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STORIE E RACCONTI EROTICI
VIETATI AI MINORI DI 18 ANNI
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LA DEGERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE
VIETATO AI MINORI DI 18 ANNI.
DEGENERAZIONE DI UNA MOGLIE FEDELE.
NOTE:
“Esibire e fare ammirare… Ciò che non si osserva non esiste... L’immaginazione sola non basta, quando nell’ammirare l’aspetto di una donna c’è il desiderio della carnalità…ci vuole di più,
l’esibizione delle nudità del corpo…”
(Un marito voyeur.)
Cap 4 AL BAR.
Appena partititi Roberta continuò ad essere presa dal rimorso
“Diooo!! Dobbiamo essere pazzi a uscire in questo modo...!” Lamentò mentre guidavo. Ma era
eccitata anche lei lo sentivo dal tono rotto della sua voce e dal respiro.
“Sbottonati, allarga il soprabito! Dai!! “La esortai concitato.
Si guardò attorno per istinto mentre l’auto correva e lo fece, aprì il soprabito, mostrandosi a me in quel vestitino rosso, seduta e sgambata in quelle calze di seta nera tenute su dal reggicalze. Era molto sensuale Roberta e volgarmente erotica.
Guidando, aprendo maggiormente il soprabito le accarezzai la coscia, su, verso l’alto, fino alla fine della calza per arrivare sulla sua pelle pallida, liscia e morbida e sul suo sesso. Lo toccai sopra il triangolino di seta del tanga, lei eccitata non mi fermava, lasciava fare. Lo sentii caldo e già umido. Infervorato rallentai e mi fermai, le accarezzai il collo e scesi con la mano sul seno.
“Toglilo dai!” Le sussurrai.
“Toglierlo? Perché?... “Chiese stupita rispondendosi da sola:” No! Dai… Carlo non facciamo queste cose. Non voglio! intanto sono già fuori, è aperto davanti lo sai.” Rispose contrariata.
Ma io insistetti:
“Toglilo su! Perché voglio vedere come ti sta il vestitino senza soprabito, ti ricopri con il tessuto!” La sollecitai.
“Ma così, con questo abitino, si vede subito che ho il reggiseno! “Esclamò.
“E chi ti deve vedere se non io? Non c’è nessuno ...” Le risposi sorridendo.” Anzi togliti pure il reggiseno, resta senza, che intanto non lo saprà nessuno che l’hai tolto e sei senza se non io e te.”
“Si però vai, via da qui!” Esclamò mia moglie timorosa ed eccitata. E si guardò in giro mentre ripresi a viaggiare.
Per la strada non c'era nessuno, solo auto ferme e lampioni accesi. E sempre su mia sollecitazione, in un esercizio da contorsionista, spostandosi con il busto in
avanti verso il parabrezza e tirandolo dietro per le maniche tolse il soprabito, lasciandolo aperto sullo schienale e il sedile con lei seduta sopra. In un attimo sganciò l'anello dorato dietro al collo e tirò giù la parte anteriore e superiore del vestitino rosso, restando con le sue belle mammelle fuori su quel reggiseno aperto e subito veloce lo sganciò e lo tolse, facendole cadere in giù pendenti eroticamente; e immediatamente con vergogna si riscoprì con il vestito, agganciandolo nuovamente dietro il collo.
Per un attimo nella penombra dell’abitacolo, al chiarore dei lampioni e al passaggio dell’auto sotto di essi, vidi quelle sue meravigliose mammelle nude ed eccitate, gonfie e pallide con le areole e i capezzoli rosa e turgidi.
Sapevo che quella situazione eccitava anche lei e i suoi capezzoli turgidi ne erano la dimostrazione.
Il vino a tavola, ci aveva un po' disinibito e resi euforici. Piegò e mise quel reggiseno nella
borsetta.
Ero felice ed eccitato, e lo era anche lei, anche se si mostrava preoccupata, ogni tanto rideva e
ripeteva:” Ma siamo pazzi Carlo!! Guarda come sono conciata a quarant’anni passati ...e tu cinquantenne… tu fai uscire tua moglie vestita così!!... Come una di quelle!?“E ridevamo.
Intanto che guidavo, infilai ancora la mano sotto il gonnellino, sfiorando le calze e poi le cosce ricoperte di seta e salii fino sulla stoffa del tanga, lei seppur contraria, si lasciava toccare, le piaceva.
La sentii ancora più calda ed eccitata alle mie dita sul su il suo pube e strinse le gambe:
“No.…non qui Carlo e non in questo modo dai! Lo facciamo poi a casa!” Esclamò timorosa che volessi possederla in auto.
“D’accordo!” Dissi E ripresi a guidare e mentre viaggiamo lei ormai senza soprabito e reggiseno esclamò:
“Bbrrrrrrrrrrr!!! La serata è fresca però!”
“Sei sempre freddolosa tu! Intanto restiamo in auto e al ritorno a casa ti riscaldo bene io!” Risposi con un sorriso accendendo lo stereo e il riscaldamento per farla stare meglio.
Viaggiavamo nel buio, tra fari d’auto che ci venivano incontro e lampioni accesi che sfrecciavano lateralmente con qualche passante sul marciapiede che vedevamo veloce scomparire. Mi avviai verso la periferia nord, dove senz'altro non ci avrebbe conosciuto nessuno e girammo un po' in auto guardando i marciapiedi vuoti e le vetrine spente passare di fianco a noi.
Ero esaltato, accaldato e tachicardico da quella situazione.
Frugai nelle tasche, presi il pacchetto e mi accese nervosamente una sigaretta.
Rilassati attraversammo Milano ascoltando la musica della radio e guardandoci in giro, e man mano che ci allontanavano dal centro, dalle sue luci e le sue vetrine, le strade diventavano deserte, larghe e grigie, con i grossi stradoni di periferia illuminati dai lampioni e grandi contenitori di spazzatura a vista sui bordi dei marciapiedi. A un certo punto non c'era più gente per strada, le auto erano quasi scomparse, si vedeva qualche faro in lontananza che spariva.
Raggiungemmo, l’altra parte della città, quella nord, l’opposta a dove abitavano noi, che non
conoscevano, pur essendo milanesi non eravamo mai stati in quelle zone, e senza rendercene conto eravamo finiti in un quartiere poco raccomandabile.
Eravamo allegri per il vino anche se un po' preoccupati per la nostra trasgressione, essere fuori con Roberta vestita in quel modo, ma ci scambiavano baci e strette di mano, guardandoci negli occhi come due innamorati quali eravamo ancora.
Mentre guidavo la scrutai nell’abitacolo intenta con lo sguardo a osservare fuori le strade.
“Sei bellissima così! Eccitante e arrapante!” Le sussurrai gioioso.
Si voltò guardandomi dolcemente:
“Eh figuriamoci!! C'è ne meglio di me in giro... e poi conciata cosi sono volgare, non sono io e mi vergogno. “
Esclamò.
“Nessuna vergogna con me amore. Sono tuo marito e poi qui siamo nella periferia nord e sono già le 22.30 e stai tranquilla che non ci riconoscerà nessuno.”
Giunti in periferia, girando in auto per quelle strade deserte, vidi le luci accese di un locale ancora aperto. Fuori capeggiava una insegna rettangolare, classica e fuori moda…ormai stanca del suo essere stata utile, lampeggiava come per spegnersi, lasciando al buio anche quegli angoli che sino a quel momento aveva illuminato. Le sue luci e scritte arrotondate, capeggiavano in una linea color fucsia, con sfumature violacee componendosi in un corsivo unico e semi-elegante nella parola
“Bar Rocco. “
Era impossibile non notarla...strana, particolare nel suo essere sola sopra quel muro, su cui
probabilmente tante schiene di nulla facenti e balordi durante le giornate belle o nelle serate calde trovavano appoggio e sostegno nel loro cazzeggiare ...
L’interno era semivuoto e si intravvedevano tra le grandi vetrine che davano sulla strada, alcuni clienti seduti. Probabilmente era al limite della chiusura. Passando rallentai guardando con attenzione, era un bar di periferia con poca gente e tutti uomini e maturi, che chiacchieravano o giocavano a carte.
Appena lo superai, mi fermai e misi la retromarcia, tornando un poco indietro, posteggiando di lato davanti alla grande vetrata da dove dall'esterno si vedevano gli avventori seduti.
“Cosa fai?” Mi chiese Roberta stupita della mia retromarcia.
Non risposi, ma in quel momento fui preso da un inspiegabile desiderio di andarci, entrare con lei in quel bar.
“Dai andiamo in quel bar lì, a bere qualcosa…” Le disse alzando il mento indicando il locale alla
nostra destra con un gesto del capo.
“Ma sei pazzoo Carlo!!! Conciata così? Non vedi come sono vestita !!” Rispose scandalizzata da quella richiesta.
“Sono solo quattro vecchi, non c'è nessun altro dentro!” Ribadii io.
“No! Non vengo! Non scendo così! Con questa roba ...” Ribatté lei.
“Ma beviamo qualcosa e poi c'è ne andiamo a casa, dai!” La esortai nuovamente.
“No-o-o-o-! Non vedi che c'è gente!” Disse ancora.
“Ma che gente, sta per chiudere, ci sono quattro vecchi dai scendiamo!” Esclamai deciso ed
eccitato aprendo la mia portiera.
“Ma perché dobbiamo scendere e andare in quel bar ??” Chiese irritata. “Mi vergogno lo sai!” Si rispose da sola agitata.
“Oh segnur! “Esclamai io in dialetto:” Ma se sono solo quattro vecchi… dai!!”
“No! ...È tardi!” Ripeté:” Torniamo a casa!”
Ma io eccitato e accaldato dalla serata e dalla situazione, aprii di più la portiera e misi il piede fuori.
“No! No! Carlo! …Carloo!! No!! Non voglio che scendi!!” Esclamò autoritaria.
Ma incurante delle sue parole uscii sbattendo la portiera dietro me, feci il giro dell'auto e andai dalla sua parte e aprii la sua portiera.
Roberta non voleva, si vergognava davvero e aveva paura a scendere che quegli uomini la
Vedessero e la guardassero, anche se quella situazione l’intrigava.
“Ma dai…” Dissi io:” ...ci prendiamo qualcosa da bere e andiamo via subito, non vedi che sta quasi per chiudere il bar.” Affermai, aggiungendo: “Federico sarà fuori con Valentina!”
Lei mi guardò seccata ribollendo di rabbia dentro:
“Ma tu sei pazzo! Sai come sono conciata e mi fai uscire così? Ma sono tua moglie sai!! Te lo
ricordi almeno!!!” Esclamò.
“Si lo so che sei mia moglie ...” Dissi ridendo:” ...me lo ricordo benissimo, ed è per questo che
voglio che vieni con me a bere qualcosa. Se non vogliamo il caffè che oramai è tardi, prendiamo un amaro per digerire, visto che la cena che hai preparata è stata buona e pastosa… o un liquorino, anche se non siamo abituati per una sera possiamo farlo!” E risi ancora.
Mi guardò di traverso, si era pentita e si vergognava di essere uscita così da casa e si sentiva nuda.
“Non fare lo stupido Carlo …Torniamo a casa dai! ...Mi avevi promesso solo un giro!” Esclamò.
A quel punto le risposi:
“Beh...io vado a bere qualcosa tu fai come vuoi, se vuoi restare in macchina da sola, restaci!”
Mi girai chiudendo la sua portiera e mi avviai lungo il marciapiede.
Lei spaventata di rimanere sola in quella zona mi chiamò:” Carlo! Carlooo !!...Aspettami che vengo!” Disse aprendo la portiera e mettendo il piede fuori con quella scarpetta rossa di vernice con la zeppa e dal tacco lunghissimo, e di seguito la sua gamba fino alla coscia, mostrando la fascia e le pinze del reggicalze, cercando di tirare più giù possibile la
gonna, che era oltre la metà coscia.
Tornai indietro con un sorriso vittorioso, allungando la mano presi la sua e l'aiutai ad alzarsi e a scendere.
E così, tra la mia insistenza e resistenza da parte sua, la convinsi con riluttanza a venire. La guardai in viso e sorrise forzatamente, e mi accorsi che era turbata davvero, tesa ed eccitata
anche lei di scendere conciata in quel modo.
“Entriamo soltanto un momento!” Sussurrò.
“Solo un momento, il tempo di un amaro!” Risposi felice.
Scese, conciata proprio come una vera prostituta e quando fu in piedi allungai la mano e presi il soprabito dal sedile, avendolo tenuto in parte aperto sotto il sedere durante il viaggio e glielo misi sulle spalle come un mantello, coprendola bene, ma non lo abbottonai, glielo tirai per i bordi davanti a coprirla. E lo stesso fece lei che lo strinse tenendolo con le mani sul torace, quasi ad abbracciarsi da sola in un gesto di protezione e calore, e si appoggiò a me.
“Sei bellissima amore!” Esclamai sorridendo, tra il chiarore delle luci al neon che uscivano dalle vetrine del bar e si riflettevano su di noi.
Con il telecomando feci scattare l’antifurto dell'auto che tra il lampeggiare delle frecce e il suono del clackson chiuse le portiere e ci avviammo verso il bar, con lei con lo spolverino sulle spalle stretto e chiuso fino al collo e quel vestitino osceno e corto sotto di esso.
“E se mi vede qualcuno che mi conosce?” Domandò ancora preoccupata.
È impossibile che in questi posti di periferia e malfamati incontriamo qualcuno che conosci, a meno che non frequenti davvero puttane e balordi.” Le risposi divertito ridendo.
“Stupido!!” Replicò lei, e io aggiunsi:
” E poi sei stupenda! Non devi nascondere la tua bellezza dietro abiti che non ti fanno onore. “
E appoggiandosi al mio braccio, sculettando indecentemente, su quei tacchi per lei altissimi entrò al bar al mio fianco.
Una volta dentro ci guardammo con calma in giro.
Il locale era molto ampio, luci soffuse e tappezzeria beige logorata un po’ dappertutto sui muri, che dava le sensazioni di grigiore e vecchio.
All’interno, si respirava l'odore di fumo, mischiato a quello del vino e dei liquori, e una musica di sottofondo, degli anni 70-80, che dimostrava il periodo di giovinezza di quegli uomini.
C'era un grande bancone di lato e davanti tavolini e sedie sparpagliate un po’ dappertutto, in cui in due di essi vicino alla vetrata, sedevano i quattro avventori che avevamo visti dalla strada.
Il barista dietro il bancone ci guardò e accolse con un sorriso smaliziato, forse un pò geloso di non essere lui a fianco a mia moglie. Indossava una camicia bianca e il classico pantalone nero, logoro sotto un piccolo grembiule bianco e sporco che aveva davanti.
I neon all'interno davano a tutti un colore pallido, da film in bianco e nero.
Nell'entrare Roberta, si soffermò, incerta, curiosa, e anche intimorita dagli sguardi di quegli
uomini su di lei.… Un tizio sulla cinquantina con la classica sigaretta elettronica anti stress in
bocca per smettere di fumare, la osservava insistentemente senza nasconderlo, imbarazzandola.
Ci guardarono tutti con attenzione e sospetto, soprattutto a lei.
Incuranti di quegli sguardi vogliosi su Roberta, ci dirigemmo a un tavolino vuoto, le spostai volutamente la sedia per farla accomodare rivolta con il viso e le gambe verso quei clienti, ma senza che lei se ne rendesse conto.
A vederla dentro quel locale fui preso dall’impulso irrefrenabile di volerla mostrare, avevo l’intenzione inconscia di dire a tutti che era mia moglie e desideravo che l’ammirassero, mi sentivo esaltato e strano e avevo il cazzo in erezione dentro i pantaloni perché a vederla osservata vogliosamente da quegli uomini mi eccitava. Per un momento accomodandosi mi fu di spalle, appoggiò la borsetta sul tavolino cercando con le mani qualcosa all’interno, forse un fazzolettino, il cellulare o altro … E senza pensarci, smettendo di stringersi il soprabito addosso, per un momento si aprì davanti, ma subito ristrinse. Io dietro la osservai posteriormente. Vederla di spalle mi esaltava e come in preda a un raptus sessuale, meccanicamente, prima che lei si sedesse e che se ne rendesse conto, svelto presi il soprabito dalle sue spalle, lo tirai indietro veloce e con forza verso me, togliendoglielo d’addosso, scoprendola completamente, lasciandola con quel vestitino osceno.
“Ma che fai? Sei pazzo Carlo?!!” Esclamò immediatamente lasciando la borsetta e voltandosi cercando di riprenderlo dalle mie mani, mentre io allontanandomi lo appoggiai sul mio l’avambraccio.
“Dammelo! Non vedi come sono!?” Mormorò irata, mentre oramai scoperta, obbligata si mostrava a quegli uomini in quell’abitino volgare.
“Ma non vedi che sono quattro balordi di cui due vecchi!” Pronunciai a bassa voce ridendo.
” ...Almeno vedono qualcosa di buono, che non avranno mai visto in vita loro!” Sussurrai eccitato come non mai, e sorrisi guardando loro, lasciandola soltanto con quel vestitino sexy e mini, incredula di essere in quella condizione davanti a degli uomini.
“Dai dammi il soprabito Carlo!” Esclamò ancora mentre io quando allungava le mani per riprenderlo allontanavo l’avambraccio. Restò per un attimo in piedi sorpresa, con la
schiena nuda, senza essere più attraversata dalla parte posteriore dalla chiusura del reggiseno che si era tolto in macchina, con le mammelle libere e dondolanti sotto il tessuto lasco che le ricopriva.
“Ma sono tua moglie Carlo…!” Mormorò indignata, mentre io piegando il soprabito come un buon accompagnatore, lo appoggiai allo schienale della mia sedia, mentre quegli sconosciuti fissavano Roberta, arrossata in viso dalla vergogna e sempre più imbarazzata.
Con calma mi tolsi la giacca e la appesi alla sedia.
Mi avvicinai a lei posteriormente, e all'orecchio porgendole la sedia dietro per farla accomodare, spingendola fin contro le sue gambe la invitai: “Siediti amore!” Con una sorta di piacere perverso nell’esibirla.
E accomodandosi l'orlo della mini gonna dell’abitino salì e le scoprì le cosce fino quasi agli inguini, sopra il pizzo della balza delle calze, esponendole senza volerlo agli sguardi libidinosi di quegli uomini e dei loro sorrisetti e ammiccamenti.
“Cosa prendi?” Chiesi a Roberta che imbarazzata e alterata dal mio comportamento, ma anche lei eccitata, con le dita cercava di tirare più giù che poteva la gonna sulle cosce, senza riuscirci,
lasciandole forzatamente scoperte ai loro sguardi con quelle calze raffinate, trasparenti e nere che la rendevano volgare e lussuriosa.
“Non so, fai tu…” Mormorò guardandosi ancora attorno con disagio.
Sulle pareti quadri da pochi soldi e diversi poster, che nascondevano parti di muro in disfacimento, per cui il posto doveva essere più decadente di quello che si presentava.
Gli avventori, due anziani e due uomini di mezza età, con le loro facce segnate dalle rughe e dagli anni, con intorno a loro aloni di fumo e davanti il bicchiere e il mazzo di carte con cui giocavano, osservavano libidinosamente Roberta.
Uno di essi sulla sessantina, mezzo calvo, con la sigaretta in bocca, facendo finta di aspirare, le
mandava bacini...
“Dio mio, ma dove siamo finiti Carlo!” Pronunciò a bassa voce fingendo di non vederlo.
“Chissà da quant'è che non vedono una donna qui!” Sussurrai avvicinandomi divertito all'orecchio di Roberta.
“Di donne qui ne devono vedere poche e belle come te mai!” E aggiunsi orgoglioso: “Ti mangiano con gli occhi!”
“Oh dai! Smettila Carlo!! ... Ordina da bere e andiamocene via subito.” Esclamò turbata di trovarsi in quella situazione, al centro degli sguardi e dei desideri di quegli uomini.
Quelli, parlottando e ammiccando tra loro, non smettevano di osservarla. Il barista portò da bere a uno di quei tavoli, gettando passando, subito gli occhi su Roberta, sul suo
seno e le sue cosce.
“Due amari Averna a noi!” Ordinai vedendolo passare.
E girandomi verso Roberta mormorai:
“Ci scalderanno un po’! E disinibiranno di più a non farci sentirsi a disagio.”
Il barista si voltò verso di noi osservando sempre le cosce di mia moglie che si vedevano fino
all’inguine, dentro quelle magnifiche calze nere a cui davano forma.
“Dioooo!! Che vergogna!!” Mormorò mia moglie sentendosi gli sguardi oltre che di quegli uomini anche del barista addosso. Abbassando lo sguardo pronunciò a bassa voce:” Non ho mai provato tanta vergogna in vita mia come stasera.”
Ero felice, quei clienti avevano indirizzando tutta la loro attenzione fatta di lascivia e libidine verso le gambe e il seno di mia moglie Roberta, soltanto uno la guardava in viso e negli occhi, come se le piacesse al di là di quello che mostrava di essere, imbarazzandola di più che se le osservasse le cosce.
E questo eccitava anche me, che in quel momento non ero da meno di loro, sentendomi elettrizzato dai loro sguardi libidinosi e nel vedere mia moglie desiderata e ammirata da quegli sconosciuti davanti a me.
Era una emozione che non avevo mai provato prima e che mi accalorava moltissimo vederla desiderata da uomini davanti a me suo marito, e io a mostrargliela…era fantastico.
Mentre mi godevo quelle emozioni, ritornò il barista e ci portò da bere i due amari, squadrando le gambe e il viso di Roberta in modo libidinoso, facendola arrossire e chiudere le gambe in un meccanismo inconscio di protezione.
“Oh segnur! Che verghegna...!!” Mormorò sottovoce in dialetto mentre il barista si allontanava
sempre con lo sguardo sulle sue cosce, dando subito una sorsata al liquore.
A un certo punto i due clienti seduti di fronte a lei, si misero a parlottare tra loro lascivamente
, sempre osservandola.
Roberta se ne accorse e anch’io, che la vidi in volto vergognarsi davvero. Alla luce fioca e falsa, interna di quel bar, Roberta con quell’abbigliamento sembrava decisamente volgare e chi la osservava probabilmente immaginava che potesse essere soltanto una puttana vera, una
prostituta. Tutto questo era increscioso, ma molto eccitante.
Io, intuendo il loro pensiero, ne ero elettrizzato, quelle persone desideravano mia moglie davanti a me, ma a vedere il suo imbarazzo e vergogna mi senti in colpa: “Forse ho esagerato! “Pensai. Guardandomi in giro e vedendo il suo disagio.
L'imbarazzo di Roberta crebbe accorgendosi di non poter evitare alla gonna di risalire e lasciare ben intravedere il bordo delle calze e al centro di esse il suo tanga nero con i brillantini. Cercò di coprirsi tirando giù con forza la gonna, con rabbia, quasi a strapparla, alzando anche un pochino il sedere dalla sedia per tirarla meglio, ma non ci riuscì, più di tanto non scendeva.
Nel tavolino di fronte, quei due tipi sulla cinquantina, bevendo e parlottando tra loro con sorrisetti maliziosi se la mangiavano con gli occhi, gettando in continuazione delle occhiate verso lei.
Uno più degli altri, tra i cinquanta e i sessant’anni, quello che la fissava insistentemente in viso, era vestito in modo elegante per essere un cliente di quel bar. Non alto molto stempiato, con una faccia rugosa da extracomunitario albanese o da meridionale, la scrutava continuamente in volto e negli occhi, facendoci capire con in suo sguardo insistente che mia moglie le piaceva molto.
Vedendola a disagio, d’istinto le presi la mano e la strinsi, stava tremando.
“Hai freddo!” Domandai.
“No!... Mi sto vergognando da morire Carlo! “Mormorò incrociando con il suo i loro sguardi e
abbassando gli occhi:” ...Devono avermi presa per qualche puttana davvero. Andiamo via per favore, ti prego!” Quasi mi supplicò in preda a un imbarazzo indescrivibile.
Ma io ormai su di giri e sbruffone, alzai il bicchiere e guardando mia moglie brindai a lei,
facendomi notare anche dagli altri avventori, pensando e ridendo dentro me:
“Per la mia puttana ... e per me per il suo protettore!”
Vidi quell’uomo di fronte a noi che la osservava insistentemente, sorridermi e alzare anche lui il bicchiere in segno di brindisi guardando mia moglie, facendomi un cenno con la testa. Roberta invece, pensando che il brindisi lo facessi a lei, esclamò: “Si! Si! Beviamo, brindiamo e poi andiamo via subito da questo posto per favore!” Trangugiando di
colpo l’amaro e facendo cenno al barista per il conto.
Capii di averla messa in una situazione particolare e spiacevole, avevo osato troppo e mi ero
divertito, e soprattutto eccitato, il mio sogno di portarla fuori con quell’abitino si era avverato e non volevo forzare di più la prima volta, pensando e sperando ad altre uscite future.
“Mi sento a disagio Carlo!... Lo capisci!? Quegli uomini mi guardano con insistenza le gambe in modo libidinoso, lascivo, mi si vedono le bretelline del reggicalze e il tanga, mi sento imbarazzatissima!” Ripeté ancora ma irata a bassa voce.
Io al contrario invece ero felice, scoprivo e provavo piacere a vedere che quegli uomini la desideravano mentre era mia, solo mia …era mia moglie e io potevo averla quando volevo e loro no.
“Hai delle gambe meravigliose, che gli piacciono.” Dissi per distrarla e farla partecipe.
“Oh sì!... Me ne accorgo da come guardano, mi mettono in difficoltà.” Rispose.
“Guarda che non sono geloso se ti guardano le cosce.” Pronunciai a bassa voce facendo il marito moderno, l’uomo con aperture mentali, eccitandomi di più mentre glielo dicevo ed eccitando pure lei nello scoprirmi e vedermi così permissivo. Continuando: “Ho sempre pensato che nascondere le tue grazie, come le chiami tu, sia un peccato mortale. Anzi se le accavalli li farai ancora più contenti!” Bisbigliai sorridendo.
Roberta a quelle parole fu sorpresa e si risentì della mia esortazione, di quella proposta oscena fatta da me, suo marito e, accaldata forse dal bere ed eccitata anche lei pur vergognandosi rispose con un gesto spudorato e di superiorità che aveva sempre nei miei confronti:
“Credi che non ne sia capace? ...Lo credi davvero ?!” Rispose provocatoriamente guardandomi con aria di sfida negli occhi.
Restai in silenzio, sorpreso da quella sua esclamazione e reazione e approfittandone senza dire una parola per non rompere quel momento di magia e sintonia che si era creato tra i nostri desideri, allungai il braccio, spostando poco di lato il tavolino, lasciandole le gambe completamente alla loro vista, senza ostacoli e impedimenti. Lei per risposta a quel mio gesto, eccitata dalla situazione e dall'alcol e forse per punirmi di averla portata in quel locale e mostrata a quegli uomini, allargando le gambe leggermente le accavallò davanti a loro che avevano gli occhi sbarrati dall’osservare, mostrandogli il triangolino del tanga e i suoi brillantini … Mi eccitai all’inverosimile, non avendola mai ritenuta capace di un
comportamento del genere.
Intanto quel tizio di prima, con la sua faccia rugosa, sorrise alzando ancora il bicchiere in segno di approvazione.
Il barista, fingendo di prendere bicchieri vuoti da altri tavoli, si avvicinò
garbatamente a Roberta in un sorriso voglioso, facendola arrossire violentemente.
La loro era una violenza psicologica ed erotica insieme, fatta solo di sguardi e sorrisi malevoli, vogliosi e morbosi, che la stupravano con gli occhi, e non era meno umiliante di una violenza carnale vera.
Era imbarazzatissima, tutti la osservavano, all'improvviso per fuggire ai loro sguardi mi disse:
“Devo andare in bagno a fare pipì!”
Io mi alzai chiedendo al barista dove fosse la toilette:
” È quella porta rossa laggiù a destra!” Mi indicò con il dito e sorridendo approfittando che ero solo mi disse:
” È molto bella la sua accompagnatrice...” Con quelle parole, mi confermò che lui e gli altri
avevano scambiato mia moglie per una puttana, e la cosa mi divertiva ed eccitava e non dissi nulla ma glielo lasciai credere.
Mi avvicinai a Roberta dicendole: “Vai è laggiù, è quella porta rossa la toilette!”
Lei guardandosi attorno, alzandosi e osservando quegli uomini mi chiese. “Prendo il soprabito? “
“Ma che soprabito!” Risposo io.” E poi dove lo metti? Lo tieni in mano all'interno del
Gabinetto mentre pisci? ...Oppure lo appoggi sul lavandino o da qualche parte all’interno? Lascialo qui che ci sono io.”
“No…tu accompagnami per favore, ho paura qui e ad andare da sola!” Esclamò timida.
Aveva paura ad andare in quel bagno da sola, chissà cosa pensava potesse succedere, forse che la spiassero o qualcuno entrasse all’improvviso e la violentasse.
“Vieni anche tu!” Mi ripeté guardandomi intimorita.
“Come anch’io? In due dentro nella toilette? ...Chissà cosa pensano questi qui! “Risposi eccitato e a bassa voce:” Che andiamo a chiavare…”
“Non mi interessa cosa pensano loro, dai ... vieni anche tu! Da sola non vado!” Esclamò.
“Va bene!” Le risposi vedendo che stringeva le gambe per trattenerla e conoscendola, sapendo che non sarebbe andata davvero sola. Piuttosto non avrebbe urinato, se la sarebbe tenuta fino a scoppiare portandosela a casa.
Presi dallo schienale della sedia il soprabito e andai anch’io con lei, sotto gli sguardi attenti e scrutatori degli avventori di quel bar e del barista.
In un certo senso felice, sapendo che quello sarebbe stato il momento che camminando l’avrebbero osservata tutti nel suo aspetto posteriore, dissoluto in quell’abitino indecente.”
Si alzò in piedi, in tutta la sua oscena volgarità e eroticità, i tacchi e la zeppa delle scarpe di vernice rossa valorizzarono di più le gambe scoperte dalla minigonna. E fasciate nella seta trasparente e nera delle calze, prese la borsetta avviandosi verso la toilette. Il suo splendido culo fasciato dal tessuto si mise a dondolare ondeggiando di lato, facendolo involontariamente ammirare ai clienti nel suo andare al wc.
La schiena era scoperta fino quasi ai glutei e il seno straboccante di carne pallida e tenera, ballava sotto il tessuto largo della parte anteriore, che mostrava nella sua trasparenza la figura dei capezzoli, e sui lati liberi, le mammelle nude, arrotondate e dondolanti. Ai suoi passi veloci e brevi, nel muovere le gambe si notavano le bretelline del reggicalze che si disegnavano sotto il vestitino, mostrandosi su di esso, rendendola, volgare, sexy e
desiderabile.
Aprii la porta dell’antibagno della toilette ed entrai e lei dietro di me, mi fermai davanti al
lavandino e visto lei esitante dissi: “Su vai!”
Quando entrò nel bagno, si guardò attorno, certo non splendeva per igiene, ma la minzione era
impellente, probabilmente dovuta allo stress.
“Non chiudere! “Esclamo:” Stai lì! Fammi la guardia!” Mi disse agitata. E mi fermai tenendo la
porta socchiusa con me davanti.
Entrando lei si avvicinò alla tazza senza copriwater e la guardò quasi con schifo, poi si voltò dando le spalle al muro, allargando un poco le gambe e tirandosi su appena il gonnellino perché molto corto. Si avvicino con attenzione compiendo qualche passetto indietro e si posizionò a cosce divaricate sopra essa, facendolo con accuratezza per non toccarla con le gambe. Poi provò e si rese conto in quella situazione, della comodità degli indumenti sconci e osceni che indossava, che oltre ad essere sexy, erano praticissimi nel liberare subito le parti intime e la figa nel suo caso.
Sempre osservandola vidi che con il dito spostò di lato il triangolino anteriore del tanga e si accorse di essere già pronta per urinare in quella brutta e scomoda posizione in sollevamento con le gambe per non toccare con il sedere il water. E non volendo sedersi come faceva a casa, quasi in piedi, in quella posizione difficoltosa, piegandosi leggermente in avanti con il busto e abbassandosi un poco, si mise in sospensione con il sedere sopra la tazza, mantenendo la distanza e l'equilibrio a fatica per via anche dei tacchi alti. E guardando in avanti con le mani appoggiate sulla parte anteriore delle cosce, iniziò a spingere e a urinare dentro il vaso bianco, a far fuoriuscire l'urina forte contro la ceramica interna del water, con uno zampillo intermittente all'inizio e continuo e violento dopo, ascoltando come una cantilena il suono sordo della sua urina contro la ceramica e l'acqua del fondo. Era ridicola in quella posizione goffa, in sospensione a urinare osservando le piastrelle sporche dinnanzi a lei.
Poi, dopo l'ultima goccia il suo viso si rilassò, e abbozzò una smorfia di soddisfazione. A fatica fece qualche passetto e si portò avanti e si rimise eretta stringendo le gambe, prese dalla borsetta a tracolla i fazzolettini di carta, e se l'asciugò più volte, lasciando subito dopo il triangolino di stoffa del tanga a ricoprirle parzialmente e poco la sua figa pelosa. L'aggiustò ed essendo pronta, si voltò e premette il pulsante della cassetta dell’acqua e venne verso me durante lo scroscio dello sciacquone.
“Andiamo via ora!” Disse mentre si lavava le mani.
“Si ora andiamo.” Risposi, la serata era stata abbastanza divertente ed eccitante e uscimmo dalla toilette, prima io e dietro lei, cercando sempre lei di tirare più giù possibile il gonnellino.
Roberta si portò verso la porta d’uscita, mentre io andai alla cassa a pagare.
Vidi che dal tavolino si alzò quel tizio con la sigaretta elettronica che aveva brindato con me e
avvicinandomi con il bicchiere in mano e con aria e fare sicuro mi chiese:
“Quanto?”
“Quanto cosa? “Risposi.
“Quanto ti prendi per farla chiavare!”
Restai sorpreso ed eccitato di quella richiesta avendomi scambiato per un magnaccia e lei la mia puttana, e risposi dicendo la verità: “C’è un equivoco, la signora non è in vendita, è mia moglie!”
“Si certo...la signora è sua moglie ...” Ripeté sorseggiando e ridendo osservandomi.
“Si è mia moglie!” Ribattei seccato.
Quell'uomo si scusò per l'errore spiacevole, lasciandosi andare allo stesso tempo ad elogi sul suo fascino.
“Non è da signora se mi permette, vestirsi in modo così appariscente, né per un marito permettere alla propria moglie di andare in giro vestita come una puttana, a meno che …. “E s’interruppe, e subito continuò” ...e comunque se vostra moglie volesse far contento me e quei signori, io vi porterei in un localino di mia proprietà, dove potremmo bere qualcosa e ascoltare musica per una mezz’oretta!”
“No grazie!” Risposi:” Noi siamo persone serie, non come pensa lei! E mi avviai alla cassa.
Mentre pagavo, lo vidi avvicinarsi a Roberta e parlarle.
Immaginai che chiedesse a mia moglie la stessa cosa che domandò a me, e vidi lei, ferma con quel vestitino addosso ad ascoltare cosa avesse da dire quell’uomo, e su quei tacchi appariva più alta di lui di qualche centimetro. Poi la vidi arrossire, guardarlo e guardare me, scambiare qualche parola con lui scuotendo la testa, vedendolo poi allontanarsi dispiaciuto e in fretta, dalla parte opposta.
Tornai verso il tavolino, presi la giacca e me la infilai e subito dopo tolsi il soprabito di Roberta dal mio avambraccio, mettendoglielo sulle spalle per coprirla, accompagnandola a fianco a me all’uscita, e le chiesi.
“Cosa voleva quel tizio? Mi sembri infastidita!”
“Niente è solo uno stupido!” Rispose lei.
“Perché? “Domandai.
“Cosa ti ha detto?” Le chiesi nuovamente.
“Ma nulla…!!” Tagliò corto imbarazzata, aggiungendo subito: “...Mi ha chiesto quanto volevo.”
Continuando indignata: “Incredibile …mi ha scambiato per una di quelle...capisci! Una puttana vera e mi ha chiesto quanto volevo! Quale era la mia tariffa! Mi ha preso per una puttana... ti rendi conto Carlo!?” Esclamò scandalizzata. Seguitando irata: “Ora andiamo a casa per favore.”
La strinsi a me con una sorta di felicità interiore per l’errore che si era creato e uscimmo abbracciati, sussurrandole: “Bè, sei una bella donna e chi resisterebbe alla tua sensualità?!” Giustificando quell’uomo nella sua richiesta. Continuando orgoglioso:” E quel poveretto ha provato a comprarti! … Gli dovevi sparare una bella cifra, cinquecento, mille euro! …Una bella cifra alta, da capogiro che intanto non aveva…?” E aggiunsi ridendo.” Così avremmo risolto qualche nostro problemino economico?” Cercando di sdrammatizzare l’accaduto.
Ma lei ribatté pronta guardandomi negli occhi:” Ma che dici Carlo? Sei pazzo?! E se me li avesse avuti e me li avesse dati davvero. Che facevo poi?”
La sua risposta mi spiazzò, non ero preparato, ma replicai spiritosamente d’istinto: “Bè avresti potuto pensarci!” E risi...
Ma lei per nulla divertita della mia spiritosaggine reagì seccata alla mia ironia: “Dai, smettila per favore con queste battute stupide !!” Esclamò.
Camminando la strinsi di più con la mano sulla spalla, e tirandola a me l’avvicinai e baciai sul collo. Per la prima volta, scoprivo e capivo, che mi eccitava l’idea che mia moglie fosse desiderata da altri uomini e scambiata per una puttana vera. Mi eccitava...
“Sei così bella… è normale che gli uomini ti notino, ti guardino e ti desiderano...e ti vogliano
comprare. È un pregio, un privilegio non un difetto!” Provai a dirle.
“Oh certo! Vestita così chi è che non mi guarderebbe! “Dichiarò.” Anche quello stupido sgorbio...” Mormorò con rabbia: “...prendermi per una puttana vera, chiedermi quanto volessi!!! È stato umiliante Carlo.”
Avevo il cuore che batteva fortissimo, ero infervorato ed eccitato da quella situazione che pensavo unica e irripetibile in vita mia, e lo sentivo duro, durissimo dentro i pantaloni.
L’alcol bevuto stava disinibendo anche lei che parlava liberamente.
Era uno spettacolo vederla scarpe rosse con tacco alto, gambe velate dalle calze che oltre a mostrare l’attaccatura del reggicalze nei movimenti, lasciavano scoperti alcuni centimetri di coscia nuda a pelle che il gonnellino non riusciva a coprire rendendola più erotica. Si girò camminando, esibendo sotto il soprabito gettato sulle spalle, il suo magnifico e splendido sedere rotondo di signora quarantenne per bene, di mamma e moglie fedele.
Mi sembrava di scoppiare dall’erezione che avevo.
Salimmo in auto e partimmo, lasciando quegli uomini fermi a guardarci dalla grande vetrata.
Mentre guidavo, appoggiai la mano sulla sua coscia scoperta ed iniziai ad accarezzargliela, salendo verso il bordo della calza, sollevandole lentamente il corto gonnellino, scoprendole il tanga.
“No dai Carlo! …Ci possono vedere!” Mormorò Roberta.
Non mi fermai, e mi avvicinai a baciarle il collo mentre con le dita raggiunsi il suo triangolino di tessuto traforato, lasciandole le gambe completamente scoperte.
Ero eccitato, troppo eccitato, non so quanta strada avremmo fatto, forse un chilometro o meno di quelle strade di periferia, vuote e semibuie, e accalorato, mi accostai al marciapiede e mi fermai un istante a guardarla. La zona era isolata ed i lampioni davano alla strada veramente poca luce.
L’abbracciai e ci baciammo con la lingua in bocca, sentivamo la nostra eccitazione crescere sempre più per trovarci in quella situazione, la mia erezione e le sue contrazioni vaginali ricche di umori. La guardavo, era lì in macchina, con le gambe scoperte fino al pube e con la balza della calza e il reggicalze in bella mostra.
“Perché ti sei fermato qui? Ci possono vedere, andiamo via!” Esclamò mia moglie preoccupata.
“Non c’è nessuno, ma se qualcuno ci vedesse, penserebbe che sei una prostituta con il cliente che sta lavorando…” Pronunciai ridendo mentre insinuavo le dita sotto il triangolino del suo tanga.
“Dai non trattarmi così Carlo!! Sono tua moglie!!…Ma lo sai quello che dici almeno … sei
pazzo?? Come ti saltano in mente queste cose.” Mi rispose a bassa voce quasi scandalizzata.
In effetti, se fosse passato qualcuno e avesse sbirciato nel finestrino avrebbe visto una scena assai poco decorosa, me abbracciato a lei che compivo atti libidinosi e lei in abbigliamento indecente ...
Intanto che parlavamo sottovoce con il sottofondo musicale della radio, che chissà perché alla sera tardi trasmette sempre delle belle canzoni quando quasi nessuno le ascolta, ma guarda la tv, le mie dita le accarezzarono i peli della figa e raggiunsero la sua bella fessura tra le grandi e piccole labbra vaginali, e facendosi strada, si insinuarono dentro ad esse.
Era bagnata, cosa che non mi aspettavo, ma che mi eccitò ancora di più.
Cominciai a far strusciare il dito medio sulla fica di mia moglie, che iniziò a sospirare
profondamente. Evidentemente le piaceva quello che stavo facendo.
L’abbracciai e ci baciammo, sentivamo la nostra eccitazione salire per essere in quella condizione trasgressiva e crescere sempre più.
“Allora ti piace così? “Sussurrai ansimando.
“Si ma ho paura, che ci vedano, che ci sorprendono.” Balbettò.
” Te l’ho detto! Non ci faranno caso, penseranno che siamo un cliente con la puttana... “Ripetei
ridendo provocatoriamente, domandandole eccitato con il mio fiato caldo sul suo viso:” ...ti piace giocare ad essere una puttana mezza nuda con il cliente su un’auto in mezzo alla strada? “Esitò, poi le uscì un sì trattenuto dalle labbra: “Si!!” Esclamò gemendo, mentre le avevo tirato fuori le mammelle da sotto le fasce pettorali anteriori del vestitino.
Eravamo eccitatissimi, le toccai la figa tutta bagnata. Abbassai un poco il sedile anteriore dov'era seduta, semi sdraiandola e iniziai ad accarezzarla in tutto il corpo, mentre lei infilando la mano nei miei pantaloni cercava il mio sesso duro da prender in mano, stringerlo e sentirlo.
“Sei la mia puttana…!” Sussurrai piano giocando.
“Si!” Rispose ansimando eccitatissima:” Ma soltanto la tua…”
Ti piace se ti dico puttana!?”
“Si, se me lo dici per gioco!” Rispose iniziando a godere del mio ditalino.
E iniziammo a parlare sottovoce mentre l’accarezzavo anche sul seno, bello pallido e gonfio che si muoveva sotto i suoi respiri ansiosi; oramai era pienamente accalorata anche lei.
“Mi sono sentita sprofondare dalla vergogna...” Mormorò con un filo di voce:” ... in quel bar, in
mezzo a quella gente.” Continuando con la voce rotta dall’eccitazione: “Mi sono sentita davvero ...” Abbassò gli occhi deglutendo e dopo un attimo di esitazione riprese:” ... una
puttana!” Pronunciò con il fiato rotto dall’emozione.
E visto che stranamente era disponibile a parlarne, la stimolai: “Hai visto come ti guardava
quell’uomo? “
“Quale?” Chiese certamente fingendo di non capire.
“Quello che mentre pagavo e tu eri verso l’uscita ti ha chiesto quanto volevi, quello silenzioso, con l’apparecchio elettrico per fumare, che quando hai accavallato le gambe ti ha fatto anche il brindisi... “
“Oh sì l’ho visto! …Che uomo orrendo, aveva la faccia che metteva paura. “
“Si però ti guardava come se ti volesse chiavare, ti desiderava...” Aggiunsi. Avvertendo con il mio dito nella vagina, le sue contrazioni vaginali aumentare e bagnarsi di più a quelle parole. Continuando:
“Però tu ti sei fatta guardare come una puttana e se ne è accorto!” Insinuai provocatoriamente.
“Oh dai carlo...” Mormorò.
“Si! È vero!” Esclamai io:” E hai visto come ti osservavano, come ti guardavano le gambe con la
gonna sollevata quegli uomini? È stato eccitante Roberta, non abbiamo mai provato queste
emozioni ammettilo!”
” Non parlava, ma acconsentiva, le presi la mano e la sentivo nuovamente fremere. Si era eccitata inconsciamente di quel suo esibizionismo fino ad allora sconosciuto ed io altrettanto mi ero accalorato nel vederla così sexy e desiderata.
Riflettendo, indignata ripeté:” Le frasi di quello sconosciuto mi rimbombano ancora nella testa, con la sua faccia laida e orrenda...”
“Sarà senz’altro stato qualche meridionale o albanese o rumeno.” Affermai:” Quello ti avrebbe pagato davvero per chiavarti lo sai amore?” Dichiarai.
“Che gentaglia…” Pronunciò sdegnata, ma io continuai:
“Se tu avessi detto sì, cinquanta o cento euro, lui avrebbe accettato, ti avrebbe portato nella sua macchina come siamo noi ora nella nostra e ti avrebbe chiavata davvero…”
“Oh dai smettila con questi discorsi perversi Carlo…” Dichiarò, mentre io con il dito in vagina avvertivo aumentare le contrazioni e gli umori dalle sue pareti, e sentivo la figa come se palpitasse.
Non mi sentivo geloso, né offeso da quegli uomini, ma eccitato e gratificato che l'avessero
desiderata carnalmente e scambiata per una puttana vera, ma non glielo dissi.
Come pentita di essersi trovata in quel bar iniziò a ripetere in dialetto milanese:
“Che figura!... Che figura! Sei pazzo, non ti dovevo ascoltare nel seguirti. Ma per chi mi ha presa
quello là? Avrà pensato veramente che sono una puttana… “
“La mia puttana!” Sussurrai, precisando e sdrammatizzando la sua tensione sempre compiendo il ditalino e lei lasciandoselo fare.
“Ma ti rendi conto Carlo... Andiamocene !!“Esclamò all’improvviso come se l’indignazione
avesse prevalso su tutto, anche il piacere di quel gioco. Tolsi il dito umido dalla figa e l’accarezzai sulla coscia scivolando sulla seta nera della calza, e mentre ansimava, ero tanto eccitato che bisbigliai:
“In fondo, non negare, ti è piaciuto sentirti desiderata da quegli uomini ...”
Roberta non rispose, sdraiata, con il capo contro il poggiatesta dello schienale reclinato, lasciandosi accarezzare eccitata a ricordare quei momenti.
“In parte li capisco...” Continuai:” …è piacevole ammirare una bella donna come te, soprattutto abbigliata così e che si lasci guardare, e poco importa cosa pensino di te.”
“Io non mi lasciavo guardare!” Ribatté risentita:” E poi che potevo fare vestita in quel modo? ...”
“Lo so amore!” Risposi:” Tu non te ne rendi conto, ma per essere una quarantenne, sei bellissima e molto desiderabile Roberta e piaci molto agli uomini!” Affermai.
“E comunque non ti offendere, ma sembri davvero una puttana così conciata!” Dissi ridendo.
“Stronzo!” Rispose abbozzando una smorfia di sorriso sulle labbra.
“Sei magnifica, provocante, dovevi lasciarti ammirare ancora di più e trasformarti in un’eccitante puttana sexy! E a quel tipo che ti mangiava con gli occhi fumando la sigaretta elettronica e che ti ha chiesto la tariffa, come ti ho già detto dovevi stare al gioco, e gli dovevi rispondere cinquecento euro...mille euro…duemila euro!!! E vedere se realmente te li avesse dati... Io penso di sì!” Affermai.
E intanto che parlavo le accarezzai la figa e la sentii eccitata e bagnata di umori di piacere.
“Fermati! Mi stai eccitando e non voglio!” Esclamò con un filo di voce all’improvviso.
“Mi piace eccitarti, e sentirti eccita per l’accaduto, per lo spiacevole incidente che ti hanno
scambiata per un altro tipo di donna.” Aggiungendo:”… Mi piace pensarti esibita così oscenamente” Affermai.
“Ma sei davvero perverso a pensare di mostrare tua mogie seminuda a degli estranei ?!” Esclamò quasi sorridendo.
“Forse sì!” Risposi:” E tu allora? Ho visto, non ti sei tirata indietro e ti sei lasciata guardare quando ho spostato il tavolino perché vedessero meglio le tue cosce, ed hai accavallato le gambe, mostrando il brillare del tanga a quell’uomo di fronte a te ... “
“Uffhhh!!” Esclamò alzando le spalle, l’ho fatto per te, perché ti piaceva, era un gioco e in quel
momento mi aveva preso e poi come dici sempre tu, quei tizi non ci conoscevano. “
Eravamo fuori dal normale quella sera, non solo era anni che non si lasciava ditalinare, ma se lo lasciava fare e addirittura in auto, appartati come ragazzini, segno che le piaceva.
“Andiamo a casa e giochiamo tra di noi.! Dimmi cosa vorresti faccia?” Disse ridendo provocatoria.
Quella sua sfacciataggine e disponibilità mi stava eccitando enormemente, avevo una erezione mai avuta e il cazzo mi stava scoppiando nei pantaloni. Avvertivo una forma di euforia trasgressiva. Era eccitata, anche lei, i suoi occhi lucidi brillavano e ansimante mi sussurrò:
“Va bene, ora basta, togli il dito, andiamo a casa…” Non completò il discorso che io preso da una forma di esaltazione mai avuta prima esclamai:” No! Facciamolo qui!”
“Quiii!!! Ma sei pazzo!! Siamo in strada...” Ribatté.
“Andiamo in una stradina buia ...” Risposi.
“No! Non voglio Carlo... Ma sei pazzo? Farlo in macchina in una strada! Non mi piacciono queste cose… non siamo ragazzini, andiamo a farlo a casa...”
Ma mentre lei parlava, io per risposta mi tirai su, accesi il motore, misi la prima e lentamente girai in una stradina laterale semibuia e posteggiai poco lontano da un lampione, vicino a una fila di grossi cassonetti della spazzatura.
Resasi conto esternò:
“Ma che fai? Nooo Carlo!!! Noo dai!! Tu sei pazzo che io lo faccia qua... come...come…” Finii io la
Frase: “Come una puttana?” Dissi.
“Si!” Confermò lei irata. “Proprio come una puttana…”
“E proprio per questo che è eccitante Roberta, è un gioco, io il tuo cliente e tu la mia puttana!”
Dichiarai sorridendo avvicinandomi su di lei e con la mano destra spingendo la leva abbassa schienale tirando giù il suo il più possibile, completamente, fino in fondo.
“No! No! Dai!” Esclamò mentre le rimettevo le dita sulla figa...
Le feci divaricare di più le gambe e iniziai nuovamente a masturbarla, facendo scivolare il dito con facilità dentro la vagina e presi ad aumentare il ritmo e la velocità, mentre lei emetteva dei mugolii di piacere.
Era incredibile, la stavo masturbando in macchina, di notte, vicino a un marciapiede di una strada di periferia. Era una cosa che non avrei mai immaginato di poter fare con mia moglie, fino a quella sera mi sembrava impossibile da realizzare.
Una piccola scossa fece muovere il suo bacino e un gridolino” aaaahhh!!!” le uscì dalle labbra mentre aveva una forte presa del mio avambraccio con le sue mani come a volerlo fermare, e mi avvertirono che era venuta, che il mio dito le aveva procurato un piccolo orgasmo.
Quel posto era davvero rischioso, soprattutto per gente perbene come noi, ma era eccitante e oramai era oltre la mezzanotte e non c’era anima viva in giro.
La presi e cominciai a baciarla con foga, sul collo e la bocca, ricambiato. Cercò debolmente di scostarmi. “Dai… e se passa qualcuno? “ripeté.
“Ma chi vuoi che passi a quest’ora.” Dissi io.
In effetti eravamo imprudenti, ma l’eccitazione ci faceva perdere la razionalità, soprattutto a me, sarebbe stato molto meglio farlo in casa con nostro figlio Federico fuori in giro o in camera sua a dormire.
Slacciai la cintura e mi sbottonai i pantaloni, e li tirai giù facendo finalmente uscire il mio cazzo duro e dritto come non era da tempo da dentro lo slip, eretto pronto a chiavarla.
Intanto che la limonavo, con la mano cercavo di spostare il triangolino del tanga, per poterla chiavare così, in quel modo, soltanto spostandoglielo, come le puttane vere. Ma non ci riuscivo, la posizione lo rendeva aderente alla figa e prigioniero alla peluria che trasbordava di fianco e sopra, e se lo spostavo un poco ritornava nella stessa posizione.
Tirai forti sul lato, ma senza volerlo strappai una string, rendendolo lasco, ed eccitato da quella rottura, presi tra le dita il triangolino e tirai forte e glielo strappai del tutto, togliendoglielo e sfilando le string da sotto il suo culo e dai fianchi. Lei sussultò. Ora si può dire che era senza mutandina, pronta con la sua bella figa pelosa, vogliosa e dischiusa, che bagnata ed eccitata attendeva che la penetrassi; come il suo viso a occhi chiusi che la baciassi.
La scavalcai e passai sopra di lei, infilandomi tra le sue cosce, guardando fuori dai finestrini mentre lo facevo e non c’era nessuno.
“Non c’è l’hai il preservativo! “Mormorò ansante.
“No qui no! “Risposi:” Facciamo senza...”
“Ma fa attenzione mi raccomando Carlo...” Furono le sue ultime parole eccitate prima di lasciarsi andare completamente. Temeva di restare incinta.
Io avevo già il cazzo duro, l’avvicinai a me e con la mano diressi il mio cazzo contro la sua vulva umida, lo appoggiai tra le grandi e piccole labbra sulla sua fessura, puntai e spinsi lentamente e la penetrai tutta fino in fondo, lubrificata com’era dal suo stesso umore vaginale di piacere.
Anche se erano oltre dieci giorni che non avevamo rapporti sessuali, entrò quasi senza sforzo, facendola sussultare e inarcare e cominciai a chiavarla, a muovermi lentamente, come quando lo facevamo a casa nostra, come era nostra abitudine. Per la prima volta la sentivo eccitata e bagnata, di solito era passiva nei nostri rapporti sessuali, ma quella sera in auto era elettrizzata.
La stavo chiavando in macchina, mancava solo che la pagassi come una puttana vera, vestita come una troia. Lei, all’inizio era rigida e timorosa del luogo, poi si concesse completamente con passione allargando di più le gambe avvolte dalle calze nere, appoggiando le sue braccia sulle mie spalle.
Roberta emise dei gemiti e mugolii di piacere che non ricordavo più di aver sentito dalla sua bocca e se qualcuno fosse passato di là in quel momento con il finestrino abbassato di due dita, avrebbe certamente vista l’auto dondolare e sentito il nostro amplesso.
Poi si lasciò andare godente, presa dal piacere: “Sì… sì… così…così!!”
Ripeteva mia moglie come una cantilena.
Ero eccitatissimo, e lei anche e mi ci vollero pochi colpi profondi per impazzire tutte e due e
godere. Infine dopo alcuni minuti si perse in gemito lungo:
“Aaaaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!!!!” Di orgasmo e piacere, stringendomi e baciandoci in bocca. E tirandolo subito fuori velocemente dalla figa, proruppi tutta la mia eccitazione e godimento nel suo ventre e sul reggicalze, accasciandomi su di lei e restando abbracciati e sudati nell’abitacolo.
Non ricordavo una chiavata così soddisfacente con mia moglie da anni, e credo nemmeno lei.
Terminato il rapporto sessuale lei rise: “Ma che mi fai fare...” Borbottò
“Non ti è piaciuto?” Domandai io mentre mi rigiravo sedendomi nel mio sedile e lei si tirava su con il busto asciugandosi la figa e il bassoventre con i fazzolettini di carta, gettandoli come le puttane vere fuori dal finestrino.
“Si! Si…! Mi è piaciuto!” Esclamò, avvicinandosi e baciandomi. “Ti amo Carlo!” Bisbigliò.
“Anch’io amore.” Dissi stringendola. Oggi è stato un anniversario diverso dal solito, che
ricorderemo per tutta la vita, forse il più bello ... “E ci sorridemmo entrambi.
La vidi piegarsi sul tappetino e prendere il tanga in mano per la string, e alzarlo:” E ora?” Esclamò.
“Ora resti senza ...” Dissi sorridendo:” Torni a casa senza mutandina…” E stando al gioco anche lei, esclamò:
“Ma allora dillo che mi vuoi proprio logia (puttana), anche senza le mutandine…” E rise.
La tirai a me e ci baciammo ancora sulla bocca con la lingua, come due innamorati, perseverando in quel gioco perverso.
“Ma sei solo la mia logia (puttana)...” Sussurrai sorridendo.
“Certo! Solo tuo amore!” Rispose lei fiera, accollandosi con il capo a me sul torace.
Poco dopo aprii la portiera e scesi a urinare, lei timorosa fece lo stesso, aprì la sua e guardandosi attorno scese e si tirò più giù che poteva il gonnellino, che dopo essere stato tirato su e stropicciato sul sedile dall’amplesso, le arrivava quasi a filo degli inguini. Le scopriva parte dei glutei, evidenziando la rotondità del suo splendido culo ormai completamente nudo, mostrando volgarmente le fasce lavorate delle calze con le pinze del reggicalze che le tenevano su e tra esse e il bordo inferiore del vestitino, stesso, la linea di carne orizzontale, unione della congiunzione del suo bel sedere pieno al retro coscia.
“Lascia stare!!” Le dissi.
“Eh...ma sono senza mutandine ora!” Esclamò seria: “Non ho niente sotto!”
“Non importa intanto andiamo a casa!” Le annunciai.
Entrammo in auto senza dire una parola, lei, accaldata per il rapporto sessuale avuto e per il
riscaldamento dell’auto, salì senza mettere il soprabito, ma lasciandolo nel sedile posteriore.
Accesi il motore e partimmo, ascoltando la musica.
Facemmo tre-quattrocento metri tenendoci per mano, felici come due innamorati, svoltai due volte fino ad arrivare nella strada principale grigia e deserta, dove ogni tanto si intravvedevano gruppi di prostitute vere. “Ti lascio qui?!” Dissi scherzando.
“Stupido… sono tua moglie io…,” E sorridemmo.
Guidavo tranquillo verso casa, quando sentii uno sgommare dietro di noi e vidi comparire nello specchietto retrovisore da una strada laterale, due fari di un’auto di grossa cilindrata che si avvicinava a forte velocità. Ci superarono e tagliandoci la strada si misero davanti a noi. Vidi gli stop rossi di quella grossa auto nera illuminarsi all’improvviso frenando di colpo, e tra lo stridio degli pneumatici sull’asfalto costrinse anche a me a fare lo stesso per non urtarla, frenare, bloccandoci e impedendoci il passaggio.
L’auto restò ferma qualche secondo con i fari, gli stop e il motore acceso:
“Ma chi sono? Ho paura Carlo!” Mormorò Roberta con l’espressione del volto spaventata.
“Stai tranquilla!” Risposi cercando di capire chi fossero, preoccupato e intimorito anch’io, mentre dentro di me pensavo:
“Ma chi sono? Cosa vogliono da noi?”
E intanto che eravamo fermi ad attendere che quell’auto davanti a noi si spostasse, per darmi un po’ di coraggio e richiamare l’attenzione di qualcuno su di noi, suonai il clacson più volte, sperando che si muovesse; facendo rimbombare nel silenzio della notte il suono forte, ma in quel momento nei dintorni non c’era nessuno che potesse udirlo.
All’improvviso vedemmo le portiere anteriori del Suv aprirsi e….
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Grazie.
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