lo sbruffone) dai…” Esclamò Stefy con la sua cadenza milanese:” Togli quella mano da lì, dai genitali e mettitela in tasca.”

Ma lui continuò a parlare per conto suo di quello che gli interessava continuando a toccarsi, mentre noi ci avvicinammo di fianco a lui a guardare e a sentire meglio.

“Voi ci piacete e a me una di voi mi piace più di tutte!” Affermò Cumpà guardando Cristina e facendolo capire a tutti quello che già sapevano, che era lei che voleva e le piaceva.

“Uè…uè… ci piace… ci piace… Non siamo mica pesci da magiare che ti piacciamo!”  Esclamò Ilaria facendo ridere tutte.

Nonostante tutto la sua volgarità, sfacciataggine e atteggiamento risultava anche divertente.

Fu una di loro, Patrizia dietro le loro spalle avvicinandosi alle orecchie tra Cristina e Ilaria a dire sotto voce:

” Potremmo farli lavorare per noi… fargli fare tutto il lavoro sporco al nostro posto, per noi! Fare fuoco e pulire i pesci…”

Si guardarono un attimo tutte tra di loro e dagli sguardi furono tutti d’accordo, e la più maliziosa, Ilaria che era vicino a Cristina che annuiva disse:

” Come sapete noi facciamo una festa alla spiaggia, ma c’è da lavorare… da fare il fuoco, preparare i pesci, pulirli, friggerli… siete capaci voi?”

“Certo!” Rispose Cumpà vanitoso voltandosi a guardare noi facendoci l’occhietto: “Noi meridionali siamo capaci a fare tutto… tutto… tutto, soprattutto l’ammore!” Affermò spavaldo: “Se volete possiamo farlo noi quel lavoro lì…” Esclamò senza rendersi conto che li invitavano soltanto per approfittare di loro a fargli fare i lavori più umili.

Le ragazze si guardarono ancora tra loro e risero. E Stefy ribatté:

” Eh... ma sai, noi dobbiamo chiederlo ai nostri ragazzi se potete venire… loro sono gelosi di voi…” Facendolo esaltare e sorridere di più. E Ilaria aggiungere scaltra:

“Eh ma noi ci mettiamo i pesci, le acciughe, la cocca cola e la fanta, ma voi dovete portare qualcosa oltre che preparali, cuocerli e fare il fuoco!”

“Eh cosa dobbiamo portare?” Domandò lui toccandosi i capelli unti e stopposi.

“Il vino presempio!” Esclamò Cristina e la sua amica Patrizia aggiunse:

“Ehh si… ma non quello scadente, vino buono però… per signora, se no non lo beviamo e fate brutta figura con noi…”

“Va bene!” Disse Cumpà:” Vino bianco delle nostre terre, buono e gustoso come noi… Vino siciliano, però è forte di gradi…” Precisò mettendosi a posto i pantaloni tirandoli su per la cintura.

“Non fa niente… tu porta!” Pronunciò Stefy sorridendo sforzandosi di fare la seria.

“Ehh ma i vostri amici? Glielo dite voi? … Accetteranno?”

“Faremo opera di convinzione… ci penseremo noi, gli daremo noi qualcosa in cambio a loro…” Rispose ridendo Chiara:” L’importante è che lavoriate e non facciate i fannulloni con le braccia conserte a guardare come fate voi del sud!” Disse in dialetto milanese.

Lui sorrise:

“D’accordo! Allora domani sera veniamo!” Affermò serio Cumpà.

“Si ma alle condizioni che abbiamo appena detto!” Ribatte Patrizia. 

E Ilaria aggiunse, la spiaggia e in fondo all’arenile dopo i bagni Nettuno, si incomincia a friggere alle 20.30.”

“Eh ma siate eleganti o almeno puliti…” Aggiunse Chiara:” È la festa del paese e l’onomastico di Cristina.”

“Va bene ci saremo… saremo presentabili come dite voi, ci conto allora…” Esclamò Cumpà tutto entusiasmato di aver strappato quel sì alle ragazze milanesi, dimostrando a noi che con loro ci sapeva fare.

“Ciao ciao… “Lo salutarono con la manina e andarono via ridendo tra loro.

Lui contento si portò alla moto, diede due colpi di pedale e accese il suo Satan e partì con tutti noi dietro, chi in motorino chi in bici.

Loro entrarono al minigolf e si portarono nel gruppo dei loro fidanzatini per andare alla spiaggia tutti insieme. Qualcuno stava giocando al ping pong , chi era a chiacchierare al jukebox e altri compreso Giulio seduti attorno al tavolo verde a guardare gli altri che giocavano. Appena arrivata esclamò in dialetto milanese Stefy:

“Uè uomini, godete…! Vi abbiamo trovato i faticanti…la manodopera” E tra loro risero da sole, continuando:

“Per domani sera abbiamo invitato i terroni, lo zulù e i randagi alla grigliata e al falò!” Affermò Patrizia.

“Cosa??” Esclamò Roberto scandalizzato drizzandosi sulla sedia.

“Si... ragazzi, ma ascoltate, abbiamo lavorato per voi… “Affermò ridendo con Ilaria, proseguendo:

” Venendo qui come al solito c’era lo zulù nel viale…”

“Quel Cumpà come lo chiamano loro…” Proseguì Stefy sorridendo:” …che quando vede Cristina gli escono gli occhi fuori dalle orbite…” Seguitando:” …che con il suo branco ci seguiva e diciamo per essere buone che ci corteggiava oscenamente per non dire altro…”  Disse, facendo sorridere Cristina compiaciuta al sentire quelle affermazioni, che quando la vedeva gli uscivano gli occhi dalle orbite, incrociando volutamente e maliziosamente lei lo sguardo geloso di Giulio. 

“Ehh!” Aggiunse Patrizia:” Voleva pagarci da bere… ma abbiamo rifiutato dicendo che noi a differenza di loro i maschi che ci offrono da bere li abbiamo già.” E anche Giulio ascoltando guardò Cristina che facendo la sostenuta e l’offesa si girò dall’altra parte attendendo le sue scuse direttamene, ma lui non avendo ricevuto risposta non sapeva che doveva fargliele personalmente e che quella era la condizione che aveva stabilito stupidamente lei per ritornare assieme.

“Comunque…” Proseguì Ilaria, abbiamo chiacchierato un po', ci siamo divertite a prenderlo in giro, lui ci ha chiesto se poteva venire al nostro falò, alla nostra festa e per farla breve a Patrizia  si  è accesa la lampadina in testa e siamo restati d’accordo con il loro capetto, lo zulù…” Precisò ridendo:” … che verranno, loro faranno il fuoco, puliranno i pesci e li friggeranno e in più la Cry gli ha strappato di portare del vino siciliano, delle loro terre… e noi li abbiamo invitati.”

Risero tutti, ci fu un vociare e qualche dubbioso:

“Dai…” Disse la Stefy per convincerli:” Vi abbiamo portato gli operai… cosa volete di più? Dovete solo sedervi e farvi servire e faranno tutto loro, “E giù a ridere. 

“Ma si dai è un giorno di festa domani oltre che l’onomastico della nostra Cry, è festa qui in paese e un giorno di pace possiamo fare una tregua e cenare assieme alla spiaggia per una volta e poi dopodomani mattina che è un altro giorno, tutti ad un palmo dal nostro culo…” Esclamò ridendo piegando il tronco in avanti e sporgendo il sedere in fuori, portando la mano con le dita aperte dietro con il pollice sul gluteo e il mignolo in fuori nel segno del palmo e della distanza. E giù di nuovo tutti a ridere, andando poi lei dal suo ragazzo ad abbracciarlo e baciarlo.

Alla fine accettarono tutti. 

 

Invece a noi quella sera Cumpà ci radunò nel bar che frequentavamo anche d’inverno dicendoci:

“Le chiavainculo ci hanno invitate alla festa sul mare a friggere le acciughe e fare fuoco, io porto il vino e la radio con il mangiacassette per la musica. Picciotti(ragazzi) dobbiamo stare accorti(attenti) che con le loro femmine vicino può succedere qualcosa… di tutto, anche per voi… Io punterò su quella chiavainculo di Cristina, la Cry come la chiamano i milanesi e voi guardate se riuscite a combinare qualcosa con le altre…” E rise aggiungendo:” Ci vedremo domani sera alla spiaggia vicino al confine alle 20.00, che qualcuna delle chiavainculo che arriverà certamente prima ci porterà le acciughe e prepareremo il fuoco, che dopo mangiato faremo diventare bello grosso.”

“E come lo facciamo il fuoco? Dov’è la legna?” Chiese Nofrio.

“Ma che legna… ci sono le cascette dei pesci tutte rotte da bruciare, non quelle buone, quelle tutte scassate, i pescatori le mettono da una parte apposta per bruciarle, prenderemo quelle. Tu porta un po' di benzina del motorino per far partire il fuoco…. “ Lo esortò.

Accettammo anche noi, terroni e polentoni avrebbero festeggiato la festa del mare assieme, io ero contento, pensavo fosse un primo passo verso una riappacificazione tra noi e tra Cristina e Giulio e in quel momento vedevo Cumpà come una persona in gamba, capace e in parte lo ammiravo. Eravamo tutti giovani a una festa per ragazzi.

 

Quel giorno il 26 luglio. fu una delle giornate più calde di tutta l'estate.  Durante il giorno la spiaggia era piena di gente, specie quelle libere, non vi era posto neanche per mettere l’asciugamano sulla sabbia per sedersi o passare. Il sole era alto nel cielo e non tirava neanche un filo d'aria, c’era un’afa pazzesca. La giornata, sarebbe stata soleggiata fino alla sera, all’ora della grigliata, quindi si prospettava anche una serata calda. 

Quel pomeriggio visto che era il suo onomastico, Cristina era stata poco al mare, nell’ora che lui non c’era e quindi non aveva visto Giulio. Lo aveva trascorso con sua nonna prima in casa a festeggiare e a ricevere la telefonata di auguri dei genitori in quel telefono color grigio topo con la rotella con i numeri e la cornetta sopra posto nel soggiorno. E poi dopo cambiata di abito, fuori con le amiche a girare le bancarelle della fiera e a osservare la rivisitazione storica, per poi andare con loro al minigolf a bere qualcosa tutte insieme ascoltando il jukebox e le canzoni d’amore per fare arrivare le venti e andare in spiaggia a cenare con la frittura di acciughe.

 

Erano tutte abbastanza eleganti quella sera, ma più di tutte Cristina che era la festeggiata e indossava un gonnellino rosa a vita alta regalatole per l’occasione dalla nonna.

Intanto l’ora si avvicinava, gli stabilimenti chiudevano e i bagnini iniziavano a pulire la sabbia e a lisciare la spiaggia. 

I gabbiani iniziando ad andare via i turisti dalla battigia mentre le spiagge si svuotavano e chiudevano, stridevano felici ed alti nel cielo, scendendo poi a camminare sulla riva cercando il pesce o qualcosa da beccare. 

Fui il primo ad arrivare in anticipo sul posto indicato, ero ben vestito, pulito ed emozionato perché avrei cenato anche con Cristina.

Quella sera si sarebbe fatto un falò alla spiaggia…” Falò” …più che altro era un fuoco acceso, ma loro in milanese lo chiamavano falò e come dicevo in quegli anni era ancora concesso fare sull’arenile.  Arrivato mi diedi subito da fare e iniziai a raccogliere le cassette da pesci rotte. Di seguito arrivarono in spiaggia gli altri, Cumpà con la sua moto da cross, il suo Satan scassato e smarmittato che lo sentii arrivare che ancora non lo vedevo e posteggiarlo in un angolo del lungomare da dove si vedeva dalla spiaggia, scese la discesa di cemento e venne verso di noi. Aveva una grande radio mangiacassette stereo a grosse pile, con le casse incorporate di lato e un maniglione per portarla in giro, che i milanesi consideravano una terronata e diffondeva la musica di una canzone di quel tempo di Mino Reitano mentre camminava, quella che piaceva a lui. E piano piano arrivammo tutti noi e qualcuno di loro. 

Tra le prime ad arrivare ci fu Ilaria e Stefy con degli altri loro amici milanesi e una cassetta di acciughe, indicandoci il posto dove avrebbero preferito fare fuoco… e loro si misero da una parte a parlare e a guardarci. 

Noi terroni eravamo già lì sul posto e iniziammo dietro a quello che ci diceva Cumpà a preparare il cratere facendo una piccola buca nella sabbia, circondandola dai lati con delle pietre piatte attorno, mettendo all’interno i pezzi di legno di cassette rotte che avevo preparate per accendere e fare fuoco. 

Altri di noi, Cumpà compreso, si adoperavano chi a pulire le acciughe che ci avevano portato, ad aprirle con il pollice e a sviscerarle delle interiori con l’indice, risciacquarle nella bacinella di acqua pulita di mare e il metterle sulla griglia della brace a scolare e a cuocere per poi cotte, belle abbrustolite, metterle su un vassoio e dividerli nei piattini di plastica da dare a tutti... 

Eravamo tutti puliti ma disordinati nel vestire, mentre loro invece iniziavano ad arrivare con le magliette Lacoste e i jeans Jesus o Fiorucci scampanati a vita alta con le loro ragazze a braccetto, le chiavainculo, come le chiamavamo noi, anch’esse con jeans scampanati o gonnellini svasati, truccate in viso e profumate come se andassero a una sfilata di moda. Cristina compresa.

Poco dopo arrivarono Patrizia, Katia, Roberto Gianni che ci guardarono e sorrisero sarcasticamente mentre acceso il piccolo fuoco che poi avremmo ravvivato, noi ci davamo da fare e friggevamo le acciughe sulla griglia. Nel frattempo sentii la moto di Giulio e lo vidi arrivare con il suo zundap muller, ma non posteggiarlo vicino alle nostre moto che non c’era il posto, ma dal lato opposto a una trentina di metri. Scese, venne vicino e si mise a parlare con Ilaria e Roberto.

 

Nel frattempo a piedi dallo scivolo di cemento dei pescatori che portava sulla spiaggia, arrivarono da sole anche Simonetta, Chiara e Cristina, che salutarono tutti, ma lei non Giulio, che si avvicinò di sua iniziativa e le diede un bacio sulla guancia di auguri, porgendole una scatoletta ben fasciata che prese ringraziandolo con un sorriso freddo guardandolo negli occhi e mise nella borsa. Anche se scontrosi, e sfuggenti tra loro, certamente quella sera sarebbe stata risolutrice di tutto. Ma c’era come si suole dire un convitato di pietra, una incognita… Cumpà.

Quella sera scurendosi il cielo intorno a noi, aveva creato un paesaggio che rendeva la scena di quella grigliata un vero spettacolo. La luce del tramonto rifletteva sul mare dipingendolo di un blu intenso, schiarito e vivo, le onde s'infrangevano lentamente sulla spiaggia in un moto continuo lungo e instancabile, bagnando la riva e le sue pietre con la spuma bianca. E in lontananza, fin dove si perdeva l'occhio, il mare e il cielo si fondevano, creando un unico sfondo dal bianco all’azzurro al blu scuro.

Chi avrebbe mai pensato che quella sera sarebbe successo il finimondo? 

 

 

 

 

 

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