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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI  MINORI DI 18 ANNI

Note.

“Riuscirai sempre a trovarmi nelle tue parole, è là che io vivrò per te.”

Cristina.

 

 

Cap. 19 IL RICORDO.

 

Quella chiacchierata notturna con lo psicologo di turno dell’ospedale fu chiarificatrice e mi fece capire molte cose sul loro litigio e scazzottata in spiaggia, ma anche sul comportamento di Cristina e continuò a informarmi.

“Oh bene ora seguimi con attenzione perché entriamo nella fase analitica.  Quando sono iniziati i fuochi d’artificio e tutti erano corsi a vederli ed eravate restati solo voi vicino al fuoco che si stava per spegnendo, cosa successe? Che Giulio alzatosi va verso loro due, quel Cumpà e Cristina che ballavano, che poi era la sua ragazza e porgendo la mano a lei in segno di perdono, reclama la sua donna, la sua ragazza a quel tanghero che c’aveva ballato assieme, prende lei e tiene per l’altro braccio. Questa Cristina, detto da te che hai visto la scena e correggimi se sbaglio, ha un moto, un gesto di slancio per andare da Giulio il suo ex ragazzo, forse a perdonarsi entrambi come era già successo altre volte, abbracciarsi, baciarsi, fare pace, per tornare assieme e andare insieme a vedere i fuochi d’artificio. Ma…?  Ma…? Tutto a posto e regolare quello per dei ragazzi innamorati che litigano, ma come avviene in matematica c’è l’incognita che si chiama Cumpà. Cioè il problema, lui, la cui determinazione a volerla diventa la soluzione del problema stesso.”

Era interessante quell’analisi, m’aiutava a capire il comportamento di Cristina, perché aveva reagito in quel modo.

“Hai capito fino a qui Lillo?” Mi chiese, interessato non solo di informarmi, ma anche perchè comprendessi i problemi psicologici di quello che era avvenuto a loro.

“Si! Più o meno si!” Risposi, e andò avanti.

“E cosa avvenne in quel momento?!”  Esclamò facendo una pausa, guardandomi, non sapendo io cosa dire, cosa rispondere. E lui affermò:

“Un conflitto, nasce un conflitto reale e serio tra questo Cumpà e Giulio non più solo inconscio e verbale per la loro condizione sociale o etnia, ma quella volta per una donna, una femmina, per Cristina che a quel punto entrambi considerano la loro femmina. Questo accade anche a quel Cumpà, che per averci ballato e strusciato contro il cazzo sulla gonna, a ragione o torto interpreta la sua mancanza di reazione, come accondiscendenza e che per quella passività fosse sua e si contendono tutti e due Cristina. Ognuno pensando che appartenga a sé stesso, con lei stupidamente e involontariamente divertita, spettatrice e premio conteso dei due pretendenti

Non rendendosi conto della situazione che si stava creando.

Ma anzi vanitosa, inconsciamente ne era felice che due ragazzi si affrontassero per lei, pensando probabilmente che in quel modo quando si sarebbe riconciliata con il suo ragazzo Giulio, sarebbe stata tenuta maggiormente in considerazione e avrebbe avuto più egemonia su di lui. E teneva quell’atteggiamento da ragazzina stupidina che si diverte pensando che poi intanto tutto si risolve da solo, e stava al gioco di quello scontro, anzi come hai detto tu in alcuni momenti pareva promuoverlo con il suo sorriso malizioso e la sua indecisione imprevista e casuale di chi non sa da chi andare, di chi scegliere tra Giulio e Cumpà.”

Lo interruppi chiedendo:

“Vuoi dire che il fatto di non scegliere e restare così in standby non era solo un gioco per lei?”

“Forse all’inizio si, lo era, e probabilmente aveva anche l’intenzione di intervenire ad un certo punto e di rimettere le cose a posto, visto che era per lei che litigavano. Ma poi in seguito come mi hai raccontato e vedremo, durante quel litigio subentrarono altri meccanismi psicologici da rendere problematica la scelta sui due e impedire un suo intervento reale...     

Quando Giulio le dice:< Lascia perdere questo Zulù e vieni con me!> Li ha inizio la sfida, quel confronto che inizialmente si era tenuto verbalmente e subdolo su chi dei due dovesse avere Cristina come propria ragazza. E lei immatura, forse per paura non decide e sa prendere la decisione di scegliere subito, e inconsciamente lo fa per allungare il gioco, ma ignara come detto dell’incognita Cumpà, del suo comportamento che mai pensava in quel momento che giungesse a tanto. Forse lei pensava: < Io sono mia>. Come andava tanto di moda in quei tempi di femminismo e inconsciamente attendeva divertita, come un gioco da ragazzi e di parole che si risolvesse tutto da solo e che lei poi avrebbe scelto, naturalmente Giulio. Questo dentro di lei lo sapeva già e tutto sarebbe finito con qualche parolaccia di Cumpà che sicuramente non gli interessava, ma anzi probabilmente disprezzava. E invece era un gioco d’azzardo pericoloso quello che compiva, e si sentiva arbitro che avrebbe deciso lei il vincitore, che sarebbe stato il suo Giulio, mentre invece inaspettatamente il premio che aspettava al vincitore lo avrebbe vinto Cumpà. Ripeto Lillo… probabilmente secondo me credendo, anzi essendone convinta che sarebbe ritornata con Giulio, che sarebbe stato lui il vincitore, perché nella sua mente lo avrebbe decretato lei chi avrebbe vinto e chi avrebbe scelto.”

“Invece no...” Dissi io.

“Esatto, invece no… non andò così come pensava lei, e attendendo che si risolvesse tutto da solo, con lei che in quel gioco avrebbe decretato il vincente e quindi scelto, lasciava che le cose proseguissero cosi. In quel modo! E quando Giulio riprovò ancora a prenderla allungando il braccio e Cumpà lo bloccò girandola verso sé e baciandola in bocca, accese la scintilla che diede fuoco alle polveri, con quella discussione verbale ed esclamazione di Giulio:

< Come ti permetti di baciarla?>

Mentre Cumpà sfidandolo ripeteva convinto a Giulio, ma soprattutto a lei come se oramai fosse uno stato di fatto:” < È la mia femmina ora!> Lo psicologo fece una pausa, si accese una sigaretta e in quella notte chiarificatrice per me proseguì:

“A quel punto come mi hai raccontato tu, Giulio geloso perse il controllo di sé e gli urlò:

< Tua femmina un cazzo…. Come ti sei permesso a toccarla con le tue mani sudice ballando?! > E quel Cumpà pronto allo scontro con la sua faccia da provocazione com’era nel suo stile, alzava sempre più il livello della sfida minacciando chiaro nel suo italiano dialettale cosa volesse farle: 

< Io me la prendo. È la mia femmina ora… la porto via e me la fotto! (chiavo…!)> Pronunciò. E fu una dichiarazione di guerra che ebbe l’effetto di una bomba. Minacciava apertamente di portarsela via e chiavarla e lo diceva davanti a lui, il suo ragazzo litigato, ma soprattutto davanti a lei, che non rispose a quella frase ingiuriosa probabilmente perché inaspettata, sorpresa e smarrita. E Giulio sentendola, diede via alla colluttazione colpendolo con pugni e calci e Cumpà reagiva, mentre Cristina incredula e spaventata di quello che accadeva, sorpresa e smarrita, senza più ridere stupidamente, assisteva a quello scontro fisico per lei. Oramai incapace di intervenire.”

“Perché dici oramai incapace di intervenire?” Gli domandai.

“Perché credo che psicologicamente solo in quel momento, quando si è resa conto che litigavano, si scontravano, praticamente combattevano per lei e Giulio soccombeva sotto i pugni di quel Cumpà, più forte e aggressivo, che gli storceva anche il braccio mostrandogli il coltello, minacciandolo e umiliandolo facendogli dire: <Si…sì… basta…. è la tua femmina... è la tua femmina!> Lasciandolo poi sulla spiaggia sconfitto e piangente, credo che lì si sia resa conto del pericolo e di quello che aveva combinato, chiedendo anche a te di intervenire e dividerli. Ma oramai era troppo tardi…Quel tirare fuori il coltello da parte di Cumpà fu un salto di qualità, portò il livello dei loro litigi da semplici scazzottate a veri e propri atti di prepotenza e delinquenza. 

Penso che li, in quel frangente Cristina abbia capito la gravita di quello che aveva compiuto e stava accadendo e al termine si sia sentita pentita, persa da Giulio e vinta da Cumpà, un mezzo delinquente pronto a tirare fuori il coltello.  E anche tu come lei non sei intervenuto, perché?”

Mi chiese.

“Io avevo paura di Cumpà, era furioso, lo vedeva anche Cristina e avevo paura che si rigirasse contro di me…”

“Vedi? Avevate tutti e due paure di quel Cumpà, e forse avete fatto bene perché in quel momento sarebbe stato capace di tutto.”

“Ma lei, perché si è lasciata trascinare via da lui?” Domandai.

“I due contendenti avevano combattuto, Giulio aveva perso e l’aveva offesa e rifiutata sotto la pressione di Cumpà di fargli male e dire:< “Tienitela… tienitela pure quella stronza… Non so che farmene…>. E lei incredula che Giulio dicesse quelle parole su di lei chiamandola anche < Stronza> si sentiva agitata e preda del vincitore, ma soprattutto delusa che lui ammettesse la sconfitta davanti a lei praticamente cedendogliela realmente e inveendole contro.”  Lo psicologo fece una pausa proseguendo boccheggiando la sigaretta e poi riprese:

“A quel punto il dramma si era consumato, come in una tragedia greca, mentre lei ancora cercava di realizzare l’accaduto, Cumpà la prese per mano e la tirò a sé facendole percepire il suo dominio e autorità perché vincitore di Giulio, il suo ragazzo e quindi che le apparteneva. Dicendole:

< Tu ora sei mia!> 

E a Giulio chinato sulla sabbia umiliandolo di più: < Ora me la vado a fottere! (chiavare!)>

Dicendo chiaro cosa volesse fare con lei, quella Cristina quella sera. Chiavarla.

E lei sicuramente incredula e smarrita, passiva e impotente assistette come te a tutto, e si lasciò tirare da lui per il braccio, come assente, seguendolo involontariamente fino alla moto. Il trofeo, la femmina, la milanese Cristina in quella scazzottata era stata vinta da Cumpà, che ora e se la portava via.”

“Si… va bene! ma perché lei non ha fatto nulla, non ha provato a resistere, a gridare, c’ero io, altra gente sul lungomare, invece non ha detto niente e si è lasciata trascinare!”

Lei probabilmente in quel contesto e situazione si sentì smarrita e confusa. Smarrita perché si trovava in una situazione che non aveva prevista, improvvisa, fuori dallo schema mentale che si era costruita sulla fine di quello che era successo, e confusa perché non sapeva cosa fare, come reagire. Mentalmente da quello che era accaduto si sentiva conquistata da quel Cumpà che aveva ripetuto più volte che lei era sua e che l’avrebbe portata a chiavare, ma mai avrebbe pensato che quella situazione potesse avverarsi, ed intimorita da lui dopo l’aggressività e la violenza che aveva avuto su Giulio. Certamente considerava che potesse minacciare anche lei, anche se non lo ha mai fatto e fu presa alla sprovvista, si sentì impotente e confusa e sentendosi tirare per il braccio da lui, lo seguì. Mentre Giulio sconfitto in preda alla rabbia e al rancore inveiva contro di lei mentre si allontanavano e gli urlava:

<Tienitela pure quella stronza… chiavala pure…” E poi rivolgendosi a lei:” … Vai… vai pure troia a farti chiavare da quello zulù!>

Come hai detto di aver sentito tu, l’aveva chiamata anche troia. E nella testa di Cristina in quel momento ci doveva essere smarrimento, spavento, sbigottimento in quel gioco sfuggitole di mano. “

“Si, infatti sembrava assente in quel momento, lo ricordo bene…” Dissi io. E lui seguitò:

“Poi Giulio in silenzio si alzò e se ne andò sconfitto, umiliato, vergognandosi di sé stesso, di aver perso la sua ragazza con lui…un terrone.”

Lo interruppi ancora mormorando:

“Si la fortuna di Cumpà, nella disgrazia di quello che avvenne fu che non c’era nessuno quando successe tutto… a parte me che ero il più giovane e avevo paura, e lui ebbe gioco facile con loro. E comunque mi dispiacque molto che era finita in quel modo per Giulio… in fin dei conti lo ammiravo, erano una bella coppia insieme lui e Cristina.”

“Si per loro sfortuna non c’erano i loro amici ma solo tu, se no anche se per Giulio sarebbe stato umiliante e disonorevole prenderle da Cumpà, certamente qualcuno sarebbe intervenuto dei suoi amici o amiche, avrebbero gridato e a Cristina non se la sarebbe portata via in quel modo. Sarebbero intervenuti a fermarlo a proteggerla. Invece Giulio se ne è andato via quasi scappando, piangendo.”   Fece una pausa boccheggiando ancora fumo, proseguendo:   

“Ma torniamo a Cristina, al suo comportamento. Lei nonostante tutto, che Cumpà non le piacesse fisicamente, non fosse il suo tipo e che fosse uno zulù come lo chiamavano loro, si sentiva non attratta, ma inconsciamente conquistata da lui, che è diverso. Nel suo immaginario inconscio, giovanile e forse fiabesco, il principe nero (Cumpà), aveva combattuto per lei, aveva picchiato e vinto il suo ragazzo, il principe azzurro (Giulio), e si era presa a lei (Cristina)….  E tu dici che come aveva sempre detto, l’ha portata via a chiavare davvero in quella madonetta e che là, la sverginata?”

“Così aveva raccontato lui quella mattina. Ma poi ho constatato che era tutto vero quello che mi aveva detto.”

“C’è da crederci visto quello che ha fatto dopo e che tu mi hai raccontato.” Disse il mio collega psicologo, preso e interessato anche lui di fare quell’analisi sul comportamento di noi ragazzi su quello che era accaduto, ma soprattutto su Cristina.

“Ma perché lei si è lasciata chiavare e sverginare da lui…? Non lo capisco… non aveva mai fatto sesso, sapeva di essere vergine e mi viene difficile ammettere che fu consenziente. Essere sverginate è una cosa seria, oggi magari no, ma allora per una ragazza era un valore la purezza da dare al ragazzo che si ama, che si sposa. Poteva gridare, scappare…”

“Ma non l’ha fatto…” Mi interruppe lui:” … capisco che sia difficile da comprendere, ma fu certamente consensuale la sua deflorazione a quel primo rapporto sessuale, come lo fu poi con i seguenti, forse per paura di lui, del luogo, forse non immaginava che sarebbe giunto a tanto e quando si ci è trovata lo ha lasciato fare. Probabilmente perché inconsapevolmente confusa l’accettava, inconsciamente sapeva che quello era il prezzo che doveva pagare al suo vincitore e forse può essere che in quello smarrimento, in quella situazione, nel suo inconscio desiderasse che accadesse, visto che non era la prima volta che questo Cumpà le diceva che voleva portarla alla madonetta e chiavarla. La psiche umana e strana Lillo, a volte ci fa desiderare quello che odiamo e disprezziamo e viceversa. E noi non sappiamo come vivesse dentro di lei quella richiesta, se con turbamento o con disgusto. Pur rifiutandola pubblicamente quando glielo proponeva scherzando nel viale davanti alle amiche, indignandosi, ma vantandosi proprio perché lui gli faceva quella proposta oscena davanti a loro, quella sera nella confusione, paura, desiderio, l’ha accettata. 

Lo stesso come non sappiamo cosa sentisse dentro quando non si è opposta mentre lui la tirava per mano sulla spiaggia per portarla via, dicendo a Giulio il suo ragazzo < la porto a fottere(chiavare) alla madonetta> Lei confusa e allibita pur non sapendo se lo avrebbe fatto veramente, si lasciò tirare, trascinare da lui, da quel Cumpà. Sapeva però che se fosse successo realmente quello che diceva, sarebbe stata la prima volta che avrebbe praticato sesso e sapeva soprattutto che era vergine, ma si è lasciata trascinare. Forse in quel momento che lui in quel luogo glielo ha proposto risoluto era spaventata, smarrita, intontita, ma può essere anche che fosse eccitata da tutto quello che era accaduto, che l’adrenalina in quella mistura di emotività, di timore e eccitazione fosse alle stelle e semplicemente non ha opposto resistenza e lo ha lasciato fare. Chissà forse credendo che si sarebbe fermato, che diceva così per dire, ma l’avrebbe rispettata come Giulio. Invece l’ha deflorata davvero.”

“Va bene! Ma poi perché ha continuato a frequentarlo? Ben sapendo che non le piaceva?” Domandai.

“Probabilmente fare sesso la prima volta con lui le era piaciuto, aveva scoperto qualcosa di nuovo, ed essendo il primo ragazzo con cui aveva praticato sesso e l’aveva deflorata, emotivamente si sentiva attratta e sua carnalmente.”

“Quindi lei dopo il rapporto sessuale si sentiva di appartenere anche carnalmente a Cumpà? Lo sentiva come il suo ragazzo, il suo uomo? Lui l’aveva sverginata e ora era lei si sentiva la sua femmina? “

“Si!... Si sentiva conquistata, soggiogata e usurpata, e si era accettata in quel ruolo dapprima inconsciamente e in seguito consciamente.  

Ora noi sappiamo i particolari di cosa avvenne davvero quella sera quando andarono via in moto, perché quel Cumpà te li ha raccontati e quindi da quello si evince che probabilmente lui la dominava, l’aveva sopraffatta psicologicamente rendendola una vincita, un trofeo e una vittima di sé stessa e di lui. E quella sera quella Cristina ha vissuto una sequela di stati emotivi interiori a lei. 

Prima l’incredulità di quello che accadeva e lo stupore che tutto quello che avveniva fosse per lei e soprattutto per causa sua. Poi la responsabilità della sfida, che loro due si scontravano sempre per lei. Poi la delusione, i sensi di colpa e il rimorso quando Giulio in contrasto con le sue aspettative perse e venne picchiato davanti a lei da Cumpà, umiliandolo e facendole dire basta. E ancora la reazione di lui che la lasciata a Cumpà, rinunciando a lei offendendola e si è sentita preda e bottino conquistato da Cumpà, tanto da non reagire e lasciarsi trascinare via.  E quella è stata la prima parte psicologica di assoggettamento se vogliamo, che ha inciso su di lei. La seconda è accaduta quando si è sentita posseduta sessualmente, sverginata fisicamente, ma anche psicologicamente da lui e chiavata per la prima volta in vita sua, probabilmente godendo e partecipando a quel rapporto sessuale. Sentendo quel zulù di Cumpà come suo nuovo dominatore e ragazzo, e non solo fisicamente ma anche emotivamente e nei giorni seguenti nella sua mente si è formata una trasformazione psicologica, con un meccanismo di accettazione e di rassegnazione del proprio passato con Giulio sentendosi definitivamente di quel Cumpà.” 

“Si ma scusa? ...” Lo interruppi:” … Che tipo di rapporto si era instaurato tra loro?”

“Lei probabilmente dopo il rapporto sessuale con lui e provando per la prima volta un piacere sconosciuto e nuovo, ha iniziato a vivere una situazione di richiamo verso lui. In fondo Cumpà era un leader, un capo, lo temevano, aveva battuto Giulio il suo ex ragazzo e lei ora era la sua femmina e lui ci faceva sesso con lei giornalmente, cosa da quello che mi hai detto che non aveva mai fatto Giulio se non baci e ditalini e probabilmente a Cristina dopo averlo scoperto, le piaceva fare sesso con Cumpà. È da tenere presente che le donne in un rapporto sessuale non è come noi uomini, loro vengono e si sentono coinvolte anche emotivamente. E accettandolo e accettandosi con lui, aveva accettato anche la rinuncia alla fuga da lui, pur avendone la possibilità, perché sentiva di appartenergli psicologicamente e sessualmente le piaceva restare e fare sesso con lui. 

Può sembrare strano ma è così, rifiutando i consigli da amiche e amici, sentendosi attratta anche se la maltrattava, iniziò a compiacerlo nei comportamenti che lo soddisfacevano e in quello che gli diceva di compiere, sottomettendosi volontariamente al volere del sopraffattore, in quel caso quel Cumpà, rifiutando di reagire.”

“Quindi è stato questo il meccanismo che la tenuta legata a lui anche se la maltrattava, la offendeva e umiliava?”

“Verosimilmente si… un mix emotivo di attrazione, piacere, repulsione e anche paura di lui, visto che mi dicevi che a volte le tirava i capelli e le aveva dato qualche schiaffo.”

“Si qualche volta lo faceva.” Risposi:” E lei si teneva lo schiaffo, gli faceva il muso e poi tornava come prima.”

“Certamente quel comportamento dipendeva anche dalla personalità di questa Cristina, insicura nonostante l’atteggiamento spavaldo. Lei essendo giovane, ragazza certamente aveva una personalità fragile, influenzabile, da soccombere facilmente, iniziando a cercare protezione e sviluppando un attaccamento psicologico sottomissivo verso di lui. Continuando, a giustificare le motivazioni che lo spingevano a comportarsi così su di lei. 

La <Sindrome di Stoccolma> non deriva da una scelta razionale, bensì come un riflesso automatico di una condizione e comportamento. “Disse.

Fece una pausa e riprese senza che io gli dicessi nulla.

“Probabilmente quella Cristina in quel periodo aveva l’incapacità percepita o reale di non fuggire dalla situazione. Lui poteva usare brutalità, minaccia o gentilezza, il suo scopo di averla come femmina non era di amarla, ma possederla, mostrare a tutti quanto fossero puttane le milanesi e che lui si era preso la ragazza di quello che era considerato un capo dall’altra compagnia e anche un buon partito da tutti.” 

“Visto quello che mi hai detto, non credo nemmeno che lei lo amasse… Nel suo caso io parlerei di completa dipendenza affettiva ed emotiva. Il partner forte, Cumpà in questo caso, non obbligava fisicamente Cristina a restare con lui, ma attraverso una più o meno conscia guerra psicologica la annichiliva a tal punto da pensare lei di esistere soltanto in quella relazione con lui.” 

Non sappiamo perché non intervenne, perché non scelse, ma la psicologia ci insegna che forse fu per paura di sbagliare, di prendere una decisione, avere l’ansia di non essere all’altezza di fare quella scelta di responsabilità, di decidere da sola.

Sarà stata agitata come avviene in tutti quei casi che bisogna prendere decisioni affrettate, e avrà avuto anche manifestazioni fisiologiche a quel suo non ribellarsi, come l’aumento del battito cardiaco, del ritmo respiratorio, sudorazione.

Avrà avuto l’angoscia della scelta e il senso di impotenza del decidere, sorprendendosi lei stessa in quella esitazione che la costringeva ad assumersi la responsabilità di una decisione critica, dove lei avrebbe solo dovuto scegliere ed eseguire.”

Lo interruppi:” Scusa, ma lei avrebbe dovuto solo scegliere e doveva scegliere Giulio, il suo amore.”

Sorrise:” Può accadere che una persona anche dopo essere giunta a una decisione agisca diversamente seguendo le proprie sensazioni invece che l’esito dei propri ragionamenti”

“Cioè? ...” Domandai:” … Le sue emozioni non erano per Giulio?”

“Senz’altro, probabilmente sì in un contesto normale, ma quello non lo era. Con la mente era come se esplorasse la condizione di dover decidere tra loro due, un dubbio che non avrebbe nemmeno dovuto avere…”

“Per l’amore a Giulio?” Lo interruppi.

“Si! …E invece si trovava in un limbo.”

E domandai ancora:” Scusa, cosa sarebbe successo se lei davanti a Cumpà avesse difeso e scelto Giulio? Che non dimentichiamolo in quel momento erano litigati e non si parlavano, ma erano sempre fidanzati.”

Fece una pausa e un sorriso:

” Dal tipo che mi hai descritto quel Cumpà, penso che avrebbe preso a schiaffi anche lei… e in quel momento la paura fisica era una variante inconscia che le impediva di scegliere, ed in quella condizione ebbero il sopravvento assieme al timore, altri meccanismi che la fecero esitare. Ma nello stesso tempo non voleva chiudere con Giulio, con il suo passato, in fin dei conti si amavano. “ 

“E va bene... ma ci sarà stato un sistema per uscire da quella situazione?” Dissi io:” So che poi alla fine quando è ritornata a Milano, nonostante lui la cercasse, si sono lasciati.”

“Per poter uscire da quella condizione e particolarità della Sindrome di Stoccolma è necessaria una presa di coscienza della propria situazione interiore, emotiva e psicologica, che è un passo fondamentale per potere farsi aiutare a riacquistare la propria fiducia in sé stessi, la libertà e indipendenza, oltre una maggiore lucidità. 

Probabilmente lei non aveva capacità di confidare nelle proprie qualità, nell’abilità a tutelarsi o porre rimedio da sola a quello che stava avvenendo, in quell’ambiente vacanziero, fuori dal suo ambiente che era a Milano. 

Dentro di lei si era formato un meccanismo psicologico che si potrebbe definire a responsabilità limitata. Rimanere nell’indecisione di quei momenti le comportava stress, ma anche il vantaggio psicologico di non scegliere per esempio, un meccanismo di difesa dettato da bisogni inconsci.

E allora si saranno formati in lei i meccanismi di difesa del non scegliere, la fuga mentale esplicata nello smarrimento. La frustrazione di non esserne in grado di reagire e, di non saper reggere i momenti di difficoltà, il senso di sconfitta e inadeguatezza che la portavano all’assoggettamento.

Lei si deve essere resa conto che lui, quel Cumpà, non era il tipo per lei, solo quando è rientrata nel suo ambiente, nella sua città, riflettendo e confidandosi e visto che lui come mi hai detto l’aveva seguita fino a Milano e la tormentava che la voleva, capì che non era più come essere in vacanza al mare e andare a fare sesso con lui. Ora nel suo ambiente era una ragazza per bene, acculturata, intelligente e ritrovò tutte quelle sue qualità che aveva soppresso, e trovò il coraggio di parlarne a qualcuno che la molestava, le amiche e forse proprio alla mamma… E siccome i genitori, amici e parenti in queste situazioni psicologiche giocano un ruolo delicato, nel suo habitat milanese, sono stati di supporto a saperla ascoltare, consigliare e supportarla nella sua scelta. “Fece una pausa e aggiunse:” Ecco… quella volta scelse, quello che non aveva fatto alla spiaggia quella sera lo fece a Milano… se lo avesse fatto prima del pestaggio, probabilmente sarebbe restata con quel Giulio.”  Si fermò spegnendo la sigaretta.

“Hai capito?” Mi chiese.

“Si!” Risposi annuendo con il capo e lui proseguì.

“Con quel Cumpà, nei momenti che era con lui, era come se in lei si manifestasse la depersonalizzazione di com’era prima, era come se non fosse lei.

E anche dopo quello successo a Milano, con lui allontanato dai carabinieri, probabilmente viveva una vita diversa, con quell’esperienza estiva era stata segnata per tutta la vita, era cresciuta, si era voluta, era diventata donna e adulta ed era finita l’età del disincanto, del tutto bello e felice. 

Viveva con la sua compagnia, nella sua città, rideva, scherzava, percepiva suoni, colori e forme, con esperienze tattili, profumi, corteggiamenti di altri e nuovi ragazzi e rapporti sessuali, ma certamente le sembrava che quelle impressioni ed emozioni che gli aveva dato Cumpà non attecchivano e non la coinvolgevano in più. 

Anche se sicuramente era restata marchiata da quella relazione con quel Cumpà, anche se continuava ad avere dei ricordi belli del suo passato, di Giulio, delle amiche, della compagnia, ma le sembrava che il passato le fosse sfuggito da dentro, che quello che ricordava non fosse più il suo. Probabilmente continuava a pensare, ragionare, agire ed essere mossa dagli affetti per chi gli era attorno, ma le sembrava di non essere più lei a pensare, a ragionare, ad agire, ma la ragazza per bene. Ti sottolineo <le sembrava> in quel momento, ma non riusciva a osservarsi com’era, si era disincantata sulla vita e il sesso. 

In psicologia si dice che il folle, per cessare di esserlo, non ha bisogno che di sapere di esserlo.

Così lei, probabilmente quando si è resa conto di cosa era diventata e di non essere quella ragazza che viveva con Cumpà, è cambiata.

 

“Pensa Lillo come si potesse sentire lei quella mattina svegliandosi, non più vergine, ma posseduta carnalmente per la prima volta e resa donna per causa di un altro e non dal suo ragazzo amato con cui programmava un futuro, il matrimonio e gli piaceva vivere. Ma che in quel gioco assurdo e scellerato che lei aveva iniziato, aveva perso il suo amore Giulio nello scontro con Cumpà, praticamente lasciata da lui nella sua rabbia di perdente abbandonandola, offendendola e inveendole contro e metaforicamente cedendola a lui, Cumpà. 

Praticamente quella mattina fu come risvegliarsi da un brutto sogno che era diventato realtà e si è ritrovata in un altro mondo, nuovo, diverso, da adulti e non più in quello di prima, nel suo spensierato, fatto di sogni, capricci e frivolezze. Lei certamente non voleva che tutto quello le accadesse, e ne era spaventata, smarrita e probabilmente incredula. Avrà realizzato che la sera prima con quello zulù, nonostante lo ripugnasse, si era donata e le era piaciuto fare sesso, aveva goduto sentendosi attratta, desiderandolo sessualmente. 

Si sarà chiesta:< Ora che faccio? A chi mi rivolgo? Con chi posso parlarne?>

Ma la risposta in quel momento in vacanza era:< Nessuno>. Si sarà sentita sola e lo era…  quindi l’unica sua sponda era quella nuova che le offriva Cumpà.  

Nella sua mente c’era il crollo di tutto quello che viveva prima da ragazzina frivola e viziata, una parte del suo passato veniva sostituito dal nuovo, da quello che aveva davanti, dall’essere ormai donna sessualmente, conoscendo le posizioni sessuali dall’unica persona con cui poteva parlare in quel momento, da Cumpà e adattarsi a quella nuova vita.

Psicologicamente a 18 anni era smarrita con quel tipo che aveva sempre disprezzato e deriso, ma suo malgrado era un punto di riferimento, un suo nuovo ragazzo con cui poter parlare e quindi non era più sola. E poi lui era un capo, un leader che poteva guidarla e aiutarla, in poche parole detto volgarmente che la comandasse a essere la femmina di un capetto, anche se solo di una banda di ragazzi… era la proiezione che faceva di lui che prendeva all’interno del suo IO. Trovandosi in uno stato sospeso, tra attrazione e repulsione, amore e odio… verso di lui e quell’ambiente che non le apparteneva.

In lui vedeva la figura del dominatore, del capo, di un guerriero che nonostante la maltrattasse e sottomettesse le dava uno status sociale anche se diverso da quello di prima. Non più ragazza del più bel giovane della spiaggia, ma femmina di un capo, accettando maltrattamenti, umiliazioni e abusi da lui, sentendosi attratta e respinta forse per la prima volta da un ragazzo e in un certo senso, sotto qualche forma amandolo. Non nei canoni normali come prima con Giulio, con dolcezza e romanticismo, ma brutalità e imposizione, ma in quel momento era il suo maschio e lei la sua femmina…”

“Capisco…” Risposi.

“Sono stato chiaro?” Domandò sorridendomi.

“Si… sì, certo!” Ribattei con uno sguardo triste.

“E comunque non pensarci più, sono fatti successi quarant’anni fa…” Disse alzandosi chiamato da un altro collega.

Mi aveva fatto un’analisi psicologica degli avvenimenti, di noi e di Cristina, dei perché e per come. Avevo capito meglio, ma io comunque continuavo a pensarla. 

Scaricai dal pc e da facebook tutte le sue foto postate, anche se ormai sessantenne, matura, leggermente formosa ma sempre bellissima e non più ragazzina svampita, ma gran signora di classe. E una in particolare mi ha colpì e guardo spesso, è una fotografia presa durante una conferenza di lavoro, dove lei ormai giunonica, con un vestito rosso del suo colore preferito, a strisce incrociate e fiori bianchi. Senza più i lunghi capelli biondi castano che le arrivano al seno, ma capelli a caschetto, bianco cenere, gonfi con la riga di lato, le labbra rosse come l’abito e gli orecchini pendenti in pendant con il grosso anello di corallo rosso al dito medio della mano sinistra. E dietro a grandi occhiali scuri come quelli che portava da ragazza, sembra guardarmi. E rivedo le sue espressioni sul viso e il sorriso indecifrabile uguali a quelle di tanti anni fa e immagino il suo sguardo dietro le lenti scure che mi osserva e pare voglia dirmi qualcosa, parole dolci nella mia mente, che ogni volta che la guardo e riguardo invento. Forse sono ancora innamorato di lei. 

Non passa giorno che pensi a lei e guardi le sue fotografie di signora matura, che mi immagini a giocare mentalmente pensando che siamo insieme…  e che mi bacia.

Chissà forse un giorno troverò il coraggio e la forza di andarla a trovarla a Milano, presentarmi e dirle:” Ciao Cry, sono Lillino, ti ricordi ancora di me?”

E chissà se si ricorderà o mi avrà cancellato assieme al suo passato? Oppure come diceva mia sorella, mi riconoscerà ma non mi cagherà nemmeno, fingerà di non ricordare o peggio di conoscermi. Comunque sarà, io la ricorderò sempre con amore.

Lillino.

 

 

 

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