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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

cap. 8 il ballo in spiaggia.jpeg

VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

 

 

Note:

 

“Ballare significa confrontarsi con sé stessi. È l'arte dell'onestà. Si è completamente allo scoperto quando si balla. La propria salute fisica è allo scoperto, la propria autostima è allo scoperto. La propria salute psichica è allo scoperto, è impossibile ballare senza essere sé stessi. Quando si balla si dice la verità. Se si mente, ci si fa male.”

 

Shirley MacLaine

 

 

 

CAP.  8 IL BALLO IN SPIAGGIA.

 

Intanto che Cristina e Giulio si beccavano tra di loro, introducendo involontariamente anche Cumpà nel loro litigio, tutti gli altri si divertivano, me incluso, che pur osservandoli partecipavo alla festa.

Era fantastico sentirle cantare tutte in coro, allegre, noi compresi la canzone di Baglioni di qualche anno prima:

” …quella sua maglietta finaaa… tanto stretta al punto che mi immaginavo tuttooo…. e quell’aria da bambinaaaa… io non glielo detto mai però ci andavo pazzooo…”  sembrava davvero che non ci fosse nessuna rivalità tra noi, ed era bello così, tutti amici. A parte loro tre che continuavano a discutere.

Quella sera, per uno strano scherzo del destino, un po' per il comportamento di Cristina, un po' per casualità, non riuscivano a riallacciare tra loro due, comunque tutto lasciava presagire che si sarebbero rappacificati come era successo altre volte, anche se questa volta sarebbe stata lunga e più seria. E pur punzecchiandosi a vicenda stavano facendo uscire tutto da dentro di loro, come a sfogarsi per poi riconciliarsi.

Una volta tornati insieme sarebbe certamente stata una serata romantica, indimenticabile, da passare abbracciati a baciarsi e guardare la luna in riva al mare proprio come i due innamorati che erano.  Come dicevo era una serata speciale quella, calda, con la luna piena, tonda e luminosa che si rifletteva sul mare illuminando una strada argentata di onde lievi che  da riva portavano ad essa e che come una luce serale insieme al riverbero delle fiamme di quel piccolo falò illuminava a giorno il viso di Cristina, i suoi capelli dorati, le sue espressioni dolci e il sorriso che a ogni apertura di bocca in risposta alle battute di Giulio o Cumpà, o per mangiare i pesciolini (le acciughe) mostrava i denti regolari e bianchissimi.

Lo stesso era sentirla ridere e cantare in coro … La sua voce tra le altre si distingueva per la tonalità, e le sue risate allegre… avevano un suono e una intensità che affascinava, a me specialmente. Ed erano motivo di ammirazione anche estetica per quella creatura così dolce, così elegante e aggraziata, così dannatamente bella, sensuale ma anche stupida, vanitosa e orgogliosa che il caso quella sera aveva voluto mettere tra loro,quella bestia di Cumpà.

Mi colpiva il sorriso… Dio mio quanto era bella quella sera… la osservavo in silenzio sognandola con me. La bellezza e la vanità le facevano avere un comportamento altezzoso verso tutti, ma soprattutto verso Giulio e Cumpà, facendole dire e fare cose che probabilmente in un altro contesto non avrebbe detto e fatto. 

Vicino al fuoco a cantare appariva di una bellezza misteriosa, affascinante, attraente, sensuale, unica. E nessuno le era indifferente.

Come dicevo, capitava altre volte che litigassero, ma poi facevano la pace e tutto finiva lì, lui riusciva subito a farsi perdonare dedicandole qualche canzone alla radio libera che ascoltavano o portandole qualche fiore o musicassetta di discomusic da ballare, Cristina era il suo amore, senza di lei si sentiva perso. E io attendevo quel momento, che si riappacificassero, si abbracciassero e tornassero insieme, come se dovessi farlo io e assurdamente mi riempiva di felicità. Vivevo anch’io dentro di me quei momenti ed emozioni.

Intanto osservavo alcuni di loro alzarsi e danzare sulla spiaggia poco distante dal fuoco, Cumpà vedendoli allungò la mano e la prese per il braccio dicendo:” Stasera balli con me!?” 

“Non so vediamo!” Rispose Cristinacon distacco e malizia facendo la sostenuta e guardando Giulio che aveva cambiato espressione dello sguardo a quella confidenza che gli dava Cristina. Ed era risentito; e guardava Cumpà in modo cattivo.

“Si balli l’alligalli o il twist con lo zulù!” Sbuffò Patrizia ridendo (l’alligalli era un ballo ritmico degli anni 60 danzato da gente di colore).

“Ma che alligalli e twist … “Rispose Cumpà dimostrando di conoscerli: “Gli shake balliamo… e anche i lenti… abbracciati…” Precisò con un sorriso ironico. (Lo shake era un ballo diffuso, era facile perché non era necessario che qualcuno insegnasse a ballare, non avendo passi prestabiliti dovevamo solo muovere il corpo e soprattutto scuotere la testa ed i capelli lunghi guidati dal ritmo della musica.)

In quel periodo c’era anche il Tuca Tuca di Raffaella Carrà, ma loro, le milanesi non volevano ballarlo anche se Cumpà aveva la musicassetta. 

“Mi vuoi forse abbracciare…?” Domandò Cristina divertita e maliziosa, ma anche incoscente sapendo che Giulio poco distante la osservava e ascoltava anche se pareva distratto.

“Non solo abbracciarti… lo sai cosa ti vorrei fare…ti voglio fottere!” Pronunciò irriverente sorridente Cumpà con il suo solito linguaggio scandalizzante e osceno muovendo solo le labbra come i muti non facendo uscire nessun suono ma facendosi capire da loro che gli erano intorno e gli lessero il movimento delle labbra.  E ci fu un’altra risata collettiva, anche Cristina rise…

Giulio si alzò arrabbiato non mostrandolo e fingendo di scuotere le gambe dalla sabbia, sarcastico senza essere interpellato disse a tutte e due:

“Perché non ballate le sceneggiate o le napoletanità di Mario Merola oppur le canzoni di Claudio Villa “… o sole mio…” Invece dei lenti di Lucio battisti, di Baglioni o Umberto Tozzi?”

Lei a quella provocazione si voltò e lo guardò negli occhi, avendo capito che era una esclamazione di gelosia, e divertita non disse nulla e con disinteresse si rivoltò di nuovo verso le amiche sorridendo. Mentre Cumpà risentito e provocatorio come era rispondeva volgarmente: 

“Se vuoi alla tua ex ragazza gli insegno io a ballare il fotti fotti…!  Ehh già… ma tu non lo conosci questo ballo, non glielo hai mai fatto ballare. È come il tuca tuca di Raffaela Carrà, ma più intimo “E rise da solo seguito da qualcuno del nostro gruppo.

Tutti e due si guardarono in cagnesco, scontrosi attirando su di loro con quell’atteggiamento gli sguardi preoccupati degli altri, poi Roberto gli disse:

“Dai… lascia perdere lo zulù…”

E Patrizia si rivolse a Cristina:” Lascia perdere quel balord… Non dargli corda se no chissà cosa si crede…”

Per un attimo si guardarono negli occhi anche Giulio e Cristina e subito dopo anche lei si alzò in piedi dalla cassetta muovendo le gambe per sgranchirsi e iniziò a ballare gli Sheik da sola, vicina ad altri di loro. Praticamente la grigliata giungeva al termine e c’era il ballo e anche alcuni di noi si alzarono e si misero a ballare tra di esse, ma per conto proprio, in mezzo al gruppo, vicino alle milanesi. Lo stesso feci io che mi intrufolai e misi vicino e difronte a Cristina a ballare, mentre Nofrio si era soffermato a raccogliere i piatti, le posate e bicchieri sporchi mettendoli in un grosso sacco nero della spazzatura, e Cumpà aizzava ancora il fuoco facendolo aumentare di volume quasi come un grande falò.

La guardavo muoversi davanti o di fianco a me, aveva una postura eretta, che metteva in risalto il seno giovane e le curve femminili, emanando un alto tasso erotico di sé. Il movimento del bacino faceva svolazzare il suo gonnellino mostrando le lunghe gambe e le cosce. Si dondolava e divertiva euforica per il vino, la serata e per quei due, Giulio e Cumpà che la guardavano entrambi con desiderio. 

La lunga chioma biondo castano come le Braccia lunghe e magre erano sempre in movimento e le tirava su alte a toccarsi i capelli o a ruotarsi le mani guardandosi da sola il corpo sorridendo. Oppure le muoveva aderenti al tronco con gli avambracci in avanti e il pugno chiuso e le dondolava di lato assieme al sedere e al gonnellino che svolazzava. O ancora intanto che ballava la vedevo avvicinarsi, allungare il braccio sul vassoio, prendere una acciuga brustolita e portarsi il pesciolino come lo chiamava lei in bocca sgranocchiandolo ballando. In modo inconscio era sempre in movimento per attirare l’attenzione su di sé. 

I suoi gesti comunicavano allegria, apertura al divertimento.

Si toccava il lobo dell’orecchio e l’orecchino, lanciando sguardi attorno che esprimevano una pulsione sessuale giovanile inibita.  Lo stesso le labbra se le inumidiva tirandosele internamente in bocca una alla volta, prima la superiore e poi l’inferiore, oppure le accarezzava con l’indice mordicchiandosele e ogni tanto involontariamente le passava sopra la lingua accarezzandosele come se avesse desiderio di qualcosa che lei stessa non sapeva cosa. Era accaldata come tutti noi, tra l’afa e la vicinanza al fuoco che ardeva. Si toccava il collo o il mento sudato e il suo gioco in quel momento era di fare ingelosire Giulio.

Affianco a lei arrivò la sua amica Stefy e iniziarono vicine a ballare della discomusic e con esse  il loro gruppo di milanesi che si era formato, anche se noi, io compreso ballavamo lo stesso vicino a loro senza che ci cagassero.

 

Erano gli anni 70 ed eravamo tutti soli in spiaggia, in un luogo in cui nessun adulto o genitore in quel momento esercitava il controllo su di noi e ci sentivamo grandi e indipendenti. I milanesi anche gli adulti, ci vedevano come possibili predatori delle loro delicate e dolci femmine, figlie, sorelle o ragazze, prede indifese di noi terroni, ci vedevano un po' tutte come dei Cumpà anche se non lo eravamo.

Loro di solito le feste organizzate le facevano nelle case di qualcuno della compagnia, dove c’era sempre la presenza dei genitori che le controllava.

Il ballo in quegli anni era considerato un mezzo per conoscere e parlare. I lenti erano preferiti dai maschi perché intimi e vicini e si ci poteva toccare, gli shake erano una passione soprattutto femminile.

C’era tutta una tattica per agganciare sia che fossimo in una sala da ballo che sulla spiaggia, sia che si conoscesse la ragazza o no… e noi ci volevamo provare con loro.

Tutto partiva dallo sguardo, poi c’era il pensiero per quella persona che si desiderava, poi l’occasione e la richiesta di ballare e se accettava che si riusciva ad allacciare, anche in modo lieve, nel ballo lento c’era il contatto fisico, dove i corpi si avvicinavano e se ne sentiva il profumo e il calore, a volte creando emozioni inconsce in quella potente vicinanza che ci vibrava dentro senza dirlo a nessuno.  E nel guardarsi in viso o negli occhi alla penombra e ballare ancora, sino a quando nascosti tra la gente le mani sfioravano il corpo dell’altro, i fianchi o le spalle e si poteva arrivare a un tenero bacio con le labbra dell’uno contro l’altra. 

Nascevano così gli amori da discoteca, le attrazioni inconsce, i turbamenti, gli eccitamenti sia maschili che femminili, lo sfregarsi con il corpo e il sesso l’uno contro l’altro, senza parole, senza discorsi, sperando che ci stesse. E gli amori nascevano con uno sguardo, con una carezza sul collo o sulla schiena e un brivido di eccitazione.

 

Cristina vicino al fuoco continuava a ballare lo shake con le amiche, con le lunghe gambe sotto quel gonnellino rosa svasato che le arrivava a metà coscia e nonostante il color ambra dell’abbronzatura sulla pelle, ai riflessi del fuoco aveva un colore erotico, invitante, pieno di desiderio…. E nei suoi movimenti e svolazzamenti del leggero gonnellino sia davanti che dietro con quel si vede e non si vede, aumentava il desiderio di scoprire di più, cosa c’era oltre, e più su sotto quella stoffa rosa che svolazzava. 

 

Tra di loro all’improvviso si mise Cumpà a ballare gli shake, che visto il lavoro che avevamo fatto, come a noi non lo mandarono via ma lo lasciarono ballare sopportandolo. Lui si mise davanti a Cristina, lei sorrideva e non diceva niente, lo lasciava ballare davanti a sé guardando ogni tanto Giulio, che risedutosi sulla sabbia li osservava gelido.  

Quella era la sera che Giulio voleva fare la pace con Cristina, ma non se lo dicevano e continuavano a osservarsi con sfida. Lui era seduto vicino a Chiara che gli chiese di ballare ma non volle, non sentendosi dell’umore giusto. Erano tutti allegri, anche i suoi amici e le chiavainculo lo erano, meno che lui che era pensoso ed esitante. 

Cristina era esaltata, infervorata dalla musica e dalla serata. Fingeva di essere brilla e ballava, ma non lo era, ne aveva bevuto poco di vino, mezzo bicchiere, si che era forte il vino siciliano, ma secondo me lei ci giocava a fare un po' la ebbra per poter essere più trasgressiva e fare ingelosire di più Giulio. E facendo la stupida lasciava ballare Cumpà davanti a sé che la guardava con desiderio credendo di piacergli, senza rendersi conto che invece lo provocava e stava facendo un gioco pericoloso.

La sua condizione mentale del momento era elettrizzata, con le altre ballava, saltava, gridava, cantava e rideva, tutto davanti a Cumpà e Giulio poco distante.

Spesso alzava le sopracciglia per comunicare l’allegria e sbatteva le palpebre colorate e le ciglia giocando a fare la stupidina svampita. E senza volerlo e malizia, innocentemente invia diverse occhiate a Cumpà, anche per una frazione di secondo che lui interpretava a modo suo. Quel gesto involontario, in chi la guardava era impossibile non notarlo e nella mimica facciale allegra e seducente poteva essere interpretato in modo sbagliato, come purtroppo lo fu. 

Cumpà dava una sua interpretazione alle sue espressioni e al il suo atteggiamento frivolo, naturalmente sbagliato, ma tale che gli suscitava desiderio di lei.

Cristina era gioiosa, positiva e divertita da quello che faceva, dal modo in cui danzava davanti a Cumpà e a quello che cantava felice urlando scuotendosi tutta a braccia alte come le altre, ignara che innalzando le braccia si alzava su anche il gonnellino, mostrando la parte superiore delle cosce che Cumpà osservava con libidine. Era gioiosa anche dalla musica e dalle canzoni che la appassionavano e entusiasmavano, e ridendo, mimando le parole le cantava insieme alle altre ragazze e io contento come se fosse la mia ragazza la guardavo saltellare e l’ascoltavo gridare e cantare. Dopo una mezzoretta di balli iniziò a comportarsi in modo bizzarro, ballava e cantava in gruppo insieme al mangiacassette e osservava sempre Giulio, probabilmente pensava a lui volendogli parlare e non si sentiva a suo agio a ballare con Cumpà, quello zulù di fronte a lei che la scrutava sempre toccandosi spesso con le dita i pantaloni sopra al pene. 

Oggi posso dire che se si fosse comportata diversamente, invece che da stupidella, senza ingelosire Giulio e provocare e aizzare Cumpà, non sarebbe successo quello che è accaduto dopo, tutto si sarebbe svolto semplicemente come doveva succedere tra loro e sarebbero tornati assieme. 

Cumpà non perdeva il suo vizio di toccarsi esternamente i genitali ballando, guardandola e guardandosi attorno sorridendo. La sua era una comunicazione non verbale, volgare e provocante, di attrazione di lei e desiderio di mostrarle a modo suo quello che sentiva per lei. 

Le fissava la bocca con il rossetto vermiglio che lasciava molto alla immaginazione e le inviava fastidiosi bacini. Quando Cumpà le guarda le labbra era perché desiderava una cosa sola che lei gli facesse con esse e non era certo dargli un bacio, forse anche quello, ma voleva molto di più sessualmente… dalle sue labbra. 

Il modo di muoversi, danzare, gesticolare, cantare e urlare di Cristina attirava attenzione, era predominante sulle altre e più interessata a sé stessa e a mettersi in mostra che ballare con le amiche e Cumpà davanti.

Era contraddittoria con sé stessa e con lui, in alcuni momenti lo provocava volutamente per indispettire Giulio, in altri lo allontanava con disprezzo e disistima.

In altre circostanze, pur accaldata ed esaltata era esitante, ferma, con lo sguardo fisso verso le fiamme, come se si riflettesse in esse che la illuminavano tutta eroticamente. Non replicava alle domande che gli facevamo noi o le amiche, rispondeva evasiva, il che indicava la sua incertezza per il suo atteggiamento e il distacco dallo stato in cui era. In certi istanti appariva riflessiva, forse stava elaborando e sviluppando qualcosa dentro in lei, forse si chiedeva perché Giulio non si decidesse a parlarle. In altri appariva ridente ma non sicura, come estraniata, distante, assente, distaccata da noi e da sé stessa, come se fosse imbambolata, incantata davvero dal vino bevuto. Probabilmente in quella condizione stava semplicemente flirtando con sé stessa o con le amiche o con tutte e due e rideva stupidamente.

 

All’improvviso la musicassetta cambiò musica passando dalla discomusic ai lenti e iniziò a suonare una canzone di Baglioni. Qualcheduno di loro si avvicinò per ballarlo, lo stesso fece Cumpà che si parò davanti a Cristina prendendole la mano e dicendo:

“Questo lo balli!”

Lei non capì se era una domanda o una imposizione, comunque accettò e nonostante si sprofondasse con i piedi nella sabbia, mantenendo sempre un certo spazio tra loro lo ballarono.

Durante quel ballo Cristina, lanciava occhiate fugaci e divertite in giro, alle amiche che ridevano a vederla ballare con lo zulù e a Giulio che si tormentava a osservarla. Nel danzare creava posture e atteggiamenti equivoci anche se non voluti per via dello sprofondare sulla sabbia, tesi a creare maggior gelosia a Giulio, e fraintendimento a Cumpà. Improvvisamente avvertì scivolare il suo braccio e la sua mano sulla camicetta nella schiena tirandola di  più a lui , disapprovando  quel gesto senza però riuscire a fermarlo e a fargliela togliere, ma anzi  a un certo punto si  mise a ridere stupidamente osservata e osservando Giulio.

Lui in quel ballo improvvisato e inaspettato cercava il contatto fisico con lei, voleva strusciarglielo e farglielo sentire duro contro il pube, la sua fighetta, e provava forte trasporto e attrazione nei suoi confronti.  Era la prima volta che era così vicino a Cristina, ne avvertiva il profumo buono e intenso della pelle, l’odore stordente di femmina come lo chiamava lui e in un certo senso non le sembrava vero di averla tra le sue braccia e ballarci assieme dopo tutto quello che le aveva detto dietro e davanti.

Malizioso ballando e parlando con lei, con la mano sulla schiena muovendola la portò su lentamente a sfiorarle con le dita il collo e i capelli spostandoglieli con la scusa di osservarle gli orecchini. Oppure portava entrambe le mani sui fianchi ad accarezzarli o a premere per stringerla leggermente alla vita, tirandola a sé per cercare di avere un contatto più intimo contro lei e sfregarsi il sesso contro il suo e tutto quello davanti a Giulio che aumentava di gelosia, pervaso da un misto di agitazione e senso di impotenza.

Cristina non voleva che Cumpà si prendesse certe confidenze e libertà con lei. Quando le toccava gli orecchini, Cristina spostava il capo dal lato opposto, allontanandolo da lui e tirando indietro la testa. Si capiva chiaramente che gli dava fastidio la sua vicinanza e lui toglieva le mani, ma per ritornare alla carica fingendo di appoggiarle sui fianchi e invece li stringeva e accarezzava libidinosamente.

Al punto che Ilaria vedendolo esclamò in dialetto milanese:

“Uee Cry… non star a dare tanta confidenza a sto balordo…” Accorgendosi che pur di ingelosire Giulio, lo assecondava e lasciava fare.

“Tranquill…Ilary…  Ghe pens mi a lu!... Tra un moment lo mando a dare via i ciap…! (Tranquilla Ilaria, ci penso io a lui, tra un momento lo mando a quel paese!)” Rispose in milanese ridendo.

Stefy vedendo la gelosia di Giulio si avvicino dicendo:

"Spero tu sappia ciò che stai facendo a ballare con lui." Lei scrollo le spalle:

” Sto solo ballando!” Rispose,

“Si ma lui ti tocca e Giulio vi vede e ci soffre!”

Lei ruotando nel ballo le diede le spalle a Stefy e sorridendo esclamò: “Mi spiace Ste… che la prendi così male.”

“Non la prendo male Cry, chellì è un balord e il Giulio soffre ...” Ripeté.

“Dai Ste… tra un po' finiamo tutto, il prossimo ballo lo farò con Giulio! Ma glielo vuoi concedere un ballo allo Zulù con la più bella visto tutto il lavoro che hanno fatto?”  Rispose vanitosa. 

Erano incollati, con Cumpà che la stringeva e cercava di toccarla, accarezzarla e lei che educatamente prendendole le allontanava le mani.

Io non avendo nessuno che ballava i lenti con me, mi ero seduto e continuavo a osservarla con Cumpà, farei meglio a dire a spiarla e la scrutavo tanto che non dimenticai neppure i piccoli dettagli. Mi ricordo che oltre alla camicetta bianca, aveva anche una collana e dei bracciali al polso e davvero un buon profumo che avvertivo anch’io quando passava vicino e mostrava un seno sexy, sbocciato, irrompente dal tessuto e il gonnellino svasato era tenuto su da una cintura ad anelli di metallo dorato. E vedevo anche le mani di Cumpà che furbescamente, cercavano di accarezzarla anche sul sedere e mi dava fastidio che ballasse con lui e che la sfiorasse la toccasse, come se fosse mia.

Lei all’atteggiamento e di Cumpà sempre più audace, poneva rimedio ridendo ma indietreggiando, cercando di allontanargli le mani dal corpo, abbassando arrendevole lo sguardo alle sue avances e alle parole spinte e oscene che le sussurrava ballando. Invece di staccarsi e allontanarsi da lui, anche in malo modo come aveva spesso fatto con Giulio, restava a ballare, dimostrando involontariamente con il suo modo di fare disponibilità e che lui le piacesse. Il comportamento di Cristina forse era di educazione, gentilezza e da stupida, ma lui lo interpretava in tutt’altro modo, convinto di piacergli più di Giulio e che lei lo accettasse e lo volesse.  

Le persone si attraggono non necessariamente solo perché sono belle esteticamente o per le tecniche di seduzione che mostrano come il sorriso e gli scambi di sguardi, ma provano non dico attrazione, ma simpatia   anche per i comportamenti negativi, quelli che dimostrano la loro disponibilità e insidia attraverso la sfacciataggine, la sicurezza, la prepotenza, possessività e gli sguardi forti.

Pareva che lei si allietasse a sobillare il fuoco della gelosia su Giulio e inconsapevolmente la speranza di Cumpà su di lei.

Giulio vedeva che pur non volendoci ballare assieme Cristina e infastidita, non lo avversava e si lasciava toccare da lui proprio per fargli dispetto. La guardò esclamando muovendo la testa: 

“Ma sei stronza!” 

Lei si voltò lo guardò risentita da quella parola e con un sorriso di sfida pronunciò …:” È quello che pensi di me?” 

Lasciando in quel mentre volutamente per ferirlo, che la mano di Cumpà dalla schiena le scendesse sul gonnellino e le accarezzasse la natica senza reagire, davanti a lui che friggeva di rabbia osservandoli, mentre tutto intorno gli altri presi dalla musica, dai canti, dal vociare e dal mangiare e bere gli ultimi residui e scoli delle bottiglie non li seguivano più. 

Cumpà vedendo che si lasciò mettere la mano sopra il sedere senza reagire, strinse le dita e le tastò la natica con la sua mano ruvida sul suo bel gonnellino rosa, cosa che non avrebbe mai dovuto permettersi di compiere e lei guardando Giulio negli occhi lo lasciò fare. Permettendo che quella mano terrona, da garzone autodemolitore sfiorasse il tessuto sul suo sedere e con esso anche lei e lo stringesse e tastasse con le sue dita. Probabilmente lei voleva stimolare e vedere quando fosse esploso di gelosia e intervenuto Giulio a prendersela e portarsela via chiedendole scusa. Mentre Cumpà invece a quel suo lasciarsi toccare la natica tra il caldo, la serata e il sudore lo interpretò come disponibilità nei suoi confronti. 

Cristina non si rendeva conto che era un gioco pericoloso quello che faceva, soprattutto verso Cumpà che credeva davvero alle moine stupide che le faceva e interpretava la libertà che le concedeva pensando che lui gli piaceva.

A un certo punto capì che si era spinta troppo, oltre e che doveva smettere mentre lui allungava sempre più le mani strusciandosi anche il pene contro il suo sesso.

 "Ora basta Cumpà! “Esclamò sorridendo ma seria:” Mi hai toccata abbastanza, ti sei preso delle confidenze che io non ti ho mai concesso, ora stop… tela!” Prendendogli le mani, staccandole dal suo corpo e allontanandogliele. Ma lui subito e veloce infilò le sue dita tra quelle di Cristina, incrociandole con le sue e tenendole le mani ferme. Lei si divincolo e le staccò con uno strattone verso il basso allontanandolo di nuovo:” No… basta Cumpà! Hai già fatto troppo! Ti sei preso troppe libertà con me. " Ripeté.

Lui lasciò scivolare via le dita incrociate dalle sue, si staccò, ne appoggiò una sul fianco e fece scivolare la mano sul piccolo gluteo marmoreo da sopra la gonna rosa. Mentre Giulio inquieto guardava sempre.

“Toglila!” Lo sollecitò Cristina prendendogli con la sua l’avambraccio, mentre lui con sfida la teneva ferma, appoggiata e tirandola a sé, quasi costringendola a ballare, mentre lei non faceva altro che dirgli solo: “Togli la mano… Togliti! Ora basta Cumpà non voglio che mi tocchi.” Ma oltre le parole e l’arrabbiatura non faceva nient’altro, non riusciva a staccarsi da lui, non se ne andava, nemmeno in malo modo. Non la capivo…

Lui visto l’atteggiamento arrendevole di Cristina, sorridendo continuò a muoverla salendo e scendendo con le dita sulla schiena e sui fianchi ed ogni tanto le toccava anche il seno da sopra la camicetta con lei che cercava di proteggerlo ai suoi sfioramenti mettendo la mano davanti o tirando schiaffi alla sua.

All’improvviso tra il caos della festa, Cristina si sentì dire da lui con un sorriso da canaglia:” A ballare con me ti si sono induriti i capezzoli...” Facendosi sentire anche da Giulio.

“Non è vero…”  Ribatté vergognandosi, coprendoseli con la mano e l’avambraccio arrossendo imbarazzata e guardando Giulio diventare più rossa della fiamma che si rifletteva con lampi colorati sul viso.

“Si è vero guarda…”  Ripeté Cumpà tra le urla festanti ritoccandolicon il dito:” … si vedono attraverso il tessuto che sono duri e sei eccitata perché ti tocco.”

“Non è vero!” Balbettò ancora guardando Giulio, vergognandosi e dandogli uno schiaffo sulla mano per allontanarla dal seno… Ma confusa abbassando il capo e il mento sullo sterno ci guardava e si osservò il seno sotto il tessuto. 

Per la prima volta vidi il suo viso riempirsi di smarrimento, da allegro diventare serio, come se fosse in un altro mondo, io lì vicino, non sapendo se era vero quello detto da Cumpà mi chiesi:

“Che le piaccia farsi toccare davvero da Cumpà? …Che si sia eccitata?”

Probabilmente nella serata euforica quegli sfioramenti ebbero su di lei la funzione di uno stimolante, la sua regione pubica era strusciata e battuta volontariamente con colpetti dal cazzo duro di Cumpà, non visti dagli altri nella penombra e confusione del ballo, ma percepiti sulla vulva da Cristina a modo di rapporto sessuale. Cumpà con il sesso contro il suo sfregandolo la teneva ferma con il bacino tirato a sé, a farle sentire il cazzo duro. Se fino a quel momento era stato un ballo tranquillo con qualche sfioramento e strusciamento e lei sembrava indifferente, ora non lo era più, all’improvviso si era trasformato in un ballo di sesso contro sesso battendo e spingendo lui, il suo contro quello di Cristina. Lei avvertiva lo strusciamento e il premere in modo sempre più vigoroso del suo cazzo in erezione contro la vulva, che la faceva sussultare con il bacino, cercando d’istinto di allontanarsi indietro per toglierlo dal suo pressare ma senza riuscirci perché trattenuta da lui. Probabilmente inconsciamente a quel contatto e comprimere intermittente anche se non voleva, contro la sua volontà incominciò ad eccitarsi o si rese conto di esserla in quel momento. Lei sentiva erigersi continuamente dentro i suoi pantaloni, il cazzo di Cumpà, sempre più duro comprimere contro il suo gonnellino rosa, le mutandine bianche e il sesso cespuglioso, procurandole vergogna e turbamento. E se all’inizio scioccamente avvertendo la sua asta eretta contro la vulva, turbata si mise a ridere stupidamente, sorpresa e quasi stupita di avere quell’effetto di calore in vagina che le procurava piacere, subito dopo non lo fu. Realizzò immediatamente cosa stesse mimando Cumpà e non voleva assolutamente che lo facesse, che si permettesse con il rischio che se ne accorgessero le sue amiche o peggio Giulio con cui voleva fare pace e arrabbiata mettendogli la mano sul torace, spingendolo indietro con forza lo staccò da lei e allontanò, ritornando padrona della situazione. 

“Uèhh Cumpà… allargati no! Come ti permetti? Vai a strusciarti contro il muro o qualche terroncella tua pari… Non ti permettere mai più…” Esclamò tra le grida e il saltellare divertito dei balli sulla sabbia dei gruppi ignari di quello che accadeva a loro due. 

E intanto lui la guardava con un sorriso trionfante per averle fatto sentire la sua virilità.

Conoscendolo sapevo che Cumpà non si sarebbe fermato…

Mi voltai e vidi Giulio in preda alla rabbia e alla gelosia. Le altre e gli altri ballavano per conto loro e qualcuno era sceso a passeggiare sulla spiaggia o chi come Ilaria e Stefy erano andati in riva al mare a limonare con il loro ragazzo… era un momento in cui ognuno era impegnato a fare qualcosa, chi a ballare anche da solo e chi a sbaciucchiarsi lontano dal fuoco, e nessuno ci faceva caso a loro, a parte noi, Giulio e io. 

Vidi lo sguardo di Giulio fulminarli, Cumpà perfidamente gli fece l'occhiolino per provocarlo e ci riuscì e lui si alzò. Lei lo vide e si staccò di più da Cumpà in segno di disappunto alla sua vicinanza e si mise affianco a Giulio facendogli capire che voleva tornare con lui.

"Lascia perdere questo zulù…"  Disse Giulio avvicinandosi. 

Lei lo guardò sorridendogli.

" Lascia perdere quel balord lì non hai ancora capito che tipo è, e cosa vuole…?" Esclamò deciso.

Lei scossa e smarita di quello che aveva provato, forse proprio di essersi eccitata con Cumpà, accennò un sì con il capo e accorgendosi di essere andata oltre si allontanò di più per andare da Giulio.  Lui la prese per un braccio e l’avvicinò a sé, praticamente con quel gesto, rimettendosi tacitamente insieme. Ed io ero contento che ritornassero assieme.

Nessuno poteva permettersi di trattare così la sua Cristina pensò Giulio, dicendo:” Non ti permettere mai più…!”

A quel punto Cumpà si adombrò in viso come una fiamma coperta momentaneamente nella sua luce.

 “Tu l’hai capito che ormai è mia Cristina?” Esclamò serio a Giulio senza che lei paradossalmente smarrita dicesse nulla, reagisse o lo smentisse forse per paura. Facendo con quel comportamento passivo aumentare involontariamente le aspettative di Cumpà su di lei e la gelosia di Giulio, con l’autoconvincimento di Cumpà che fosse vero quello che credeva, che lei ora era diventata davvero la sua femmina…

 

 

 

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