I NOSTRI CONTATTI
IMMORALEX
SEGUI I NOSTRI SOCIAL:
angeverd53@libero.it
123456789
STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
All Right Reserved 2022
L'ETA' DEL DISINCANTO
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
L’ETA’ DEL DISINCANTO.
Note:
“Leadership è l'arte di riuscire a far fare a qualcuno quello che tu vuoi perché lui lo desidera.”
Dwight David Eisenhower
CAP. 4 CUMPA.
Cristina quell'oscuro oggetto del desiderio.
Arrivato giugno, finite le scuole, dopo qualche giorno iniziarono le vacanze e incominciarono a venire al mare i nordisti, piemontesi e lombardi, ma anche i tedeschi, olandesi e belgi. I milanesi e i torinesi erano quelli che in prevalenza erano i vacanzieri nella nostra cittadina.
Un giorno che ci trovammo tutta la nostra compagnia, compreso Cumpà seduti raggruppati a un tavolino del minigolf, qualcuno vedendo i milanesi entrare disse:
“Ecco Cumpà, guarda… c’è Cristina chiavainculo e assieme al suo ragazzo.
La prima volta che Cumpà li vide era l’ultima settimana di giugno, Cristina e Giulio erano arrivati da pochi giorni ed erano in compagnia insieme con altri amici e si sedettero in un dondolo del dehors a fare colazione in gruppo chiacchierando.
Cumpà li guardò con quello sguardo serio e superiore.
“Quello con la maglia verde è Giulio…” Disse Nofrio:” U capo dei milanesi…e quella bionda con lui e la sua femmina Cristina…”
“Cristina chiavainculo…” Lo corresse Cumpà.
“Si Cristina chiavainculo…” Ripeté lui sorridendo. Voleva che la chiamassero così pur non conoscendola nememno.
Lui li osservò, vide Giulio, lo guardò bene e non gli piacque a pelle e osservando Cristina esclamo:
“Io a quella chiavainculo me la fotto!”
Io seduto vicino a loro ripetei per distogliere l’attenzione su di lei:
“Quella vicina si chiama Stefy, è bella pure lei e anche di Milano e l’altra Ilaria…”
Ma qualcuno aggiunse:” Cristina è la migliore, la più bella, una femmina da sognare.”
E Nofrio ripetendo tutto non essendoci stato quel giorno che parlammo con Cumpà di lei, aggiunse come a farsi bello e informarlo:
“Si chiama Cristina… è di Milano anche lei, dicono che vogliono sposarsi.” Precisò.
“Cristina?... O saccio! (lo so!)” Ripeté lui, continuando: “Be allora vorrà dire che a quella Cristina chiavainculo me la fotto lo stesso e facciamo beccu (cornuto) il suo ragazzo.”
“Fai attenzione che il suo fidanzato a Milano fa le arti marziali…” Ripetei io sperando di intimorirlo e spingerlo a desistere e a lasciarli in pace.
“Che fa?” Chiese.
“Fa o Kun fung e Karate come quelli dei films… come a Bruce Lee.” Esclamai in dialetto.
Cumpà come risentito e stimolato di più da quel paragone, da quella sfida, dichiarò:
“Non mi fa paura, io a quello gli porto via la femmina e me la chiavo vedrete anche voi...”
“Eh ma quello non se la lascerà portare via, non è mica come gli altri, dovrai affrontarlo se non c’hai paura.” Mormorai.
“Wheeee!!!! “Esclamò alzandosi, e girando la mano sul polso mi diede uno schiaffo sulla guancia:” Tu a me queste cose non me le devi dire, te l’ho già detto… Io non ho paura di nisciuno… “E rivolgendosi a tutti gli altri della nostra banda esclamò:” … e vi farò vedere che quella Cristina chiavainculo diventerà la mia femmina e me la fotterò!” Ripeté con aria di sfida.
Dopo averla vista e osservata bene Cristina le piaceva, era una bella ragazza e piaceva a tutti.
Ma a lui in lei non interessava la bellezza, in lei vedeva solo la lussuria, la libidine e il riscatto sociale. Il dimostrare a tutti noi che era un capo vero e Cristina sì gli piaceva, ma non di certo per averla come ragazza da frequentare seriamente e ufficialmente o da sposare. Non ne era innamorato. Ma come diceva lui stesso, la voleva come femmina da fottere (da chiavare), da mostrare ed esibire a chiunque come un trofeo. Ostentare a tutti che era come diceva lui, una buttana chiavainculo e che lui era riuscito a fotterla, a domarla, a portarla via a quella minchia di Giulio e ai suoi amici milanesi.
Nei giorni seguenti Cumpà iniziò a fare lo stupido con lei. Quando la vedeva sola sul lungomare o nel viale alberato si avvicinava e senza il minimo corteggiamento la importunava, con lei che stupita delle attenzioni di quel tipo strano lo snobbava. La seguiva a piedi o in motorino.
Un giorno scorgendola solo passare nel vialetto, facendosi vedere da noi l’affiancò in moto mentre camminava, al minimo dei giri del motore, e senza educazione, sboccato com’era dandole del tu in quello che lui riteneva un normale corteggiamento ma lei solo una fastidiosa molestia le disse:
“Vuoi venire a fare un giro in moto con me?”
Lei lo guardò con sufficienza e si rivoltò a osservare in avanti senza nemmeno prenderlo in considerazione, senza cagarlo come si diceva a quei tempi. Alla sua insistenza si voltò di nuovo verso di lui dicendo:
“Ma chi sei? ... Cosa vuoi? Lasciami in pace!” Rispose infastidita e contrariata dal suo comportamento. Ma lui forse perché c’eravamo noi poco distante insistette:
“Dai Sali! …Andiamo in camporella, ti porto alla madonetta in mezzo al verde… tu mi piaci!”
A quelle parole Cristina, capendo il sottointeso della madonetta e del suo significato scandalizzata rispose stizzita.
“Ma come ti permetti…” Con la sua voce dolce: “Vacci da solo alla madonetta. E se non te ne vai e la smetti di importunarmi quando mi vedi passare lo dico al mio ragazzo…” Replicò lei.
“Uhhh che paura che mi fa…!” Ribatté Cumpà ridendo:” Tremo tutto…”
E accelerando di colpo la manopola e mandando su di giri la moto, con un colpo di braccia tirandola su davanti per il manubrio, impennandosi su una ruota per farsi vedere da lei, tra il fracasso della marmitta e il fumo che usciva da essa, partì sorridendo allontanandosi. E questo avveniva più volte quando la vedeva sola o con qualche amica, incurante della sua contrarietà e del fastidio che le procurava la sua presenza. Si avvicinava e oscenamente la invitava ad andare con lui. Pensai che fosse quella la sua tattica per conquistarla e mi tranquillizzai che non ci sarebbe mai riuscito.
Continuando a molestarla, con i giorni finì che Cristina con le amiche informarono Giulio e il loro gruppo, dicendole:” Quel nuovo terrone con i capelli lunghi e neri mi importuna sempre quando mi vede sola o con loro…” E fece segno alle amiche che confermarono. E un pomeriggio che eravamo tutti al minigolf seduti in gruppi in zone diverse del dehors, loro consumando al tavolino, con Ilaria al jukebox a mettere canzoni d’amore che si spandevano tutto attorno, uno di loro a giocare a flipper e due a calcetto, Cumpà facendosi vedere da noi, passò appositamente davanti a loro e guardando Cristina le fece l’occhiolino ammiccando e si venne a sedere. Al che lei osservandolo scosse la testa compatendolo.
“Che c’è?” Le chiese la sua amica Stefy seduta di fronte a lei vedendola schernirsi da sola e scuotere la testa.
“Ma niente, quel deficiente…quello zulù (lo chiamò proprio lei così per la prima volta, zulù, poi lo chiamarono tutti nel suo gruppo) mi fa cenni con gli occhi e le labbra… mi manda bacini…” E la sua amica Chiara dire:” Questo è proprio scemo!”
Si voltarono Cristina e Ilaria e lo videro che si era appena seduto al tavolo di fronte e a pochi metri dal loro con noi vicino.
Anche Giulio seduto sul dondolo affianco a lei e già informato precedentemente se ne accorse di quell’atteggiamento verso Cristina e le domandò:
“Chi è quello là Cry…!? È il tipo che ti infastidisce quando cammini da sola?”
“Si è lui!” Rispose Cristina seccata.
“Lo conoscete…?” Chiese rivolto agli amici della sua compagnia.
Rispose Roberto:
“Di vista, è un meridionale, un terrone… sono cinque o sei tra fratelli e sorelle, lui deve essere il più piccolo…”
“E’ un bulletto… un capetto…” Aggiunse Marco:” … È il capo branco di quegli straccioni. Un povero mentecatto che si crede di essere chissà chi!”
Giulio lo guardò e si fissarono in cagnesco e alzò il dito medio facendogli il segno del dito in culo. Che vedemmo tutti.
Cumpà a quel gesto si alzò serio, spostò il tavolo davanti a sé e si portò al loro tavolino dicendo in mezzo dialetto a Giulio:
” Quel dito te lo ficchi in culo tu, oppure glielo ficchi in culo alla tua ragazza e se non sei capace glielo ficco io nel culo a lei…” E sorrise con sguardo di sfida.
“Ma che volgare… ma che maleducato!” Mormorò Stefy scandalizzata osservando e sentendo la scena come, guardandolo da seduta dal basso verso l’alto con la sua camicia aperta davanti e l’aria strafottente.”
“Muta tu!” (fai silenzio tu!) Rispose deciso con il gesto della mano senza nemmeno guardarla Cumpà.
“Uè balurd…un po' di rispetto! A me muta non lo dici… vallo a dire a tua sorella! Qui non siamo in Africa!” Esclamò indignata alzandosi e allontanandosi da vicino a lui.
Anche Giulio si alzò assieme agli altri spostando il loro tavolino facendo mettere le ragazze dietro loro, portandosi petto contro petto e spingendolo indietro con una mano sul torace, e senza paura e farsi intimidire dei suoi modi gli disse:
“Stai indietro che te spuz! (puzzi!)” Portando l’indice alle narici.
Cumpà capì il significato della parola dal gesto del naso che aveva arricciato mentre i suoi amici ridevano.
“No…sei tu che fai fieto! (fetore!) …” Ribatté lui, mentre noi dietro impauriti lo spalleggiavamo.
“No tu... puzzi” Ripeté Giulio per nulla spaventato dai suoi atteggiamenti aggressivi.
Cumpà iniziò a spintonare Giulio con le mani sul torace facendolo indietreggiare, e allora ci avvicinammo tutti a lui, mentre i suoi amici milanesi arrivarono mettendosi intorno a Giulio, con me che mi tenevo in disparte, perché non volevo stare né da una parte né dall’altra. Non volevo farmi vedere da Cristina e da Giulio che approvavo quel comportamento e modo di fare di quel Cumpà.
“Che né…. (Che cos’è…) sto segno che mi hai fatto con il dito medio?” Domandò provocatorio Cumpà.
“Come parli?” Rispose Giulio sorridendo sarcasticamente:” … Non lo conosci l’italiano? Con me devi parlare italiano o inglese o milanese e non il terronese.” Ribatté.
“Io parlo come so… e come mi piace!” Rispose lui.
Stavano litigando verbalmente, preludio di qualcosa di più che sarebbe arrivato dopo gli spintoni, mentre Cristina con le amiche tenevano per il braccio Giulio dicendogli:
“Lassa perder amur…le soltanto un balord, un ciula ciaparatt! (lascia stare amore, è solo un balordo, stupido prendi topi!)”
Ma Giulio non demordeva e si guardavano negli occhi in modo cagnesco.
“Whee maleducato, ma non te la insegnata nessuno a te l’educazione e la civiltà!” Esclamò ancora Stefy sentendosi spinta di lato.
“Sta cita tu! Muta! (stai zitta tu! Silenzio!)” Ripeté nel suo dialetto Cumpà guardandola con disprezzo.
E Giulio facendo segno con la mano muovendola in senso verticale dal basso dall’alto ripetendo il gesto esclamò:
“Vai va’! … Cammina… e non ti permettere mai più di molestare la mia ragazza!”
“Perché se no?” Rispose spavaldo con aria di sfida Cumpà:” Che fai?”
“Lo vedrai…” Ribattè Giulio…
Intervenne Cristina che tirandolo per un braccio cercando di tenerlo lontano da quel Cumpà ripeté le parole di Giulio...
” Vai va! E stai almeno a un metro dal mio culo…” Come detto era un modo di dire dispregiativo che si usava allora a Milano per offendere qualcuno e far mantenere le distanze.
“Non un metro, ma dieci metri dal culo della mia ragazza ripeté Giulio.” E risero tutti loro.
“Io al suo culo me lo fotto…” Stava dicendo Cumpà, quando in quel momento intervenne il cameriere e tutto finì lì, a Cumpà e a noi, ci fece uscire fuori, praticamente ci cacciò dal dehors e dal minigolf dicendoci di non rompere i coglioni ai clienti e non farci più rivedere. E tutto finì lì con loro che tornarono a sedersi nei dondoli e ai tavolini ad ascoltare musica e chiacchierare e noi fuori seduti sulle panchine.
“Che tipi… che balurd…” Ripeté Patrizia:” E quel tipo prepotente, quel zulù come l’ha chiamato Cristina… ma chi è?”
“Un ciula? (Uno stupido) …Un capetto…!” Disse Ilaria e risero ancora canzonandolo.
“Ma hai visto come mi ha trattata?” Affermò Stefy:” Muta…” Mi diceva…:” Uèèè terrun! Muto teee!!!” Gridò inviperita verso il vialetto.
“E’ uno di quei tipi che per loro la donna è solo <schiava zitta e lava>." Disse Cristina indignata con la sua voce dolce e la cadenza milanese in un modo di dire di allora sui meridionali che sottomettevano le loro ragazze o mogli.
“Per lui la donna non è solo schiava zitta e lava…Ma schiava zitta, lava e chiava…” Aggiunse Ilaria ridendo e facendo ridere tutti.
A quel punto intervenne Chiara:” Chiava?... Ma chi vuoi che ciulla (Chiava) quello lì?”
“Qualche pecora!” Pronunciò Cristina ridendo… aggiungendo:
“Dio quanto odio i soggetti prepotenti e maschilisti come lui…” Concluse.
Quel pomeriggio terminò così, dopo un poco noi ce ne andammo nelle nostre zone e loro restarono a divertirsi a parlare male di noi ma soprattutto di Cumpà, che ora purtroppo lo avevano conosciuto.
Passarono alcuni giorni e un pomeriggio che cumpà non lavorava in demolizione auto ed eravamo fuori dal minigolf seduti sulle panchine, rivedendola passare sola dal viale, prese di nuovo a seguirla, ma quella volta a piedi, facendoci segno con la mano di seguirlo a distanza ravvicinata. Affiancatosi a lei iniziò di nuovo a importunarla, ma quella volta con più gentilezza e meno volgarità (si fa per dire) invitandola al bar a bere qualcosa con lui.
“Sei senza cagnolino oggi!?” Esordì avvicinandosi.
Lei lo guardò stupita con una espressione scocciata e di sufficienza, sapeva che era fuori di testa ma non fino a quel punto. Subito non gli diede retta, ma lui proseguì:
“E il cagnolino dove l’hai lasciato?” Domandò ancora.
“Che cagnolino?” Chiese stizzita e curiosa Cristina.
“Il tuo ragazzo…” Affermò lui ridendo divertito:” … mi sembra un cagnolino.”
“Quanto sei stupido…” Mormorò lei scuotendo la testa compatendolo. Fece due passi con lui sempre che la seguiva e vedendoselo sempre di fianco rispose:” E poi se lo paragoni a un cane non è un cagnolino, ma un Doberman (allora erano ritenuti tra i cani più feroci e intelligenti e anni prima c’era stato anche il film, la gang dei Doberman), quindi stai attento!”
“Brrrhh che paura!” Esclamò:”E un cane da guardia?”
“No da difesa!” Precisò lei e infastidita e seccata di quei paragoni continuò a camminare.” Intanto Cumpà ridendo, cambiando discorso aggiunse subito:
“Io una come te la porterei a fottere alla madonetta…” Le esclamò in faccia senza ritegno e rispetto:” Al fresco, in mezzo all’erba in qualche radura. CI vieni?”
“Ehhiii…Balurdd!!! Come ti permetti di dirmi queste cose?!” Esclamò Cristina seria:” Non ti allargare troppo, resta al tuo posto nel tuo scatolone e stai lontano da me, te l’ho già detto almeno a un metro dal mio culo! …” E allungò il passo.
Ma lui, sempre con quell’aria strafottente e il sorriso di chi si riteneva superiore e di piacerle ribatté: “Mi permetto perché mi piaci… sei una bella femmina… Mi piaci e ti voglio!”
Cristina da dietro gli occhiali rosso-rosa abbozzò un’espressione di disapprovazione e compatimento a quelle affermazioni volgari e dirette, e mosse la testa e le labbra negativamente al modo di parlare e di esporre i pensieri di Cumpà…
“Bè trovate un'altra da portare al bar o alla madonetta se la trovi, qualche tua conterranea, io non sono per te!” Gli disse chiaramente.
Lui non rispose, ma toccandosi i lunghi capelli, li prese sui lati e li portò dietro le spalle come a sistemarli, invitandola: “Vieni dai! Ti offro da bere!”
Lei lo guardò ancora con sufficienza chiedendosi se c’era o ci faceva a essere così irriverente e comportarsi in quel modo stupido e molesto ed esclamò:” Lo sai che se lo dico al mio ragazzo che mi importuni ancora ti gonfia?”
“Oh…oh…oh… questo è da vedere.” Ribatté lui, comunque tu non dirglielo che mi hai incontrato e ti ho corteggiata. Non è perché mi fa paura, sarei pronto ad affrontarlo per te…ma è per non fargli male…”
Lei sorrise con sufficienza e scosse la testa replicando.” Questo è da vedere chi si fa male tra voi due.”
Sorrise anche Cumpà dicendo: “È perché se litigo con lui poi non vedo più te…” A quella battuta Cristina rispose:
“Vai a farti un giro Cumbà o come ti chiami… e togliti certe idee su di me che non sono il tipo per te… e non molestarmi più con questi inviti volgari che fai, se no ti querelo… ti denuncio!” Esclamò seria.
“Cumpà… mi chiamo Cumpà! Con la P e non la B.” Precisò lui. “E poi io ti sto solo corteggiando…” Affermò.
“No tu non stai affatto corteggiandomi, mi stai dando fastidio, corteggiare è diverso. Ma probabilmente sei talmente ignorante che non lo capisci.”
“Come non ti corteggio? Ti ho invitato al bar a bere con me. Ti offro da bere quello che vuoi dai vieni!” Ripeté.
“Poi per favore poca confidenza e dammi del lei, nessuno ti ha autorizzato a darmi del tu, non siamo nemmeno conoscenti…” Ribatté seccata Cristina.
Quello che mi stupiva e non capivo seguendoli poco distante da loro, era il fatto che pur minacciandolo e inveendo contro di lui, invece di mandarlo al diavolo realmente gli dava corda, si divertiva a rispondergli e a provocarlo.
“Ma ce l’hai almeno i soldi... per invitami? “Gli chiese improvvisamente Cristina con uno sguardo e una smorfia arrogante, altezzosa e divertita allo stesso tempo.
“Certo che ce l’ho!” Rispose portando d’istinto la mano versò la tasca.
“Che fai? … Li rubi di nascosto come vuoi fare con le ragazze degli altri?” Domandò perfida sorridendo maliziosamente mettendolo in difficoltà, continuando a camminare mentre lui la inseguiva a piedi sul lato destro parlandole e cercando di stare al suo passo deciso e continuo. Risentito esclamò:
“Io mi prendo tutto quello che voglio, che mi piace… e tu mi piaci!” Ripeté:” Sei la più bella di tutte e devi essere la femmina, di uno come me, di un capo!”
Lei a sentire la parola capo sbotto in una risata divertita, mostrando per un momento tutta la sua bella dentatura bianca e perfetta, mettendosi subito per educazione la mano sulle labbra cercando di coprire la bocca, dicendo in milanese con la sua voce delicata e dolce:
“Tela!!... Va föra di pè Cumbà… o Cumpà come te ciama! (Vai!!... Vai fuori dai piedi Cumbà o Cumpà come ti chiami) Stressami no!... Ti se gneùcch? (Non stressarmi!... Sei duro di comprendonio?) Altro che capo, sei un capetto di un branco di randagi…” Affermò, e fece un respiro allungando il passo, aggiungendo educatamente dopo le perfidie che gli aveva detto:
“Comunque non voglio bere niente grazie, scordati di me e non importunarmi più.”
Lei senza rendersene conto, stupidamente pur rifiutandolo gli dava corda ed era come se ci giocasse.
“Io mi chiamo Gaetano… Tano per gli amici...” Disse seriamente lui.
“Tano?... e perché ti chiamano tutti Cumpà? “Domandò:” Io pensavo che ti chiamassi Cumpà davvero…oppure zulù…” E rise da sola, sempre mentre lui la seguiva di fianco e lei camminava non cagandolo e non guardandolo nemmeno in faccia.
Lui incurante dei termini dispregiativi che gli proferiva Cristina, continuò:
“Quello è un soprannome che mi hanno dato, che deriva da compare, che vuol dire padrino o amico, anche a mio padre lo chiamano così!”
“Intendi padrino come nel film di Marlon Brando? O il padrino della cresima?” Chiese sorridendo.
“Eh magari fossi come lui…come Don Vito Corleone…” Esclamò della battuta, sorrise e rispose:” No… non quello, significa amico… compare.”
Anche lei abbozzo un sorriso freddo allungando di più il passo per toglierselo dintorno, ma lui sempre dietro seguitò:
“Io lavoro in una demolizione d’auto!” Pronunciò, come a giustificarsi inconsciamente:” E a volte sono sporco…”
“Si vede!” Ribatté lei stronzetta e altezzosa come si può essere a quell’età lì:” Io invece ti chiamo zulù… Ti dispiace?” Disse ridendo stupidamente da sola, mentre noi li osservavamo camminando dietro a loro a tre, quattro metri.
“Zulù? Perché?” Domandò lui.
“Perché sei scuro di carnagione, sei incivile e maleducato.” Rispose.” Sei un selvaggio civilizzato come loro…”
Lui non disse nulla.
E camminando Cristina abbozzo una espressione di sopportazione sul viso scuotendo il capo.
C’è da dire che in quei tempi non c’erano immigranti o persone di colore, si vedeva solo qualche marocchino che vendeva i tappeti nelle spiagge e null’altro.
“Tu ti chiami Cristina…” Chiese ancora lui sempre camminandoci affianco senza che lei rallentasse il passo ma tenendolo sostenuto su quei zatteroni ai piedi, i suoi jeans svasati in fondo e la borsa da spiaggia a spalla.
“Ah sai anche il mio nome?” Ribatté delineando con le labbra una specie di sorpresa e sorriso.
“Io so tutto di te perché mi piaci.” Rispose lui.
Lei, nonostante quello di Cumpà fosse un interesse molesto, non richiesto e gradito, non fu infastidita dalla sua conoscenza e da quelle parole e continuò divertita che quel zotico che parlava quasi solo il dialetto meridionale la corteggiasse.
“Però non sei modesto Cumpà… “Le disse:” …invece di trovarti qualche terroncella del tuo paese punti in alto… al nord.” Esclamò riferito a sé stessa.
Poi Cumpà prendendo coraggio con aria strafottente dichiarò ancora:” Tu mi piaci…!”
“Lo so!... “Rispose lei vanitosa e superba: “Non ho dubbi che ti piaccio e non sei l’unico, ma ti puoi scordare di me…” Ripetendo:” … te la puoi scordare Cristina. La puoi solo sognare una ragazza come me…”
E lui di rimando incattivito dalle sue risposte canzonatorie e perfide affermò:
“Mi piaci perché sei stronza, altezzosa. Sei da domare, ma io ti domerò! Ti farò diventare la mia femmina…”
Lei accennò una forma di sorriso di scherno muovendo appena le labbra senza nemmeno guardarlo:
“Tu sei matto! “Replicò:” Ora vai…va… se no glielo dico davvero al mio ragazzo…”
A quel punto fermandosi e lasciandola andare avanti da sola, Cumpà continuò mentre si allontanava e noi dietro di lui lo guardavamo. “Non mi fa paura il tuo ragazzo… e un giorno tu sarai la mia femmina.” Le ripeté…
Nei giorni seguenti, non perse occasione e quando la vedeva sola o con le amiche continuò a importunarla, facendole mandare in spiaggia anche dei fiori raccolti nei campi vicino alla demolizione d’auto dove lavorava da un ragazzo dei nostri di nome Totò. Lei in preda alla vanità, divertita, con un sorriso li mostrò alla compagnia dicendo a tutti compiaciuta dell’atto, che glieli aveva mandato lo zulù, (come lo chiamavano loro oramai), il capo branco dei randagi e che anche lui aveva perso la testa per lei.
Li mostrò anche a Giulio, che in uno scatto di rabbia li prese e li gettò nel cestino tra le loro risa. Era divertita, si atteggiava a fighetta desiderata, consciamente le piaceva che i ragazzi la desiderassero e corteggiassero, anche quel zulù. Le piaceva sentirsi dire che fosse la più bella di tutte le ragazze e sentirsi dire apertamente che lui la voleva anche sessualmente per poi ridere...
Il tempo scorreva, si era entrati nel mese di luglio. A Cumpà il capo del nostro gruppo lo conoscevano tutti oramai, chi con timore e chi con compassione beffeggiandolo come loro.
Cumpà con noi era sempre pronto e disponibile, ci incontravamo tutti i giorni, al pomeriggio o alla sera. Oramai il suo chiodo fisso era portare via Cristina a Giulio, falla diventare il suo trofeo, la sua femmina e ce lo diceva anche a noi che approvavamo. Anche io pur non credendoci mi facevo vedere parteggiare per lui, ma sapevo che non era possibile, lei non lo cagava nemmeno… gli parlava e la importunava, lei gli rispondeva soltanto per prenderlo in giro, beffeggiarsi, ma lui sembrava fatto di gomma alle sue parole taglienti.
Con Giulio si può dire che stavano insieme da tre anni, erano giovani fidanzatini e ogni estate la passavano assieme a sbaciucchiarsi o a litigare essendo tutte e due belli, gelosi l’uno dell’altra e vanitosi, di carattere orgoglioso e ogni volta poi facevano la pace e successe anche quell’anno.
Quando litigavano lei lo faceva ingelosire per attirarlo di più a sé e dopo un tira e molla di sguardi, gesti, canzoni dedicate, si scusavano e ritornavano insieme. Tutti sapevano che Cristina era la ragazza di Giulio e viceversa e nessuno della compagnia per amicizia e rispetto nei loro confronti ci provava o con l’uno o con l’altra, perché allora esisteva l’amicizia e il rispetto prima del corteggiamento. E mi piaceva quel riguardo che avevano per loro stessi e per gli altri.
Solo che quell’estate erano più grandi e maliziosi, avevano un anno di più e inoltre c’era Cumpà, quello zulù come lo chiamava Cristina che le stava dietro.
Quando lo incontravano al minigolf lei e Giulio o lo ignoravano o flirtavano davanti a lui come a dimostragli che si piacevano e amavano davvero e lei con l’intenzione di fargli capire che era inutile che la seguisse e importunasse. E si baciavano in bocca anche davanti a lui con intensità. Cristina non aveva occhi che per il suo Giulio e non si sarebbe mai stancata della sua compagnia, idem lui. E anche loro come gli altri del loro gruppo, guardavano Cumpà con derisione, Giulio con disprezzo e Cristina con commiserazione e pena.
Tra Giulio e Cristina come tutti gli innamorati esisteva il linguaggio dei gesti e degli occhi e dal loro movimento si poteva capire cosa stessero pensando guardandosi e coccolandosi intensamente. Era un amore pulito il loro, fresco e giovane e nella conversazione lei si concentrava unicamente su il suo Giulio.
Erano spensierati e il loro comportamento era di conseguenza.
Ciò non toglieva che Cumpà ci provasse sempre, con lei che pur commiserandolo si divertiva a provocare quel capetto e il suo branco di randagi, come avevano preso a chiamarci tutti loro su suggerimento di Cristina.
In quel periodo in genere quando non era con Giulio o al mare, era con le sue amiche a passeggiare o nel dehors del minigolf a chiacchierare e sentire musica.
Una volta facendo l’indifferente con una rivista di moto tra le mani mi sedetti nel tavolino vicino al loro, e come mi comportavo spesso fingendo di leggere ascoltavo quello che diceva la mia Cristina, perché anch’io seppur conscio dell’impossibilità di amarla ero innamorato di lei e la sentivo mia, e a differenza di Cumpà la rispettavo.
Era con le amiche e le ascoltai, facevano discussioni sulla famiglia, sugli amici, la musica e la moda di quegli anni, sugli hobby e su altri dettagli personali parlando anche di biancheria intima che indossavano tra loro, degli slip ricamati o dei primi perizomi che qualcuna aveva già acquistato, compreso Cristina, che erano ancora a vita bassa.
Anche loro come in un accordo sottointeso si divertivano a scherzare sullo zulù come chiamavano Cumpà e ogni tanto lo tiravano fuori nei loro discorsi per divagare e divertirsi, e anche quel pomeriggio avvenne.
Si divertivano a parlare di lui e Cristina lo faceva volentieri raccontando alle amiche:
“A volte quando sono sola per strada e mi vede quel Cumpà… quello zulù, mi segue…” Diceva ridendo mentre le amiche ascoltavano. “Pensate che un giorno mi ha invitato perfino a bere qualcosa al bar con lui e anche a fare un giro con lui in moto alla madonetta… Capite? Mi voleva portare lla madonetta lui...!” E risero conoscendo il sottointeso sessuale di quella richiesta, di cosa significava andare alla madonetta…” E ridevano divertite tra loro, continuando Cristina a riferire:” Dapprima ho cercato di allontanarlo non dandogli confidenza, poi vista la sua insistenza ho iniziato a trattarlo malamente. Ma non se ne andava, era sempre lì affianco a me a seguirmi, a molestarmi e continuare a parlare nella sua lingua…”
“Gli hai dato confidenza?” Chiese Patrizia.
“Ma figurati!” Rispose indignata:” È che mi faceva compassione oltre che darmi fastidio e con ironia ho iniziato a prendendolo in giro, sia per la sua perseveranza a seguirmi e molestarmi in quel modo osceno, che lui, lo zulù… chiama corteggiare…” E si misero a ridere.
“Forse tra di loro si usa così…” Disse la Stefy interrompendola ridendo e facendo ridere tutti le altre: “…. per loro corteggiare significa che le loro donne devono fare quello che dicono loro, se no le prendono a schiaffi…” E Paola ridendo divertita pronunciò:”
“Stai attenta Cry, che quel tipo lì ti vuole ciullare (chiavare)… Per questo vuole portarti alla madonetta…” E tutte scoppiarono a ridere.
E condividendo la visione delle amiche Cristina ridendo con le altre continuò dicendo:” Si… figuriamoci se mi metto con quel zulù, io ho il mio Giulio, gli ho detto chiaramente che deve stare almeno a un metro dal mio culo…” A quel punto intervenne Patrizia che era la più sensibile del gruppo:” Ma che tipo è quello lì… “Domandò:” … che corteggia una ragazza in quel modo indecente e scurrile? Non ha lo specchio a casa per guardarsi com’è... sembra un Ascaro per il suo aspetto trasandato. E poi quei suoi modi di fare e atteggiarsi a capo dei randagi. Le gnurant (ignorante) e non parla nemmeno bene l’italiano, dovrebbe andare a scuola…” E Risero ancora tutte… e si intromise ancora Ilaria dicendo: “E’ proprio uno zulù, senza il minimo rispetto delle donne con quel parlarle sboccato di quello che dice che vorrebbe fare con te. Sono parole che nessuno si permetterebbe mai di dire a una ragazza di noi in quel modo diretto e volgare. “E Ridevano di lui.
Nei giorni seguenti quando lo vedevano nel vialetto con noi, e Cristina era in gruppo con le amiche, tra di loro lo canzonavano e qualcuna diceva:
“Ehi Cry…c’è il tuo ammiratore… quello che ti vuole portare a ciullare…(chiavare) alla madonetta…” E ridevano tutte di gusto.
Al minigolf o nel vialetto, quando una ragazza di loro era girata verso Cumpà e lo guardava, poi si voltava e con gli occhi osservava l’amica ridendo apertamente. Lo prendevano in giro.
Anche Cristina si lasciava trascinare in quel beffeggiamento collettivo, lei era un po' la leader del gruppo delle amiche e doveva mostrarsi più spiritosa delle altre. A volte quando erano in compagnia tra di loro, osservandola si notava nei suoi occhi, su il suo viso, nella modulazione e cadenza della sua voce e nel linguaggio del corpo, che il suo atteggiamento in accordo con le amiche appariva come se volesse fare la stupida con lui, provocarlo, deriderlo e giocarci tutte assieme. Cristina con le amiche tendeva a mettere tutto sul piano dello scherzo.
In quell’atteggiamento e modo di fare e di comportarsi sbarazzino, da giovane ragazza vanitosa con la voglia di divertirsi, senza volerlo si crearono equivoci che non erano voluti né cercati da parte di Cristina, ma che lui interpretò nella sua testa come segnali, inviti e disponibilità nei suoi confronti, credendo di piacerle. Anche il fatto che quando era sola senza Giulio oppure era con le amiche e non lo scacciasse più come prima quando la incontrava nel viale, era un modo per divertirsi di lui e giocarci da sola o tutte assieme.
Tutto sommato pur non cagandolo lo prendeva in giro lasciandosi seguire, lasciandolo parlare e qualche volta rispondendogli anche in malo modo. E il fatto che Cristina, con tante minacce che aveva fatto nelle molestie a Cumpà, non ne aveva attuata nessuna e ancora non lo aveva detto a Giulio che era ritornato a importunarla, per lui stupidamente significava che lei ci stava e lui gli piaceva.
Ma si era tutti tranquilli, non c’era nulla da preoccuparsi anche se gli rispondeva spiritosamente, Cristina non avrebbe mai accettato la corte di un tipo come Cumpà, gli serviva solo per schernirlo, per giocarci con le amiche e far aumentare l’interesse di lui e l’attenzione degli altri su sé stessa.
Com’era nella sua indole, Cristina senza intenzione e volerlo fare, scherzando e provocandolo si pavoneggiava a farsi osservare, interpretando Cumpà quel suo guardarlo burlesco e derisorio, il mostrarsi canzonatoriamente a lui, come una simpatia, un’attrazione nei suoi confronti, ma non era così.
Senza proposito, divertendosi stupidamente con le amiche aveva iniziato senza consapevolezza e intenzione un gioco pericoloso, fatto solo con lo sguardo, che poteva avere mille significati, anche quello assurdo di seduzione.
Ma mentre tutto quello nel suo ambiente e con le amiche era preso scherzosamente e tutto scorreva normalmente, qualcuno che si chiamava Cumpà l’aveva interpretato in modo differente e tramava contro di lei.
Ogni commento e suggerimento è gradito.
Grazie.
Inviare a “dressage1@hotmail.it
I contenuti presenti sul blog "Immoralex" dei quali è autore il proprietario del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o ridistribuiti in forma parziale o totale senza previo accordo con l’autore stesso e citando sempre la fonte d’origine.
È vietata la copia e la riproduzione dei contenuti in qualsiasi modo o forma.
Copyright © 2022 Immoralex. All rights reserved