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STORIE E RACCONTI EROTICI

VIETATI AI  MINORI DI 18 ANNI

All Right Reserved 2022

L'AMICIZIA VELENOSA

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VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.

Note:

 

 

“Ogni mattina noi nasciamo nuovamente. Ciò che decidiamo di fare oggi è ciò che conta davvero.”

(Buddha)

 

CAP. 11 TRISTE RISVEGLIO e CONSAPEVOLEZZA.

 

 

Quando giunsi sotto casa erano le 24,00 passate, posteggiai la moto e nervoso aspettai che arrivassero pensando a quello che era successo, che avevo fatto e mi disprezzavo, avevo paura. Paura che si scoprisse tutto, che Giulia si fosse resa conto che c’ero anch’io con Lucio. Pensavo al dolore che avrei dato ai miei genitori, cosa avrebbe detto la gente, parenti, conoscenti, amici, ma soprattutto oltre allo schifo che avevo, temevo una reazione di lei, mia sorella, Giulia, se si fosse resa conto, se avesse capito di essere stata posseduta anche da me oltre che Lucio, sarebbe stata la vergogna perenne.

Con quei pensieri passai mezz’ora buona in strada ad aspettarli agitato, meno male era d’estate, c’era gente e non davo nell’occhio. A un certo punto sentii il rumore inconfondibile del suo scooter e li vidi arrivare. Erano seduti sopra in modo strano, Giulia davanti a lui con il casco rosa di sua sorella e le mani appoggiate al centro sul manubrio e Lucio dietro lei con le braccia allungate e le mani sulle manopole affianco alle sue, che guidava trattenendola dentro di esse. Lei era sveglia o così sembrava… e, silenziosa, guardava in giro.

Lucio mi guardò e prima che dicessi qualcosa e disse:”

“L’ho messa così per sicurezza, per evitare che dietro me non si tenesse e cadesse e anche perché prendesse un po’ d’aria fresca in viso che la svegli un po' e le fa passare l’ebrezza. Ho fatto una fatica a metterla così…!” Dichiarò lamentandosi.

“Ciao Giulia!” Esclamai io guardandola. Mi sorrise aveva gli occhi socchiusi e stanchi e non parlava.

“Non vedi che non ha voglia di parlare, che non c’è… portala a casa a dormire…” Disse.

Gli manifestai ancora la mia paura ma mi tranquillizzò: “Vedrai che domani sarà di nuovo vispa come il solito e sorriderà su tutto…” Ribadì: “Ma vedremo domani.”

L’aiutai a scendere e le tolsi e diedi il casco a lui. Lei si appoggiò a me e salutandoci Lucio partì con l’accordo che ci saremmo sentiti la mattina dopo.

Con lei appoggiata e tenuta per la vita da me, arrivammo al portone, camminava aderente a me, ma era distratta e assorta non era ubriaca ma brilla, in quella fase di abbattimento che subentra dopo l’euforia. Camminava da sola a fianco a me senza dire nulla, io la seguivo, non dovevo guidarla. Lei guardava il pavimento o osservava in giro come se non vedesse nulla, che riflettesse.

Le passai davanti, aprii il portone con il batticuore feci la rampa dell’atrio fino davanti all’ascensore, mentre lei dietro me mi seguiva, entrammo nell’ascensore chiusi la porta e pigiai terzo piano dicendo: “Come è andata stasera?”

Lei scosse le spalle… non rispondendo. Non sapevo che dire e domandai cercando di smorzare la mia tensione e paura:

“Si è comportato bene almeno?”

“Si è comportato come il burino che è…” Rispose.

“Ma perché?... Si è comportato male?”

Scosse la testa e le spalle, non aveva voglia di parlare e io mi preoccupai che forse avesse capito qualcosa.

 

Giunti al nostro piano, uscimmo sul pianerottolo, accesi la luce scala che nel frattempo si era spenta, aprii la porta di casa ed entrammo in silenzio, quasi in punta di piedi per non farci sentire da mia madre, che, se ci avesse sorpresi, come mi aveva consigliato Lucio, avrei detto che era ubriaca, perché aveva bevuto.

Chiusi e senza accendere la luce, seguendo sempre i consigli di Lucio, facendo chiarore con lo smartphone la portai subito davanti al bagno dicendole: “Vai tu prima…”

Lei entrò, accese la luce lasciandomi al buio nel corridoio, non chiuse la porta, probabilmente stanca e confusa la spinse indietro con la mano e si accostò restando socchiusa lasciando una fessura di luce; probabilmente pensando di non essere vista, vacillando si tirò su la gonna e giù le mutandine e la vidi incerta sedersi sulla tazza a urinare. Sentivo il suo getto, prima intermittente e poi continuo contro la ceramica e l’acqua del fondo assieme al rumore di aria intestinale, guardandosi e toccandosi la vulva con le dita mentre urinava. Aveva sabbia dappertutto che cadeva sul pavimento solo piegando il capo in avanti a guardarsi il sesso.

All’improvviso allungò il braccio e dal rotolo di carta igienica a muro staccò una striscia e se la passò sopra asciugandosela, guardando poi la carta igienica passata sulla sua fessura vulvare. La intravvidi anch’io nella sua mano e mi venne un colpo: era striata di rosa. Ci misi poco a capire che era sporca di sangue.

Vedevo che si guardava anche lo slip, notando un alone rosa.

“Ma che cazzo è …sangue?” Pensai: “Le saranno venute le mestruazioni stasera?” E facendo mente locale con sgomento considerai: “Oppure era vergine e …? Nooo...” Gridai dentro me:

“Non può essere che l’abbia sverginata lui… quel bastardo… Non avrebbe dovuto farlo…”

Ma intanto che aspettavo che lei uscisse dal bagno, ripensando mi venne in mente la penetrazione, il suo spingerlo dentro e poi fermarsi e poi dare un colpo deciso con il bacino, probabilmente era quello per deflorarla: “Quel bastardo lo sapeva allora!” Ragionai: “…se n’era accorto che era vergine e lo ha fatto lo stesso. L’ha sverginata lui…” Pensai ancora: “Bastardo!!” Urlai dentro di me.

Riflettendo ancora pensai: “Forse per questo piangeva alla fine… Si sarà accorta di non essere più vergine e ha pianto…” E considerai con cattiveria: “Comunque lo saprò quando esce e domani quando lo vedrò glielo chiederò…” Ricordo che in quel momento ero tanto arrabbiato che pensai anche: “…se l'ha sverginata lui l’ammazzo!”

A un certo punto Giulia si alzò barcollante e con le mutandine ai piedi facendo passetti si portò sul bidet e allargando le gambe ci si sedette sopra. Con sforzo e lentezza allargò la mano, la mise sotto al dosatore del sapone intimo e premette una infinità di volte, non rendendosi conto di farlo. A seguire apri l’acqua fredda con il getto sulla vulva e se la insaponò tutta, dondolando la testa e guardandosi in giro, come se crollasse dal sonno. presellandosi la vulva e la vagina. Al termine appoggiandosi alla poggia asciugamani, a fatica si tirò su, si asciugò dondolando e tirò lo sciacquone. Si vedeva che ne non era in lei.

In piedi, provando più volte sganciò la chiusura della gonna e tirò giù la cerniera facendola cadere ai piedi assieme alle mutandine e a della sabbia che aveva addosso, poi tolse la camicetta e il reggiseno restando nuda. Appoggiandosi con la mano alle piastrelle per mantenere l’equilibrio alzò le gambe una alla volta e muovendosi le tolse dai piedi e sempre tenendosi a qualcosa andò davanti al lavabo. Volevo intervenire, la vedevo incoerente e incerta nei movimenti, con le palpebre degli occhi che sbatteva aprendole e chiudendole più volte. Appoggiò le mani a braccia tese sul bordo del lavabo e si guardò a lungo nello specchio, chiudendo spesse volte gli occhi, tanto che mi preoccupai che in quello stato si addormentasse in piedi. Poi si riprendeva, come svegliandosi e si riguardava allo specchio. Notai che si scrutava il seno riflesso, lo fissava, si osservava le mammelle arrossate dal segno delle nostre dita nella mungitura e i capezzoli che gli aveva succhiato, farei meglio a dire dove si era allattato quel bastardo, vedendoseli grossi, sporgenti e congesti. E sentendoseli sensibilissimi, se li accarezzò, provando fastidio con una espressione del viso sofferente.

Restando in piedi appoggiata al lavabo per non perdere l’equilibrio e cadere a terra, con lo sguardo stravolto, assente continuando a guardarsi allo specchio e scrutandosi riflessa, probabilmente sopra il mobiletto da bagno la custodia con il suo apparecchio ortodontico. La fissò un po’, poi come ricordandosi si girò tenendosi ad esso e la prese e si rigirò verso lo specchio. La guardò ancora, l’aprì e come ricordandosi in uno dei momenti lucidi, l’aprì e prese il suo apparecchio dentale ortodontico e allargando le gambe per rendersi stabile a fatica barcollando avanti e indietro, provando più volte se lo misi come tutte le sere per correggere il difetto di crescita, ignara o non ricordandosi che quel bastardo le aveva eiaculato in bocca. Si lavò la faccia più volte ma non si svegliò, la sonnolenza che aveva pareva dovesse farla dormire in piedi in qualsiasi momento. Allora bussai leggermente:

“Giulia! Giulia!” Dissi sottovoce.

Lei aprì la porta completamente nuda, mostrandosi a me come se fosse normale, forse non riconoscendomi nemmeno che ero suo fratello.

“Andiamo a letto?” Dissi: “Sono stanco…”

“Sì, ora andiamo.”

Lasciando la porta aperta con lei completamente nuda che silenziosamente barcollando prese dal cassetto una mutandina pulita e alzando la gamba cercava di inforcarne il foro perdendo l’equilibrio. Capii che in quello stato non sarebbe mai riuscita a mettersele, così entrai, mi abbassai e un piede per volta gliele infilai io tirandogliele poi su. Probabilmente quelle tolte erano sporche di sangue e speravo che avrebbe dato la colpa alle mestruazioni o a qualche perdita. 

Aiutata da me raccolse la gonna e la camicetta, lasciando a terra le mutandine e il reggiseno. Accendendo il display dello smartphone e spegnendo la luce del bagno aprii la porta e uscimmo nell’oscurità del corridoio. Io la sorreggevo per l’ascella e tenendosi a me la portai incamera sua. Non c’era più, dormiva in piedi. Accesi l’abatjour tolsi il lenzuolo copriletto e tenendola per le braccia la feci sdraiare.

Stanca si sdraiò nel letto e si coprii con il lenzuolo e spensi la luce.

Piegai la gonna e la camicetta che aveva lasciato cadere a terra in modo ordinato e le misi sulla sedia.

La salutai: “Buonanotte Giulia…” Ma dormiva già. Abbassai la tapparella, uscii e chiusi la porta e appena fuori dalla camera, tirai un sospiro di sollievo, provai come una liberazione

“Fino a qui tutto bene… Mai più! ...Mai più una cosa del genere.” Mi dissi pentito.

“Sono stato un bastardo anch’io e ho rischiato grosso anche se in quello che è accaduto lei era compartecipe. Tutta colpa dell’alcol e dello stimolante che le aveva fatto prendere Lucio, che le aveva fatto perdere la lucidità e non era consapevole di quanto accadeva.”

Tirai un sospiro:

“Ora era in camera che dorme. Dovrò aspettare domani per vedere se quando si sveglierà ricorderà qualcosa e soprattutto cosa dirà. “E mentre continuavo a muovermi nel corridoio pensavo:

“Per fortuna mamma sarà al lavoro domani… così vedrò come reagirà da sola.”

Andai in bagno a mettere a posto, togliere la sabbia dal pavimento, lavarmi e urinare. Raccolsi la mutandina macchiata di sangue verginale di Giulia, assieme al reggiseno che erano a terra e li misi come faceva sempre lei con la sua biancheria intima quando se la toglieva, nella cesta della biancheria sporca. E poi sempre con la luce dello smartphone andai in camera da mia madre dove anche lei per il caldo dormiva solo con le mutandine e con le sue mammelle grosse e libere a vista. Le tirai su il lenzuolo, la coprii e la chiamai quasi sussurrando:

“Mamma!... Mamma!”

Lei già addormentata si voltò, accese l’abatjour e alzò il capo tutta assonnata: “Siamo rientrai.” Dissi.

“Mhmm ahh …va bene… che ora è?”

“Mezzanotte passata…” Dissi mentendo.

“Uhh ma è tardi, vi siete divertiti?”

“Sì, molto!” Replicai falsamente con la coscienza sporca.

“Giulia dov’è?”

“È andata già a letto, ha bevuto un po’!” Dissi ridendo: “…ora dorme.”

“Eh …ha la coscienza sporca per questo non è venuta lei a salutarmi… lo sa che non voglio e non deve bere…”

“Ma era con le amiche... bevono anche loro mamma, siamo giovani… ci divertiamo.” Aggiunsi.

“Nemmeno con loro deve bere Giulia, tu devi controllarla tua sorella… domani poi le parlo io, ora ho sonno. Vai a dormire anche tu Adriano, ciao e buonanotte.”

“Notte mamma.”

“Sì, buonanotte.” E spense l’abatjour.

Andai nella mia cameretta, ero agitato, mi spogliai e sdraiai. Dormii poco quella notte, avevo il sonno interrotto dal rimorso e dalla colpa di quello che era accaduto per causa mia. Lucio l’aveva chiavata e sverginata e io avevo compiuto un incesto. Ero sconvolto, mi svegliavo spesso e di soprassalto, pensavo a quello che era successo, all’amplesso di Giulia sotto il ponte, al piacere che provava e che provavo, alla sua deflorazione da parte di quel tamarro per conseguenza mia. E purtroppo non riuscivo a dimenticare e a dormire.

 

Il mattino dopo quando suonò la sveglia di mia madre alle sei, ero già sveglio dopo una notte tormentata e di malessere. Mi alzai anch’io e nell’uscire da camera mia, la prima cosa che vidi alla luce soffusa del corridoio fu mia madre ancora in mutandine che andava subito alla porta della camera di Giulia a controllare. L’’aprì lentamente ma era buia con le tapparelle giù come le avevo messe io e la osservò dormire. Voleva entrare ma io poco distante da lei intuendo la sua intenzione bisbigliai:

“Lasciala dormire che sarà stanca… sono le sei…” 

Lei voltandosi e vedendomi, sorpresa, si coprì con l’avambraccio il seno nudo e sussurrò:

“Ma ha il lenzuolo per terra!” Giustificò il suo voler entrare.

“Avrà caldo, quando si alzerà lo metterà a posto, ora se entri rischi di svegliarla.” La consigliai.

Richiuse piano la porta guardandomi e si avviò verso il bagno sempre con l’avambraccio sul seno:

“Ti faccio il caffè mamma!” Sussurrai.

“Ma non torni a letto? Come mai sei già in piedi a quest’ora tu che sei un dormiglione peggio di tua sorella?” Mi domandò nel vedermi in piedi a quell’ora.

“La sveglia ha destato anche me.” Borbottai: “No… non ho più sonno, non tornerò a letto, mi metterò a studiare un po’.”

Mia madre non disse nulla, si raccomandò solo: “Ricordati che questa mattina visto che papà è fuori città per lavoro, devi andare dalla segretaria nello studio medico del nostro dottore a ritirare le ricette per i farmaci del mio mal di schiena.”

“Sì, certo mamma!” Risposi.

Intanto che mamma era nel bagno a praticare le sue necessità mattutine e apprestarsi a truccarsi il viso, preparai il caffè e quando uscì andò subito in camera sua a vestirsi e poi venne in cucina e lo bevemmo. Quando fu pronta l’accompagnai alla porta e ci salutammo con il bacino sulla guancia e le sue raccomandazioni per la giornata, come al solito.”

Tornai in cucina a riflettere su quello che era accaduto e che avevo compiuto la sera prima, ed ero sconvolto, mi sentivo un verme a ricordare… avevo concesso fisicamente e sessualmente mia sorella a quel balordo. Ne ero stato complice e l’avevo posseduta anch’io compiendo un incesto, oltre che lui a esercitare atti di libidine sul suo corpo e il viso.

Restai in cucina a ragionare, avevo paura, pensavo sempre a quel bastardo mentre la possedeva e mi sentivo schifato e turbato al punto di dubitare che potesse essere accaduto realmente. Mi affiggevo su quello che consideravo, che l’aveva sverginata fisicamente.

Meditai, fu in quel momento che mi resi conto di quanto subdolo fosse quel ragazzo, che era sporco e marcio dentro. Subito volevo reagire, andare da lui e litigarci, prenderlo a pugni e spaccargli la faccia, ma ragionai che forse era meglio di no. Avevo paura fisicamente di lui, era più grande e forte di me e se anche l’avessi fatto, non potevo più fare niente per ritornare indietro e ridare la verginità a mia sorella e pensai che era meglio lasciare finire tutto così, prima di creare problemi più grandi. L’unica cosa era allontanarlo e non rivederlo mai più quel bastardo di Lucio e glielo avrei detto in faccia appena ci saremmo sentiti. Aveva tradito la mia amicizia e la mia fiducia, con lui avrei troncato ogni rapporto.

Ma il problema in quel momento era un altro, Lucio ormai era diventato il passato, l’accaduto purtroppo, ma era quello che dovevo ancora affrontare e che doveva ancora succedere che mi preoccupava. Era il confronto con mia sorella appena si fosse svegliata, avevo paura di lei, di affrontare la sua reazione:

“Quando si sveglierà come reagirà?” Mi chiedevo: “Rammenterà?... Piangerà? Urlerà? Si ricorderà tutto? E che le dirò io?” Avevo il batticuore e la tensione alle stelle e pensavo e ripassavo mentalmente cosa dire e rispondere: “Se mi chiederà questo, risponderò così. Se invece vorrà sapere quello… dirò in quell’altro modo…”

Verso le 10.00 mi chiamò mia madre chiedendomi di Giulia.

“È ancora a letto!” Le comunicai.

“Ancoraaa? ...” Esclamò: “...Ma sta diventando una dormigliona sta ragazza.” Rispose.

“E va be mamma, lasciala dormire ancora un po’, sarà stanca, ieri sera si è divertita e a bevuto un po’…” Replicai.

“Eh, bevuto un po’…! Non deve bere e tu cosa c’eri a fare? Sai che devi controllarla tua sorella, proteggerla quando è con te…”

A quelle parole m sentii ancora di più un verme e vigliacco, avevo tradito la fiducia di tutti, i miei genitori l’avevano affidata a me e io… io complice avevo lasciato che Lucio la stimolasse a bere alcolici e la possedesse… Mi sentivo un ragazzo spregevole, vile…

“Ehh va be, dai mamma…” Dissi cercando di nascondere il mio malessere:” … ci sono ragazze che fanno di peggio lo sai anche tu. Una bevutina in compagnia ogni tanto cosa vuoi che sia…? Diventano più allegre, disinibite, non starle a dirle niente se no ci resta male.” La esortai.

“Va be…” Brontolò. “Difendila sempre tu…” E rise.

Parlammo del più e del meno informandomi che aveva sentito il papà e ancora ricordandomi di passare nello studio del nostro dottore.

Quando chiusi la chiamata, dopo pochi minuti sentii il rumore della tapparella della camera di Giulia alzarsi. Teso non mi mossi restai fermo seduto nel soggiorno ad aspettare fingendo di leggere. Poco dopo comparve dallo stipite della porta. La vidi con la coda dell’occhio, mi voltai e fingendo di trasalire le sorrisi esclamando:

“Buongiorno dormigliona! “Lei era assonnata e seria.

“Che ora è?” Chiese.

“Quasi le dieci! Hai dormito parecchio…” Dissi sempre sorridendo forzatamente, cercando di apparire calmo e controllato mentre il cuore mi batteva fortissimo e le mani nel tenere la rivista tremolavano sopra di essa… Lei restò in silenzio.

Per non presentarsi a torace nudo, si era messa una canotta da camera larga, forse di mamma che le copriva il seno lasciandolo libero sotto di essa e aperta alle ascelle che le arrivava alle costole.

“Ho mal di testa!” Pronunciò osservandosi attorno e portandosi una mano sul capo.

“Embè ... ieri sera hai bevuto un po’ e ti sei divertita alla sagra.” Affermai mascherando l’apprensione.

Come riflettendo domandò: “Ma tu c’eri? Sei arrivato? A che ora sono rientrata?”

“Non ricordi? Certo che c’ero, sono arrivato un’ora dopo, verso le 23.00 Flavio m’ha tenuto a parlare con lui, ho dovuto consolarlo… quando sono arrivato siamo stati assieme tutti e tre e siamo rientrati dopo mezzanotte!” La informai sorridendo, aggiungendo sarcastico riferendomi anche a lei: “Qui tutti litigano con i ragazzi, Flavio con la sua fidanzata, tu con il tuo Marco… mamma con papà.”

“Hanno litigato ancora papà e mamma?” Mi chiese.

“Si come al solito quando lui si allontana e va a lavorare fuori regione, lei dice che ha l’amante e sorrisi.”

Con quella parentesi genitoriale, pensavo di aver deviato il discorso su di lei e invece domandò all’improvviso:

“Sono rientrata da sola?” Toccandosi l’apparecchio ortodontico sui denti con le dita, forse nello stato in cui era la sera precedente l’aveva posizionato male.

“No! Io sono venuto prima e dopo sei arrivata tu! Ti ha accompagnato Lucio con il suo scooter e siate arrivati a casa che tu eri un po’ brilla…” E sorrisi ancora “…e mamma già a letto perché era stanca. Perché?” Domandai.

“Non mi ricordo…” Esclamò scuotendo il capo spettinato e con il viso stanco. Ricordo la festa, che ero in moto con lui ... e poi la tua faccia.

“Soffri già di amnesia a questa età?” Ribattei ridendo. “Come non ti ricordi?” Aggiunsi fingendomi stupito.

“Eh non mi ricordo tutto, ho confusione e mal di testa! ...mi sento intontita.” Esclamò infastidita della mia battuta, proseguendo: “So che ero alla sagra con Lucio, abbiamo mangiato poi ballato intanto che ti aspettavamo…”

“E bevuto…” Aggiunsi io…

Vedevo che con le dita si toccava il sesso sfregandoci le dita sopra… come se le facesse male… o le desse fastidio.

“Ma non ricordi proprio niente?” Le domandai ancora sorridendo ma fingendomi sorpreso.

“Ma sì… qualcosa sì, ho come dei flash…dei ricordi confusi, mi rammento la spiaggia e lui… che ero in spiaggia con Lucio.” Affermò.

“In spiaggia?” Ripetei non sapendo che dire, ma subito pronto continuai sempre sorridendo: “Per questo eri sporca di sabbia nei sandali e hai sporcato il bagno quando sei rientrata, che ho già pulito io. Probabilmente nell’attesa che arrivassi io avrete fatto una passeggiata… la spiaggia era solo a duecento metri dalla piazza.” Dichiarai preoccupato e teso iniziando ad aver paura...”

“In spiaggia da sola con lui? Ma figurati… non ci sarei mai andata…” Esclamò contrariata della mia risposta non ritenendo possibile che lei fosse andata al buio da sola con Lucio sull’arenile. “E cosa ci sarei andata a fare? E perché ero piena di sabbia?” Domandò ancora.

Pur essendomi preparato mentalmente, a parlarle direttamente e a rispondere a sue eventuali domande mi sentivo a disagio, bloccato, non sapevo che dire, ormai dentro di me ero in preda alla paura e al nervosismo, mi resi conto che avrei dovuto negare invece di assecondare il suo ricordo sulla spiaggia.

“Non so allora…” Mormorai… “Ma non ricordi proprio?” Ripetei.

“Ricordo che ero in spiaggia con lui, c’era buio e…”

“E…???” Ripetei io guardandola.

Non rispose, restò in silenzio, vidi che portò la mano sul seno a toccarselo come se fosse indolenzito … lo accarezzava come a lenire la sofferenza che le dava: “Mi fa male!” Esclamò sfiorandolo.

Fingendo di guardare la scollatura estesa anteriormente della canotta domandai: “Cosa sono quei segni?”

“Quali? Questi?” Ribatté abbassando il capo, tirando un poco giù il tessuto senza scoprire il capezzolo e guardandosi la mammella, vedendoli anche lei e segnandomeli con il dito.

Mi alzai e avvicinai passandoci il dito sopra la pelle:

“È irritazione Giulia, forse qualche colpo... c’era gente alla sagra…” Replicai: “…tanta che non si poteva camminare… e qualcuno nella calca ti avrà urtato...”

“Forse… probabile.” Rispose svigorita e sconfortata continuando a toccarsi il seno mentre portava l’altra mano sui capelli:” Vado a farmi una doccia!”

“Sì così ti passa anche il mal di testa.” La incoraggiai.

Mi trovavo nel paradosso di dover giustificare tutto, di difendere Lucio per non farle apparire quello che le aveva fatto realmente, di proteggere lui invece di dire la verità e proteggere mia sorella e denunciarlo… Dovevo salvare lui, per non finire anch’io in quella verità scomoda che se fosse venuta a galla, sarebbe stato uno scandalo, la rovina per me e tutta la famiglia. E mi sentivo impotente.

Si infilò nel bagno e quando sentii lo scroscio dell’acqua della doccia, non tentai di spiarla come avevo fatto altre volte in passato dalla porta socchiusa o dal buco della serratura, ma in preda alla tensione e al timore andai a controllare subito in camera sua e vidi i vestiti ripiegati sulla sedia come li avevo lasciati io. Alla luce del giorno si notava che erano stropicciati con un po’ di sabbia nelle pieghe e anche il pavimento sotto la sedia lo era. Guardai sul suo cuscino e anche lì vi erano molti granelli. Pensai: “Per forza di cose pensa di essere stata alla spiaggia, con tutta quella sabbia dappertutto. E ora che faccio? E se si accorge di non essere più vergine? Che le dico?”

Sempre più preoccupato tornai a sedermi in soggiorno, tornando a fingere di leggere e dopo un buon quarto d’ora la vidi passare quasi di corsa fasciata nel suo asciugamano di spugna rosa, stringendo in una mano avvolte malamente le mutandine bianche sporche di sangue, entrare in camera sua e chiudersi. E dopo un buon altri venti minuti uscirne vestita.

“Ti ho preparato la colazione Giulia, io esco… vado nello studio del medico a ritirare le ricette a mamma, vuoi venire con me?” Domandai.

“No… no… non ho voglia di uscire resto a casa!” Rispose afflitta in volto. “Metto in ordine le mie cose in camera e mi riordino il letto.” Affermò, aggiungendo: “Avevo i capelli pieni di sabbia…”

“I capelli? ...” Ribattei fingendomi stupito.

“Sì…! Come se avessi appoggiato la testa sulla sabbia.” Replicò come a cercare una risposta da me.

Subito pronto ribattei:” Magari alla sagra o alla spiaggia qualche ragazzino o qualcuno scherzando te la tirata da dietro e non te ne sei accorta?”

“No…non credo!” Rispose lei:” Ce l’avevo anche nella schiena.”

Non sapevo cosa dire e non dissi più nulla prima di pronunciare qualche sproposito e risposi:

“Io vado dal dottore!... Ricordati di chiamare mamma che è da ieri che non ti vede.”

“Sì, va bene!”

Ci salutammo e uscii. 

Feci un po’ di strada e quando fui distante due isolati da casa mia sospirai, chiamai subito Lucio al telefono e appena mi rispose lo informai preoccupato e poi inveii contro di lui.

“Si è svegliata…” Gli dissi:” … si ricorda della spiaggia, di te, si è fatta la doccia e ha visto che aveva i capelli pieni di sabbia, credo che sospetti qualcosa… “Aggiungendo subito dopo:” … Sei un bastardo, l’hai sverginata! Lo sapevi che era vergine perché l’hai fatto?  Se ne sarà accorta sicuramente, aveva gli slip bianchi macchiati di rosa sangue e se li è visti quando era sul water seduta con essi alle ginocchia, li aveva davanti al naso, chiunque l’avrebbe visti. Anche quando si è cambiata le mutandine le ha riguardate… Se ne sarà accorta senz’altro!” Ripetei agitato.

“Stai calmo… stai calmo, non stare a fare cazzate a tradirti da solo, anche se sospetta di me e sa, era consenziente, avevamo bevuto tutti e due e quindi non può fare niente se non prendere atto di quello che sa già… Non fare lo stupido di tradirti da solo di dire e ammettere qualcosa che ti chiede, nega, nega sempre tutto, tu devi dire come ci  siamo accordati, che non sai niente, che come le hai detto non c’eri, che sei arrivato alle 23 e che non sai cosa è accaduto prima, se noi eravamo già stati e tornati dalla spiaggia… E non farti scappare qualcosa che possa farla pensare e che riconduce a te. Riguardo alla macchia rosa sulle mutandine, se ti chiedesse qualcosa o te le facesse vedere, tu dille che saranno le mestruazioni o qualche perdita vaginale, che non credi assolutamente che sia sangue verginale. Che non sai!”

Sempre agitato, con il traffico intorno che passava, replicai subito: “…Dimmi un po’ una cosa, sapevi che era vergine mia sorella quando l’hai penetrata…? Te n’eri accorto? Perché non ti sei fermato? L’hai voluta sverginare volutamente, l’hai rovinata… Sei un bastardo…” Gli urlai allo smartphone.

“Ehi vacci piano con le parole… Lei ci stava, le piaceva e quando le accarezzavo le cosce e la figa allargava le gambe, chiunque l’avrebbe chiavata in quel momento, chi andava a pensare che a quell’età lì era ancora vergine…”

“Sì, lo era e lo sapevi, te l’avevo anche detto che lo era…”

“Tu mi hai detto che pensavi che fosse vergine, ma una che esce quasi tre anni con un ragazzo e a quasi 19 anni è ancora vergine, o è un cesso di ragazza oppure il suo ragazzo è un finocchietto, propendo per la seconda ipotesi visto che lei è una bella ragazza.” Fece una pausa e proseguì: “E poi ero eccitato e anche lei ed è avvenuto quasi tutto spontaneo da solo, lei ha allargato le gambe e io gliel'ho infilato…”

“Ma quando l’hai penetrata, hai sentito che non entrava e invece di fermarti hai spinto più forte, perché?”

“Perché…perché! …Si!” Rispose deciso, facendomi avere una stretta al cuore.” L’ho sverginata intenzionalmente, l'ho fatta diventare donna. Te l’ho detto, eravamo eccitati tutti, anche te…”

“Quindi l’hai sverginata volontariamente ieri sera?” Gli chiesi arrabbiato e disperato.

“Certo!” Rispose: “È vero, era ancora vergine… ma io ero eccitato e lei è una bellissima figa, e anche lei e ci stava, le piaceva farsela toccare, hai visto anche tu come sono andate le cose…”

“Comunque non dovevi…” Replicai incazzato: “…lei era smarrita… aveva bevuto, quando ti sei accorto che era vergine ti dovevi fermare e toglierlo e invece hai continuato.”

Sentii la sua voce farsi seria e cambiare tono: “Ma io pensavo che tu lo sapevi! Ed eri d’accordo.”

“Come? Cosa? Io d’accordo a far sverginare mia sorella? Non dire queste falsità Lucio… lo sai bene che io non volevo, eravamo d’accordo che le leccavi soltanto la figa e basta. No… non lo sapevo che volevi chiavarla… se no non avrei voluto, te l’avrei impedito.” Ribadii.

“Ma cosa cambia? …” Replicò lui per calmarmi: “…Va bene, era vergine, l’ho sverginata io, abbiamo chiavato, l’ho fatta godere, hai visto anche tu… le piaceva e anche se si accorge di non esserlo più e capisce che sono stato io, tu cosa centri? Ne prenderà atto…”

Ero disperato e lui se ne accorse al telefono dicendomi: “Stai calmo… non ti agitare e dire cazzate, dille soltanto quello che ti ho detto, che tu non sai niente della spiaggia, che quando sei arrivato ci hai trovati seduti a un tavolo a bere…”

“Ma perché l’hai sverginata… perché? Se ricorda e dice quello che è successo, guai, scoppia un casino.”

“Calmati, calmati che non se ne accorgerà e non scoppierà nessun casino. Avrà solo dei flash, dei ricordi mentali, tu continua a dirle quello che ti ho detto, non avere paura vedrai che in pochi giorni il ricordo le passerà e se ne starà così com’è, non è mica l’unica ragazza che non è più vergine. Anche se pensa qualcosa di quello accaduto realmente, non farà niente, non ricorderà pienamente e vedrai che non dirà nulla! In questi casi se parlano o reagiscono lo fanno subito nei primi giorni, quindi attendi con calma e poi hai visto anche tu… godeva.” Continuava a dire, come se il fatto che avesse goduto ci sollevava dalle nostre responsabilità perverse e delinquenziali.

Ero arrabbiatissimo. E in preda al pentimento e gli risposi: “Comunque sei un bastardo Lucio, non cercarmi mai più che non voglio più parlare con te, né averci niente a che fare…” Dicendole ancora:

“Quando ritornerò a casa le dirò tutta la verità… ne parleremo anche con mia madre, andremo alla polizia a denunciarti… non posso vivere in questa condizione.”

“A denunciarmi? … A denunciarti vorrai dire o a denunciare tutti e due, così salterà fuori che hai chivata anche tu tua sorella, sai che bella pubblicità sui giornali… Se andrete alla polizia io dirò che ero ubriaco come lei e non capivo cosa facevo, che lei c’è stata, anzi ha voluto essere chiavata e che tu hai organizzato tutto... e l’hai chiavata anche tu… suo fratello”

“Sei un bastardo Lucio… sai bene che non sono andate così le cose…”

Presi coraggio e approfittando della discussione e di quello accaduto ripetei in poche parole:

“Comunque ci ho pensato… io e te non dobbiamo vederci mai più, quello che ho fatto è ignobile, mi disprezzo. Non voglio più incontrati.”

Lui prese atto senza cercare di farmi desistere dal mio proposito, accettandolo come se non gli interessasse più niente di me, della nostra amicizia e di mia sorella, dopo aver ottenuto quello che voleva.

“…Come vuoi …” Rispose: “...ma stai tranquillo e calmo, non fare cazzate, non essere tu a farti scoprire, nega sempre tutto, io non parlerò mai di te… vedrai che tra qualche giorno sarà tutto diverso da ora e guarderemo avanti al futuro.”

Lo salutai freddamente e chiusi la comunicazione e tirai un sospiro di sollievo. Con Lucio avevo chiuso definitivamente e per sempre, anche se mi era costato caro e quel bastardo si era non solo chiavato, ma aveva deflorato anche mia sorella. Sapevo che avevo sbagliato, ero pentito e disperato avevo il rimorso, ma in quel momento dovevo solo girare pagina per me e Giulia e gestire il seguito, il dopo… pensai.   

Poco prima di mezzogiorno sempre preoccupato e timoroso di Giulia e di andare a casa con il rischio e la preoccupazione che avesse ricordato qualcos’altro, chiamai mia madre con la motivazione di informarla che ero stato nello studio medico e avevo ritirato la sua ricetta.

“Ciao ma…” Esclamai: “…tutto a posto, ho preso le ricette, se vuoi passo in farmacia a ritirare i farmaci…”

“Sì, grazie Adriano…” Rispose.

“A proposito mamma, ti ha chiamato Giulia?” Domandai facendo finta di nulla.

“Sì… era stanca… e indolenzita dappertutto…”

“Eh ieri sera ha fatto festa…” Risposi sconfortato e avvilito io per giustificarle quel malessere. “Cosa ti ha detto di ieri sera?” Domandai teso e preoccupato.

“Niente di particolare, che prima è stata sola con questo ragazzo nuovo, Lucio mi pare abbia detto che si chiama ad aspettarti e che hanno passato la serata insieme alla sagra e poi sei arrivato tu. Ma tu lo conosci questo tipo?” …Mi domandò.

“No!” Risposi: “Solo di vista, fa parte di una associazione di cani abbandonati. Non è uno che bazzica la compagnia.”

“Ma speriamo bene, comunque deve essere un bravo ragazzo se no Giulia me lo avrebbe detto. E tu che sei più grande stalle dietro. controlla tua sorella… la devi proteggere.”

“Ma sì mamma stai tranquilla…” Replicai deglutendo saliva e amaro per il mio comportamento, e lei aggiunse:

“Mi ha detto che l’ha chiamata Marco poco fa dicendole che rientra il due settembre dalle vacanze. Niente di particolare il solito.”

“Hanno fatto pace?” Chiesi.

“Mah... sembra di sì, si lasciano, si riprendono, si vede proprio che sono innamorati e gelosi l’uno dell’altro.” Mi informò.

“E papà?” Chiesi io:” Ti ha chiamata?”

“Lascia perdere, non rovinarmi la giornata parlando di tuo padre, sarà dalla sua bella a Verona…” E ci salutammo.

Rinfrancato e quasi felice di come stavano andando le cose, ma soprattutto di aver rotto definitivamente con Lucio tornai a casa, quando rientrai, mia sorella non mi disse più niente di quello che mi aveva informato appena alzata, però la vedevo pensosa ed estraniata.

“Ho sentito la mamma, le ho preso le medicine, le metto qui se te le chiedesse…”

E le posai sulla credenza e poi la informai: “Mi ha detto mamma che ti ha telefonato Marco…”

“Ohh...” Esclamò girando gli occhi in alto: “Sì…!” Rispose.

“Avete fatto la pace?” … Domandai: “…siete ritornati assieme?”

Sorrise e annuì con la testa e rispose: “Sì! Ritorna il due settembre…”

“Bene sono contento che ritorniate assieme …” Asserii.

Lei mi guardò e sorrise.

Preparammo qualcosa per il pranzo, poi andai in bagno e mi chiusi dentro, cercai agitato i suoi slip macchiati nella cesta della biancheria sporca dove li metteva di solito e dove li avevo messi io, ma non c’erano. Aprii l’oblò e guardai dentro il cestello della lavatrice, ma non li trovai, non c’erano. Non li cercavo per masturbarmi come era capitato altre volte, ma solo per sapere se lei avesse preso consapevolezza che era stata sverginata…

Quando il pomeriggio uscì per incontrarsi con le amiche, andai subito nella sua cameretta, a cercarle anche lì, ma nemmeno lì trovai nulla, né dedussi allora che le aveva fatte sparire lei gettandole via da qualche parte; che probabilmente si era accorta che erano sporche di sangue vaginale e che fosse stata deflorata e non voleva farle vedere a nostra madre. Ero certo che era consapevole che era stata sverginata visto che non aveva le mestruazioni in quel periodo e intuii ripensandoci che probabilmente sospettasse di Lucio, che fosse certa che fosse lui, visto che ricordava la spiaggia buia associandola a lui, anche se non ne era sicura e non aveva prove certe che fosse realmente successo quello che pensava lei.

 

I giorni seguenti passarono nell’apprensione, lei era sempre pensierosa e malinconica e io sempre teso, avevo paura che ricordasse e dicesse qualcosa di più, in quelli che Lucio chiamava suoi flash mentali.

Purtroppo quella sera era successo qualcosa che avrebbe cambiato la vita per sempre a me e mia sorella a conseguenza di quell’atto ignobile. Ero pervaso da un misto di disperazione ed eccitazione che mi afferrava e non mi lasciava neppure in quella situazione disperata in cui mi vergognavo di me stesso per aver avuto e avere ancora pensieri intrusivi, non voluti e sporchi su di lei dopo essere stata posseduta da Lucio e condivisa con me.

Giulia non conosceva l’amara verità ... intuiva certamente di avere avuto un rapporto sessuale con Lucio e di non essere più vergine ed ero certo che pensasse che Lucio avesse approfittato di lei e avuto un rapporto sessuale non consensuale, anche se non ricordava bene i dettagli. Ma non disse mai nulla, non ne parlò mai con mia madre né con altri, forse sentendosi colpevole anche lei per quello che le era accaduto e spesso a casa quando eravamo soli si avvicinava chiedendomi qualcosa di specifico a riguardo.

 

 

 

 

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