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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

“Mentre lui le insegnava a fare l’amore, lei gli insegnava ad amare…”

(Fabrizio De André).

 

 

CAP. 12 NUDA NEL BOSCO 

 

Così quel giovedì pomeriggio, tutti d’accordo ed esaltati di poter vedere Cristina nuda e chiavata da Cumpà arrivammo alla madonetta prima di loro e occultate i motorini distanti e tra gli arbusti, ci cercammo un posto riparato e un po' ce lo costruimmo spezzando e tagliando rami mettendoli davanti a noi per poter osservare attentamente e bene e non essere visti. E ci posizionammo ben nascosti fra la vegetazione, ognuno in un punto stabilito ma vicini tra noi e attendemmo che arrivassero.

A un certo punto sentimmo il rumore di un Satan smarmittato avvicinarsi, era Cumpà, lo vedemmo prendere il sentiero che portava alla radura e a noi e dietro a lui, abbracciata c’era davvero lei, Cristina che lo stringeva per la vita. Si fermarono nella piccola radura nascosta davanti a noi, circondata da rami e cespugli, spense il motore, scesero e messo la moto sul cavalletto camminarono parlottando tra loro.

Noi eravamo già ben nascosti mimetizzati da arbusti, rami e verde, tra il canto delle cicale e degli uccellini, senza il timore di essere visti, solo lui sapeva che c’eravamo e guardandosi attorno anche se nascosti ci individuò quasi subito.

Cristina indossava una minigonna di jeans sfilacciata al margine inferiore che le arrivava oltre la metà superiore della coscia, tenuta su da una cintura larga di tela blu e una canotta a top aderente che lasciava libere le braccia e metteva posteriormente in mostra la parte superiore della schiena coperta dai lunghi capelli e davanti aderiva al suo seno delineandone la forma e il volume, con al centro il segno dei giovani capezzoli che spingevano sul tessuto. Aveva sulla spalla la sua borsa da mare di raffia con tutte le sue cose. Zoccoli alti di tela con zeppa unica ai piedi. Sul viso il trucco e i suoi occhialoni grandi con le lenti rosse.

Dopo aver parlato un po' tra di loro, lui la prese, la tirò a sé baciandola in bocca ricambiato da lei e restando a limonarsi per molti secondi, Era la prima volta che li vedevo realmente insieme e non potevo crederci che fosse lei Cristina a baciarlo, ma purtroppo era tutto vero.

Lui quasi subito appena staccatosi dal baciarla esclamò come se fosse un comando:

“Spogliati!... Levati tutto e resta nuda!” 

E si mise ad aiutarla prendendo e togliendole i manici della borsa dalla spalla, facendoli scorrere lungo il braccio e posandola per terra.

“Ma che vuoi fare Cumpà?” Chiese lei con il sorriso e la sua voce dolce.

Anche lei lo chiamava Cumpà, come noi e non amore come a Giulio o Tano il suo vero nome e questo la diceva lunga sul tipo di rapporto che avevano.

“Oggi voglio vederti interamente nuda quanto sei bella ... Voglio vederti completamente nuda prima di fotterti! Chiavarti!” Precisò.

“Nuda completamente!? … E ma se arriva qualcuno mi vede?!” Pronunciò Cristina.

“Qui non arriva nessuno, siamo solo noi… io, te e gli uccellini sugli alberi. Stai tranquilla, sei bella… la più bella di tutte e ti voglio ammirare nuda.” Disse.

Lei sorrise, le piacevano quelle frasi cordiali dove lui le faceva capire che la desiderava, quelle gentilezze rare dette da Cumpà che era sempre scontroso e scorbutico.

Non era proprio convinta di spogliarsi completamente nuda tra la vegetazione, era tentennante ma lui insisteva mettendola ridicolmente pur non essendo capace in poesia:

“Oltre a me ti mostri alla natura… “Diceva: “Ti guardano gli uccellini, le foglie, il sole…gli alberi…”

“Eh sì… ma ci sono anche gli insetti Cumpà…” Lo interruppe lei:” … sai che io ho paura degli insetti, le formiche, i ragnetti le api…  mi fanno schifo, pungono… ti camminano sulla pelle… Ecco guarda…  là ce n’è uno che vola, guarda come è grosso …!” Esclamò avvicinandosi a lui per farsi proteggere facendo segno con il dito a una libellula che Cumpà mandò via con il gesto della mano.

“Ma quali insetti…queste sono libellule, farfalle, vanno via da sole, hanno paura di noi… e poi sono utili non si possono ammazzare. Dagli spogliati nuda!... Non fare tutte le volte la stessa storia con sti cazzo di insetti prima di farti fottere(chiavare) …”

 “Eh… ma a me spaventano…” Replicò con la voce dolce e la cadenza milanese. 

“Su dai, che dopo ti do un po' di minchia da sugare(succhiare)” La esortò volgarmente ridendo da solo. 

Lei alla fine acconsentì alle sue insistenze e si portò al centro della piccola radura per essere lontana dai rami e quindi da eventuali animaletti fastidiosi come li chiamava lei. 

Intanto lui impaziente di mostrarcela e di farsi fare un pompino ripeteva:

“Dai su! Spogliati nuda! Ogni volta sta minchia di storia degli animaletti.” E la sollecitò ancora, mentre lei presa la borsa di rafia frugava dentro cercando qualcosa.

“Oggi ho acquistato uno spray repellente per gli insetti da dare sulla pelle …” Mormorò con voce calma.

“Cosa hai comperato?” Domandò lui.

“Uno spray repellente per gli insetti…”

Ma Cumpà a vederla perdere tempo così si scazzò e si avvicinò:

“Sempre con sta minchia di borsa che ti porti dietro sei!”  Esclamò prendendogliela dalla mano e cacciandola di lato, girandola senza volerlo con quell’atto sottosopra facendo cadere il contenuto interno sull’erba. All’interno oltre lo spray c’era un po' di tutto… pinze per capelli, pettine, rossetto e altri trucchi, sigarette HB, accendino bic monouso di plastica, un altro paio di occhiali da sole e altri oggetti prettamente femminili.”

“Ecco!... Hai visto cosa hai fatto?! Ora mi tocca raccogliere tutto. Dai Cumpà, non fare così … lo sai che dopo devo andare ai bagni, c’è mia madre che mi aspetta, se mi vede uscire senza la borsa mi fa le domande… chiede dove vado.”

“E tu digli che vieni a fottere (chiavare)con me...” Rispose spavaldo sapendo che noi ascoltavamo.

“Ehh si!!... Non posso mica…” Replicò:” … lei non sa che faccio queste cose e che vengo con te. Lei pensa che sono con le amiche.”

“Dai su… “Ripeté toccandola:” Prima ti spogli, prima ti chiavo!” Disse volgarmente e senza rispetto sorridendo.

Cristina raccolse tutto tra l’erba e rimise nella borsa che posò vicino a un albero. Aveva lo spray in mano che Cumpà le tolse e dicendo:” Fammi vedere…!” E lo spruzzò in aria per poi storcendo il naso dire:” Che odore…! Puzza di cipolla!”

“Ma no Cumpà…  non è cipolla, è odore buono un misto di geranio e di eucalipto che tiene lontano gli insetti…”

“Tutte minchiate queste cose!” Dichiarò rigettandoglielo nella borsetta:” Te le tengo lontano io gli insetti.” Esclamò continuando seccato:” Su dagli spogliati!”

 

Noi eravamo in attesa e loro erano lì, tutte e due a guardarsi, sembrava che entrambi aspettassero la mossa dell'altro per iniziare. Gli occhi di Cristina guardavano in basso e scrutavano il suo cazzo duro che spingeva dentro i pantaloni e all’improvviso iniziò a ridere guardandosi non più sorpresi da quella situazione, ma complici.

Era bella Cristina, proprio bella nella sua altezza, slanciata dagli zoccoli con la zeppa, con i capelli biondo castano lunghi e voluminosi sparsi sulla schiena e sulle spalle, e dall’espressione appariva una vaga somiglianza con sua madre, anche lei una bella donna, ma più formosa. Aveva un fisico armonioso e tonico, con l’addome dalla magrezza incavato all’interno ed uno sguardo malizioso. 

Lui si avvicinò e la baciò ricambiato e senza staccare la sua bocca da quella di Cristina, cominciò a trafficare con le mani per toglierle la canotta a top, prendendola sull’addome nella parte inferiore e tirandola su al torace, per poi staccarsi dal bacio e portarla al collo. E continuando fece passare la testa e i lunghi capelli dall’apertura e a seguire le braccia, togliendogliela, lasciandola sola con il reggiseno, gettandola sopra la borsa. Subito di seguito le slacciò la cintura della gonna a jeans sfrangiata e la calò fino alle cosce, lasciandola e per inerzia facendola cadere alle caviglie, rimanendo in reggiseno e mutandine.  Si lasciava spogliare come se fosse una bambina.

Noi sempre nascosti, senza fiatare osservavamo.

 

Cumpà si abbassò, prese la gonna ai piedi e la tolse dagli zoccoli, gettandola ritirandosi su sulla borsa di Cristina, chiedendole di togliere il reggiseno e anche il pezzo sotto, le mutandine in modo da restare completamente nuda.

Lei lo guardava, era stupita del comportamento di Cumpà, quel giorno sembrava diverso:

“Io a voi meridionali non vi capisco…” Affermò seria con la sua vocina dolce:” … certe volte vuoi che mi vesta sexy, altre no. Mi assilli sempre con la tua gelosia morbosa fino a dirmi che tipo di gonna o maglia o camicetta debba indossare, oppure le mutandine che devo mettere e le dimensioni del costume da bagno… e poi altre volte sei l’inverso.” 

“Si quando sei con me devi essere sexy e guardata da tutti. I ragazzi ti devono desiderare perché sei la mia femmina.” Rispose lui:” Quando non ci sono no, devi essere vestita. Mi devi ubbidire, devi fare quello che ti dico io, perché sei la mia femmina…” Aggiunse serio. Sembrava il tipico meridionale che diceva alla moglie come vestirsi.

“Eh sì… sono la tua femmina ma mi tratti male… “Rispose lei, aggiungendo:” E comunque sono cose sbagliate quelle lì che pensi tu. Comunque va bene se piace a te che mi guardano sexy gli altri per strada per me va bene…” Pronunciò come rassegnata.

A Cumpà non le importava nulla di lei, come se fosse solo un giocattolo e anzi, la incitava a osare, a scoprirsi di più, a mostrare sempre maggiormente le sue intimità, ad assumere inequivocabili pose da puttanella in calore anche quando era al minigolf.

In quel momento Cumpà allungò una mano e le accarezzò le mammelle, dapprima sul tessuto del reggiseno lavorato e poi, pian piano alzandolo inferiormente le infilò sotto le dita spostandolo in alto e facendole uscire fuori allo scoperto le mammelle sode e pallide, in contrasto con il resto del corpo abbronzato, con i capezzoli già turgidi e dritti al centro dell’areola rosa. L’accarezzò direttamente sulla pelle chiara fino a giungere con le dita ai capezzoli inturgiditi e proiettati verso l’esterno. Le titillò e accarezzò con i polpastrelli ruvidi, strappandole mugolii di piacere. E avvicinatosi iniziò a baciarla nuovamente in bocca, a infilare la lingua tra le sue labbra a farsela succhiare in una lunga limonata.

Anche le mani di Cristina, ormai eccitata e sempre più ansiose di sesso non stettero ferme e sbottonarono la camicia rossa di Cumpà dall’alto in basso, aprendosi un varco davanti verso il suo petto piatto e glabro che accarezzò con il palmo della mano inanellata e le unghie smaltate di rosso. 

A pochi metri osservavamo increduli trattenendo il fiato e sentivamo tutto, le risatine di lei e vedevamo le espressioni del loro volto. 

“Togliti le mutandine e il reggiseno nel modo delle spogliarelliste.” La esortò Cumpà.

“Come nella maniera delle spogliarelliste?” Domandò lei sorpresa non sapendo come si facesse.

” Devi farlo mimando uno spogliarello erotico con la bocca aperta e lo sguardo sognante come nei film, mentre con una mano ti accarezzi una tetta e con l’altra ti tocchi lo sticchiu (la figa) ... “Disse ridendo. 

“Ma io non sono capace a fare queste cose Cumpà…” Rispose.

“Dai…! “La sollecitò ancora lui continuando:” Pensa che quegli alberi e quegli arbusti davanti…” Segnando con la mano la vegetazione dove dietro eravamo nascosti noi:” … siano tutte persone, ragazzi terroni come me che ti guardano la figa, le mammelle, ti osservano e ti desiderano e tu ti devi spogliare per loro…Per mostrarti, farti ammirare” Le diceva. Incitandola ed eccitandola in quella specie di gioco peccaminoso.

“Come sei strano oggi…sei quasi poetico…”  Mormorò stupidamente Cristina sorridendo.

Ma lui proseguì:

“Su togli sti cose… sti stracci!”  Affermo toccandole il reggiseno e le mutandine con la mano.” E lei ridendo dolcemente lo fece, mimando un ballo mentale canticchiando e si muoveva sentendo crescere l’eccitazione e il desiderio dentro immaginandosi guardata davvero da estranei.  

 

Era ignara che c’eravamo veramente noi dietro ad alcuni cespugli e alla vegetazione fitta, lasciò che lui si avvicinasse e andasse dietro la schiena a sganciarle il reggiseno allargandolo, portandole le spalline ai deltoidi per poi passare davanti e sfilarglielo facendole correre sulle braccia e l’aiutò a toglierlo dalle mani lasciandola senza, esclamando:

“Su metti le tette al vento! “

Mentre sorridendo stupidamente, girandolo nella mano lo faceva volteggiare in aria, lanciandolo vicino alla borsa.

Come dicevo sopra Cristina aveva un seno molto bello, due mammelle che sembravano due arance, pallide in confronto al resto del corpo abbronzato, con capezzoli rosa sempre più turgidi dall’eccitazione di spogliarsi nuda in un luogo pubblico anche se appartato e nascosto dalla vegetazione.

Vedemmo Cumpà avvicinarsi a lei e abbassando la testa uno alla volta davanti a noi, alternandoli le prese con le labbra i capezzoli e le titillò con la lingua succhiandoli come se si allattasse, facendola gemere al punto da portare le mani sul suo capo e accarezzarglielo dolcemente. Le piaceva provare così giovane quella sensazione di suzione dell’allattamento, di sentirsi i capezzoli succhiati.”   

Noi non fiatavamo, ed eravamo increduli, Cumpà davvero la stava spogliando nuda davanti a noi e ce la mostrava senza niente addosso e qualcuno tirò giù la cerniera dei pantaloni, lo tirò fuori e se lo prese in mano iniziando a toccarsi, mentre lui superbo dopo aver succhiato un po' il seno, scese con i pollici sui fianchi, prese le mutandine per l’elastico e abbassandosi le tirò giù facendogliele scorrere lungo le cose e scendere alle ginocchia scoprendole la figa, bella, eccitante e tutta pelosa. 

Restammo tutti meravigliati sono certo che dentro di noi, tutti dicemmo:” Ooooohhhh!!!!”

Io ebbi un tuffo al cuore a vedere quella macchia bruna di peli a triangolo rovesciato tra i suoi inguini e lo confesso ebbi l’erezione anch’io. Non avevo mai vista prima una figa dal vero, se escludo qualche volta quella di mia sorella quando la spiavo cambiarsi, ma lei ce l’aveva tutta nera come la pece, mentre quella di Cristina pareva bruna, color del tabacco. Poi sempre abbassato, piegato sulle ginocchia, Cumpà le portò alle caviglie, togliendole un piede per volta, lasciandola nuda sui sandali con le zeppe. E prendendola per i fianchi la tirò con il bacino verso sé e le diede un bacio sulla figa, facendola retrarre e stringere le cosce dalla sorpresa e forse dal solletico.

“Dai… mi fai il solletico!”  Esclamò ridendo lei sentendo le sue labbra e il fiato caldo sfiorarle i peli e la vulva.

“Ti piace quando te la bacio, te la lecco ...?” Domandò.

Lei non rispose vergognandosi, sorrise ancora di più stupidamente come ad ammettere di sì, che le piaceva quando gliela leccava.

Intanto tiratosi su, anche lui si tolse la camicia e slacciò la cintura dei pantaloni lasciandoli scendere.

E qualcuno di noi eccitato dal vedere Cristina nuda sui sandali, in quel suo corpo snello, lungo e perfetto, oltre tirarlo fuori incominciò a masturbarsi.

“Io mi faccio una pugnetta con chilla buttana!” Esclamò Totò e altri lo seguirono, tirandolo fuori completamente dallo slip e menandoselo, io compreso.

 

Era nuda, completamente nuda sugli zoccoli con zeppa, il suo culetto sodo e alto con il solco intergluteo profondo sporgeva assieme ai glutei arrotondati posteriormente provocante. Anteriormente il pube con il suo cespuglio fiorente e arricciato copriva e in parte riusciva a nascondere la fessura vaginale con le grandi e piccole labbra, porta d’ingresso del piacere che le faceva provare Cumpà.  Il corpo nudo era baciato dai raggi del sole che le accarezzavano la pelle completamente evidenziando la differenza e la divisione delle parti intime con l’abbronzatura. Si vedeva il segno chiaro del bikini su il suo bel culo diafano, come intorno alla peluria del pube e degli inguini e sopra, la parte inferiore delle mammelle pallide anch’esse, e dietro sotto le scapole e i lunghi capelli si intravvedeva la linea orizzontale chiara coperta dalla stoffa del reggiseno del bikini e dello slargo della sua chiusura. 

Era molto eccitante da vedere, pareva indossasse un bikini bianco se non fosse stato per il triangolo scuro tra le gambe e le medaglie rosa delle areole e capezzoli al centro di quelle mammelle rigogliose. La parte abbronzata color ambra era molto elettrizzante e lui facendosi vedere da noi riprese ad accarezzare il seno fino a far inturgidire di più l’areola e i capezzoli, per poi scendere piano piano sull’addome con le labbra e con la lingua, fino alla lieve peluria del pube, facendole allargare le gambe e cominciando ad accarezzarla, a sfregarla con la lingua sopra i peli, leccandogliela un po'… con lei che gemeva a sentirsi succhiare il clitoride e le grandi labbra da lui.

Avevo il cazzo durissimo.

“Minchia gliela suca(succhia)… glielo sta sucando tutto lo sticchiu (la figa).” Disse sottovoce in dialetto Nofrio eccitato toccandosi anche lui il cazzo in erezione. 

 

Poi smise di leccargliela e come esaltato parlando da solo si tirò su, prese le mutandine e il reggiseno vicini alla borsa e ognuno in una mano, come bandiere con le braccia tese in alto facendoli girare in aria sventolandoli ce li mostrava come trofei, per poi rigettarli, quasi lanciarli con disprezzo sulla sua borsa e sulla minigonna di Jeans.

Prese Cristina per un braccio e girandola verso di noi incominciò a dire fingendo si parlare da solo e con la natura:

“Guardate!!... Guardate uccellini e alberi quanto è bella la mia femmina…. Guardate foglie e rami il suo corpo, la sua figa, il suo seno…” 

Quel dire “guardate” era rivolto a noi, ma lei pensava davvero che lo dicesse romanticamente scherzando rivolto alla natura e nuda solo sui sandali con le zeppe sorrideva divertita e anche compiaciuta. E ruotando su sé stessa mimando il ballare, con le natiche e il seno al vento, seguendo il braccio di Cumpà che la roteava e mostrava davanti a noi che ci masturbavamo osservandola, facendocela vedere bene da tutti i lati mentre lei ignara ridendo si esibiva, noi ci eccitavamo e la scrutavamo toccandocelo.

Non potevo credere a quello che vedevo, stavo osservando Cristina nuda, il mio amore segreto. Quante volte l’avevo sognato e ora era lì nuda davanti a me, farei  meglio a dire a noi grazie a Cumpà.

“Vieni mostrati … “La esortava Cumpà:” Lasciati guardare… fai vedere alla natura questo bello sticchieddu (fighetta) che hai, che tutti vorrebbero… e che invece ho preso solo io e dai solo a me…”

E accarezzandola sui peli della figa provocandole piacere le allargava le grandi labbra con lei che manifestava una espressione di godimento e mugolii...

“Minchiaaa!!!” Gridò all’improvviso:” Guardate foglie… che bella figa stretta e succosa ca tiene... la milanese Cristina." Mentre lei sorrideva instupidita da quel gioco esibendosi infantilmente. 

“C’ha licassi (ce la leccherei) …” Mormorò Nofrio.

“Io me la fotterei!”  Rispose sempre parlando sottovoce Totò:” Tiene una figa troppo bella anche se stretta e chiusa.”

“Ohh per questo non dovete preoccuparvi gliela allargherà bene Cumpà la figa a quella chiavainculo.” Aggiunse sottovoce Turi.  

“Pensavate mai davvero che un giorno avremmo visto Cristina nuda? Che ci avremmo visto la figa, le mammelle e il culo?” Domandò Totò.

“No mai!” Risposero gli altri sussurrando a bassa voce.

“Dobbiamo dire grazie a Cumpà che ce la mostra, che ce la fa vedere nuda e forse ce la farà vedere anche che se la chiava se restiamo zitti.”

Le sue mani ruvide in contrasto con la pelle vellutata di Cristina incominciarono a palparla ovunque, seno, sedere, figa e le sue dita ad infilarsi in ogni affranto del suo corpo, pronunciando frasi sconce e facendo battute oscene su di lei per far vedere a noi come l’aveva assoggettata. 

Lei non sapeva che stava facendo il suo gioco e che noi la spiavamo. 

Nel mentre la palpava la afferrò per una mammella e le diede uno schiaffo sul culo dall’alto in basso, di striscio da farglielo bruciare:

“Ahii!!...” Esclamò portando il sedere e i lombi in avanti come a fuggire ai successivi, mentre un altro a mano piena la colpiva ancora sul gluteo schioccando. 

“Ehh ma Cumpà che fai? ...Mi fai male, mi brucia, lo sai che ho la pelle delicata...” Dichiarò con una espressione di sofferenza mentre con la sua mano dolcemente si accarezzava la natica per lenire il bruciore.”

“Questo ti capita se non fai quello che ti dico…” Pronunciò autoritario mentre lei con il viso corrucciato torcendosi sul tronco, cercava di vedersi il gluteo arrossato intanto che se lo massaggiava.

“Mi brucia… “Esclamò immusita.

“Ti resta un po' di rossore e dopo va via.” Ribatté lui sorridendo.

“Minchia come la tratta…” Mormorò Nofrio sottovoce:” … proprio come una buttanella!”

Aggiungendo sussurrando Turi: “Bella figa…  ha una bella figa da puttanella, è un’ottima femmina!" 

Rimasi un attimo impietrito da quella scena dello sculaccione nel sedere e comunque anche se mi masturbavo e la vedevo nuda mi dispiaceva che la vedessero tutti gli altri e lui la maltrattasse così. Intuì che stava per accadere qualcosa ebbi come un sesto senso.

Difatti lui all’improvviso mormorò:” Giù!” Come se fosse un ordine e la spinse con la mano sulla spalla verso il basso e lei si piegò e inginocchio al suo comando davanti a lui, restando vulnerabile e nuda, inginocchiata sull’erba davanti a lui. Cumpà si sbottonò il pantalone alla vita e tirando giù la cerniera assieme ad essi abbassò anche lo slip facendo uscire il suo cazzo duro, oscillante, rivolto in su con la cappella e si mise bene davanti a lei prendendola per i capelli e porgendoglielo verso le labbra, dicendo in dialetto siciliano…” Suga! (Succhia!)”

Lei in viso era seria, non rideva più. Accalorata era sudata e probabilmente bagnata sulla vulva, con il suo sesso umido e ardente che si gonfiava e palpitava come le sue giovani mammelle e i capezzoli per l’emozione e l’eccitazione di quella situazione, diventarono più sporgenti e turgidi.

Non potevo credere a quello che vedevo, lei nuda, inginocchiata, sottomessa davanti a lui come se fosse il suo padrone, ad offrirgli la bocca per succhiarglielo e a noi le sue nudità nel rumore-silenzio del bosco, nella brezza lieve della natura che ci circondava. 

Cumpà la teneva ferma per la sua chioma biondo castano dicendole sempre:” Suca!” Tirandole per i capelli la testa in avanti, mentre lei si piegava innanzi a lui per raggiungere il suo cazzo con le labbra. 

Affascinata dall’asta dura di Cumpà puntata contro di lei, Cristina diede una leccata al glande divenuto ormai rosso scuro dal sangue che lo gonfiava e faceva cresceva, e poi un'altra ancora e di seguito un’altra. Probabilmente glielo aveva già fatto fare precedentemente altre volte visto che sapeva come leccarglielo.

Leccandolo dall’espressione del suo viso si capì che la cappella aveva un sapore selvatico e portando all’improvviso l’indice e il pollice sulla punta della lingua si tolse un pelo e sputò sull’erba, ma nel complesso lo trovò molto gradevole quell’odore e quel gusto sessuale, tanto che ci rimise il naso sopra e riprese a leccarlo. 

Lei stringeva con una mano l’asta di carne dura e calda passandogli repentinamente con la lingua sopra, poi smettendo di leccare si mise a succhiare l’apice del glande, sul meato urinario, prendendolo subito dopo completamente in bocca a labbra aperte, passando con le suzioni dalla dolcezza al vigore, regalando a Cumpà sensazioni paradisiache. 

“Brava!” Esclamò lui non tendendole più i capelli tesi, ma lasciandoli liberi e togliendoglieli con le dita davanti al viso, cacciandoglieli indietro sulle sue spalle per liberarlo e farci vedere meglio il volto di Cristina che lo spompinava. 

Era tutto impressionante per me.

” Stai imparando a sugare bene la minchia… vedrai che in poco tempo diventerai brava…” Le diceva continuando e accarezzandole il capo con la mano come si fa con i cani e lei ne sembrava contenta di quelle parole e quel gesto, del sentire dirsi da lui che incominciava a imparare a fare bene i pompini, nonostante il suo succhiare fosse ancora inadeguato e da principiante.

A un certo punto la spinse ancora giù appoggiando le mani sulle spalle, facendola mettere quasi a carponi, a quattro zampe, mentre succhiava e leccava la cappella del cazzo; guardando lei ogni tanto il suo amante, il suo nuovo ragazzo, il suo maschio Cumpà, dritto negli occhi dal basso verso l’alto con espressione e posizione da sottomessa.

Lui le accarezzava e frizionava i lunghi capelli, li raccoglieva tutti in una grossa coda sopra la testa che alzava mostrando la lunghezza e il suo collo giovane ed erotico, per lasciarli ricadere assieme tutto attorno sulle spalle, la schiena e il volto, coprendo il viso con l’espressione lussuriosa e gli occhi di Cristina arsi ormai dal fuoco del desiderio di peccare.

Alcuni momenti la guidava nei movimenti tenendo la sua lunga chioma attorcigliata nel pugno e le tirava in sui capelli assieme alla testa per farle uscire l’asta di carne dura dalla bocca.  Tramite i capelli con movimenti rapidi e precisi le muoveva il capo, come fossero fili di una marionetta e la chiavava in bocca.  Ogni tanto si voltava e guardava verso la nostra parte sorridendo e come noi anche lui tornava a osservava la bellezza del suo viso con le guance gonfie dal contenuto sulla sua carne dentro e i suoi splenditi lineamenti amplificati e alterati dall’espressione libidinosa e dal piacere a succhiare. 

“Suca… ciuccia…ciuccia...” Le diceva in dialetto.

Una ragazza così bella a sua completa disposizione non l’aveva mai avuta e probabilmente non l’avrebbe mai più avuta e cercava di restituirle il piacere di quel pompino allungandosi in avanti con il braccio teso e la mano sulla schiena accarezzandogliela. Portandola accarezzandola giù in fondo sul sedere, seguendo con le dita il solco gluteo fino tra la fessura vaginale e il perineo, accarezzandogliela e titillandole il clitoride.

Ci sapeva fare lui con le ragazze… sapeva farle godere non era inesperto come noi. A lui i suoi fratelli insegnavano, gli dicevano come fare, lo portavano a puttane…”

All’improvviso, posizionata con il culo verso di noi, titillandole il clitoride, infilò il dito medio nella figa facendola sussultare, ma continuando a farla succhiare. 

“Ehhh sei un lago di umori …” Esclamò forte in modo che noi sentissimo. E poi, con le dita bagnate e lubrificate dei suoi stessi umori ne infilò uno nell’ano, fino in fondo che la fece sussultare, irrigidire e stringere le natiche lasciando il glande che aveva in bocca:

“No lì no!!” Esclamò decisa.

Era ancora vergine anche lì e quel dito dentro la fece sobbalzare e vibrare di piacere e fastidio mimando lui il movimento di una masturbazione anale.

“Te lo accarezzo un poco… continua a sugare tu!”

E lentamente riprese.   

“Le sta facendo un ditalino nel culo…” Mormorò Nofrio sottovoce.

“Sta sondando l’apertura di dietro prima di farle il culo…” Sussurrò ridendo Totò. 

Il suo ano si apriva e richiudeva in un anelito di fastidio e desiderio contraendosi sul dito.”

Cristina intanto che lui curvo su di lei le faceva volgarmente quell’osceno ditalino anale, succhiava con la passione delle principianti la sua minchia e non esitava spinta da lui dietro la testa o su il sedere con l’altra mano, a infilarsi tutta la cappella in bocca.

La spingeva da dietro spingendoglielo tutto fino quasi ai coglioni, arrivando in gola, provocandogli delle sincopi nella respirazione e conati di vomito ad avere la bocca piena. 

Ma nonostante quelle reazioni lei riprendeva a succhiare con foga e dalla sua espressione sul viso pareva provare un piacere sottile, quasi fosse una lotta privata tra lei e il cazzo di Cumpà, che lui esperto sapeva trattenersi dall’eiaculazione e non lo faceva sborrare.

“Che magnifica puttanella sugaminchia che stai diventando…” Diceva piegandosi sempre in avanti con il tronco, con il braccio allungato accarezzandole la schiena giù fino ad arrivarle al culo e battendoglielo con la mano, con lei sempre semi carponi davanti a lui:

” … Succhia, succhia …… succhiami la minchia! (il cazzo!)” Ripeteva Cumpà guardando verso di noi, assestandole all’improvviso un altro schiaffo forte sul culo nudo che lo schioccò risuonò nell’aria. 

Lei a quello sculaccione spostò il sedere in avanti e raddrizzò il tronco d’istinto, ma non tolse il cazzo dalla bocca, non disse nulla.

 

Prima di venire Cumpà le sfilò il cazzo dalla bocca e l’afferrò di nuovo per i capelli e tirò su, la fece alzare in piedi sui suoi trampoli con la bocca tutta sbavata di saliva e il rossetto sciolto e irregolare intorno le labbra e il mento, e sempre tenendola per i capelli mentre lei si sfregava con la mano le ginocchia la portò e la mise in piedi contro l’albero di faggio dal grosso fusto chiaro e liscio a gambe larghe, dicendo:

“Ora ti lecco io un po' la figa…”

Si accucciò davanti a lei e iniziò a baciarle e leccarle la vulva, quasi volesse mangiarsela, divorarla prendendole i peli con i denti dentro la bocca. Si, sembrava proprio che volesse divorala quella figa ambrata. 

Come un animale inserì la lingua tra i peli e le labbra vaginali e si mise a leccare e succhiare contemporaneamente, con la bocca piena della sua carne, delle sue grandi labbra compreso il clitoride. Inserendo dentro la vagina la lingua e il naso scuotendoli e tirandoli fuori bagnati di umori di piacere, mentre lei in piedi gemeva e godeva con e dita impiantate tra i suoi capelli neri e stopposi a tenergli il capo contro.

Cumpà continuò a leccare, a bere i suoi succhi vaginali che giungevano sulla vulva e a sollecitarle il clitoride. Cristina impazziva di piacere, nuda, appoggiata con le spalle e il sedere all’albero godeva e gemeva, sembrava davvero una capretta che belava come raccontò la prima volta che l’aveva chiavata. In alcuni momenti sembrava che le mancasse l’aria dal piacere e andava in apnea alcuni secondi, per poi aprire la bocca aspirare forte muovendo il torace e rifare lunghi respiri liberatori. In preda ai fremiti Cristina mentre noi la osservavamo, venne ancora e poi ancora, senza interruzioni.

 

 

 

 

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