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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'ETA' DEL DISINCANTO

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

La deflorazione:

“Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni.”

Paulo Choelho

 

 

CAP. 10   DEFLORATA

 

E quella mattina Cumpà inizio a espormi quello che avvenne la sera prima, dopo essere partito in moto dalla spiaggia con Cristina.

 

“Quando sono andato via dalla spiaggia, la portai subito con la moto alla madonetta… vicino al vecchio rudere cercai uno spiazzo di erba e mi fermai lì dove sapevo che nessuno ci avrebbe visto, in quanto c’ero già stato qualche mese prima con un'altra nostra paesana siciliana di cui non posso farti il nome.

Arrivati io scesi mettendo la moto sul cavalletto lasciando lei sopra. Si guardava attorno, era disorientata dal luogo non essendoci mai stata e spaventata da quello che era successo alla spiaggia, aveva freddo e con le braccia incrociate se le teneva con le mani. La tranquillizzai:< Con me non devi avere paura, oramai sei la mia femmina. Hai freddo?> Domandai vedendola così infreddolita.

< È andare in moto di sera senza golfino.> Rispose con un filo di voce.

<Non preoccuparti… Ora ti scaldo io!> Le dissi sorridendo accarezzandole i capelli e la schiena con la mano.

Restò in silenzio per un po' come a pensare e poi mormorò:

<Si ma non picchiarlo più a Giulio…> Chiedendomelo come un favore.

<Se tu sei la mia femmina ora…> Risposi:< … a Giulio non lo picchio più, ma è meglio che non si faccia più vedere intorno a te se no le brusca di nuovo… e pure tu le bruschi se lo rivedi...> Ribattei serio.

Lei con incertezza e stupore mi domandò: <Cosa vuol dire brusca…> 

<Brusca?... >Ribattei:< …Brusca vuol dire busca, buscarle…prenderle e le feci segno con la mano.> Restò in silenzio.

Poi mi avvicinai, era spaurita, mi guardava con gli occhi inquieti, non l’avrebbe mai creduto di trovarsi davvero con me sola alla madonetta quella sera. Quasi tremava, penso dal freddo, era senza golfino lasciato alla spiaggia e forse raccolto da qualche sua amica e la baciai ancora, la baciai proprio come se fosse mia, le infilai la lingua dentro la bocca e gliela succhiai.

Lei era rigida e si strinse al mio braccio e rimanemmo in silenzio con la lingua assieme dentro la sua bocca per un po'.” 

Ero sbalordito di quello che ascoltavo.

“E lei che disse?” Domandai.

“Niente…  Restava ferma, ma si lasciò baciare.

Aiutandola la feci scendere dalla moto e ci appartammo poco distante, aveva paura del posto e a camminare al buio, sentiva l’erba sulle gambe e gli parevano animaletti e se le toccava continuamente con la mano a mandarli via, poi in piedi l’ho presa e tirata a me e lo baciata ancora con la lingua in bocca.

Lei restava in silenzio…. Mi tolsi la maglia e la misi sull’erba e le dissi di sedersi sopra. Mi sedetti anch’io di fianco e l’aiutai a sdraiare…” 

“E lei che fece… non disse nulla Cumpà?”

“Che cosa doveva dire?... Ohhh scimunito ma l’hai capito sì o no che ora è la mia femmina, me la sono conquistata…” Mi gridò risentito.

“Si…sì… lo so …” Risposi:” … che è la tua femmina, ma domandavo così!” E passato lo scatto impulsivo continuò: 

“La sua preoccupazione era che non ci fosse nessuno, era agitata, smarrita, si toccava sempre con l’unghia i denti, ma non a mangiarsele, ma a farli scoccare, le metteva dietro gli incisivi e poi tirava avanti., in fuori.”

“Era nervosa…” Dissi.

“Si… vedevo l’espressione della sua apprensione assieme al suo buon profumo di femmina. Ma la tranquillizzai, eravamo in un posto sicuro e poco frequentato e poi era buio, ma lei non smetteva di guardarsi sempre attorno preoccupatissima. Aveva paura a essere in quel posto per la prima volta, ne aveva sentito parlare ma non c’era mai stata alla madonetta e sapeva cosa significava e poi aveva paura del buio, dei fruscii degli animaletti nei cespugli, dei fili d’erba sulle gambe, del canto delle cicale e gracidare delle rane… 

In realtà i rischi erano nulli, ma io sapevo perché lei era inquieta, aveva paura che facessi quello che le avevo sempre detto di fare se l’avessi portata alla madonetta, di fotterla (chiavarla).”

“E allora perché si è fatta portare lì da te?” Domandai ancora.

“Boh!... Certo che lei non pensava mai che la fottevo (chiavavo)davvero.” E Cumpà continuò a spiegarmi mentre io ascoltavo con rabbia celata, dietro a un falso sorriso di apprezzamento che gli mostravo.

“Dopo averla fatta sdraiare io mi stesi affianco a lei, a terra tra i fili d'erba, la presi per le braccia e la tirai a me e la baciai ancora con passione, in bocca, con la lingua dentro, sulle labbra, sul volto e sul collo, accarezzandole i capelli, belli, lunghi vaporosi e profumati come lei di shampoo. Sentivo il cuore batterle forte nel petto mentre glieli toccavo. Lei era sempre contratta e silenziosa.

Feci scendere la mano sulle cosce, presi il margine inferiore e le alzai il gonnellino scoprendole le mutandine, accarezzandole le cosce e gliele lisciai sentendo i muscoli tendersi e irrigidire le gambe che teneva strette e chiuse.

La guardai al chiaro della luna il pallore delle cosce risaltava con lo scuro dell’erba e gli accarezzai lo sticchiu (la figa) da sopra le mutandine. Subito mise la sua mano sopra la mia a fermarla dicendo: < No…> Ma io andai avanti a sfregargliela con le dita, finché non disse più niente e se la lasciò accarezzare e mentre lo facevo spingevo con il dito medio a fare entrare le mutandine nella fessura e le piaceva.”

Mentre parlava Cumpà sorrideva e con una mano dentro la camicia aperta, si accarezzava quei pochi peli del torace, come se lo facesse a lei.

Pensavo e mi immaginavo la povera Cristina probabilmente spaventata e smarrita di trovarsi la da sola, al buio con lui in quel luogo e per questo seppur contraria ai suoi gesti, essere accondiscendente e lasciarsi toccare senza reagire, senza dire niente, per non contraddirlo e farlo arrabbiare probabilmente intimorita di lui. Ma mi chiedevo sempre:

” Perché c’è andata allora in moto con lui… invece di allontanarsi, scappare?” E mi rispondevo in quella manciata di secondi:

“Forse non pensava che sarebbe arrivato a tanto… “

Ma poi mi arrabbiavo dentro di me:

“Ma santo Dioo… lo sapeva…! Lo sapeva che se Cumpà l’avesse portata alla madonetta l’avrebbe chiavata. Glielo diceva continuamente e chiaramente che voleva portarla alla madonetta per chiavarsela…E quando si è trovata la… probabilmente aveva paura che accadesse quello che lui diceva sempre di volerle fare e lei non voleva e ci rideva sopra, per questo aveva un comportamento remissivo...arrendevole di accondiscendenza passiva in quella situazione… Per paura di lui, del luogo, di tutto quello che era successo quella sera.”  Mi dicevo.

Ma non era quella la motivazione, la verità l’avrei saputa solo da adulto.

Probabilmente lei era vittima di sé stessa, della sua presunzione, dell’esibizionismo e della sua stupidità, aveva giocato con lui fino a giungere a quel punto e ora che si avverava tutto ne aveva timore.

Era vergine e lo sapeva, nonostante la sua frivolezza e stupidaggine era una ragazza di buoni principi, ben educata da sua madre e sua nonna e non aveva mai praticato sesso completo con Giulio, come invece avevano fatto la Stefy e l’Ilaria con i loro ragazzi. Né Giulio gliel’aveva mai chiesta per rispetto e incapacità… tutto sarebbe dovuto accadere quando sarebbero stati più grandi, adulti, forse prima o forse con il matrimonio che era nei loro programmi. E ora invece era lì da sola, al buio con Cumpà che se la voleva prendere e chiavare. 

Cumpà la spaventava socialmente e caratterialmente, ma sessualmente l’attraeva … e sembrava vivere quella situazione come una imposizione del destino.

 

La voce di Cumpà che riprese a parlare mi distolse dalla mia giovanile momentanea riflessione che mi emergeva come dei flash mentali. E proseguì:

“Mentre l’accarezzavo sullo sticchiu(figa), con l’altra mano le sbottonai a uno a uno i bottoni della camicetta bianca fino in fondo, che dentro il gonnellino le arrivava fino a coprirle la figa. La tirai fuori e l’aprii e le liberai il petto allargandola, facendo uscire il suo seno e il reggiseno lo tirai su, lo alzai scoprendo il suo contenuto. I minni (le mammelle) pallide, non abbronzate come invece era la pelle attorno, ma bianche come la luna, con i capezzoli rosa già duri e dritti e cominciai a giocarci, a pizzicarli e accarezzarli a piene mani, stringerle e poi lasciarle per poi leccarle iniziando a ciucciarle i capezzoli che aveva sempre più duri e in fuori come chiodi, segno che le piaceva che la toccavo. Glieli sugai (succhiai) e tirai con le labbra a uno a uno, come fa una creatura(neonato) che si allatta, che le suca (succhia) alla mamma… 

Li ciucciai e leccai assieme alle mammelle e le piaceva e reagì mugolando come una gatta, muovendosi con tutto il corpo respirando forte…. E io andai avanti, avevo la minchia durissima e alla luce della luna la figa era visibile sotto le mutandine che spinte dalle mie dita erano entrate dento la fessura facendone vedere il solco umido e continuai ad accarezzarla con dolcezza sopra il tessuto. Lei apprezzava, le piaceva, godeva tanto che non era più rigida e dura, ma si lasciava dischiudere le gambe per favorire il mio tocco sulla figa che le piaceva.

L’annusai tutta, il collo, il seno, aveva un buon profumo, l’inconfondibile odore della femmina calda, vogliosa.

Mentre mugolava presi sui fianchi l’elastico delle mutandine e senza dirle niente le tirai giù con forza per portarle sulle cosce, ma lei capì e non voleva, prese l’elastico al centro delle mutandine e lo teneva per non farle scendere e tirare giù. Non voleva che le vedessi la figa, si vergognava.” Disse ridendo, proseguendo:” Restammo qualche secondo così, lei si credeva che io l’avevo portata lì in camporella alla madonetta per baciarla, ma poi all’improvviso lasciò l’elastico e io le dissi:< Alza il culo su…> Cosa che fece, subito, esitò ma poi lo alzò e gliele sfilai sulle cosce, le feci scorrere lungo le gambe fino ai piedi e le levai assieme ai sandali rossi legati con le zeppe. 

In quel momento che era senza mutandine cercava di tirare giù il gonnellino per coprirsi la figa, ma io glielo tirai su con forza e gli vidi o sticchiu (la figa), bella, con i peli bruni sopra e tutt’attorno, chiara senza l’abbronzatura e si notava la differenza tra le cosce abbronzate e gli inguini pallidi.

Era a disagio che gliela guardassi, cercava di coprirla con la mano, ma le tolsi anche quella dicendole:

< Ora sei la mia femmina e non ti devi vergognare di me… mi devi fare vedere tutto...> E le passai sopra con la mano destra e gli accarezzai u pilu (i peli). 

Le accarezzai la peluria che era già umida sopra il solco, segno che le piaceva farsela toccare dalle mie dita e la palpeggiai e misi il dito sulla fessura bagnata e la percorsi tutta per la sua lunghezza sopra e sotto. Lei era eccitata, si nachiava (muoveva il culo, le natiche) sulla mia maglia sull’erba. Le piaceva e con mia grande sorpresa, senza obiezione alcuna mi lasciva fare.” Aggiunse Cumpà.

“E perché non faceva obiezione?” Domandai io curioso.

“Perché le piaceva scimunito... le piaceva farsela toccare da me, non ero mica come quello scimunito di Giulio!” 

“Continua Cumpà…” Dissi turbato in preda alla tristezza ed eccitazione.

Lui mi guardò, sorrise e riprese a descrivere quello che era accaduto, facendolo spesso con tratti erotici e pornografici che anche se stupidamente non volevo sentire perché era di lei che parlava, del mio sogno, del mio amore e mi faceva male, però mi eccitavano.

“Gliela accarezzai ancora con le dita. Si credeva che le facevo un ditalino come quello scimunito di Giulio, che le faceva solo ditalini e limonate in bocca con la lingua. Invece senza che lei mi potesse vedere per la posizione visto che sdraiata e guardava in alto la luna e le stelle e c’era l’oscurità tutto intorno, slacciai la cintura dei pantaloni, tirai giù la cerniera e tirai fuori la minchia dura… dritta, durissima. Ci sputai sopra e lo feci anche sulla mano e me la insalivai tutta. Le allargai le gambe e mi infilai tra esse, mi avvicinai di più e tenendomi la minchia in mano iniziai a sfregare la coppola (cappella) sullo sticchio (figa), sui pili lungo la fessura su e giù e le piaceva, ci stava a lasciarsela pennellare la figa con la cappella. “

Ad ascoltarlo ero turbato e deluso senza farlo vedere, ma anche eccitato.

“E lei non reagiva?” Domandai ancora.

“No, mi guardava in faccia, guardava la cima degli alberi, il cielo e le stelle e in quel momento era come se aspettasse che la futtessi (chiavassi). Era come se ardentemente desiderava e si aspettava che la futtissi (chiavassi). Teneva le gambe larghe di sua volontà e gli occhi puntati sulla mia faccia. 

“E che faceva?” Domandai ancora curioso.

“Sussultava, smaniava arrossendo. La camicia aperta davanti lasciava intravedere il petto con il seno bianco e i capezzoli duri e sporgenti come chiodi che si muoveva respirando agitata.  Mi protesi verso di lei, abbassai i pantaloni più giù fino a metà coscia e poi alle ginocchia per non farle male con la fibbia della cintura e la cerniera e lei in quel momento come rinsavita mi mormorò:< No… no Cumpà non farlo… Questo no… non l’ho mai fatto…>

<Non l’hai mai fatto con Giulio? Non ti ha mai chiavato?> Domandai.

<No, non l’ho mai fatto con nessuno… questa è la prima volta.>

<Sei vergine allora?> Domandai.

<Si!!> Rispose con la voce tremante, forse pensando che sapendo che era vergine mi fermavo. Invece le risposi:

< Non ti preoccupare se sei vergine, vedrai che ti piacerà e godrai, sono bravo io, ho esperienza. Non sei la prima ragazza che chiavo e svergino. Ti renderò donna io…> Ma lei insistette:

<No Cumpà dai… Non voglio farlo, non voglio che sii tu il primo… non voglio farlo con te. Io…io mi sono tenuta pura per Giulio…>

<Per Giulio ti sei tenuta vergine?> Chiesi guardandola con un sorriso.

< Si!> Rispose.

< E invece lo farai con me! Donerai a me la tua verginità e illibatezza, sarò il tuo primo uomo…> Replica e detto quelle parole levai le dita dalla vulva e le misi in bocca a sentire il suo gusto di figa e di piacere e a riempirle di saliva e li riportai insalivati facendomi largo tra i suoi peli direttamente sulla figa ancora palpitante, inesplorata e vergine di Cristina spalmandogliela di saliva.

Lo stesso avevo già compiuto sulla mia cappella che appoggiai contro la fessura chinandomi su di lei con il tronco a baciarla di nuovo in bocca con la lingua e intanto lentamente spinsi la cappella contro e dentro la vulva. La sentii entrare e la vagina mi strinse il glande. Ce l’aveva stretta ma tutta bagnata di voglia e saliva e non mi fermai, premetti lentamente e entrando l’allargai, le aprii la figa e spinsi un poco fino a quando si fermò, non entrava più c’era la verginità a fermarlo(l’imene). Allora con un colpo deciso di reni e di minchia la sverginai, le ruppi l’imene e lo sentii entrare tutto subito dentro fino in fondo, glielo ficcai completamente.

Lei per reazione si tirò su con il tronco, sussultando a sentire la fitta dello sverginamento, come un doloretto lancinante e la minchia entrare dentro fino in fondo a toccarle l’utero, mi abbraccio e strinse intorno al collo e io incominciai a fotterla(chiavare), mentre lei mi stringeva e baciava in bocca con la lingua. Oramai era mia e solo mia...” Fece una pausa e continuò:

“L’avevo sverginata e godeva Lilluccio…” Mi disse superbo:” … la chiavavo e godeva e mi baciava, sentivo la lingua in bocca muoversi e cercare la mia e la sentivo mugolare… gemere… dal piacere stringendosi a me. Sentivo le minne (le mammelle) conto il mio torace e le dita sulla schiena correre e poi fermarsi e impiantarsi con le unghie nella pelle e dal godimento graffiarmi. Guarda! “Esclamò voltandosi e girandosi verso di me abbassando la camicia sulla schiena tenendola infilata solo nelle maniche. Ed era vero, era graffiato sulla schiena, sulle scapole e anche più giù. 

“Godeva…” Riprese a dire:” …  e si sfregava con la schiena e con culo sulla mia maglia nell’erba fresca, tra il canto delle cicale e la terra della notte profumata e piena di odori come lei. Aveva gli spasmi dentro la figa, le contrazioni, che dal piacere si contraeva e mi stringevano il cazzo perché godeva e mi baciava e si si strusciava su di me. Mi afferrò e si avvinghiò come una sanguisuga tutto, con le braccia sulla schiena e dietro il collo, apriva gli occhi e mi guardava e poi li chiudeva.

Le piaceva la mia minchia tutta dentro la figa… era la sua primissima fottuta (penetrazione vaginale, chiavata), e spingendo sempre più a fondo e toccandole l’utero con la cappella, la feci godere veramente tantissimo, proseguendo sempre insistentemente e non fermandomi fino ad avere lei l’orgasmo a tremare e smaniare tutta.

Proseguì fino a causarle il suo primissimo orgasmo della sua vita, a farla belare dal piacere…Sembrava un agnellino, una capretta…” Pronunciò paragonandola a un animale.

“La facevo dondolare appesa a me con la schiena e il sedere sulla maglia sull’erba quado le davo i colpi con la minchia. Il mio sudore a gocce cadeva su di lei e il suo si mischiava con il mio della mia pelle.” E si fermò con un sorriso soddisfatto di ricordare e raccontare. 

“Com'era? "Domandai.

"Com’era cosa?" Mi chiese.

"La sua figa..." Precisai.

"Aaah… virgine… bella stretta! Diedi qualche colpo più secco e gliela allargai un po', ma c’è tempo per allargargliela ancora bene…” Pronunciò ridendo, riprendendo il discorso:” …  godeva come una buttanedda (puttanella), come una capretta… un agnellino quando bela.” Ripeté e rise.

“Ma così l’hai chiavata Cumpà?  Senza niente?... Il preservativo?” Domandai arrabbiato dentro di me, che se non avessi avuto paura di lui gli avrei tirato un pugno in faccia.

“Si così carne dentro carne…” Esclamò sorridendo.” Sentiva meglio e bene la minchia, viva e calda dentro… dentro la figa” E rise ancora orgoglioso e fiero di quello che aveva fatto.

“E ci sei venuto dentro?” Domandai sapendo cosa significava.

“Ehhh… che sono scimunito?... Sacciu fottiri (So chiavare), io con i miei fratelli ogni settimana vado a buttane vere, anche di 40-50 anni e so chiavare e mi so trattenere…” Fece una pausa ed esclamò:” …nella panza le iettai (sull’addome le sborrai) … e ora non ho più bisogno di andare a buttane… è diventata lei la mia buttanedda.”  Affermò e sorrise orgoglioso e compiaciuto di quello che aveva compiuto, mentre io mi sentii impotente.

A quella frase mi si strinse il cuore…” Ma come ha potuto?” Pensai…: “Era vergine, la sverginata lui e la rovinata… E lei come ha potuto farsi chiavare e sverginare proprio da lui, da Cumpà, lo zulù come lo chiamava con disprezzo, lei che ama Giulio lo so!” Pensavo.

E mentre consideravo mentalmente quell’aspetto lui proseguì:

“Mentre la chiavavo si intorcinava(contorceva) tutta su di me, mi abbracciava e stringeva a un certo punto si mise a tremare tutta come se avesse le convulsioni, mi guardava e godeva e belava (ansimava). Mi guardava e baciava, mi baciava e tremava… e belava(gemeva), finché le arrivò il godimento massimo (l’orgasmo) e presa dagli spasmi si contorceva su di me e l’abbracciai e feci godere bene.” E Cumpà sorrise ancora fiero con quel suo ghigno maledetto.

“Non so per quanto tempo la chiavai, forse 10 minuti, forse di più... poi sentii l’orgasmo anch’io e dandoci più forte assieme venimmo. Mi sfilai, lo tirai fuori all’improvviso e iettai tutta la sborra che avevo sulla pancetta (il ventre) della chiavainculo.”

Restai in silenzio e malinconico. “E poi avete finito?” Domandai rattristito.

“Si…. avevo la minchia sporca di sangue verginale e anche lei nella figa. Non avevamo niente per pulirci, lei era ancora imbambolata(estasiata) restava sdraiata e guardava le stelle.  L’unica cosa che avevo vicino erano le sue mutandine bianche sull’erba, le presi le passai a lei e le feci asciugare e pulire la figa sudata e anche la sborra sulla panza (addome) e poi mi pulii io la minchia e la cappella.   

Quando vide il sangue si mise a piangere, realizzò che l’avevo sverginata e resa donna, femmina vera e allora l’ho baciata, le ho detto che oramai era una femmina, la mia femmina e abbiamo parlato un po' seduti sull’erba. Le ho fatto capire chiaro che ora è la mia e non voglio che parli più con Giulio e vada con le sue amiche.”

“E lei che ha detto?” Domandai incredulo.

“Che ha detto…che ha detto?... Non disse nulla, ha accettato la mia volontà, tutto. Sono stato il primo uomo della sua vita, altro che quella minchietta di Giulio.” 

Io ero sbalordito da quello che sentivo.

“E poi che avete fatto?” Domandai ancora curioso.

“E poi si è messa a posto, aveva tutta la camicetta dietro e il gonnellino sporco di erba e terra a forza di strusciarsi… “

“Eh ma lo sporco dell’erba non viene via, sento sempre che me lo dice mia madre quando mi sporco.” Dissi.

“Viene… viene… lo sa anche lei e questa mattina di nascosto di sua nonna la portava nella lavanderia a pulire…”

Visto che attendevo ancora davanti a lui pronunciò mentre suo padre lo aspettava:

“Poi abbiamo preso la moto e l’ho portata a casa, ma io mi sono tenute queste!” Affermò con un sorriso trionfale tirando fuori dalla tasca un paio di mutandine femminili bianche, da ragazza macchiate di sangue e sperma.

“A casa senza mutandine la mandai... nuda sotto…” E rise da solo.

E mostrandomele in mano alzando l’avambraccio: “Queste le devo far vedere a tutti gli amici…” Esclamò con un sorriso perfido:” Tutti devono sapere che Cristina chiavainculo l’ho sverginata io ed ora e la mia femmina. E rivolgendosi mi esortò:” Anche tu fallo a sapere agli amici che la bella chiavainculo ora è la mia femmina, che la sverginai io e a futtii (chiavai…) “

 

Sorrisi falsamente, annui con il capo ma non ero contento, anzi se fosse stato vero invece di essere contento mi sarebbe dispiaciuto per lei così fine, dolce e bella mettersi con un tipo come Cumpà, ma anche per Giulio e per me che ne ero segretamente innamorato. Mi sembrava tutto impossibile, mi dicevo e speravo che non fosse vero quello che mi aveva raccontato, purtroppo era tutta verità quello che aveva detto e in seguito ne ebbi le prove...

Gli dissi solo:

“Stai attento Cumpà che ora ci sono anche i suoi genitori oltre sua nonna, quelli se sanno che le hai chiavato la figlia, ti denunciano... sono di Milano…”

“Perché mi devono denunciare…” Rispose lui tranquillo:” … è lei che ha voluto venire con me alla madonetta e farsi chiavare, e poi abbiamo la stessa età e siamo assieme, ci frequentiamo. Ma stai tranquillo faremo in modo che i genitori e quella buttana di sua nonna non sappiano nulla, perché mica è finita qui… questo è l’inizio!” Esclamò ridendo allegro. 

Con le sue mutandine in mano si avvicinò alla moto e le annodò sull’asta cromata del manubrio, vicino alla porta numero bianco con la scritta uno 1, aggiungendo mentre le annodava in modo che tutti le vedessero:

“Oggi pomeriggio alle quatto quando finisco di lavorare ho di nuovo appuntamento con Cristina e la porto ancora alla madonetta a fottere… vedrai che alla bella chiavainculo la faccio diventare una buttanedda vera.” E rise ancora lasciandomi l’amaro in bocca e la voglia di saltargli addosso per riempirgli il muso di pugni.

Ci salutammo e me ne andai.

 

Non riuscivo a crederci ero di una demoralizzazione e tristezza che si vedeva in volto, mia madre a mezzogiorno quando rientrai a casa per mangiare mi chiese:

“Ca tieni con sta faccia Lillino?”

“Niente. non tengo niente.” Risposi. 

Quel pomeriggio ci pensavo, pensavo alle parole di Cumpà:” Anche oggi alle 16.00 la porto a fottere (chiavare).” 

Non ci credevo, non volevo crederci che lei ci andasse e fosse tutto vero, così decisi di seguirla. Dalla finestra di casa mia osservai il suo portone, verso le 15 e 45 la vidi uscire, subito scesi e mi incamminai a distanza dietro lei, come avevo già fatto altre volte quando innamorato la seguivo. Aveva gli zoccoloni, una camicetta rossa e un paio di pantaloncini corti aderenti color azzurro, i grossi occhiali da sole e il cappello di paglia a falde larghe, dove da dietro gli spuntavano i lunghi capelli biondo castano sulla schiena. Era bella, di una bellezza non comune.

Vidi che non andò al minigolf dalle sue amiche come faceva di solito, ma si fermò prima, nei giardinetti, si sedette su una panchina e guardò nella borsa. Pensavo che si fosse fermata un attimo prima di andare al mare a cercare qualcosa, invece tirò fuori una rivista e si mise a leggere. Era lì da 10 minuti che leggeva quando decisi di avvicinarmi, farmi vedere e parlare con lei di qualcosa, di quello che era accaduto la sera prima in spiaggia, ma feci pochi passi quando all’improvviso sentii il rumore della marmitta del motorino di Cumpà che si avvicinava. Mi fermai, non mi piaceva farmi vedere da lui e mi nascosi dietro a delle auto. 

Lui si fermò davanti a Cristina senza spegnere il motore, dando colpetti con l’acceleratore e le fece cenno con la testa di salire dietro. Aveva i capelli indietro sulle spalle, gonfi, probabilmente si era fatto la doccia e lo shampoo, la camicia aperta davanti che mostrava il torace. Non aveva più il cerottino sul mento e si vedeva un segnò, come un taglietto nella parte alta vicino al labbro, i jeans lunghi scampanati e gli zoccoloni. Cristina senza dirgli nulla, come se lo aspettasse mise la rivista nella borsa, che infilò nel braccio per i manici portandoli sulla spalla e salì a cavalcioni dietro di lui.  Appena appena fu sopra per tenersi mise una mano davanti sul suo torace mentre con l’altra si teneva il cappello in testa.  E lui con il piede destro, dando un colpo in basso al pedale del cambio inserì la prima marcia e mollando la frizione e accelerando partirono, svoltando a destra verso la strada che portava alla collina della madonetta scomparendo. 

Ricordo che perplesso e deluso malinconico pensai: “Ma è andata davvero a chiavare ancora con Cumpà?” 

Non capivo più niente, non capivo il suo comportamento perché ci andasse insieme, e non sapendo che fare andai alla spiaggia, entrai nello stabilimento, vidi i genitori di Cristina sotto all’ombrellone con la nonna, mi sedetti sulla pedana e l’aspettai, riflettendo:

” Magari in questo momento mentre io sono qui a pensarla, loro sono alla madonetta sdraiati sull’erba a chiavare…”  E avevo malinconia e malessere, e l’aspettai. 

C’era la sua compagnia, le amiche e Giulio che parlottavano di lei, a cui lui aveva già detto tutto a modo suo, che si erano lasciati definitivamente per colpa di Cristina che aveva preferito Cumpà, scandalizzando tutti con le sue affermazioni, senza dire la verità completa, che si erano presi a botte lui e Cumpà e le aveva prese, e che Cumpà gli aveva portato via Cristina.

Dopo un’oretta arrivò lei, tranquilla, salutò ricambiata da qualcuna, Giulio non la degnò di uno sguardo.

Quando si sedette Ilaria che aveva confidenza si avvicinò e accomodò vicino a lei chiedendole

:” Ma Cry! Davvero è tutto finito con Giulio? Vi siete lasciati?”

In quel momento al suo tavolino arrivarono anche le altre con Stefy a sedersi e lei spiegò:

“Da qualche giorno non siamo più assieme lo sapete…”

“Si ma potevate fare pace… Ieri sera ti ha fatto anche il regalino.” Disse Katia dispiaciuta.

“Lo so… ma è stata una decisione sofferta. Nonostante l'amore c'erano e ci sono grandi differenze caratteriali e diversi modi di concepire la coppia e la vita tra di noi e tutto questo ha sempre pesato sulla nostra storia.” Le informò per giustificarsi usando parole corrette.

“Ma perché non vi rimettete assieme?” Sbottò Patrizia: “Lui ti vuole sempre bene, è innamorato di te, anche adesso, guarda come ti osserva. A me è impossibile pensare che ci potrà essere un altro ragazzo con te al suo posto. Non ci riesco... “ 

Era reticente nel parlare Cristina, non voleva, ma erano le sue migliori amiche e vista la loro insistenza e curiosità a sapere aldilà dell'amicizia nei suoi confronti... lei aveva voglia di mandarle a quel paese.

Erano invadenti, imponevano la loro curiosità e presenza senza discrezione e rispetto.

“Giulio c’ha detto che ieri sera quando siamo corsi tutti sul molo a vedere i fuochi d’artificio avete litigato ancora e tu sei andata via con quel Cumpà…! Ma è vero Cry?” Disse Ilaria meravigliata:” L’hai fatto per ripicca per farlo ingelosire?”

“Ci fu una pausa di silenzio e poi sempre Ilaria sbottò sapendo già tutte già quello che gli aveva detto Giulio:

“Ma davvero ti sei messa con quel Cumpà?... Lo zulù?” Domandò sconcertata mentre le altre amiche avvicinatesi maggiormente ascoltavano.

Lei non rispose, era imbarazzata, scrollo le spalle come a confermare e mosse la mano in avanti come a dire:” Non ce nulla di male.”

Erano concentrate e curiose nel sapere dei suoi sentimenti.

“Ma provi qualcosa per lui? Per quel Cumpà?” Chiese Stefy.

“Ma no! … Certo che no figurati…! Ci parlo solo, qualche volta mi porta a fare un giro in moto o a bere qualcosa insieme. Ma niente di più! Figuriamoci se mi metto con un tipo come lui.” Disse mentendo.

Vidi gli sguardi delle amiche che si incrociarono tra di loro fissandosi negli occhi e dire: 

" Mmmh-mh." E " Capisco! " Ma pronunciare anche: " Come ci parli solo… e qualche volta ci fai un giro in moto o ci bevi qualcosa assieme? Cosa significa?" Oppure come Chiara chiederle: “Cosa vuoi fare ora? "

Lei era in imbarazzo confusa.

“Ehi Cry… ma non ti sarai mica messa davvero con lui?” Pronunciò decisa Stefy.

“Ma no... Stefy è solo un corteggiatore, un conoscente… lo sai come è fatto che mi sta sempre dietro… Diciamo che c’è una amicizia superficiale, gli do un po' di corda anche se è un terrone.”

“Un amico terrone, di quelli del branco dell’altra compagnia? “Pronunciò Patrizia scandalizzata.

“Dai non posso crederci Cry…” Esclamò Stefy:” …che ti sei messa davvero con lui…quello là, quel terrone di Cumpà… dimmi che è uno scherzo, che non è vero.”

“No… non siamo assieme… ve l’ho detto, lui mi corteggia, mi fa fare qualche giro in moto, mi offre da bere.”

Loro si guardarono ancora negli occhi, la vedevano che era imbarazzata e capirono che mentiva, e Patrizia aggiunse:” Ci ha detto Giulio che ieri sera sei andata via con lui e ti ha portato alla madonetta è vero?”

Lei restò in silenzio imbarazzata, vergognandosi che lo sapessero, poi esclamò:” Si ma a fare un giro in moto e non a fare nient’altro…”

“Come a fare un giro? ...” Domandò Katia pettegola imbarazzandola maggiormente.

“No Cry… Dimmi che non è vero… che non lo avete fatto!” Esclamò Ilaria portandosi le mani sul viso e portando subito il discorso in quello che pensavano tutte loro.

Lei era impacciata e seccata, non sapeva più che dire, cosa rispondere, come mentire e restò in silenzio.

“Oddioo Cry…proprio con lui noooo…! Con quella bestia dovevi farlo la prima volta?” Esclamò Patrizia sinceramente dispiaciuta, con lei che restò senza rispondere e di fatto con il suo silenzio ammettendo e confermando quello che pensavano tutte, che lei aveva fatto sesso con Cumpà.

Stefy aggiunse sincera e irritata:” Mi terrorizza l'idea che tu possa farti stringere e baciare da quello la!” 

“Ma di la verità Cry…. ti ha ciulata (chiavata) lo zulù?” Domandò irriverente Ilaria in dialetto milanese.

Lei diventò rossa in viso, avvampò di vergogna che aveva il significato dell’ammissione e dell’imbarazzo, non sapeva cosa dire e balbettò:” Vado a fare il bagno.” Si alzò come un automa senza guardarle e si diresse verso la sua cabina per spogliarsi e mettere il bikini.

Senza volerlo aveva ammesso che era vero che aveva avuto un rapporto sessuale con Cumpà…

Triste, cruda, spietata realtà. A volte, le persone più care ci deludono. A volte è necessario allontanarsene per proteggersi dalla loro cattiveria volontaria o involontaria che sia. 

Io facendo finta di nulla restai li seduto e ascoltai.

 

 

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