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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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IL DONATORE DI SPERMA
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI
Cap. 22 MATERNITA’.
Note:
“La gioia suprema di essere padre è intesa veramente da pochi uomini; la maternità invece, da tutte le donne, anche le più depravate. Nel momento in cui nasce un bambino, nasce anche la madre. Lei non è mai esistita prima. Esisteva la donna, ma la madre mai.”
Una mamma.
**********
La mattina dopo, quando Laura si svegliò dopo quella serata viziosa, mi guardò senza dire nulla, abbassò gli occhi sfuggendo al mio sguardo. La conoscevo bene, si sentiva a disagio, probabilmente si vergognava di quello che era accaduto la sera prima. La salutai normalmente.
“Buongiorno…”
“Buongiorno!” Rispose con voce bassa osservando volutamente per non guardarmi verso la finestra aperta.
Si alzò a fatica, con movimenti lenti, si sentiva tutta indolenzita, era spettinata e con il viso sfatto dalla stanchezza e dall'accaduto, e segnata dal succhiotto sul mento e su il suo bel collo da cigno, da quei cosiddetti <morsi d’amore> come vengono chiamati comunemente nella letteratura rosa, che lui in quei momenti di passione le aveva procurato come a volerla marchiare e lasciarle la sua firma. Si vedeva bene sulla pelle appena, la forma ovale delle labbra del donatore quando aveva aspirato e succhiato in quei momenti di trasporto carnale, con il rosso centrale dovuto alla rottura dei capillari sotto cute e il violaceo di contorno sulla sua pelle pallida e apparivano come ematomi, dandole un aspetto volgare e sessuale allo stesso tempo, che non avevo mai visto in lei.
Fece qualche passo e la vidi sola, in piedi con le mutandine, nel suo bel corpo giovane, con il seno libero e danzante sul torace, le mammelle ancora gonfie dal piacere provato e i capezzoli rosa, anch'essi succhiati più volte da lui poche ore prima; e ancora congesti e turgidi.
La vidi fermarsi, portare la mano sul pube e sfregarsi il sesso con le dita, ma non per grattarsi dal fastidio della rasatura della sera prima, se l'accarezzava delicatamente da sopra le mutandine per lenire il fastidio dell’irritazione degli schiaffi che gli aveva dato Ciro sulla vulva durante quella specie di donazione, e notai che toccandosi fece una sorta di smorfia di dolenza.
“Ti fa male?” Le chiesi mentre lei guardava in giro sfregandosela.
Non rispose, ma annuì con la testa. Aveva la vagina e la vulva indolenzita e gonfia, lo comprendevo, con quello che le aveva fatto quel napoletano la sera prima, con tutti quegli schiaffi che le aveva dato sopra.
“Devi mettere il ghiaccio, te la detto anche lui.” Le ricordai.
Mi fece segno di sì con il capo.
“C’è il caffè e il latte in cucina ...vieni!” Dissi con voce calma.
Mi seguì, entrò e si sedette sulla sedia con lo sguardo assente, stropicciandosi gli occhi con le dita, mentre io le preparavo una tazza calda con biscotti e mi sedetti di fronte a lei.
Eravamo uno di fronte all'altro, con il tavolino tra di noi, in quella posizione non poteva non guardarmi negli occhi.
Mi osservava in silenzio seduta sulla sedia, con i capelli gonfi e la tazza di caffè latte tenuta con due mani, che nelle sorsate portava sulle labbra nascondendo una parte del viso, lasciando solo vedere quei suoi occhi meravigliosi e profondi. Sembrava assente e distante, come se non fosse lì, e le domandai:
“Ti ricordi cosa è successo ieri sera? “
Restò in silenzio poi mormorò:
“Si! ...” Facendo una pausa e proseguendo:” ... Non tutto, sono confusa, ho la testa pesante che mi duole, come se avessi preso una sbornia.”
“Si! “Pensai:” La sbornia l'hai avuta ma di sesso!” E le domandai direttamente con una cattiveria inconscia:
“Che hai fatto sesso con lui attaccata al muro come le prostitute te lo ricordi?”
Ci fu una pausa di silenzio, esitò, ma poi annuì abbassando il capo stringendo le gambe e la tazzina tra le mani.
“Si me lo ricordo… te, lui e anche quell’altro tipo.”
“Il guardone?” Dissi.
“Si!!” Rispose.
“Lo sai che si masturbava guardandoti fare sesso con Ciro?”
Restò in silenzio... e allora aggiunsi risentito:
“Che facevi sesso con lui te lo ricordi?”
Si tirò le labbra dentro la bocca annuendo con disagio:” Si! Lo ricordo.” Mormorò.
“Ricordi che hai avuto anche un rapporto orale inginocchiata nuda davanti a lui?” Aggiunsi.
Abbassò lo sguardo dentro la tazza e continuò a sorseggiare il caffè latte senza rispondere.
Il suo silenzio era un'ammissione di responsabilità.
Stranamente mi piaceva averla lì davanti intimorita e umiliarla in quel modo, farla sentire sporca e colpevole di aver fatto sesso liberamente, con desiderio e passione con il donatore di sperma.
Lei posò la tazza e portò le mani al viso come a vergognarsene ed esclamò:
” Ma come è possibile quello che è accaduto!?”
Lei stessa era incredula di quello che aveva fatto e come per riscattarsi tolse le mani dal viso dicendomi risentita e guardandomi:
“E tu?!... C'eri anche tu! Cosa facevi? Guardavi e ti masturbavi con quell’altro...?!”
Restai sorpreso dal suo atteggiamento litigioso, aveva visto tutto... e continuò a parlare:
“Io ho fatto quello che mi avevi chiesto di fare tu, doveva essere una donazione in spiaggia…”
“Si… ti avevo chiesto... la donazione” Precisai:” … ma tu invece ti sei fatta chiavare…! Godevi e ti aggrappavi a lui come se fosse il tuo amante ... e alla donazione non ci pensavi proprio, non ci pensava più nessuno in quel momento sessuale. “
Poi vedendola abbattuta mi calmai e correggendomi aggiunsi:” Si, è vero c’è stata la donazione, ma in che modo? ... Vizioso… libidinoso, perverso?!”
Lei non disse nulla, appoggiandosi alla tavola si tirò su dolorante con gli occhi lucidi e scoppiò a piangere come una bambina… in piedi, sola in mutandine portando le mani sul viso. Singhiozzava e mi faceva pena, lei in fondo era solo vittima dei miei errori e dei miei desideri, di essersi fidata di me, e mi avvicinai d’istinto e le accarezzai i capelli baciandole la fronte, dicendole:
“Non ti preoccupare amore, tutto passerà, è stato solo un brutto sogno, un incubo… ora siamo arrabbiati ma dimenticheremo presto quello che è successo, ora dobbiamo tornare a vivere normalmente io e te, perché avremo un figlio e dobbiamo pensare solo a lui. “
Mi strinse anche lei, forte, piangendo e singhiozzando sopra la mia spalla, mentre io le ripetevo:
” Dimenticheremo… passerà tutto... amore, dobbiamo tornare alla nostra vita di prima, essere uniti.”
Ma come avremmo mai potuto dimenticare quella sera in quel luogo? … E io, lei che godeva e faceva quelle porcate con un altro uomo? … E ritornare alla vita di prima?
“Si ricorderà sempre che godeva tanto con Ciro!” Pensavo.
Anche lei ricordava tutto, ma come me non avrebbe voluto che accadesse e voleva cancellare tutto in fretta.
Ora che aveva conosciuto il godimento e l’orgasmo massimo, l’immoralità e il cazzo del vero maschio, come le aveva sussurrato lui all'orecchio durante l’amplesso, che con il pretesto della donazione l’aveva posseduta carnalmente e maltrattata, le certezze di Laura sul tipo di donna seria che fosse vacillavano, ed ero certo che pensasse tra sé che anche lei fosse come tutte le altre.
Quella mattina uscimmo, si vestì e truccò sobria, nascose gli occhi gonfi della serata e del pianto con i grossi occhiali scuri da spiaggia e mise un foulard leggero di seta bianca al collo per celare il succhiotto. Il problema era il mento.
La vedevo davanti allo specchio che trafficava non sapendo come fare a nasconderlo.
“Mettici un cerotto sopra!” le dissi.
“Eh ...ma con il cerotto sto male sembro mostruosa” Rispose.
“Sempre meglio di così che si vede lontano un miglio che è un succhiotto, un morso d’amore, credi che la gente non se ne accorga? E chissà cosa penserà poi. Quando arriveremo a casa che figura faremo? Penseranno che siamo due ragazzini.”
Poi guardandola in viso con rabbia esclamai:
” Quel bastardo!... Perché doveva farti i succhiotti proprio sul mento che si vede ed è difficile da nascondere? Non bastavano al collo o alle mammelle?! Perché ha dovuto prenderti in quel modo e rovinare tutto alla fine?!” Esclamai adirato mentre lei mi guardava.
“Cosa faccio allora?!” Mi domandò ancora.
“Metti un cerotto ...” Ripetei deciso:” ...di quelli color carne e diremo che sei scivolata e che hai battuto il mento su un mobile o su uno scoglio e che c’è sotto l’ematoma. Una mezza verità che è più credibile della verità stessa.”
Lo mise, effettivamente il cerotto anche se color carne… le alterava la bellezza del viso:
“Adesso che mi vedranno così cosa diranno?” Domandò.
“Penseranno che ti sei tagliata facendoti la barba ...” Dissi ridendo.
“Stupido...” Rispose sorridendo anche lei in quella parvenza di coniugalità ritrovata.
In quella donazione avevamo avvertito qualcosa che non avremmo mai dovuto conoscere, provare piacere in quello che compivamo e rifarlo con lo stesso motivo di ricerca del piacere vizioso, trasformando la donazione di sperma in un mero e immorale incontro carnale e libidinoso, e non eravamo pronti a quello e ci travolse e cambiò la vita.
Uscimmo da casa, le doleva la testa, camminammo un po’, poi ci sedemmo in un caffè.
“Quel porco… si è comportato malissimo!” Dissi bollendo di rabbia….
La sua risposta fu:” Ora che facciamo?”
“Ce ne andremo, partiremo oggi stesso nel primo pomeriggio. “Risposi io guardandomi attorno.
“Ma non lo avvisiamo? Non lo salutiamo? “ribatté Laura.
“Lo vuoi salutare?? “Le dissi girandomi verso lei sorseggiando il drink.
“Ma… per educazione…” Replicò lei:” … e poi se un domani vorremo sapere qualcosa riguardo il bambino… le malattie?... Cosa ha avuto il padre biologico…?” La guardai irato e continuò:” Meglio lasciarci in buoni rapporti, non si sa mai, intanto non lo vedremo più e quello che è successo è successo!” Asserì.
In fin dei conti aveva ragione, non si sapeva mai cosa avrebbe potuto succedere un domani al bambino, così dopo una breve riflessione mi rassegnai e adattai a quella nuova situazione che non mi piaceva, mascherando il mio dispiacere e disappunto.
Lo chiamai al telefono e lo salutammo, dicendole che dovevamo partire d’urgenza:
“Mi dispiace… “Disse lui:” ...speravo di potervi incontrare ancora a bere qualcosa prima che partiste.”
“Guarda, sinceramente non so se avremo tempo di vederci ancora, ci hanno telefonato da casa di rientrare subito, uno zio di Laura non sta proprio bene e i famigliari richiedono la nostra presenza.”
“Si, me lo avevate già detto, mi spiace due volte…” Rispose e mettendo il viva voce lo salutò anche Laura, con un sorriso e piacere che non avrebbe dovuto esserci, confermando quanto pensato da me, che si sentiva attratta e provava qualcosa per lui.
Poi tornati al nostro appartamento lei si apprestò a preparare le valigie.
Quando fu tutto pronto scendemmo e andammo a prendere l'auto dal posteggio riservato a pagamento, al ritorno posteggiando sotto casa lo incontrammo ancora. Lo intravidi io da lontano tra la gente, anche lui ci vide e ci venne incontro volutamente. Mi salutò stringendomi la mano e abbracciando Laura con il mento incerottato, che allungò le labbra unite sui lati del viso in un sorriso complice e nascosto, ma non disse nulla.
Fu lui a parlare:
” Non potevo lasciarvi partire senza vedervi e salutarvi, siete una coppia speciale per me, meravigliosa la migliore a cui fino adesso ho donato e sono felice di essere stato io a fecondare Laura. Ricordate se vorrete un fratellino o una sorellina io sono qui!”
Laura abbozzò un sorriso, io mi voltai verso lei dicendo:
“Vai su in casa a prendere i numeri nel contatore della luce e del gas! E le poche cose rimaste!”
Lei mi ubbidì e salutandolo e guardandolo negli occhi si voltò e tornò su in casa.
Lui si avvicinò a me e mentre Laura si allontanò, dicendomi:
“Speravo che vi fermavate ancora un po’ di giorni, che ci saremmo rivisti ancora qualche sera…”
“Per cosa fare?” Risposi senza guardarlo in volto mettendo via le mie cose in auto.
“Così, qualche cena… andare a ballare…”
“… E magari chiavarti ancora mia moglie come hai fatto ieri sera?!” Lo interruppi.
“Be sì... se voi volete… sì!” Rispose.
“E magari fartelo succhiare ancora da lei…?”
Capendo dal mio tono di voce che ero alterato dichiarò:
“Va bè, dai Roby… non te la piglierai per un pompino?!”
“E invece si me la prendo perché non era nei patti…che mia moglie doveva farti un pompino.” Risposi alterato.
“Si va bene, ma faceva parte del gioco, come quel guardone…”
“Ma che gioco e gioco… ?!” Risposi volgarmente:” Ti sei fatto spompinare da mia moglie perché ti piaceva vederla degradarsi davanti a te, inginocchiata…”
” In quel momento che parlavo lo odiavo.
“E va bè dai … non sarà mica stato il primo pompino che ha fatto?” Replicò.
“Quasi!!...Perché lei non li ha quasi mai fatti nemmeno a me, non le piace, le fa schifo fare i pompini!” Esclamai.
“Non mi sembrava…” Rispose lui sarcastico.
“Non ti sembrava? … Per forza in quella situazione non era più lei… era assoggettata a te!” Dissi difendendola e giustificandola. “Me l’hai rovinata!” Pronuncia a voce alta.
“Mah sarà… Ma secondo me le piaceva farlo… e credo ne farà altri!”
“A chi?!” Risposi risentito voltandomi verso di lui.
“A te!?”
Replicando subito per provocarmi:
“Però potevi intervenire, farla smettere, sia quando a chiavavo contro il muro che inginocchiata a spompinarmi, perché non l’hai fatto? … Ti piaceva vederla in ginocchio spampinarmi!?”
“Lascia perdere… va!” Esclamai incazzato non accettando la sua provocazione:” Comunque partiamo!” Ribadii. A quelle parole ripeté e mi parve sincero:
“Mi spiace, spero di risentirvi o meglio rivedervi ancora in futuro…”
“Non credo!” Risposi.
“Almeno salutiamoci da amici dai…” E vedendo che esitavo aggiunse perfido:” … ti ho fecondato la moglie, vi ho dato un figlio, almeno questo concedimelo.”
In quel momento arrivò Laura dopo aver chiuso l’appartamento e preso i numeri dei contatori.
Parlammo ancora del più e del meno con lei presente del nostro rientro forzato, io con un certo disagio per la discussione che c’era stata prima e Laura sotto i suoi grandi occhiali con una espressione di piacere nel rivederlo ancora giù a chiacchierare con me.
Poi ci salutammo. Allungai il braccio e gli strinsi la mano, dicendogli un freddo addio, lui, si voltò verso mia moglie gli diede la mano e all’improvviso la tirò a sé, abbracciandola e baciandola sulle guance, poi si voltò e andò via definitivamente, salimmo ancora su per un ultimo controllo e chiudemmo tutto, quando scendemmo lui non cera più.
Notai mia moglie, guardarsi in giro, come a cercarlo da dietro le sue grandi lenti scure per rivederlo, forse per risalutarlo o forse perché sentiva qualcosa per lui. Per un attimo lessi nel suo atteggiamento il desiderio di rincontrarlo, per fortuna non successe e partimmo. Ci fermammo in agenzia immobiliare a consegnare le chiavi, a dare i numeri dei contatori e a pagare le spese e subito ripartimmo, prendemmo l'autostrada e fuggimmo come due ladri.
Avevo paura di perdere mia moglie, nel suo viso avevo visto qualcosa che mi aveva spaventato, il desiderio di lui, di rivederlo ancora.
In una settimana erano accadute tante cose che ci avevano sconvolto la vita e tornavamo indietro con lei probabilmente incinta.
Durante il viaggio di ritorno ci fermammo all'autogrill a fare benzina e poi riprendemmo il nostro viaggio silenzioso. Solo il sottofondo musicale e lei che si guardava in giro il paesaggio autostradale.
E fu in quel momento che mormorai:
“Dimmi la verità Laura, ti piace lui? Provi qualcosa ora per lui?”
Si voltò verso me, tirò su gli occhiali mostrandomi gli occhi stanchi ma bellissimi e per la prima volta da quando c'era stata la donazione mi guardò negli occhi a lungo, poi esclamò con voce bassa:
” C’entra con noi? … Con il nostro vivere?”
“Si!” Risposi subito, sentivo che tutto ora che partivamo non era più come quando eravamo arrivati a Pietrasanta.
“Vuoi sapere la verità?” Mi chiese.
“Si!” Ripetei. Fece una pausa e proseguì:
“Anche se non ti piacesse la risposta?”
“Si!” Ripetei emozionato. Non guardando più lei, ma l’autostrada davanti a me che scorreva veloce sotto di noi.
E quasi con rabbia e con sfida pronunciò:” Si! Mi piace!”
Ebbi conferma di quello che immaginavo.
“Ma come ti piace?... Fisicamente!?” Domandai ancora.
“Si anche… e visto che vuoi che sia sincera ti dirò anche che nell’insieme, oltre a essere più grande d’età, più attraente, sessualmente mi faceva godere più di te, un piacere mai avuto finora!” Esclamò sinceramente. Fece una piccola pausa e aggiunse:” Ma di questo te ne sarai accorto da solo quando guardavi…” Fece una pausa e poi precisò con una smorfia triste:” Ma ora ci sei solo tu per me! Tu e nostro figlio.” Portandosi le mani sull’addome come a stringerlo.
Provavo un vuoto, un senso di infelicità ed eccitazione contemporaneamente dentro me a quelle sue parole: “Io ti amo …” Mormorai.
“Anch'io Roberto... ma ora in modo diverso da prima, precedentemente non ero mai stata con un altro uomo e tu per me eri tutto, il massimo di tutto, sesso e amore, ma ora non è più così, c’è solo amore. Non voglio mentirti dicendoti che non è cambiato niente, voglio essere sincera e lo sai anche tu, siamo cambiati tutte e due, noi, ma questo non ci impedirà di vivere e amarci a modo nostro, a volerci bene con nostro figlio. Lo hai detto anche tu, dimenticheremo l’accaduto. “E mi appoggiò la mano sull'avambraccio mentre guidavo, accarezzandolo e guardandomi.
“Io non voglio litigare con te Roby!” Disse con le lacrime agli occhi:” Perché ti voglio bene e ti amo sempre... “
Poi all’improvviso esclamò con gli occhi lucidi:
“Fermati per favore. Fermati in una piazzuola e abbracciami.”
Quella volta lo feci, al suo bisogno di me entrai nella prima piazzuola che incontrai, fermai l’auto e ci voltammo uno contro l’altro stringendoci e abbracciandoci e baciandomi sul viso scoppio a piangere.
“Io ti voglio bene Roberto… non voglio litigare con te… non so cosa sia successo in me in questi giorni, in quei momenti…. Mi sento così strana… stammi vicino!”
Certo amore, ti sarò sempre vicino. La calmai, la bacia sul viso, sulle lacrime salate e sulla bocca in un lungo bacio appassionato e poi riprendemmo il viaggio.
“Grazie di essere stata sincera.” Pronunciai mentre lei appoggiava la sua mano alla mia sul volante, e proseguimmo.
Dopo quel chiarimento e quei momenti intensi, sentimentali e intimi tra noi, sembrava tutto rientrato, era sempre il mio pulcino, anche se avevo percepito da quella sua reazione che probabilmente si era innamorata di lui…
Come dicevo, era passata solo una settimana e ci aveva stravolto la vita.
Tornati a casa, trovammo ai parenti una scusa per il rientro anticipato visto che prima della terza donazione gli avevamo detto che ci saremmo fermati ancora e per il mento e il collo di Laura, dicemmo che per il primo che era scivolata e battuto il mento sul comò nella nostra camera, e per il fatto che portasse per il foulard al collo con questo caldo, che a fare i bagni si era presa il mal di gola. Nei giorni seguenti mise il ghiaccio sulla vulva e assieme alla sua crema lenitiva si attenuò l’irritazione e il fastidio.
Tornammo alla vita quotidiana di prima, al lavoro come se nulla fosse successo e non pensammo e parlammo più della donazione, attendevamo solo in silenzio l'esito.
Laura in alcuni momenti era assente, con la testa e i pensieri lontana, probabilmente pensava a lui, forse come dicevo se ne era innamorata... non so! Ma non le dissi mai nulla, non volevo rovinare quello che a fatica cercavamo di ricostruire e cercavo o di starle più vicino, parlando il meno possibile di lui e della donazione, anche se ogni tanto riaffiorava nei discorsi.
Passammo due settimane tranquille, forse le più belle in assoluto degli ultimi anni, felicissimi di esserci ritrovati sentimentalmente, sembrava che ci amassimo più di prima… sembrava…!
Io ero super affettuoso per paura di perderla, ma anche perché sentivo veramente qualcosa di nuovo per lei, anche se sapere che era stata di un altro mi tormentava ed eccitava, dandomi comunque un po' più vigore momentaneo sessualmente.
Lentamente tra noi la vita affettiva e sentimentale ritornò normale, solo quella sessuale era compromessa, non era più come prima, purtroppo quella donazione ci aveva cambiato tutte e due e a lei praticamente, sessualmente l'aveva rovinata per sempre. Con lui aveva scoperto il sesso vero, le dimensioni del cazzo, la capacità, il vigore, la virilità e il piacere di fare sesso con un maschio vero, adulto e maturo e di godere pienamente, e io nel confronto sparivo.
La vulva non l’aveva più rasata, l’aveva fatto solo quella sera e li aveva fatti ricrescere, l’aveva lasciata coprire ancora di peli, che si svilupparono più spessi, forti e arruffati di prima, nerissimi nel contrasto del pallore della sua pelle da fare quasi impressione.
Ma fare sesso tra noi o l’amore, non era più come prima, a parte che ci perdevamo in lunghi preliminari silenziosi, ognuno pensando a qualcuno o qualcosa che poi nel silenzio ci era comune, e nella penetrazione e nel rapporto sessuale quando riuscivo, sentivo che non godeva con me come aveva goduto con lui durante le donazioni, che l’aveva portata al delirio carnale, ma questo era comprensibile viste le mie capacità e dimensioni sessuali ridotte.
A volte per eccitarla ed eccitarmi anch'io diventavo perfido, mentre facevamo l’amore con una scusa, parlando imprecavo contro lui, Ciro e glielo ricordavo senza che lei rispondesse o dicesse qualcosa. E quando lo facevo a un certo punto chiudeva gli occhi come ad estraniarsi da me, dal letto, dalla camera a pensare lontano, ad un altro, verosimilmente Ciro, a sognare o fantasticare forse… anzi probabilmente di lui come facevo io. E nel pensarlo la sentivo eccitarsi silenziosamente, il suo corpo reagire con movimenti, baciarmi, la vagina dilatarsi e impregnarsi di umori e solo in quel momento iniziava a godere stringendomi a sé. Ma non era certo per merito mio se godeva.
D'altra parte anche a me piaceva pensarla con lui, ma non glielo dicevo per timore di una sua reazione, in quei momenti mi eccitava e dava soddisfazione immaginarla chiavata da Ciro, mi gustavo il piacere del tradimento mentale e facendolo in quel modo trasgressivo non ne parlavamo mai tra noi, come se il nostro rapporto sessuale avvenisse normalmente. Da buona giovane coppia borghese facevamo finta di nulla.
Nei giorni che scorrevano le chiedevo se le erano venute la mestruazione, se fosse restata incinta, non mi fidavo dei napoletani e non volevo che fosse stato tutto un trucco il suo per chiavarsi mia moglie, fingere di metterle incinta, e magari era anche sterile come me.
Passò un mese e mezzo di vivere affettuoso e normale e nel periodo stabilito, non le vennero le mestruazioni. Me lo disse subito mi telefonò trepida un giorno che ero in azienda.
“Roby … non mi sono ancora venute…”
“Che cosa?” Domandai io distratto dal lavoro.
“Ma le mestruazioni!” Esclamò agitata.
“Ah bene!... Sono contento, aspettiamo ancora qualche giorno e poi fai il test di gravidanza!” Le risposi. Ma una mattina mentre Laura era in ufficio a lavorare, con me e mio padre, si sentì male, avvertì nausea, sensazione di vomito e le girava la testa da farla sedere e ventilare. Ci guardammo negli occhi e ci capimmo subito lasciammo il lavoro e accompagnandola a casa passai dalla farmacia e acquistai il kit per il test di gravidanza e a casa lo facemmo subito ed era positivo.
” Sei incinta amore!” Esclamai sorridendo quasi gridando dalla felicità con lo stick in mano che segnava la positività, mentre alzatasi dal divano l’abbracciavo festoso, con lei che ricambiava gioiosa l'abbraccio.
Aveva gli occhi umidi, era felice anche lei. Non era stato vano il sacrificio che avevamo dovuto sottostare e che ci aveva cambiato la sessualità.
“Hai visto amore! … C'è l'abbiamo fatta!” Le dissi stringendola forte e baciandola aggiungendo a bassa voce:” Diventi mamma! Sei felice?”
“Si!” Esclamò con le lacrime agli occhi baciandomi subito dopo.”
Non ci sembrava vero che lei diventasse mamma e io papà….
“Anche se ha dovuto sottostare a lui sessualmente, il risultato lo abbiamo ottenuto.” Pensai.
All’improvviso scoppiò a piangere come una bambina e mi strinse anche lei fortissimo:” Ti amo! Ti amo! Ti amo!” Ripeté a occhi chiusi stringendomi, probabilmente per la prima volta era sincera dopo la donazione da quando eravamo tornati, smettendo di sognare lui e rendendosi conto che diventava mamma.
Ora era incinta...era una futura mamma e certe cose, certi pensieri doveva lasciarli perdere.
Felici aspettammo ancora qualche giorno prima di informare parenti e amici, per sicurezza rifacemmo il test nel laboratorio clinico di analisi dell'ospedale e quando fummo certi della gravidanza, demmo la notizia ai genitori e ai suoceri e di seguito ai parenti, colleghi, amici e amiche, felici a tutto il mondo.
Erano tutti contenti della gravidanza di Laura e si congratulavano e complimentavano con noi, con me, ci stringevano la mano o ci abbracciavano e baciavano sulle guance ad apprenderlo. Eravamo felici io e Laura, avremmo avuto un figlio nostro e una nuova vita da genitori.
Io a 28 anni padre e Laura a 26 anni madre.
Cambiammo ginecologa, ne scegliemmo un'altra, brava sempre a Torino che non sapeva nulla della mia sterilità, non ci sentivamo di ritornare da quella da cui eravamo stati mesi prima, con cui avremmo dovuto praticare la fecondazione artificiale. Sapeva tutto di noi e avrebbe capito, forse non avrebbe fatto domande, ma per noi solo il suo sguardo sarebbe stato imbarazzante. Così dopo averne parlato ci facemmo seguire da una nuova ginecologa.
Era bello vivere assieme quei momenti dedicati a visite ginecologiche, esami ematici, ecografie, io l’accompagnavo sempre, eravamo inseparabili e mi piaceva vederla così felice e materna, e non pensavamo più a come eravamo giunti a quello. Vivemmo quei periodi con apprensione, ma anche con felicità, senza pensare almeno apparentemente a quello che avevamo fatto e a lui, e ci dedicammo a preparare il corredino per il nuovo arrivo e la cameretta per nostro figlio.
La gravidanza procedette regolare, mentre il pancino di Laura iniziava a crescere fino con il tempo a diventare un pancione.
I primi mesi, pancia e chili di troppo ancora non si notavano, ma i cambiamenti ormonali in corso portarono i tipici sintomi della gravidanza, come la nausea e il vomito, mancamento e giramento di testa, che pur nella sua felicità, influenzavano negativamente lo stato d’animo e il modo di vivere di mia moglie. Non appena i disturbi umorali del primo trimestre passarono, subentrano i cambiamenti fisici veri e propri, iniziò a crescere la pancia e i punti vita svanirono, le cosce si arrotondano e il sedere si allargò.
Al quinto mese entrò in maternità e restò a casa in aspettativa e smise di venire al lavoro.
In quei mesi più di una volta la sorpresi a guardarsi nuda allo specchio, osservarsi davanti, di profilo e dietro, a scoprirsi in quel nuovo corpo che non conosceva e forse non le piaceva molto nel suo nuovo aspetto. Pensava di aver perso tutta la sua bellezza e fascino. In realtà incinta era più bella e affascinante e gran parte degli uomini erano attratti dalle sue forme piene e arrotondate, trovandola addirittura più sensuale di prima. Aveva aumentato il suo potere seduttivo.
La donna che amavo, mia moglie, me l’aveva trasformata dentro e fuori quel bastardo, mentalmente e fisicamente, me l’aveva resa donna nel vero senso della parola, non era più la ragazzina adulta, la sposina giovane di quando eravamo partiti, ora stava diventando una signora, una donna, una mamma. E vedevo il suo corpo crescere e trasformarsi, l’addome svilupparsi assieme al sedere e al seno, venirle mammelle ancora più grosse e gonfie che si sarebbero riempite di latte, con grosse areole brune e non più rosa e capezzoli evidenti.
E quando la guardavo trasformarsi, paradossalmente mi eccitava sapere che era lui l’artefice del cambiamento fisico di Laura, ero felice di vederla incinta, gravida di lui.
Lei viveva quella trasformazione con insicurezza, a volte quando la guardavo nuda con il pancione o il seno protrudente e il culo pieno e allargato, mi diceva.
“Che guardi!?”
“Guardo tè, come sei bella e sono felice.” Rispondevo.
“Ti piaccio sempre?” Mi chiedeva trepida.
“Certo amore?” Replicavo:” Di più!”
“Ma poi ritorno come prima? “Mi chiedeva preoccupata.
“Certo amore una volta avuto nostro figlio tornerai alla silhouette di prima. “La tranquillizzavo sorridendo.
Anche se la sicurezza in sé stessa non doveva dipendere dal mio giudizio o da quello altrui, ma in quel delicato momento della vita una parola di conforto e rassicurazione non le faceva male, l’aiutava.
Dopo un certo periodo la pancia crescendo assunse quella forma invidiabile e altera che non permetteva più di dubitare che fosse incinta, tra il “qualche chilo di troppo” e “lo stato di grazia” delle gravide. Finalmente si capiva che non era grasso quello che mostrava e si evidenziava dagli abiti, ma una nuova vita che cresceva dentro di lei, e il resto del suo corpo sbocciava giorno dopo giorno insieme a quella gravidanza.
La vedevo giornalmente crescere, il suo ventre fino a pochi mesi prima piatto e incavato, aumentare di volume fino a diventare un pancione enorme, dove c’era un ospite all’interno, nostro figlio. Lei stessa cominciava a vedersi molto più mamma che non donna….
Io ero soddisfatto del suo seno che stava diventato più procace, le sue belle mammelle pallide ingrossate erano diventate gonfie e larghe da latte, che da una terza misura senza pretese di reggiseno, era diventata una bella quarta-quinta. Due tette che non aveva mai avute così voluminose, sode e formose, che si preparavano a produrre latte; con capezzoli bruni e turgidi, che sarebbero stati il biberon per nostro figlio. I fianchi si erano allargati e il sedere riempito e ingrossato e le gambe tornite, rotondette e nel retro coscia un inizio di un filo di grasso per effetto di tutto quello scombussolamento ormonale che aveva in corpo. I piedi spesso le gonfiavano al punto che non entravano nelle scarpe.
Era diventata più bella sotto le sue nuove forme abbondanti, con tutte le curve del suo corpo piene, addolcite e delineate dalla sua bellezza di diventare madre. Capelli lucidi, lunghi e voluminosi, la pelle del viso luminosa.
Passavano i mesi di gravidanza, ed era sempre molto attraente, nonostante il pancione, attirando gli sguardi maschili su di essa e sulle sue parti anatomiche femminili.
Dal sesto mese in poi si sentiva, in gran forma come donna premaman. Certo non era la bellezza longilinea di qualche mese prima, ma riscuoteva comunque molti complimenti, e.… se li meritava!
Le nostre famiglie erano felici, gli amici, i conoscenti, mio padre, che da buon meridionale era felice che io mostrassi la mia mascolinità e virilità tramite il pancione ingravidato di mia moglie Laura. Nessuno sapeva….
Anch’io da meridionale che ero, stupidamente e volutamente, passeggiavo con lei a braccetto per la via centrale della nostra città, davanti a conoscenti, amici e al bar… a mostrarla, esibirla vicino a me ingravidata, incinta con il suo pancione, a mostrare e far credere a tutti quanto ero bravo e virile.
Alle ecografie lo vedevamo, cambiava posizione ogni nuovo esame e Laura mi diceva che spesso scalciava e qualche volta me lo fece sentire.
A quell’ingravidamento e manifestazione di prosperità fisica si accompagnava una carica sensuale e sessuale inconsueta in lei, mai avuta prima, era più disposta ed eccitabile, dovuto probabilmente alla tempesta ormonale che aveva in corpo. Facevamo l’amore più frequentemente e io ne ero felice, anche se era fare un amore distaccato mentalmente e fisicamente breve e non vigoroso, mi cercava e voleva vicino, desiderava che l’abbracciassi e la stringessi, e restare così, essere coccolata da me, probabilmente per non sentirsi sola.
Per me era difficoltoso fare sesso con lei con il pancione e anche per lei lo era, anche se la nostra nuova ginecologa ci diceva che potevamo farlo tranquillamente, solo con più attenzione e igiene. Avevamo paura entrambi per il feto, anche se io ero molto delicato, e dal quarto al settimo mese lo facemmo solo a carponi con lei inginocchiata sul materasso e il pancione e le grosse mammelle che le pendevano sotto come una mucca. Dopo il settimo mese smettemmo di farlo era diventata troppo voluminosa.
Mi sono spesso chiesto quale fosse la ragione naturale di quella esplosione di voglia di sesso. Leggendo su internet trovai una descrizione di questa trasformazione arrivata con la gravidanza, una risposta plausibile psicologica più che ormonale, che ipotizzava che fosse un modo escogitato dalla natura per cercare alle gravide di tenersi il più possibile vicino il proprio uomo in vista dell’avvento della nuova creatura, che, chi ci è passato lo sa bene, rende assolutamente necessaria alla neo mamma la vicinanza di una persona che l’aiuti sentimentalmente, affettuosamente e anche fisicamente nel nuovo ménage allargato.
L’assecondavo su tutto. Per me era come se fosse diventata di vetro. Ogni movimento e ogni carezza erano delicati come se toccandola rischiassi di romperla e poi ormai gli approcci partivano sempre da lei....
Con i mesi il suo seno come il resto del corpo si trasformò da zona erogena a materna, era tanto gonfio che quando lo sfioravo e premevo, emetteva prima il colostro dal capezzolo e dopo il parto latte e durante l'allattamento le venne indolenzito e stremato.
E alla fine, dopo nove mesi e una gravidanza regolare, ci fu il parto programmato, Laura diede alla luce un bellissimo maschietto, vispo, che assomigliava tutto a lei.
” E meno male!” Mi dissi io.
Lo chiamammo Federico, come mio nonno, e gli demmo quel nome perché piaceva anche a lei. Nessuno sapeva niente, per tutti il padre ero io e lo amavamo molto, anche se io nel volto vedevo oltre i lineamenti di mia moglie, anche quelli di Ciro il donatore.
I parenti e i conoscenti, quasi tutti, guardandolo e congratulandosi con noi ci vedevano oltre che di mia moglie anche qualcosa di me, chi gli occhi, chi le labbra... chi diceva che aveva la fronte di mio padre, e i parenti più anziani si congratulavano con me. Questo dimostrava di quanto la gente fosse stupida, mia madre compresa, che orgogliosa di me diceva avesse lo sguardo di mio nonno, suo papà.
Io invece come dicevo, ci vedevo gli occhi di Ciro e in parte ne ero geloso, ma non lo dicevo, ed essendo maschio era come se Laura avesse una parte di lui sempre con sé per pensarlo, ricordarlo e stringerlo.
Tornati a casa dall'ospedale, ci fu il battesimo con una bellissima festa e iniziammo una vita diversa in tutti i sensi, fatta di pannolini e biberon, eravamo genitori ora e oltre a noi dovevamo pensare a nostro figlio.
Laura nei primi mesi da mamma ebbe un periodo di depressione post partum, normale dissero i medici, bisognava starle vicino, ma io pensavo che fosse dovuto al modo con cui era restata incinta, e che probabilmente pensava ancora a lui e forse lo amava. Ma l'aiutai a superare tutto, manifestandole il mio amore e per alleggerirla del suo fare tra pannolini, biberon e pappette, assumemmo in suo aiuto una baby sitter, che l'aiutasse, in modo che avesse respiro e tempo libero.
Ci vollero più di quattro mesi di pazienza e dolcezza da parte mia prima di tornare all’intimità sessuale e in quel periodo come gli ultimi mesi della gravidanza mi masturbavo pensandola con Ciro il donatore che la chiavava, a dirmi mentalmente che ero cornuto e contento e che il figlio era suo, godendo così, come a punirmi di quella situazione; e ci volle un altro anno quasi, per entrare nella pienezza della nostra intimità coniugale, inutile dire che il bambino veniva sempre prima di tutto per lei, anche di me, era il suo rifugio e la sua vita.
Quando finalmente, smise l’allattamento, ritornammo lentamente alla normalità ci concedemmo una piccola vacanza di qualche giorno con suocera dietro che teneva il bambino e ad avere qualche momento di svago per noi, anche se il pensiero era sempre a Federico. Facemmo un weekend di nuovo da innamorati e la vedevo felice e la sentivo finalmente di nuovo più donna che mamma.
Lentamente ritornammo anche ai rapporti intimi, ma sessualmente non era più come prima del parto, ai primi rapporti impacciati e difficoltosi seguirono quelli con più sicurezza, ma nell’averli sembrava che non godesse più con me e anch'io ero diverso, faticavo come sempre ad avere le erezioni e non mi bastava averla sotto di me, accarezzarla, baciarla e possederla, per eccitarmi dovevo pensare a quasi due anni prima quando la vedevo fare sesso con il donatore.
Lentamente con il tempo, quell'episodio della donazione e lui, li feci entrare nella nostra intimità e confidenza sessuale e iniziai a parlarne con motivazioni sempre diverse, prima e durante i nostri amplessi, ricevendone in cambio godimento silenzioso da parte di entrambi e se all'inizio le dava fastidio che lo facessi, parlassi di lui, in seguito l’accettò silenziosamente.
“Perché lo nomini?” Mi chiedeva.” Perché lo metti sempre in mezzo a noi? … Hai sempre detto che avremmo dimenticato tutto… e invece ogni giorno o quasi, soprattutto nei nostri momenti sessuali riporti lui e quello che ci è accaduto tra noi. Come possiamo dimenticarlo così? Io non voglio sentirlo, sto cercando di dimenticarlo!”
Ed era sincera, ma io non riuscivo ad eccitarmi ad avere erezioni se non introducevo lui tra noi nei momenti intimi.
“Lo nomino perché ci eccita...” Dicevo:” …piace a te e a me ricordare lui che ti possedeva, fecondava e ingravidava, e non può darci problemi rievocare il ricordo, l'immagine o il desiderio con la fantasia. Lui oramai non c’è più è lontano. È solo fantasia la nostra.”
“Ma io non voglio farlo cosi, voglio farlo con te che sei mio marito non con lui. “Ripeteva, ma non ci riuscivamo e per farglielo accettare le dicevo:
“Ma tu lo fai con tutte e due, con me e con lui, il pensare a lui serve ad accenderci quando facciamo l'amore io e te.” Rispondevo tranquillo:” E basta… nient’altro!”
“Amore?! ...Sesso vorrai dire!” Precisò.
Mi correggeva nella penombra del letto, volendo distinguere l'atto sessuale di puro godimento fisico in cui c'era lui virtualmente tra noi e il nostro amore sentimentale e affettivo.
“Si sesso! Hai ragione, scusami, l'amore lo facciamo solo io e te.” Rispondevo correggendomi.
Anche se poi con il tempo e le mie insistenze nel parlarne, smise di resistere verbalmente e di chiedermi di non farlo, non perché era indifferente al suo inserimento tra noi, ma perché le piaceva che lo facessi, che continuassi a nominarlo, e sapeva che immancabilmente lo facevo. Accettò in seguito quel modo di possederci, facendolo diventare la nostra regola quando lo praticavamo, pronunciandogli io eccitato di pensare a lui quando la possedevo, ricevendone in cambio entrambi godimento, avvertendo i suoi spasmi vaginali intorno alla mia piccola asta semirigida ogni qual volta introducevo Ciro tra noi.
Fui io a inserirlo nei nostri rapporti intimi e lei ad accettarlo senza fare resistenze se non qualche volta qualche diniego iniziale.
Provocatoriamente a letto per scandalizzarla ed eccitarla mentre la possedevo le sussurravo frasi di com'era in quei momenti:
“Sai! ...Eri bella quando ti possedeva e godevi! Eri irriconoscibile, il tuo atteggiamento di godimento era lussurioso, e come ti avvinghiavi a lui, cambiavi espressione del viso.
“Non è vero!” Si scherniva imbarazzata vergognandosi di quel che dicevo, ma era esaltata dal ricordo. Avvertendo in quei momenti, a quelle parole e alle sue reazioni la sua vagina contrarsi con spasmi attorno alla mia asta e inumidirsi.
“Come non è vero! Lo vedevo io come lo stringevi, lo baciavi, muovevi anche il sedere sul lenzuolo verso di lui, ti piaceva …. con me non l'hai mai fatto e non lo fai mai...” Dicevo baciandola sul viso, in quel tipo di amplesso nuovo e sporco che non avevamo mai avuto prima della donazione e che ci eravamo creati noi. Lei mi baciava ed abbozzava mezzi sorrisini stupidi di vergogna.
Arrivando a dirle maliziosamente una sera a letto per gioco:
“Lo faccio come lo faceva lui con te?”
Non rispose, ad occhi chiusi accennò un sì con il capo, mettendosi a pensare mentalmente che fosse lui a praticarlo e non io, e vincendo la mia repulsione le leccai la figa assieme ai peli, come avevo visto fare a lui. Mentre lei in silenzio, forse con vergogna ad occhi chiusi mi lasciava parlare, e si lasciava toccare, baciare, leccare come le aveva fatto Ciro.
“Ti succhio i capezzoli come faceva lui? So che ti piace. “Dicevo in quel gioco sessuale che avevamo intrapreso tra di noi.
E al suo silenzio rispondevo io con la mia iniziativa, chinandomi e prendendogli in bocca il capezzolo. Per poi ancora chiedere maliziosamente prima di iniziare a succhiarlo e leccarlo:
“Come lo faceva lui?” Proprio per rimarcarglielo.
Lei non rispondeva, ad occhi chiusi accennava un sì con il capo, fantasticando che fosse Ciro a succhiarli e non io, godendo della mia lingua sulle mammelle pensando fosse la sua.
E così lentamente iniziammo quel nostro gioco e durante gli amplessi riuscii nuovamente a farle ammettere che Ciro le piaceva oltre la donazione e che la soddisfaceva pensarlo e che io facessi come lui, cambiando anche termine di linguaggio tra noi, non più educato e rispettoso, ma volgare. Ma solo in quei momenti intimi, poi tutto tornava come prima.
“Ti piaceva farti chiavare da lui!? Dimmelo! ...Lo voglio sentire dalla tua voce.” Le chiedevo eccitato.
E lei sapendo che mi piaceva ascoltare la sua risposta affermativa, con voce sussurrata pronunciava:
“Si...sì... mi piaceva…”
“Come ce l’aveva… com’era?!” Le domandavo ansimante e lei altrettanto ansante rispondeva:
“Ce l'aveva grosso, lungo e bello duro… e non come il tuo…” Rasentando senza volerlo la mia umiliazione, eppure mi piaceva. Scoprivo che facendo sesso in quel modo mi appagava se mi sminuiva virilmente dicendomi che ce l’avevo piccolo in confronto al suo e non c’era paragone nel saper chiavare e farla godere…
Finché una sera mi venne in mente la scena del muro alla spiaggia e quello che le aveva fatto Ciro e le proposi:
” Te la sculaccio un po' come ha fatto lui l'ultima sera?”
Non rispose, probabilmente si vergognava. Non sapevo che fare, se continuare o no. Fu lei poco dopo a sussurrarmi eccitata tirandomi il braccio:
“Non chiedermelo...fallo e basta!”
Le allargai le gambe e inizia a batterla a dita unite e mano aperta sulla vulva, come avevo visto fare a lui quella sera e a mormorare percuotendola:
“Te la schiaffeggio, te la punisco perché l’hai data a lui con godimento, ti sei lasciata penetrare e chiavare da lui non solo per la donazione ma per puro godimento fisico e mentale… “ E gliela schiaffeggiavo anche forte.
E lei a occhi chiusi e gambe larghe sdraiata sul letto se la lasciava percuotere godendo di quegli schiaffi sulla figa e delle parole che dicevo, alternandoli anche alle mammelle:
“Puniamo anche queste…. Le schiaffeggiamo perché si sono lasciate toccare, baciare, leccare e succhiare da lui.” E la colpivo sul seno dolcemente ma energicamente facendoglielo dondolare.
E anche quel modo di schiaffeggiare, saltuariamente divenne parte dei nostri amplessi, preliminare alla penetrazione e rapporto sessuale vero e proprio. Aveva ragione lui che le sarebbe piaciuto e l'avrebbe rifatto con me.
Io ci godevo quando colpendo le dicevo sia alla figa che al seno:
” Li colpisco per punirti…”
Era come adrenalina e mi aiutava a scaricarmi, a vivere diversamente il fatto di essere diventato cornuto e padre di un figlio non mio.
Da una parte mi dispiaceva che le piacesse fare sesso in quel modo vizioso e immorale, per me perverso, sentivo che era cambiata, che oramai era rovinata sessualmente, ma alla fine mi piaceva farlo e che lei lo accettasse e prosegui, arrivando con il tempo a essere lei propositiva e chiedermi le sere che era su di giri di fare determinati atti che gli faceva lui:
” Succhiami i capezzoli come faceva lui che mi piace! “Mi esortava. O anche:” Schiaffeggiami le mammelle.” Oppure:” Battimi forte il sesso con la mano… percuotimelo” E mentre lo facevo ansimante mi esortava:” …più forte dai!”
Quelle sue richieste così aperte e volgari eccitavano entrambi e arrivammo al punto di parlarne liberamente anche fuori dei nostri amplessi. Oramai eravamo altri intimamente, viziosi, non praticavamo più amore ma sesso e quello andava bene a tutti e due, era un altro nostro segreto.
Con quel modo di giocare tra noi sessualmente, andammo avanti per oltre un anno, era la nostra accettazione che irreversibilmente non eravamo più la coppia di prima.
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